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Giubileo degli artigiani

Mani per il lavoro e la solidarietà

Massimo Aquili

“Cristo non ha mani ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi”. Sono i versi di una canzone religiosa di alcuni anni fa, evocati in modo straordinario dal Giubileo degli artigiani del 19 marzo scorso, festa di San Giuseppe e di tutti i papà del mondo. Del resto alla Concelebrazione eucaristica presieduta dal Santo Padre erano presenti 18 cori di musica popolare, dalle diverse regione italiane, che hanno intonato in Piazza San Pietro canti della loro tradizione religiosa. Come era fatto di mani il simbolo del primo Giubileo dei tre dedicati al mondo del lavoro (i prossimi saranno il tradizionale primo maggio e il 12 novembre per gli agricoltori). Mani strette in segno di pace, giunte in preghiera, capaci di plasmare la materia, e se guidate dal Signore di fare cose meravigliose. A queste mani operose ha fatto riferimento anche il Santo Padre all’omelia, intrecciando i temi della famiglia e della paternità ai valori dell’attività artigiana, con lo sguardo già rivolto a Nazareth che avrebbe visitato pochi giorni dopo nel suo pellegrinaggio in Terra Santa. Il Papa ha affidato i 40mila radunatisi in piazza San Pietro e tutti gli artigiani con le loro famiglie all’intercessione della Vergine Maria e di San Giuseppe. “Essi - ha detto il Papa - vi sostengano nei vostri propositi giubilari di rinnovata fedeltà cristiana, e facciano sì che, mediante le vostre mani, si prolunghi in qualche modo l’opera creatrice e provvidente di Dio”. Con la Santa Famiglia accanto e San Giuseppe a modello di “una fede senza riserve”, le mani e il cuore degli artigiani possono diventare  capaci sempre più di gesti di solidarietà, pace e perdono. Pensando in primo luogo ai più svantaggiati e ai Paesi poveri, a chi il lavoro non ce l’ha. Così i tanti doni all’offertorio, frutto del lavoro artigiano, alcuni veri e propri oggetti d’arte sacra, erano simboli dell’impegno delle diverse associazioni di artigiani e restauratori ad istituire scuole o centri di formazione professionale o a finanziare borse di studio per giovani del Terzo mondo. Quanto al perdono, era ancora vivo il ricordo della giornata del 12 marzo. Così all’inizio della celebrazione, il Vescovo di Alessandria Fernando Charrier,  presidente del Comitato preparatorio delle giornate giubilari del mondo del lavoro, ha ringraziato il Santo Padre per aver voluto dire al mondo che “perdoniamo e chiediamo perdono” e gli ha chiesto di pregare a Nazareth per tutti i disoccupati. A nome di tutti gli artigiani, Ivano Spalanzani, presidente della Confartigianato ha rivolto al Papa parole di saluto e di conferma della volontà di essere costruttori della vera civiltà dell’amore.

La veglia

Più di tremila persone hanno partecipato sabato 18 alla veglia di preghiera in San Giovanni in Laterano. Numerosi i gruppi delle diverse Confederazioni di lavoratori artigiani, dell’Associazione cattolica artigiani italiani e dell’Istituto di restauro di Roma e Palazzo Spinelli di Firenze. Ha presieduto la celebrazione l’Arcivescovo Xavier François Nguyen Van Thuan, presidente del Pontificio consiglio Giustizia e Pace proprio nel giorno in cui fu imprigionato - 24 anni fa - dal regime comunista in Vietnam: “sono stato 16 anni in carcere - ricorda il vescovo invitando a contemplare la famiglia più bella, quella di Nazareth - di cui 9 in una cella di isolamento, ma non ho mai smesso di incontrare Dio”. La veglia è proseguita con alcuni canti gregoriani, come inni di lode a San Giuseppe, intercalati da varie letture e testimonianze di quattro artigiani, secondo lo schema elaborato dal Pasquale Troia, docente presso la Pontificia Università Lateranense, del racconto di come la mani di un artigiano lavorano e faticano, creano con ingegno e arte, testimoniano la carità e la solidarietà, pregano.

Intervista

Mons. Mario Operti,  membro del Comitato per la preparazione delle giornate giubilari del mondo del lavoro, parla del Giubileo degli artigiani, segnalando gli elementi più ricchi e stimolanti dal punto di vista teologico e pastorale .

Proviamo a tracciare un bilancio di questa prima giornata giubilare dedicata al mondo del lavoro?

Dal punto di vista organizzativo è stata la dimostrazione che il lavoro di squadra dà un notevole valore aggiunto. Insieme alla Chiesa, tutte le organizzazioni del mondo artigiano per la prima volta hanno lavorato in modo solidale in vista di questa giornata. In Piazza San Pietro non c’erano bandiere. E’ stata vinta anche la tentazione di far vedere la propria forza numerica. E veramente positiva è stata anche la partecipazione, il coinvolgimento emotivo e spirituale, dei pellegrini. Emblematica la presenza di tutti quei cori, espressione artistica della cultura più popolare, artigiana perché legata alle culture locali. Penso all’Ave Maria in sardo, cantata prima dell’Angelus da un gruppo folk.

Quali sono stati i momenti e i significati forti?

L’incontro con l’Eucaristia come segno di comunione del mondo artigiano, che guarda anche al Papa come un punto di riferimento dei propri valori. Il Papa viene intuito dalla gente come icona di una sintesi tra la dimensione lavorativa, la fatica, la quotidianità e la dimensione più profonda del  senso dell’esistenza, del nostro rapportarci con Dio. L’elemento più toccante è stata la manifestazione di questo bisogno di sintesi dell’uomo. Poi il riferimento a San Giuseppe presentato come l’uomo saggio, di fede, che ha saputo unire insieme azione e contemplazione. E l’opera artigianale offre ancora oggi sintesi mirabili tra creatività e lavoro.

Ed è la solidarietà a far da Comune denominatore di tutte le giornate giubilari dedicate al lavoro?

Il grande messaggio sociale del Giubileo è quello di cogliere il lavoro dentro una visione dell’uomo che è illuminata profondamente dall’uomo Gesù di Nazareth. Di nuovo è un discorso di sintesi: che non è spiritualistico, ma profondamente concreto, poiché ha una ricaduta immediata su come si concepisce il rapporto tra lavoro e resto della vita, lavoro e famiglia, lavoro e figli, lavoro e realizzazione di se stessi e quindi il rapporto con Dio e gli altri.
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