Ai seguenti dubbi presentati, la Pontificia Commissione biblica ha deciso di rispondere come segue:
1. Per risolvere le difficoltà che si incontrano nelle lettere di San Paolo e degli altri apostoli quando si tratta della «parusia», come la chiamano, cioè della seconda venuta di nostro Signore Gesù Cristo, è permesso all'esegeta cattolico asserire che gli Apostoli, sebbene sotto l'ispirazione dello Spirito Santo non insegnino alcun errore, hanno ciononostante espresso i propri sentimenti umani nei quali può subentrare l'errore o l'inganno?
Risposta: No.
II. Avendo presente l'autentica nozione dell'ufficio apostolico e la indubbia fedeltà di San Paolo alla dottrina del Maestro, come anche il dogma cattolico dell'ispirazione e dell'inerranza delle Sacre Scritture, secondo il quale tutto ciò che l'agiografo asserisce, enunzia, insinua, si deve ritenere come asserito, enunciato, insinuato dallo Spirito Santo, e avendo esaminato i testi delle lettere dell'Apostolo in sé considerati, del tutto consoni al modo di parlare del Signore stesso, è opportuno sostenere che l'apostolo Paolo nei suoi scritti non abbia affermato alcuna cosa che non concordi perfettamente con quella ignoranza del tempo della parusia che Cristo stesso proclamò essere propria degli uomini?
Risposta: Sì.
III. Avendo prestato attenzione all'espressione greca «noi i vivi, i superstiti» e avendo considerata l'esposizione dei Padri, in primo luogo di San Giovanni Crisostomo, profondo conoscitore sia della lingua patria, sia delle lettere paoline, è lecito rifiutare come troppo forzata e priva di solido fondamento l'interpretazione tradizionale nelle scuole cattoliche (accettata anche dagli stessi riformatori del secolo XVI) che spiega le parole di Paolo in 1Ts 4,15-17 senza in alcun modo coinvolgere l'affermazione di una parusia tanto prossima che l'Apostolo conti se stesso e i suoi lettori fra i fedeli che superstiti andranno incontro a Cristo?
Risposta: No.
Lorenzo JANSSENS, O.S.B.
Ab. tit. di Monte Blandino
Segretario consultore