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Pontifical Council for the Pastoral Care of Migrants and Itinerant People People on the Move N° 107 (Suppl.), August 2008 Pellegrinaggi e santuari, cammini di pace, concretamente (aspetti di libertà e di verità) Mons. Carlo MAZZA Direttore, Ufficio Nazionale per la Pastorale del Tempo Libero Turismo e Pellegrinaggi Italia Premessa A ben vedere nella complessa vicenda del rapporto tra pellegrinaggio e santuario non si può non constatare che tra i due ambiti in questione scorre un profondo legame che nel tempo si è fatto intrinseco e strutturale. Si riscontra di fatto una concreta persistenza, come di un filo sotteso, a volte più simbolico che reale, di carattere correlativo e longitudinale, che si è andata consolidando lungo i secoli delineando la peculiare caratteristica di un cammino di fede e di una storia di fede. In realtà tra i due ambiti, ordinati secondo consuetudini proprie, si è rafforzata nel tempo una comune somiglianza di intenzioni e di finalità, anche là dove sembrerebbe dominare unindifferenza o ancor più una contrapposizione, tese a promuovere una vera e feconda reciprocità di relazioni in vista del raggiungimento degli obiettivi propri del pellegrinaggio e del santuario. Così naturalmente, e in una certa e armonica misura, luno influisce sullaltro nel modo che il carisma del santuario si dilata sullo scorrimento significativo del pellegrinaggio e il pellegrinaggio prende senso e acquista valore dal carisma del santuario, causando, dapprima in modo propedeutico e poi in modo organico, un effettiva e illuminante comprensione del mistero della salvezza che nel luogo santo ha avuto una manifestazione particolare e continua a generare nel tempo propizie condizioni di favore divino. A partire da queste sintetiche considerazioni di approccio, mi riprometto di rispondere al compito che mi è stato assegnato di delineare concretamente la possibilità di innestare, nel fecondissimo ed essenziale rapporto dinamico tra pellegrinaggio e santuario, autentici cammini di pace, sperimentati e sperimentabili nella verità e nella libertà, in funzione della perfezione della persona e dei benefici in caduta positiva nella realtà sociale e nelle relazioni tra popoli, etnie, culture e religioni. Alla luce di due (verità e libertà) dei quattro pilastri (verità, giustizia, amore, libertà) posti dalla Lett. Enc. di Giovanni XXIII, Pacem in terris (11 aprile 1963) al n. 18, come condizione per edificare la pace, la nostra intenzione mira dunque ad illustrare una possibile prassi, oltre uneventuale teoria, da verificare nei contesti pratici dellincontro tra pellegrinaggio e santuario, che sia ispirata dalla verità e dalla libertà e produca una convivenza pacifica tra popoli e culture, tra religioni e altre confessioni cristiane. 1. La storia della salvezza come lezione di vita Per meglio focalizzare e precisare il rapporto tra pellegrinaggi e santuari, intendo pormi nel quadro di riferimento definito dal paradigma della Storia della salvezza così come si presenta nei due Testamenti. Essa è accolta nella sua totalità in quanto criterio prescrittivo e interpretativo del disegno misterioso e trascendente della salvezza delluomo, sia ai fini di una comprensione generale degli eventi a partire da Dio e sia per trarne unilluminazione pratica a partire dalluomo. Di fatto nelle tradizioni bibliche si ritrova costante la forma tipica di rivelazione nella quale Dio interviene mediante segni e prodigi in un luogo per manifestare la sua volontà salvifica ad un uomo prescelto come testimone e successivamente come latore di un messaggio che si trasforma in una missione di pace presso il popolo. Su quel luogo si edifica una realtà-segno di carattere sacrale che diventa meta di pellegrinaggio e depositaria di una presenza divina. Rileggendo le pagine delle vicende del pellegrinaggio e della formazione dei santuari lungo la storia del cristianesimo, non si può non leggervi in filigrana lattuazione della medesima forma di rivelazione veterotestamentaria, e nel contempo non essere colpiti da un fatto sorprendente che, secondo lo schema più vicino alla tradizione evangelica, coinvolge il veggente o lorante in un incarico di missione. Si constata cioè come lungo la via e nella sosta orante e penitente nel luogo santo, il soggetto credente è colto da unispirazione imprevista e si mette in ricerca, con animo sincero e ben disposto, di un contatto con Dio e in particolare di una purificazione dellanima, quasi di una catarsi spirituale capace di rigenerare lintera esistenza. Ciò avviene attraverso un processo dinamico e armonico che coglie in sintesi lincontro di due libertà poste in condizione di interagire: da una parte la libertà di Dio e dallaltra la libertà delluomo, considerate non solo in sé stesse ma nel volgersi di una storia personale che si muove abilitandosi a congiungersi con la storia della salvezza. Dunque luomo credente sperimenta concretamente e personalmente una vocazione trascendente e una trasformazione vitale che lo innesta in un circuito del tutto inedito di grazia e di solidarietà universale. Secondo la convinzione comune, questo evento di libertà trova la sua storicizzazione in quel particolarissimo e misterioso accadimento che, secondo la tradizione evangelica ed ascetica, denominiamo conversione del cuore. Essa si presenta come un fatto personale che coinvolge la totalità dellessere delluomo credente, generando in lui una nuova creatura e si compone mediante lincontro tra la sfera della trascendenza e dell immanenza, tra la decisione di Dio e la decisione delluomo, tra la verità di Dio e la verità delluomo, tra la fede e la ragione, costituendosi come storia divino-umana, cioè come evento di salvezza per luomo. In tal senso la Storia della salvezza, come storia dellautocomunicazione di Dio in favore dellumanità, diventa modello ispirativo e sacramentale della storia personale della salvezza. 2. La verità di Dio, la verità delluomo È noto, daltra parte, che il Dio della rivelazione biblico-cristiana non appare come il Dio dei filosofi, ma come il Dio che entra nella vicissitudine della storia. Così non emerge limmagine di un Dio che dallalto tiene luomo in soggezione e lo sferza al ravvedimento, costringendolo a riconoscere la sua altissima sovranità sottomettendosi a lui come di fronte ad un satrapo. Dio si autocomunica per amore e lo fa nel tempo del pellegrinaggio delluomo storico, dischiudendogli il volto autentico della verità, tutta compresa in favore delluomo. La verità di Dio in tal modo non si impone ma si propone, non urta la libertà delluomo ma la riempie di significato reale. Dio accondiscende alla natura delluomo anche se luomo non è in grado di esaurire la pienezza di Dio. Di qui limportanza di unesperienza che induce a camminare nella verità di Dio al fine di comprendere più in radice la verità delluomo. La verità è ciò che sta al fondo dellessere e lo definisce a partire dallevento della rivelazione e dalla sua accoglienza da parte dellessere-uomo. Ciò avviene attraverso un itinerario intellettuale e morale che passa dalla suggestione metafisica allelaborazione cognitiva e allattuazione pratica. Infatti qui vale bene ricordare il detto di Gesù: Colui che pratica la verità viene alla luce (Gv 3,21). Occorre dunque camminare dentro la rivelazione della verità e saperla innervare nelle decisioni dellagire morale in modo attivo, consapevole, grato. Laccentuazione sul fare la verità sta a indicare un modello di vita, unesemplarità etica, un riconoscimento pubblico ispirato dalla verità di Dio in sé, e dalla sua signoria sul mondo e sulluomo ( cfr. Giovanni Paolo II, Lett. Enc. Veritatis Splendor, 6 agosto 1993, infra). * Nasce di qui il compito primario del pellegrino. Nel suo porsi in viaggio lasciando la dimora del quotidiano, cioè nella sua decisione di mettersi in discussione, il pellegrino assume il senso profondo di un impegno che lo coglie in modo totalizzante. Esso mira ad accogliere la verità rivelata e a collocarla nei gangli vitali dellesistenza personale e feriale. Di qui si comprenderà che la verità di Dio è la sola che può salvare luomo. Rendergli conto cioè della sua condizione di creatura e del suo stato di peccatore, della sua intrinseca necessità ontologica di coniugare la sua piccola verità con linclusiva verità di Dio. Lungi dal costituirsi come vincolo ingombrante e coercitivo, la verità di Dio dona alluomo pellegrino la piena consapevolezza del senso della sua possibilità di esistenza e della sua vera libertà intellettuale e di coscienza. In realtà gli apre gli orizzonti interiori ed esteriori perché il suo pellegrinare mondano-terreno non risponda soltanto ad unistanza antropologica o psico-emozionale ma sia orientato ad attingere alla verità tutta intera, riconoscendo il suo destino ultimo e la congruenza del dono della salvezza. In tale prospettiva lo spazio-tempo rappresentato dal pellegrinaggio-santuario può trasformarsi in un autentico itinerario veritativo nel quale riscoprire e rigustare la gioia della rivelazione cristiana e lo straordinario patrimonio culturale sedimentato nei secoli inerente alla migliore comprensione della verità di Dio per luomo. Di fatto avviene che, attraverso il cammino pellegrinante e la sosta nel santuario, il silenzio orante e contemplativo, limmersione nella parola di rivelazione, lesperienza di fede mediante laccostamento ai sacramenti, il pellegrino si avverte come attirato nella scia della potenza santificante e benevolente di Dio e ritrova la quiete dellanima. Si sperimenta la verità dellinvito di Gesù: Venite a me voi tutti affaticati e oppressi, ed io vi ristorerò (Mt 11,28). Qui il verbo ristorare non coglie soltanto il recupero rigeneratore delle forze fisiche ma intende valere come ripristino della integrità unitiva della persona in quanto corpo, anima e spirito. 3. La libertà di Dio, la libertà delluomo Daltro canto il Dio biblico, nel suo rivelarsi storico come verità atta a restaurare luomo, si manifesta come assoluta e incondizionata libertà. Il carattere di incondizionatezza si precisa esattamente nellesercizio di libertà che non prevede appelli esterni a sé. In quanto non impedito da limiti ontologici e storici, è Signore di sé e Signore del mondo, non originato ma essenzialmente originante. Non previsto da cause esterne è dunque per definizione limprevedibile. Non impossibilitato da condizionamenti, è per sua natura capace dellimpossibile. Perciò la libertà in Dio non si evince come guadagno in acquisizione da cause estrinseche, ma come proprietà ontologica data in essenza. Di qui labissale differenza rispetto alluomo, afflitto comè dalla contingenza, dalla condizionatezza, dallimpotenza, che diventano sorgente di inquietudine e, a volte, di angoscia. Allora se Dio è libero nella sua identità più profonda, luomo è libero solo nella sua potenza desiderante, nella forza del suo desiderio e nella misura della percezione del suo bisogno radicale dellAltro come necessario per sussistere. In tal senso la libertà umana dipende dalla libertà di Dio e ciò non induce a pensare che luomo possa fare a meno della libertà di Dio e dunque di Dio stesso. * Nellorizzonte del pellegrinaggio, la libertà delluomo dispone lo spazio della decisione e della realizzazione. Esercitando in forza della sua natura intrinseca la sua libertà, il pellegrino effettua il passaggio dal puro desiderio alla realtà, anzi genera per se stesso lacquisto della libertà nel grado di consapevolezza del suo limite, del suo peccato, e delleffettiva accoglienza del dono della salvezza, mediante la fede e i sacramenti della fede. Immerso nella grazia potente del pellegrinaggio e nella speciale esperienza di comunione propria del santuario, il pellegrino scopre di fatto come sia connaturale alla libertà delluomo adeguarsi alla libertà di Dio, come suo oggetto proprio, al fine di vincere e superare definitivamente la precarietà di sé, la densità oscura dei suoi limiti diversamente invincibili, la rivalità competitiva nei confronti di una certa visione di Dio. Così entrano in gioco Dio e luomo. Attraverso il dinamismo proprio della Grazia, risanato in radice lo sfregio radicale del peccato, luomo può accedere alla dimora di Dio di cui il luogo santo raffigura la possibilità. Lungo il cammino del pellegrinaggio accadono i prolegomeni allatto di fede e di adorazione, con le pratiche di accostamento alla Parola e nel silenzio attivo della coscienza. Effettivamente lo spazio proprio del dialogo con Dio consiste nellinteriorità che prende forma dalla contemplazione dei divini misteri, dalla preghiera incessante, dallesperienza penitenziale e dallessere accompagnato dal un popolo che crede, che spera, che ama perché tale è stato costituito da Dio. Qui si tratta di creare nel santuario le condizioni di unaccoglienza appropriata e i luoghi di disponibilità al colloquio spirituale quali segni di libertà rispettosa e di ascolto profondo delle esigenze del pellegrino. Nello spirito di libertà che connota il santuario, si richiedono uno stile aperto e una sapienza del cuore da parte di chi è posto nella responsabilità direzionale sia del pellegrinaggio come del santuario, nel modo che nessun ostacolo sia posto al miglior compimento di un salutare incontro con Dio. 4. Verità e libertà per cammini di pace Se si è ben capito che verità e libertà si richiamano intrinsecamente, si ha bisogno delluna e dellaltra per edificare luomo a misura di Cristo, affinché sia immesso nella pienezza della missione del Cristo stesso e cioè quella di compiere lalleanza eterna del Padre e di stabilire la pace messianica. Allora appare evidente che per costruire la vera pace sia necessario salvaguardare la verità e la libertà di Dio e delluomo nella concretezza del vivere umano e della relazione tra le nazioni. Così nel cammino della conversione orante e sacramentale, verità e libertà esplicitano la loro natura, essenza, potenzialità, attraverso una dinamica preordinata e pratica che riflette il piano trascendente di Dio e nel contempo rispetta i ritmi delluomo, le sue resistenze, le sue incertezze, le sue incapacità, i suoi contesti di vita, come i suoi slanci appassionati, le sue attese di liberazione, le sue intense ispirazioni dellanima. Concretamente avviene che, nel tempo e soprattutto lungo il percorso del pellegrinaggio, non potranno non venire in evidenza i limiti strutturali delluomo e i condizionamenti culturali che per loro natura interferiscono rispetto ad un trasparente impegno di dissociazione e di rifiuto. In realtà si ha a che fare con quei molteplici pregiudizi che inficiano la mente e il cuore, variamente strutturati e sedimentati, tali da porsi come ostacolo ad unautentica conversione secondo verità e libertà. A secondo della provenienza e dei diversi contesti culturali, possono essere definiti pregiudizi di tipo scientista (nichilismo, relativismo, integralismo, indifferentismo,ecc.) o di tipo ambientale (riserve mentali, tradizionalismi, ignoranze passive, posizioni pregiudiziali,ecc.), oppure situazioni pregresse di disordine interiore (relazioni distorte, convivenze immorali, sordità e ostilità manifesta contro Dio, ecc.), oppure condizioni di scadimento o di abbandono della fede, oppure di allontanamento dalla pratica religiosa o di presa di distanza dalle istituzioni ecclesiali. Nel loro accumularsi questi cosiddetti pregiudizi si presentano come forme di mentalità diffuse e assai poco analizzate che vanno sottoposte ad un serio discernimento culturale e spirituale in vista di un oggettivo superamento che dia slancio allaccoglienza della verità nella più sciolta libertà dello spirito.. Di fatto avviene che, ritornando in sé con lucidità di intelligenza della fede, il pellegrino rivede il cumulo di detriti che si sono accatastati nellanima e con i quali deve fare i conti proprio mettendo a prova la libertà e il senso attivo della verità, scavando dentro di sé e orientando in senso positivo la sua vita personale. Varrebbe qui la pena rileggersi, come in un controcanto meditativo e sommesso, la splendida sequenza dei Salmi ascensionali (Salmi, 120-134) che introducono e accompagnano la vicenda del pellegrinaggio costellata dalle memorie personali e collettive della vita, in attesa non più di salire ma di stare nel santuario di Dio. Immedesimarsi in questo flusso verso lalto, significa in realtà riorientare la vita alla luce di una rivelazione accolta con lintelligenza dello spirito. E non tanto sotto la pressione di uno sforzo sovrumano, chiuso nel perimetro della propria memoria di coscienza, che ci si muove ma amabilmente soccorsi e sollecitati dalla grazia di porsi di fronte a Dio, nello sguardo di Gesù Cristo, sotto limpulso dello Spirito Santo. In questo frangente di grazia sovrabbondante si aprono le porte della pace, quale evento veramente pasquale, secondo il saluto augurale del Risorto: Pace a voi! (Gv 20,19). È una pace che incide la coscienza e viene, per così dire, sancita nel santuario. Qui vanno costruite nuove coordinate dellesistenza personale e nuove relazioni verso gli altri per essere davvero testimoni della pace pasquale in coerenza con il vissuto sperimentato, attraverso scelte e conseguenti verifiche pratiche. Si tratta cioè di abilitare, con sapiente intelligenza spirituale, il pellegrinaggio e il santuario a promuovere esperienze ed iniziative che consentano la formazione di riferimenti stabili in ordine alla pace. Conclusione Di conseguenza le forme di vita coerente con le rinnovate acquisizioni esperienziali di verità e di libertà, intrecciate con lurgente principio della pace, esigono poi una trasparente ed omogenea congruenza morale. Dunque vanno coltivate e continuamente educate. Se il pellegrinaggio fonda un tracciato interiore indelebile sotto la luce e la forza derivate dalla manifestazione dellamore di Dio per luomo, e se tutto ciò si conferma dalla sosta prolungata nel santuario, si sviluppa una inedita Storia della salvezza tesa a stabilire nuovi criteri di vita, nuovi comportamenti, nuove prospettive di relazioni. Non si tratta certo di imposizioni di codici regolamentari, ma di tracciare percorsi tesi a edificare mentalità pacificate e pacificanti, ricche di quelle istanze che troviamo diffuse nella Scrittura e che sono condensate nella spiritualità dei Salmi. Qui si richiamano per assonanze e per contenuti, i Salmi 83 (84) e 84 (85) dove il canto del pellegrino si innerva nella sequela di tristezze e speranze che la vita di ogni giorno ci propone senza soluzione di continuità. Verità e libertà hanno bisogno di misericordia e di giustizia perché la pace sia esperienza duratura e fruttuosa. Infatti nel pellegrinaggio e nel santuario ogni parola e ogni gesto non finiscono in se stessi ma rilanciano la loro efficacia nella storia degli uomini e nelle coscienze delle comunità e dei popoli. In pratica viene costantemente interpellata lesemplarità della vita credente che va conformata in una conversione costante, in modo da rendere evidente la grazia del pellegrinaggio nella sua interezza, capace di abbracciare non solo la vita interiore del pellegrino ma altresì il suo rapporto con la società nella quale è chiamato a testimoniare le meraviglie che Dio gli ha dispensato. Questo impegno pubblico si manifesta nella determinazione di annunciare il Regno di Dio e di predisporre le condizioni perché si attui nei controversi percorsi della storia. Sotto questo profilo, pellegrinaggio e santuario costituiscono veri parametri dellautenticità intenzionale e pratica delladesione alla totale verità di Dio, il quale vuole che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità (1 Tim 2,4) che sola ha in sé la forza di liberare da ogni vincolo o pregiudizio, come Gesù ha proclamato: La verità vi farà liberi (Gv 8,32). |