CONFERENZA MINISTERIALE DELL'AIEA SULLA SICUREZZA NUCLEARE INTERVENTO DELLA SANTA SEDE Martedì, 21 giugno 2011
Presidente, Eccellenze, signore e signori, Ho l’onore di pronunciare questo intervento a nome di Sua Eccellenza l’Arcivescovo Dominique Mamberti, Segretario per i Rapporti con gli Stati della Santa Sede. Innanzitutto, permettetemi di esprimere la mia gratitudine alle autorità della Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica per l’organizzazione di ciò che si sta rivelando una conferenza quanto mai interessante e opportuna. Dall’11 marzo di questo anno, il Giappone sta affrontando, come ha affermato il Primo Ministro Naoto Kan, «La più grande tragedia dalla Seconda Guerra Mondiale». Alcuni giorni dopo il tragico evento, Papa Benedetto XVI, durante il suo incontro settimanale domenicale con i fedeli riuniti in piazza San Pietro, ha affermato: «le immagini del tragico terremoto e del conseguente tsunami in Giappone ci hanno lasciato tutti fortemente impressionati. Desidero rinnovare la mia spirituale vicinanza alle care popolazioni di quel Paese, che con dignità e coraggio stanno facendo fronte alle conseguenze di tali calamità. Prego per le vittime e per i loro familiari, e per tutti coloro che soffrono a causa di questi tremendi eventi. Incoraggio quanti, con encomiabile prontezza, si stanno impegnando per portare aiuto… Che le persone colpite da lutto e danneggiate ricevano conforto e che i soccorritori vengano rafforzati nella loro opera per assistere il coraggioso popolo giapponese». Permettetemi di assicurare al nobile popolo giapponese questi sentimenti costanti di solidarietà fervente della Chiesa cattolica. I partecipanti a questa Conferenza potrebbero essere interessati a sapere che la Santa Sede è fra i membri fondatori dell’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Aiea). La domanda di energia, in crescita costante in tutto il mondo, esige una riflessione seria sul ruolo dell’energia nucleare nonché sull’importanza della sicurezza nucleare. Le riflessioni che seguono sono offerte come contributo della Santa Sede, basato sulla sua natura specifica, ai dibattiti sulla sicurezza nucleare nel XXI secolo. La crisi nucleare a Fukushima è un problema globale. Rivela che il mondo è esposto a rischi reali e sistematici e non solo ipotetici, con costi incalcolabili e necessità di sviluppare un coordinamento politico internazionale senza precedenti. In questo contesto, le autorità impegnate nella crisi nucleare di Fukushima sono chiamate alla massima trasparenza e a procedere in stretta cooperazione con l’Aiea. Nello stesso tempo, la crisi nucleare a Fukushima solleva numerose questioni fondamentali che devono essere affrontate. È legittimo costruire o conservare reattori nucleari operativi su territori che sono esposti a gravi rischi sismici? La tecnologia di fissione nucleare o la costruzione di nuove centrali atomiche o l’attività costante di quelle esistenti escludono l’errore umano nelle loro fasi di elaborazione, di funzionamento normale o d’emergenza? A tutte queste domande, bisogna aggiungere quelle relative alla volontà politica, alla capacità tecnica e alle finanze necessarie per procedere allo smantellamento di molti reattori nucleari obsoleti. Che ne sarà del materiale nucleare? Cosa e chi sarà sacrificato? Il problema di cosa fare con i rifiuti radioattivi viene semplicemente scaricato sulle spalle delle generazioni future? Inoltre, un rischio nucleare pari a zero a livello mondiale è impossibile, considerando che esistono ancora armi nucleari e centrali nucleari attive che devono essere gestite. Di recente sono stati lanciati appelli a sviluppare nuovi livelli di sicurezza e incolumità nonché a organizzare un monitoraggio internazionale di tutte le centrali nucleari esistenti. Per la Santa Sede, questo sembra essere il problema politico cruciale. Gli Stati sono disposti ad adottare nuovi livelli di sicurezza e incolumità? Se è così, chi li controllerà? In ogni caso resta il fatto che senza trasparenza, sicurezza e incolumità non si possono perseguire con diligenza assoluta. È vero che la sicurezza energetica e la sicurezza nucleare richiedono l’adozione di misure tecniche e legali appropriate, ma queste ultime da sole non potranno mai essere l’unica risposta a quella che è, soprattutto, una questione relativa alla natura umana. Le minacce alla sicurezza derivano da atteggiamenti e azioni ostili alla natura umana. È quindi a livello umano che bisogna agire, a livello culturale ed etico. Se, nel breve periodo, misure tecniche e legali sono necessarie per la protezione di materiale e di siti nucleari, nonché per la prevenzione di atti di terrorismo nucleare, i cui eventuali effetti devastanti sono veramente difficili da immaginare, allora, sul lungo periodo, sono necessarie anche misure di prevenzione, misure che penetrino nelle più profonde radici culturali e sociali. Assolutamente necessari sono programmi di formazione per la diffusione di una «cultura di sicurezza e incolumità» sia nel settore nucleare sia nella coscienza pubblica in generale. Un ruolo speciale va riservato ai codici comportamentali per le risorse umane che, nel settore nucleare, devono essere sempre consapevoli dei possibili effetti della loro attività. La sicurezza dipende dallo Stato, ma soprattutto dal senso di responsabilità di ogni persona. Presidente, So bene di aver posto molte domande e di aver offerto poche risposte. Tuttavia, tali questioni devono essere affrontate in ogni dibattito sull’energia nucleare e la sicurezza nucleare, perché riguardano la necessità urgente per gli esseri umani di tutelare l’ambiente dall’inquinamento, dalla perdita della biodiversità e dagli effetti del cambiamento climatico legato alle emissioni di gas a effetto serra. E non dimentichiamo gli effetti di lungo periodo che tutto questo può avere sulla sicurezza alimentare. Dalla crisi nucleare a Fukushima un elemento emerge con sempre maggiore chiarezza. Una gestione condivisa e corresponsabile della ricerca e della sicurezza e dell’incolumità in campo nucleare, delle riserve idriche ed energetiche e della tutela ambientale del pianeta richiede una o più autorità internazionali con poteri reali ed effettivi. Il settore nucleare può rappresentare una grande opportunità per il futuro. Ciò spiega il «rinascimento nucleare» a livello mondiale. Questo rinascimento sembra schiudere orizzonti di sviluppo e prosperità. Nello stesso tempo, senza un «rinascimento culturale e morale» potrebbe però ridursi a un’illusione. Purtroppo, il semplice benessere materiale non elimina i rischi legati alla povertà culturale e morale di uomini e di donne, nonché ai conflitti legati alla miseria culturale e morale. Per questo motivo, le politiche energetiche devono essere considerate nella prospettiva dello «sviluppo integrale dell’essere umano» (Dichiarazione sul Diritto allo Sviluppo del 1986, art. 5), che include non solo lo sviluppo materiale, ma anche, e soprattutto, lo sviluppo culturale e morale di ogni persona e di tutti i popoli. Tutti sono coinvolti in questo progetto ambizioso e indispensabile, sia all’interno sia all’esterno del settore nucleare ed energetico, sia nel settore pubblico sia in quello privato, a livello sia governativo sia non governativo. In questo modo, un impegno comune per la sicurezza e per la pace porterà non solo a un’equa distribuzione delle risorse della Terra, ma, soprattutto, all’edificazione di «un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e la libertà» di tutte le persone umane possano essere pienamente realizzati (Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, art. 28). Permettetemi di concludere affermando che per tutte le suddette motivazioni, la Delegazione della Santa Sede continuerà a seguire con grande interesse le deliberazioni di questa importante Conferenza. Grazie a voi per la vostra cortese attenzione e grazie, Presidente.
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