CONFERENZA INTERNAZIONALE PER LA PACE IN SIRIA GINEVRA 2 INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI, Montreux
Signor Segretario Generale, I rappresentanti della popolazione siriana e della comunità internazionale si incontrano oggi, in questa conferenza Ginevra 2, al fine di compiere passi concreti a favore di un futuro pacifico per il popolo siriano e il Medio Oriente. Dinanzi all’indicibile sofferenza del popolo siriano, un senso di solidarietà e di responsabilità comune ci spinge a impegnarci in un dialogo basato su onestà, fiducia reciproca e passi concreti. Il dialogo è l’unica via per andare avanti. Non c’è soluzione militare alla crisi siriana. La Santa Sede è convinta che la violenza non porti da nessuna parte se non alla morte, alla distruzione e alla mancanza di futuro. La mia Delegazione è lieta di contribuire a questo processo fondamentale, che è di per sé segno di una volontà politica che dà la priorità ai negoziati rispetto alle armi, alla gente rispetto al potere estremo. Per questa ragione, tutti i leader religiosi, in particolare, convergono sulla convinzione che la violenza deve terminare perché a tutto il popolo della Siria e all’intera regione è già stata inflitta troppa sofferenza. I recenti incontri dei rappresentanti religiosi di diverse confessioni hanno ribadito questo approccio costruttivo, basato sulla pari dignità di ogni persona creata a immagine di Dio e aperto agli altri. È giunto il momento di prendere misure concrete per mettere in pratica le buone intenzioni espresse da tutte le parti dell’attuale conflitto. In questo contesto, la Santa Sede rinnova il suo urgente appello alle parti coinvolte per un rispetto pieno e assoluto del diritto umanitario e presenta le seguenti proposte:
Al di là delle tragedie della crisi attuale, possono presentarsi nuove opportunità e soluzioni originali per la Siria e i suoi vicini. Un approccio giusto sarebbe quello di riconoscere che l’esistenza della diversità culturale, etnica e religiosa e del pluralismo non deve essere un fattore negativo o, peggio, una fonte inevitabile di conflitto, ma piuttosto una possibilità per ogni comunità e individuo di dare il proprio contributo al bene comune e allo sviluppo di una società più ricca e bella. C’è un ruolo per tutti laddove la cittadinanza offre uguale partecipazione in una società democratica con pari diritti e doveri. In tal modo, nessuno è costretto a lasciare il proprio paese a causa dell’intolleranza e dell’incapacità di accettare le differenze. Di fatto, l’uguaglianza assicurata dalla comune cittadinanza può consentire all’individuo di esprimere, da solo e in comunità con altri, i valori fondamentali che tutte le persone considerano indispensabili per sostenere la loro identità interiore. Una tale comprensione e un tale sviluppo della società aprono il cammino a una pace duratura e feconda. Signor Segretario Generale, Da quando è iniziata la crisi siriana, la Santa Sede ne ha seguito gli sviluppi con profonda preoccupazione e ha costantemente chiesto a tutte le parti coinvolte d’impegnarsi a prevenire la violenza e a fornire assistenza umanitaria alle vittime. Il Santo Padre ha fatto sentire la sua voce in numerose occasioni per ricordare alla gente la futilità della violenza, invitando a una risoluzione negoziata dei problemi, auspicando una partecipazione giusta ed equa di tutti nella vita della società. Oltre all’invito a pregare per la pace, egli ha promosso una risposta attiva da parte delle organizzazioni e delle istituzioni cattoliche ai bisogni emergenti. Resta memorabile la proposta del Santo Padre di una Giornata di preghiera e di digiuno per la pace in Siria e in Medio Oriente, che ha ricevuto in tutto il mondo una risposta straordinariamente positiva. Permettetemi di concludere riprendendo le parole di Papa Francesco: «Chiedo alle parti in conflitto di ascoltare la voce della propria coscienza, di non chiudersi nei propri interessi, ma di guardare all’altro come ad un fratello e di intraprendere con coraggio e con decisione la via dell’incontro e del negoziato, superando la cieca contrapposizione». «Non è la cultura dello scontro, la cultura del conflitto quella che costruisce la convivenza nei popoli e tra i popoli, ma questa: la cultura dell’incontro, la cultura del dialogo; questa è l’unica strada per la pace». Signor Segretario Generale, Il popolo della Siria ha convissuto in pace nella storia e può tornare a farlo. *L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 18, Ven. 24/01/2014.
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