FORUM DELL'INFORMAZIONE ORGANIZZATO DALLA CSCE INTERVENTO DI MONS. PIERFRANCO PASTORE* Londra - Mercoledì, 19 aprile 1989 ... Ritengo doveroso manifestare subito il grande interesse con il quale la Delegazione della Santa Sede ha seguito il dibattito che ha animato la Riunione di Vienna, in particolare per quanto si riferisce al tema dell’Informazione ed alla conseguente necessità di garantire per tutti una effettiva libertà di espressione. Quella discussione ampia e concreta è rispecchiata nel progetto di documento conclusivo. Esso evidenzia la determinazione degli Stati partecipanti di promuovere la cooperazione e il dialogo, per assicurare ad ogni uomo la possibilità di esercizio dei propri diritti e l’autentico rispetto delle sue fondamentali libertà, essenziali al pieno sviluppo della persona ed al raggiungimento della pace e di una più armoniosa convivenza tra i popoli. Ora, facilitare la ricerca e una più ampia diffusione di ogni possibile informazione, garantendo a tutti la libera espressione delle proprie idee, significa, in definitiva dare dimensione concreta all’asserito rispetto della libertà di pensiero e di espressione ed offrire ai singoli uomini quella conoscenza adeguata e continua che li mette in grado di contribuire efficacemente al bene comune e di promuovere, insieme con gli altri, un più rapido progresso di tutta la società (cfr. Inter Mirifica, art. 5). «Appartiene infatti alla società umana il diritto all’informazione su quanto, secondo le rispettive condizioni, convenga alle persone, singole o associate» (ivi). Il retto esercizio di questo diritto tuttavia, «richiede che la comunicazione nel suo contenuto sia sempre vera e, fatte salve la giustizia e la carità, anche intera – richiede che nelle sue modalità sia onesta e conveniente, rispettando scrupolosamente le norme morali, i legittimi interessi e la dignità dell’uomo; e ciò nella ricerca delle notizie, come nella loro divulgazione». A Vienna si è parlato dell’impegno dei singoli Stati di assicurare: In proposito, Signor Presidente, vorrei sottolineare, dinanzi a questa distinta Assemblea, la particolare importanza che i fedeli delle Religioni che credono ad una Parola rivelata, annettono al rispetto della libertà di espressione e, di conseguenza, al diritto all’informazione. Se, infatti, tutti gli uomini sentono intimamente il dovere e l’esigenza di questo rispetto e di questo diritto, in quanto l’essere comunicazione, l’essere «parola» costituisce l’essenza profonda di ogni persona, così da poter dire che proprio nella «parola» sta, in certo senso la grandezza di ogni uomo al quale il Creatore ha attribuito il compito di « dar nome alle cose » (Gen. 2 19), in modo peculiare lo avvertono coloro che per fede, fondano la loro vita e la loro testimonianza su una Parola che, per ricchezza e potenza, va ben oltre la semplice umana parola. È in questo senso e per queste motivazioni che i « credenti della Parola, consapevoli della loro responsabilità nel promuovere e nel garantire per tutti tale libertà e tale diritto, li rivendicano nel contempo, per se stessi e per le loro Comunità, che per natura sono inserite in un più ampio e sovranazionale contesto comunitario spirituale, sì, ma anche articolato ed essenziale per la loro stessa vita. A questo punto, naturalmente e specificamente, si innesta il discorso circa l’informazione religiosa, che non è rimasto estraneo già alla Riunione. La Delegazione a nome della quale ho l’onore di parlare ha preso atto con soddisfazione che, per assicurare all’individuo la libertà di professare e di praticare una religione, gli Stati partecipanti alla Conferenza di Vienna si sono impegnati, tra l’altro: Non si può non constatare che nell’odierna società così complessa e così dinamica, così pervasa di egoismo e così avida di bontà, così priva e così bisognosa di Dio, i messaggi religiosi hanno, grazie anche agli strumenti della Comunicazione Sociale, un impatto sempre crescente. L’informazione religiosa tende ad acquistare maggior rilievo nei mass media, e non per una presenza imposta, ma a causa dell’interesse sempre maggiore prestato dall’uomo alla dimensione religiosa delle realtà umane. C’è infatti una richiesta specifica da parte di coloro ai quali i responsabili della comunicazione di massa rispondono, dando più spazio all’informazione e al commento di tematiche religiose anche se, talvolta, l’approccio a queste tematiche si rivela segnato dalla Incompiutezza e dalla parzialità. Non è forse superfluo, poi, in questa sede ricordare che quando si deridono le convinzioni religiose o se ne parla con pregiudizio e discriminazione, si corre il rischio di scatenare reazioni, talora assolutamente non condivisibili e da condannarsi, ma sempre evitabili, solo che l’approccio a realtà che toccano nell’intimo la coscienza di tanti uomini sia ispirato a stima e rispetto. Per ciò che concerne la Chiesa Cattolica, le Commissioni Episcopali per le Comunicazioni Sociali presenti in ogni Conferenza Episcopale nazionale, le strutture continentali del settore ed il Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali, rispondendo all’invito di Giovanni Paolo II sono pronte e disponibili all’incontro, al dialogo, alla collaborazione con gli organismi equivalenti di qualsivoglia estrazione e nazionalità, per contribuire a creare, attraverso l’importante ed affascinante mondo della comunicazione, una comunità umana nella quale l’effettivo rispetto dei diritti dell’uomo, della sua dignità e delle sue fondamentali libertà, diventi preoccupazione comune ed impegno prioritario. È l’auspicio, Signor Presidente con il quale concludo il mio intervento, ringraziando per l’attenzione che mi è stata prestata. *L'Osservatore Romano 22.4.89 p.2.
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