Dr. Hermann J. ABS Statement at the 22nd Session of the General Assembly of the IAEA* Vienna, September 21, 1978 Mr. President, With this in mind, may I close with the following observation: the question of the peaceful use of nuclear energy, although a problem that falls primarily within the responsibility of each country, is one that cannot be answered by each country in isolation. The question of the advisability and utilization of nuclear energy for peaceful purposes is a worldwide question and should be solved by international cooperation. In this respect, our Organization, the IAEA, has to play a leading role, as in fact it has done so far. The common aim should be a common, internationally accepted decision about the employment or non-employment of nuclear energy; and this implies a worldwide or at least regional plan for common use, equal distribution of risks and just sharing of the benefits of such nuclear resources. *Document en provenance de la Mission du Saint-Siège auprès des Organisations Internationales à Vienne. _____________________________________________________________________________ XXII SESSIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'AIEA INTERVENTO DEL PROF. HERMANN J. ABS** Vienna - 21 settembre 197 8 Sig. Presidente, mi consenta prima di tutto di porgerle a nome della Delegazione della Santa Sede le mie congratulazioni per la sua nomina a Presidente di questa eminente assemblea. Sono convinto che, sotto la sua esperta direzione, questa Conferenza Generale dell’AIEA avrà pieno successo. La mia Delegazione, Sig. Presidente, ha attentamente esaminato la relazione presentata dal Direttore Generale della nostra Organizzazione, il Sig. Eklund, e le osservazioni espresse fino ad oggi nel dibattito generale. Sono molti i problemi che richiederebbero di essere esaminati; ma mi limiterò a trattare quello centrale dell’utilizzazione dell’energia nucleare e a richiamare la vostra attenzione ad alcuni elementi che, a nostro avviso, debbono essere tenuti costantemente presenti. Gli ultimi anni hanno visto un susseguirsi crescente di dibattiti sull’uso dell’energia nucleare, specialmente nei paesi altamente sviluppati e in possesso di una sofisticata tecnologia. Si sono prese posizioni, spesso estreme, sia pro che contro l’uso dell’energia nucleare, non solo a fini bellici, ma per qualsiasi altro uso. In questi dibattiti le Chiese, i gruppi ecclesiastici e singoli leaders e portavoci di Chiese sono stati attivi. Spesso molti appelli sono stati lanciati alla Chiesa Cattolica perché si pronunciasse in questo campo. Bisogna sempre ricordare che la Chiesa non ha il compito di decidere sugli aspetti tecnici di tali questioni. La Chiesa non ha una specifica preparazione nel campo puramente tecnico e non pretende di avere quella competenza. Comunque, poiché tali questioni hanno vaste implicazioni nel campo sociale, etico e morale, la Chiesa ha veramente la responsabilità di far luce sulle dimensioni etiche e morali, in modo da salvaguardare i valori fondamentali della società e del genere umano. Nel suo primo messaggio, Papa Giovanni Paolo I ha detto: «La tentazione di sostituirsi a Dio, con l’autonoma decisione che prescinde dalle leggi morali, porta l’uomo moderno al rischio di ridurre la terra ad un deserto, la persona ad un automa, la convivenza fraterna ad una collettivizzazione pianificata, introducendo non di rado la morte là dove invece Dio vuole la vita». In questo contesto, Papa Giovanni Paolo ha messo in evidenza che «la Chiesa, in questo sforzo comune di responsabilizzazione e di risposta ai problemi lancinanti del momento è chiamata a dare al mondo quel «supplemento d’animo»(anima) che da tante parti si invoca e che solo può assicurare la salvezza» (Messaggio al Collegio dei Cardinali, 27 agosto 1978). Il primo problema ricorrente nell’utilizzazione dell’energia nucleare è naturalmente il suo uso militare. Nel messaggio sulla necessità del disarmo, indirizzato alla recente Assemblea Speciale delle Nazioni Unite sul Disarmo (6 giugno 1978) Papa Paolo VI aveva affermato: «Le armi nucleari certamente meritano un primo posto nella nostra attenzione; esse sono la minaccia più temibile che opprime il genere umano. Apprezziamo molto le iniziative che sono già state prese in questo settore, ma dobbiamo incoraggiare tutti i paesi, particolarmente quelli che ne hanno maggior responsabilità, di andare avanti e di sviluppare queste iniziative con lo scopo finale di eliminare completamente l’arsenale atomico. Contemporaneamente, bisogna trovare dei mezzi per dare accesso a tutti i popoli alle immense risorse dell’energia nucleare per il loro uso pacifico». Purtroppo, rimane molto da fare. Il Trattato di Non-Proliferazione Nucleare, in base al quale la nostra Organizzazione deve svolgere un ruolo di tanta responsabilità, non può da sé garantire un progresso verso il disarmo finché vengono eseguiti solo quei provvedimenti che si riferiscono agli obblighi delle potenze non-nucleari e ai doveri di quelle nucleari in relazione al sostegno delle prime nell’uso pacifico dell’energia atomica. La riduzione e perfino l’eliminazione della proliferazione orizzontale è totalmente inadeguata, a meno che non ci sia anche la riduzione e l’eliminazione finale di tutta la proliferazione verticale da parte delle potenze nucleari. Papa Paolo descrisse bene questa situazione quando disse: «Questi strumenti si sono accumulati, e, in virtù di un processo quasi autonomo, tendono ad auto-perpetuarsi senza fine, in una continua escalation sia per quantità che per qualità, con un enorme dispendio di uomini e mezzi, al punto di raggiungere, oggi, un potenziale ampiamente capace di eliminare ogni forma di vita sul pianeta» (ibid). Questo processo, sono certo siamo tutti d’accordo, deve essere invertito e l’utilizzazione dell’energia nucleare nella corsa agli armamenti eliminata appena possibile. Comunque, Sig. Presidente, non dobbiamo occuparci soltanto dell’accumulazione di gigantesche masse di armi nucleari. L’uso pacifico dell’energia nucleare non ci esime, per se stesso, dal prendere nota degli aspetti sociali, culturali e, quindi, morali ed etici di questo sviluppo. Mentre i progressi tecnologici e scientifici, compiuti nel campo dell’energia nucleare, sono stati immensi e giustamente suscitano l’ammirazione e l’incoraggiamento di tutti, la tecnologia e la scienza non sono così indipendenti da non aver bisogno di essere confrontate con le necessità e le speranze, le aspirazioni e i valori che gli uomini propongono per la propria vita e quella delle generazioni future. Senza gettar via nessuno dei progressi positivi ottenuti in questo campo, gli ultimi anni hanno visto una valutazione più profonda e una discussione più realistica sugli usi dell’energia nucleare. I dibattiti pubblici hanno aiutato ad informare i cittadini. I Governi non hanno esitato a rivalutare l’energia nel contesto più ampio e cruciale dei bisogni della società odierna e futura. Lo scorso anno, alla Conferenza Generale dell’AIEA, la Santa Sede incoraggiò l’agenzia a mantenere aperto il dibattito sull’energia nucleare «in modo da determinare le condizioni sociali e politiche, in base alle quali essa può essere usata» (Dichiarazione del Delegato della Santa Sede, settembre 1977, 21 Sessione Regolare AIEA). I tre punti, che questa delegazione fece allora, meritano oggi di essere ripetuti. Prima, c’è il permanente bisogno di informare la società dei problemi impliciti nell’uso pacifico della tecnologia nucleare. Poi, ciò porta ad una chiarificazione dei pericoli insiti nell’uso delle risorse nucleari per vari progetti. Infine, alla luce delle vaste possibilità degli usi del potere nucleare, «tutti gli Stati dovrebbero scrupolosamente evitare la tentazione del consumismo collocato nel contesto di attenzione all’ ambiente e alla realistica valutazione di ciò che costituisce la buona crescita dei singoli Stati e del mondo intero» (ibid.). In aggiunta a questi tre aspetti del problema dell’utilizzazione dell’energia nucleare, questa Delegazione gradirebbe richiamare l’attenzione ad un quarto. Questo riguarda la questione dei diritti umani. Poiché i paesi sperimentano il «divario energetico» e sentono sempre più la necessità di rivolgersi al potere nucleare, questo stesso sviluppo porta con sé alcuni rischi sociali. Questo è vero in maniera particolare nel caso in cui si dovesse adottare una economia basata sul plutonio, nella quale i rischi tecnologici e gli accresciuti bisogni di proteggere i materiali nucleari possono condurre all’utilizzazione di altri mezzi che proteggeranno il materiale nucleare anche a costo di invadere la sfera individuale e di incidere su quella sociale, di maggiori misure di sorveglianza e di un numero indefinito di mutamenti sociali e politici che potrebbero minacciare i diritti umani. Mentre lo spettro della «stato poliziesco» non è una creazione automatica richiesta dall’aumento delle risorse nucleari, è abbastanza problematico da obbligarci ad essere consapevoli di quella possibilità. La Convenzione sulla Protezione Fisica dei Materiale Nucleare ora in esame potrebbe forse aver riflessi su questo particolare problema. Noi tutti dobbiamo, comunque, essere consci del problema potenziale e fare tutto ciò che possiamo per garantire che lo sviluppo delle risorse nucleari non sia fatto a spese dei diritti umani. Infine, questa Delegazione sarebbe manchevole se non incoraggiasse l’aumentata ricerca e lo sviluppo nella sua applicazione al benessere e a una maggiore produzione di prodotti alimentari. La Santa Sede, in molte conferenze internazionali, ha sostenuto un approccio integrale ai problemi che la società deve affrontare, problemi che riguardano un nuovo ordine nel mondo, lo sviluppo e la pace. Papa Paolo VI ha chiesto che «devono essere trovati i mezzi per dare accesso a tutti i popoli alle immense risorse dell’energia nucleare par scopi pacifici». Alcune delle più grandi sfide e maggiori possibilità per raggiungere questo scopo consistono nei settori di sviluppo agricolo verso l’autonomia, di una accresciuta assistenza sanitaria e della medicina preventiva. Tenendo presente tutto ciò, vorrei concludere con la seguente osservazione: il problema dell’uso pacifico dell’energia, sebbene sia un problema che rientra principalmente nella responsabilità di ogni paese, non può aver risposta da ogni paese singolarmente. La questione dell’opportunità e dell’utilizzazione dell’energia nucleare per scopi pacifici è una questione di risonanza mondiale e dovrebbe essere risolta da una cooperazione internazionale. Sotto questo aspetto, la nostra Organizzazione, l’AIEA, deve svolgere un ruolo di guida, come in effetti ha fatto fin’ora. Lo sforzo comune dovrebbe essere una decisione comune, accettata su scala internazionale, sull’uso o meno dell’energia nucleare: e questo implica un progetto mondiale o almeno regionale per un uso comune, una eguale distribuzione dei rischi e una giusta partecipazione dei benefici di tali risorse nucleari. La mia Delegazione sa, Signor Presidente, che un appello per una cooperazione mondiale nell’uso dell’energia nucleare potrebbe sembrare prematuro, in un’era in cui gli Stati custodiscono la propria sovranità a volte in maniera estremamente gelosa. E tuttavia, Sig. Presidente, il problema dell’uso dell’energia nucleare per scopi pacifici diventerà un test della capacità della Comunità Internazionale a cooperare in maniera significativa nella soluzione di un problema di importanza mondiale. **L’Osservatore Romano 25/26.9.1978 p.4.
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