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 OMELIA DEL CARDINALE ANGELO SODANO 
DURANTE LA SANTA MESSA 
CELEBRATA NELLA CHIESA DI SANTO STEFANO ROTONDO

Sabato, 19 maggio 2001

 

"Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore né abbia timore... Non turbetur cor vestrum neque formidet" (Gv 14, 27).

Sono le parole di Gesù, che ancora una volta abbiamo ascoltato nel Vangelo di questo tempo pasquale, nel quale tutta la liturgia ci parla del trionfo di Cristo Risorto, invitandoci a guardare a Lui con fede profonda.

Cristo però aveva detto ai suoi Apostoli che Egli dava loro la pace "non come la dà il mondo". Essa, pertanto, non li avrebbe esentati dalle sofferenze e dalle prove. Del resto, lo stesso Maestro aveva già avvertito i suoi che il discepolo non può essere più del maestro e che se avevano perseguitato Lui, avrebbero perseguitato anche loro. "Si me persecuti sunt, et vos persequentur" (Gv 15, 20).

1. Una vita per la Chiesa

Di queste tribolazioni e persecuzioni, ne ebbe esperienza il Cardinale József Mindszenty; ma di più, della pace che viene solo da Dio, egli fu protagonista e testimone. Nato il 29 marzo 1892 a Csehimindszent, in una famiglia profondamente cristiana, egli compì la sua formazione nel seminario di Szombathely e fu ordinato sacerdote il 12 giugno 1915. Gli venne allora offerta la possibilità di continuare gli studi in qualche Università ecclesiastica per addottorarsi in teologia, ma egli vi rinunziò per dedicarsi subito al ministero tra il popolo, in una parrocchia dove fu inviato come Vicario cooperatore.

Si dedicò con zelo tanto instancabile a tutte le opere dell'apostolato sacerdotale, tanto che la sua fama si diffuse ben presto per tutta l'Ungheria. In ogni sua azione rivelò sempre un carattere ardente, una ferma volontà e un grande spirito di iniziativa.

Fin dagli inizi della sua attività, aveva mostrato uno spiccato talento per l'organizzazione. Nel suo lavoro apostolico mostrò sempre una preferenza per i poveri e per le anime semplici, dedicandosi personalmente all'istruzione religiosa degli zingari. Nonostante la gran mole della sua attività, a cui si aggiungeva l'instancabile e fervido ministero della predicazione, egli esercitò anche l'apostolato della penna. Oltre alcuni lavori storici di divulgazione, scrisse molti libri di pastorale, e in particolare una grande opera in tre volumi sui doveri delle madri cristiane.

Così si può comprendere come nel 1944, quando si rese vacante la sede episcopale di Veszprém, il Papa Pio XII di v.m. abbia scelto il parroco di Zalaegerszeg a reggere quell'importante diocesi. Mutato allora legalmente il suo nome di famiglia Pehm in quello di Mindszenty, dal paese di origine, si accinse al governo della vasta diocesi con lo stesso spirito apostolico con cui aveva retto per tanti anni la sua parrocchia. Le dure condizioni di vita create dal conflitto in corso gli permisero di mostrare nelle forme più molteplici le sue alte doti di Buon Pastore, che gli guadagnarono l'universale venerazione.

Essendo poi deceduto, il 29 marzo 1945, il Primate d'Ungheria, Cardinale Serédi, dolorosamente colpito per le devastazioni che la guerra aveva portato nella sua patria, il 2 ottobre successivo il Santo Padre promosse Mons. Mindszenty alla Chiesa metropolitana di Esztergom, elevandolo poi, nel dicembre seguente, alla dignità cardinalizia. Da allora l'attività del Card. Mindszenty si confonde con quella della Chiesa cattolica in Ungheria nella vita tormentata del suo Paese.

Seguirono pochi anni d'intensa attività pastorale e caritativa. Il 26 dicembre 1948 ebbe inizio, con l'arresto, il suo lungo Calvario, che durerà praticamente fino al 28 settembre 1971, con la fugace parentesi del 1956, seguita da quindici anni di isolamento presso l'ambasciata americana. Accettò, poi, il trasferimento all'estero, frutto d'obbedienza del cui peso egli non fece mistero, ma che accettò con profondo spirito di fede, offrendo a Dio il suo sacrificio, fino a quando Cristo, Buon Pastore, volle chiamarlo a sé il 6 maggio del 1975.

2. L'omaggio di Paolo VI

Non ci sorprende, quindi, che il giorno dopo la sua morte, il Papa Paolo VI all'udienza generale del 7 maggio 1975, iniziasse la sua allocuzione ricordando la figura del Card. Mindszenty, dicendo:  "Singolare figura di sacerdote e di pastore, il Cardinale Mindszenty! Ardente nella fede, fiero nei sentimenti, irremovibile in ciò che gli appariva dovere e diritto. La Provvidenza lo pose a vivere, fra i protagonisti, uno dei periodi più difficili e più complessi della esistenza millenaria della Chiesa nel suo nobile Paese. Fu, e continuerà certamente ad essere, segno di contraddizione, come fu oggetto di venerazione e di attacchi violenti, di un trattamento che colpì di addolorato stupore la pubblica opinione e in particolare il mondo cattolico e che non risparmiò la sua sacra persona e la sua libertà" (Insegnamenti di Paolo VI, XII [1975], p. 406).

3. Un ricordo personale

Anch'io conservo un vivo ricordo del primo incontro avuto con il venerato Cardinale, trent'anni fa. Era il 28 settembre 1971, allorquando egli arrivava a Roma, dopo aver lasciato in mattinata la sede dell'Ambasciata Americana a Budapest, in compagnia del Nunzio Apostolico a Vienna e dell'attuale Cardinale Giovanni Cheli.

Su incarico dell'allora Segretario di Stato, il compianto Cardinale Villot, anch'io m'ero recato alla Torre di S. Giovanni in Vaticano, per assistere all'incontro dell'anziano Porporato con il Papa Paolo VI. Quando, fra la commozione generale, il Papa abbracciò il grande Primate d'Ungheria, mi parve di vedere tutta la Chiesa che si stringeva intorno ad un campione della fede, rendendogli l'omaggio che gli era dovuto.

La figura di questo grande Pastore della Chiesa del secolo XX si erge ora poderosa di fronte a noi, in tutto il fulgore che gli proviene dalla sua testimonianza di eroica dedizione al suo ministero episcopale.

4. Al vaglio della storia

I singoli atti del suo governo pastorale, le singole prese di posizione sui problemi contingenti del momento possono essere oggetto di diversa valutazione da parte degli storici. Perfetto è solo Dio, mentre ogni opera umana è sempre perfettibile. Perfino Michelangelo vedeva imperfetto il suo Mosé, perché gli mancava la parola!

Noi oggi vogliamo ricordare il suo personale impegno apostolico nel voler servire la Chiesa e la Patria, a costo anche di enormi sacrifici personali. Del resto, quando la Chiesa eleva agli onori degli altari un suo figlio illustre, non intende canonizzare tutte le sue decisione concrete, adottate nel corso della sua vita, ma vuole solo esaltare le virtù eroiche di cui il santo è vissuto. È quanto del resto è stato ben messo in luce nel corso della recente beatificazione del Papa Pio IX, chiamato alla Cattedra di Pietro in un momento assai difficile per la Sede Apostolica. Così possiamo dire del grande Primate d'Ungheria, chiamato a guidare quel popolo cristiano in un'ora tragica della sua storia. Ciò che in lui la Chiesa vuole esaltare è la grande fedeltà ai suoi doveri di Pastore, sull'esempio di Gesù, che ha dato la vita per il suo gregge.

5. La via della croce

Per il suo gregge ha subito ogni sorta di umiliazione:  "in carcere per i primi nove mesi - egli scrive - non potei celebrare né mai potei assistere a una messa, neppure a Natale e a Pasqua, e tanto meno mi fu data la possibilità di confessarmi" (J. Mindszenty - Memorie, Rusconi, Milano 1975, pag. 271).

Ha accettato la sua croce sulla quale è stata inchiodata la sua libertà di cittadino, di sacerdote e di vescovo. Non la paura di ogni genere di sofferenza, non il compromesso, ma soltanto l'amore alla Chiesa e l'obbedienza al Papa lo hanno indotto a lasciare la sua terra. Ecco come scrive al Papa Paolo VI:  "Ponderati nel profondo della mia coscienza i doveri inerenti alla mia dignità di vescovo e di cardinale, mi sono deciso, anche come prova del mio illimitato amore per la Chiesa, a lasciare la sede della Rappresentanza diplomatica degli Stati Uniti. Desidero trascorrere il resto della mia vita in Ungheria fra il mio popolo che amo tanto, senza che mi preoccupino le circostanze esterne che mi attendono. Ma se ciò si rendesse impossibile in forza delle passioni contro me eccitate o di superiori considerazioni da parte della Chiesa, accetterò quanto costituirebbe la croce forse più pesante della mia vita. Sono pronto a dire addio alla mia patria diletta, per continuare in esilio una vita di preghiera e di penitenza. Depongo umilmente questo mio sacrificio ai piedi di Vostra Santità, persuaso, come sono, che anche il sacrificio più grave chiesto ad una persona diventa piccolo, allorché si tratta del servizio di Dio e del bene della Chiesa".

Noi oggi siamo testimoni come il popolo ungherese abbia apprezzato il suo sacrificio e di questo ne dà esempio il continuo flusso di fedeli, che si recano costantemente nella Cattedrale di Esztergom a pregare sulla sua tomba.

Alla scuola di Gesù aveva imparato a ricambiare il male con il bene, a perdonare:  "Anche se avevo sperimentato l'orrore dell'odio - egli scrive - anche se avevo imparato a conoscere la faccia del diavolo, proprio il carcere mi insegnò a fare dell'amore il principio direttivo della vita".

6. Conclusione

Il nome del caro e venerato Card. József Mindszenty vive ora in benedizione in mezzo a noi, insieme a tanti altri uomini e donne di fede profonda che hanno reso illustre la "Pannonia Sacra".

Mentre ringraziamo il Signore per aver suscitato nella nobile terra magiara quest'intrepido Pastore, non ci rimane che fare voti che il suo luminoso esempio insegni alle nuove generazioni come, in ogni condizione di vita, si debba amare e servire la Santa Chiesa di Cristo.

      

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