DISCORSO DI GIUSEPPE SARAGAT, Lunedì, 21 marzo 1966
Beatissimo Padre, l’onore che la Santità Vostra rende all’Italia con questa visita per ricambiare la sollecitudine del popolo italiano e delle autorità italiane verso i Padri Conciliari è un eloquente segno della paterna bontà con cui la Santità Vostra ha sempre seguito e segue la vita del nostro Paese e conferma la perfetta armonia dei rapporti fra Stato e Chiesa. Non è certo per puro ossequio alle norme costituzionali relative ai rapporti tra i due Istituti, ciascuno nel proprio ordine indipendente e sovrano, che le autorità italiane si sono adoperate per rendere agevole la presenza a Roma di tanti illustri ecclesiastici convenuti da tutte le parti del mondo nella Città del Vaticano per partecipare al Concilio Ecumenico Vaticano II. Il popolo italiano e:le autorità italiane non potevano essere insensibili a un evento che solennemente celebrava ed esaltava l’amore tra i popoli, l’eguaglianza delle razze, la tolleranza tra religioni diverse, l’avversione alla violenza. In verità le norme della Costituzione sui rapporti tra Stato e Chiesa sono più che mai l’espressione giuridica dell’intima adesione del popolo italiano a una realtà spirituale fatta di consapevolezza per ciò che la Chiesa, nel corso di due millenni, ha rappresentato nella storia religiosa e civile dell’umanità, ma soprattutto di consapevolezza per ciò che la Chiesa rappresenta, oggi, in un mondo dominato da pericoli terribili e anelante alla promessa di pace del messaggio cristiano. La volontà di pace nella giustizia, nella sicurezza, nell’indipendenza, nella libertà, così vivamente sentita dal popolo italiano, costantemente affermata dal suo Parlamento, dal suo Governo, dalla sua pubblica opinione, ha trovato nel Concilio Ecumenico come una solenne e visibile manifestazione di raggiunta concordia tra gli uomini di buona volontà per un’opera comune di tolleranza, di giustizia e di fraternità; ha sempre trovato e trova nelle illuminate parole, nell’opera pastorale della Santità Vostra sorgente di alta speranza. È motivo di gioia per me, Capo dello Stato e rappresentante dell’unità nazionale, assistere a questa preziosa comunione di sentimenti, auspicio di un avvenire sereno per l’Italia e di armonioso sviluppo delle attività del suo popolo. Né questa comunione di sentimenti si esaurisce nel propugnare ideali di pace, poiché in tutti i campi dell’operosa attività degli italiani è dato scorgere il benefico riflesso dell’insegnamento di cui la Chiesa è portatrice e divulgatrice. I principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana affondano le loro radici nell’etica cristiana. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità; e nello stesso tempo richiede a tutti l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà su cui si fondano le società umane libere e democratiche. La libertà di coscienza postula, infatti, le condizioni che la favoriscano e tutelino; e nessuna tutela è più alta ed efficace di quella offerta da una libera Costituzione, i cui principii siano penetrati tanto profondamente nella coscienza dei cittadini da diventare non solo norma inviolabile ma regola spontanea delle loro azioni. Gli stessi diritti dell’uomo, che corrispondono all’evoluzione dei tempi — come la sovranità del popolo, la pari dignità civile dei cittadini senza distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali — così come i compiti assegnati alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, riconoscere a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto, si collocano nella luce di un’ampia prospettiva umana illuminata dal raggio benefico della morale cristiana. Mi è particolarmente gradito, in questa solenne circostanza, esprimere a Vostra Santità la gratitudine degli italiani per l’impulso che la civiltà tutta riceve dalla vigile e paterna sollecitudine, mercé la quale la Chiesa asseconda lo sviluppo di eque condizioni di vita economica, sociale e spirituale per tutte le creature umane. Il popolo italiano, i cui sentimenti di fraternità per gli altri popoli sono stati di recente esaltati da una manifestazione che la Santità Vostra ha felicemente definito esplosione di bontà, guarda — senza distinzione di opinioni politiche, culturali e religiose — con rispettosa devozione alla Chiesa e si unisce agli altri popoli nell’esaltare lo sforzo nobilissimo ed infaticabile che Vostra Santità ha svolto e svolge per rendere salde e giuste nei diversi Paesi le fondamenta dell’ordine interno e internazionale, che sole possono consentire il mantenimento e il consolidamento della pace. L’Italia che è nata nel segno della libertà e che da venti anni ha ripreso il suo cammino tradizionale con maggiore slancio e vigore sotto il presidio della Repubblica democratica fondata sul lavoro, considera come uno dei massimi beni da tutelare il riconquistato equilibrio tra la sua secolare fede religiosa e il suo fervido amore di patria. Credo di poter affermare che mai come in questi venti anni l’Italia ha saputo tener fede alla sua vocazione, contribuendo alla costruzione della pace e della sicurezza, operando per l’unità europea, adoprandosi in favore dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, del disarmo, della distensione e della pace nella sicurezza e nella libertà. Credo altresì di poter affermare che mai come in questi venti anni la sovranità del popolo italiano nell’ambito delle sue istituzioni democratiche ha avuto modo di manifestarsi più compiutamente in perfetta armonia con la sovranità della Chiesa nell’ordine che le è proprio. Quale auspicio di fortune per l’Italia e di continui fiduciosi rapporti tra Stato e Chiesa! Voglia la Santità Vostra, in questa visita che si è compiaciuta fare al Capo dello Stato per onorare l’Italia, sentire il calore degli accenti con cui, sicuro di manifestare il pensiero e il sentimento della Nazione, ringrazio a mia volta l’augusto Capo della Religione della grande maggioranza degli italiani. È questo un ringraziamento per quanto la Chiesa e la Santità Vostra fanno per il bene dell’umanità, di cui il popolo italiano è parte così eletta; è un ringraziamento per la benevolenza che la Santità Vostra ha sempre manifestato per il popolo dal cui seno è salita ai fastigi di una cattedra universale; è — quanto a me — un ringraziamento per la particolare bontà che la Santità Vostra ha avuto ed ha per la mia famiglia. La vocazione dell’Italia è vocazione di democrazia e di pace. Per questo, Beatissimo Padre, la Sua visita, accanto al significato che essa riveste per l’Italia come felice testimonianza dei rapporti eccellenti tra i due Stati e dell’affetto che Ella nutre per la Nazione italiana, acquista un valore più generale: essa è un atto che esalta la vocazione pacifica del Paese che ho l’onore di rappresentare. Per questa Sua visita, dunque, Beatissimo Padre, e per ciò che essa rappresenta, sono sinceramente commosso; e con animo grato rivolgo alla Santità Vostra un augurio di pieno successo per l’opera benefica in favore dell’umanità intera anelante alla libertà, alla giustizia ed alla pace. *Insegnamenti di Paolo VI, vol. IV, p.126-128. L’Attività della Santa Sede 1966, p.152-154. L’Osservatore Romano, 21-22.3.1966.
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