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BENEDETTO XV

ESORTAZIONE APOSTOLICA

UBI PRIMUM

 

A tutti i cattolici del mondo. Non appena fummo innalzati alla cattedra di San Pietro, pur essendo consapevoli di quanto fossimo impari ad un così grande ufficio, adorammo profondamente l’arcana decisione della divina Provvidenza che aveva elevato l’umiltà della Nostra persona ad un grado tanto sublime. Pur non essendo forniti di meriti idonei, tuttavia mostriamo di avere assunto con animo fidente il governo del sommo Pontificato soltanto perché, confidando nella divina bontà, non dubitavamo minimamente che Colui che Ci aveva imposto l’onere gravissimo di questa dignità, Ci avrebbe dato la forza e l’aiuto opportuni. Allorché da questa vetta Apostolica abbiamo rivolto lo sguardo a tutto il gregge del Signore affidato alle Nostre cure, immediatamente l’immane spettacolo di questa guerra Ci ha riempito l’animo di orrore e di amarezza, constatando che tanta parte dell’Europa, devastata dal ferro e dal fuoco, rosseggia del sangue dei cristiani. Naturalmente dal Pastore buono, Gesù Cristo, del quale facciamo le veci nel governo della Chiesa, abbiamo il compito di abbracciare tutti — quanti sono — i suoi agnelli e le sue pecore con viscerale, paterna carità. E poiché, sullo stesso esempio del Signore, dobbiamo essere — e lo siamo — pronti a dare la vita per la loro salvezza, abbiamo fermamente deciso, per quanto è in Nostro potere, di nulla omettere per affrettare la fine di questa calamità.

Frattanto, — prima ancora di rivolgerCi con una lettera enciclica, come è consuetudine dei Romani Pontefici all’inizio del loro Apostolato, a tutti i Sacri Pastori — non possiamo non raccogliere quell’ultima parola che il Nostro Predecessore Pio X — santissimo e degno d’immortale memoria — già prossimo a morire espresse al primo scoppio di questa guerra, animato da Apostolica sollecitudine e da amore per il genere umano. Pertanto, mentre Noi stessi, con le mani e gli occhi levati al cielo supplicheremo Dio, così come fece con tanto ardore il Nostro Predecessore esortiamo e scongiuriamo tutti i figli della Chiesa, specialmente quelli che sono ministri del Signore, affinché proseguano, insistano, si sforzino, sia privatamente con la loro umile preghiera, sia pubblicamente con frequenti suppliche, ad implorare Dio, arbitro e dominatore di tutte le cose, affinché, memore della sua misericordia, allontani questo flagello dell’ira con il quale fa giustizia dei peccati dei popoli. Imploriamo che nei nostri voti comuni ci assista e favorisca la Vergine Madre di Dio, la cui faustissima nascita, che celebriamo in questo stesso giorno, rifulse al travagliato genere umano come aurora di pace, dovendo ella dare alla luce Colui nel quale l’eterno Padre volle riconciliare tutte le cose, « rappacificando con il sangue della sua croce sia le cose che sono sulla terra, sia quelle che sono nei cieli » (1 Coloss. 1, 20).

Inoltre preghiamo e scongiuriamo vivamente coloro che reggono le sorti dei popoli a deporre tutti i loro dissidi nell’interesse della società umana. Considerino che sono già troppe le miserie e i lutti che accompagnano questa vita mortale, al punto che non si deve renderla ancora più misera e luttuosa; bastino le rovine che sono già state prodotte, basti il sangue umano che è già stato sparso; si affrettino dunque a prendere decisioni di pace e a stendersi scambievolmente la mano; otterranno ragguardevoli ricompense da Dio per loro stessi e per le loro nazioni; si renderanno altamente benemeriti della convivenza civile degli uomini, e a Noi, che da questa così grave perturbazione di cose vediamo non poco intralciato fin dall’inizio il Nostro Apostolico ministero, faranno la cosa più gradita e desiderata.

Dal palazzo Vaticano, il giorno 8 settembre, festa della nascita di Maria Santissima, dell’anno 1914.

 

BENEDICTUS PP. XV



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