ESORTAZIONE APOSTOLICA
POSTSINODALE
AFRICAE MUNUS
DEL SANTO PADRE
BENEDETTO XVI
ALL’EPISCOPATO, AL CLERO,
ALLE PERSONE CONSACRATE
E AI FEDELI LAICI
SULLA CHIESA IN AFRICA
AL SERVIZIO DELLA RICONCILIAZIONE,
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
«Voi siete il sale della terra ...
Voi siete la luce del mondo»
(Mt 5, 13.14)
INDICE
Introduzione [1-13]
PRIMA PARTE
« ECCO, IO FACCIO NUOVE TUTTE LE COSE »
(Ap 21,5) [14]
CAPITOLO I
AL SERVIZIO DELLA RICONCILIAZIONE,
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
I. Autentici servitori della parola di Dio [15-16]
II. Cristo al cuore delle realtà africane: sorgente di riconciliazione, di giustizia e di pace [17-18]
A. «Lasciatevi riconciliare con Dio» (2 Cor 5,20b) [19-21]
B. Diventare giusti e costruire un ordine sociale giusto [22-23]
1. Vivere della giustizia di Cristo [24-25]
2. Creare un ordine giusto nella logica delle beatitudini [26-27]
C. L’amore nella verità: sorgente di pace [28]
1. Servizio fraterno concreto [29]
2. La Chiesa come una sentinella [30]
CAPITOLO II
I CANTIERI PER LA RICONCILIAZIONE,
LA GIUSTIZIA E LA PACE [31]
I. L’attenzione alla persona umana
A. La metanoia: un’autentica conversione [32]
B. Vivere la verità del Sacramento del la Penitenza e della riconciliazione [33]
C. Una spiritualità di comunione [34-35]
D. L’inculturazione del Vangelo e l’evangelizzazione della cultura [36-38]
E. Il dono di Cristo: l’Eucaristia e la Parola di Dio [39-41]
A. La famiglia [42-46]
B. Le persone anziane [47-50]
C. Gli uomini [51-54]
D. Le donne [55-59]
E. I giovani [60-64]
F. I bambini [65-68]
III. La visione africana della vita [69]
A. La protezione della vita [70-78]
B. Il rispetto della creazione e l’ecosistema [79-80]
C. Il buon governo degli Stati [81-83]
D. I migranti, i profughi e i rifugiati [84-85]
E. La globalizzazione e l’aiuto internazionale [86-87]
IV. Il dialogo e la comunione fra i credenti [88]
A. Il dialogo ecumenico e la sfida dei nuovi movimenti religiosi [89-91]
B. Il dialogo interreligioso [92-93]
1. Le religioni tradizionali africane [92-93]
2. L’Islam [94]
C. Diventare «sale della terra» e «luce del mondo» [95-96]
SECONDA PARTE
« A CIASCUNO È DATA UNA MANIFESTAZIONE
PARTICOLARE DELLO SPIRITO PER IL BENE COMUNE »
(1 Cor 12, 7) [97-98]
CAPITOLO I
I MEMBRI DELLA CHIESA [99]
I. I Vescovi [100-107]
II. I sacerdoti [108-112]
III. I missionari [113-114]
IV. I diaconi permanenti [115-116]
V. Le persone consacrate [117-120]
VI. I seminaristi [121-124]
VII. I catechisti [125-127]
VIII. I laici [128-131]
CAPITOLO II
PRINCIPALI CAMPI DI APOSTOLATO [132]
I. La Chiesa come presenza di Cristo [133]
II. Il mondo dell’educazione [134-138]
III. Il mondo della salute [139-141]
IV. Il mondo dell’informazione e della comunicazione [142-146]
CAPITOLO III
«ÀLZATI, PRENDI LA TUA BARELLA E CAMMINA!»
(Gv 5,8)
I. L’insegnamento di Gesù alla piscina di Betzatà [147-149]
II. La Parola di Dio e i Sacramenti
A. Le Sacre Scritture [150-151]
B. L’Eucaristia [152-154]
C. La Riconciliazione [155-158]
III. La Nuova Evangelizzazione [159]
A. Portatori di Cristo «luce del mondo» [160-162]
B. Testimoni di Cristo Risorto [163-166]
C. Missionari alla sequela di Cristo [167-171]
CONCLUSIONE: «CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA» (Mc 10,49) [172-177]
1. L’impegno dell’Africa per il Signore Gesù Cristo è un tesoro prezioso che affido, in questo inizio del terzo millennio, ai Vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi permanenti, alle persone consacrate, ai catechisti e ai laici di quel caro Continente e delle Isole vicine. Questa missione porta l’Africa ad approfondire la vocazione cristiana. La invita a vivere, nel nome di Gesù, la riconciliazione tra le persone e le comunità, e a promuovere per tutti la pace e la giustizia nella verità.
2. Ho voluto che la seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, svoltasi dal 4 al 25 ottobre 2009, si collocasse in continuità con l’Assemblea del 1994 che s’è posta «come evento di speranza e di risurrezione, nel momento stesso in cui le vicende umane sembravano piuttosto spingere l’Africa allo scoraggiamento e alla disperazione».[1] L’Esortazione apostolica postsinodale Ecclesia in Africa del mio Predecessore, il beato Giovanni Paolo II, raccoglieva gli orientamenti e le scelte pastorali dei Padri sinodali per una nuova evangelizzazione del Continente africano. Era opportuno, al termine del primo decennio di questo terzo millennio, ravvivare la nostra fede e la nostra speranza per contribuire a costruire un’Africa riconciliata, attraverso le vie della verità e della giustizia, dell’amore e della pace (cfr Sal 85,11)! Con i Padri sinodali ricordo che «se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori» (Sal 127,1).
3. Una vitalità ecclesiale eccezionale e lo sviluppo teologico della Chiesa come Famiglia di Dio[2] sono stati i risultati più visibili del Sinodo del 1994. Per dare alla Chiesa di Dio nel Continente africano e nelle isole adiacenti un nuovo impulso carico di speranza e di carità evangelica mi è parso necessario convocare una seconda Assemblea sinodale. Sostenute dalla quotidiana invocazione dello Spirito Santo e dalla preghiera di innumerevoli fedeli, le Sessioni sinodali hanno prodotto frutti che mi auguro di trasmettere mediante questo documento alla Chiesa universale, e in modo particolare alla Chiesa in Africa,[3] affinché sia veramente « sale della terra » e « luce del mondo » (cfr Mt 5,13.14).[4] Animata da una « fede che si rende operosa per mezzo della carità » (Gal 5,6), la Chiesa desidera portare frutti di carità: la riconciliazione, la pace e la giustizia (cfr 1 Cor 13,4-7). È questa la sua specifica missione.
4. La qualità degli interventi dei Padri sinodali e delle altre persone che sono intervenute durante le Sessioni, mi ha impressionato. Il realismo e la lungimiranza dei loro contributi hanno dimostrato la maturità cristiana del Continente. Non hanno avuto paura di misurarsi con la verità e hanno cercato sinceramente di pensare a possibili soluzioni dei problemi che affrontano le loro Chiese particolari, e anche la Chiesa universale. Hanno anche constatato che le benedizioni di Dio, Padre di tutti, sono incalcolabili. Dio non abbandona mai il suo popolo. Non mi sembra necessario dilungarmi sulle diverse situazioni sociopolitiche, etniche, economiche o ecologiche che vivono quotidianamente gli Africani e che non possono essere ignorate. Gli Africani sanno meglio di chiunque altro quanto, purtroppo molto spesso, queste situazioni siano difficili, drammatiche e anche tragiche. Rendo omaggio agli Africani e a tutti i cristiani di quel Continente che le affrontano con coraggio e dignità. Essi desiderano, a ragione, che tale dignità sia riconosciuta e rispettata. Posso loro assicurare che la Chiesa rispetta e ama l’Africa.
5. Di fronte alle numerose sfide che l’Africa desidera raccogliere per diventare sempre più una terra di promesse, la Chiesa potrebbe essere tentata, come Israele, dallo scoraggiamento, ma i nostri padri nella fede ci hanno mostrato il giusto atteggiamento da avere. Così Mosè, il servo del Signore, «per fede […] rimase saldo, come se vedesse l’invisibile» (Eb 11,27). L’autore della Lettera agli Ebrei ce lo ricorda: « La fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede » (11,1). Esorto dunque la Chiesa intera a posare sull’Africa questo sguardo di fede e di speranza. Gesù Cristo, che ci ha invitati ad essere « il sale della terra » e « la luce del mondo » (Mt 5,13.14), ci offre la potenza dello Spirito per realizzare sempre meglio questo ideale.
6. Nel mio pensiero, la Parola di Cristo: «Voi siete il sale della terra … voi siete la luce del mondo», doveva essere il filo conduttore del Sinodo e anche quello del periodo post-sinodale. Rivolgendomi, a Yaoundé, all’insieme dei fedeli africani, avevo detto: «Mediante Gesù, duemila anni fa, Dio stesso ha portato il sale e la luce all’Africa. Da allora, il seme della sua presenza è sepolto nelle profondità del cuore di questo amato Continente ed esso germoglia poco a poco al di là e attraverso le vicissitudini della sua storia umana».[5]
7. L’Esortazione Ecclesia in Africa ha fatto propria «l’idea-guida» della Chiesa «Famiglia di Dio», e in essa i Padri sinodali « hanno riconosciuto una espressione della natura della Chiesa particolarmente adatta per l’Africa. L’immagine pone, in effetti, l’accento sulla premura per l’altro, sulla solidarietà, sul calore delle relazioni, sull’accoglienza, il dialogo e la fiducia ».[6] L’Esortazione invita le famiglie cristiane africane a diventare «Chiese domestiche»[7] per aiutare le loro rispettive comunità a riconoscere che appartengono ad un solo e medesimo Corpo. Tale immagine è importante non solo per la Chiesa in Africa, ma anche per la Chiesa universale, in un’epoca in cui la famiglia è minacciata da coloro che vogliono una vita senza Dio. Privare di Dio il Continente africano significherebbe farlo morire a poco a poco, togliendogli la sua anima.
8. Nella tradizione vivente della Chiesa, in risposta alla spinta dell’Esortazione Ecclesia in Africa,[8] vedere la Chiesa come una famiglia e una fraternità equivale a restaurare un aspetto del suo patrimonio. In questa realtà dove Gesù Cristo, «il primogenito tra molti fratelli» (Rm 8,29), ha riconciliato tutti gli uomini con Dio Padre (cfr Ef 2,14-18) e ha donato lo Spirito Santo (cfr Gv 20,22), la Chiesa diventa a sua volta portatrice di questa Buona Novella della filiazione divina di ogni persona umana. Essa è chiamata a trasmetterla a tutta l’umanità, proclamando la salvezza realizzata per noi da Cristo, celebrando la comunione con Dio e vivendo la fraternità nella solidarietà.
9. La memoria dell’Africa conserva il ricordo doloroso delle cicatrici lasciate dalle lotte fratricide tra le etnie, dalla schiavitù e dalla colonizzazione. Ancora oggi il Continente si trova di fronte a rivalità, a nuove forme di schiavitù e di colonizzazione. La prima Assemblea Speciale l’aveva paragonata all’uomo vittima dei briganti, lasciato moribondo sul bordo della strada (cfr Lc 10,25-37). Per questo si è potuto parlare della « marginalizzazione » dell’Africa. Una tradizione nata in terra africana identifica il buon Samaritano con il Signore Gesù stesso e invita alla speranza. Clemente di Alessandria infatti scriveva: « Chi, più di lui, ha avuto pietà di noi, che eravamo per così dire messi a morte dalle potenze del mondo delle tenebre, prostrati da una quantità di ferite, di paure, di desideri, di ire, di angosce, di menzogne e di piaceri? L’unico medico di queste ferite è Gesù ».[9] Ci sono allora numerosi motivi di speranza e di azione di grazie. Così, per esempio, malgrado le grandi pandemie – come la malaria, l’AIDS, la tubercolosi, e altre – che decimano la sua popolazione e che la medicina cerca sempre più efficacemente di sradicare, l’Africa mantiene la sua gioia di vivere, di celebrare la vita che proviene dal Creatore nell’accoglienza delle nascite perché crescano la famiglia e la comunità umana. Vedo ugualmente un motivo di speranza nel ricco patrimonio intellettuale, culturale e religioso di cui l’Africa è depositaria. Essa desidera preservarlo, esplorarlo maggiormente e farlo conoscere al mondo. Si tratta di un apporto essenziale e positivo.
10. La seconda Assemblea sinodale per l’Africa si è soffermata sul tema della riconciliazione, della giustizia e della pace. La ricca documentazione che mi è stata rimessa dopo l’Assise – i Lineamenta, l’Instrumentum laboris, le relazioni redatte prima e dopo la discussione, gli interventi e i verbali dei gruppi di lavoro – invita a « trasformare la teologia in pastorale, cioè in un ministero pastorale molto concreto, in cui le grandi visioni della Sacra Scrittura e della Tradizione vengono applicate all’operare dei Vescovi e dei sacerdoti in un tempo e in un luogo determinati ».[10]
11. È dunque per sollecitudine paterna e pastorale che indirizzo questo documento all’Africa di oggi, che ha conosciuto i traumi e i conflitti che sappiamo. L’uomo è plasmato dal suo passato, ma vive e cammina nell’oggi. E guarda al futuro. Come il resto del mondo, l’Africa vive uno choc culturale che minaccia le fondamenta millenarie della vita sociale e rende talvolta difficile l’incontro con la modernità. In questa crisi antropologica che si trova ad affrontare, il Continente africano potrà trovare vie di speranza instaurando un dialogo tra i membri delle componenti religiose, sociali, politiche, economiche, culturali e scientifiche. Avrà allora bisogno di ritrovare e promuovere una concezione della persona e del suo rapporto con la realtà basata su un rinnovamento spirituale profondo.
12. Nell’Esortazione Ecclesia in Africa, Giovanni Paolo II faceva notare che « nonostante la civiltà contemporanea del “villaggio globale”, in Africa come altrove nel mondo lo spirito di dialogo, di pace e di riconciliazione è lungi dall’abitare nei cuori di tutti gli uomini. Le guerre, i conflitti, gli atteggiamenti razzisti e xenofobi dominano ancora troppo il mondo delle relazioni umane ».[11] La speranza, che caratterizza la vita autenticamente cristiana, ricorda che lo Spirito Santo è all’opera dappertutto, anche nel Continente africano, e che le forze della vita, che nascono dall’amore, prevalgono sempre sulle forze della morte (cfr Ct 8,6-7). Perciò i Padri sinodali hanno visto che le difficoltà incontrate dai Paesi e dalle Chiese particolari in Africa non rappresentavano ostacoli insormontabili, ma che piuttosto sfidavano ciò che di meglio vi è in noi: la nostra immaginazione, la nostra intelligenza, la nostra vocazione a seguire senza riserve i passi di Gesù Cristo, a ricercare Dio, « Amore eterno e Verità assoluta ».[12] Con tutti i protagonisti della società africana, la Chiesa si sente dunque chiamata a raccogliere queste sfide. È, in qualche modo, come un imperativo del Vangelo.
13. Con questo documento, desidero offrire i frutti e gli incoraggiamenti del Sinodo, e invito tutti gli uomini di buona volontà a considerare l’Africa con sguardo di fede e di carità, per aiutarla a diventare, per mezzo di Cristo e dello Spirito Santo, luce del mondo e sale della terra (cfr Mt 5,13.14). Un tesoro prezioso è presente nell’anima dell’Africa, in cui scorgo « un immenso “polmone” spirituale per un’umanità che appare in crisi di fede e di speranza »,[13] grazie alle straordinarie ricchezze umane e spirituali dei suoi figli, delle sue culture multicolori, del suo suolo e del suo sottosuolo dalle immense risorse. Tuttavia, per stare in piedi, con dignità, l’Africa ha bisogno di sentire la voce di Cristo che proclama oggi l’amore per l’altro, anche per il nemico, fino al dono della propria vita, e che prega oggi per l’unità e la comunione di tutti gli uomini in Dio (cfr Gv 17,20-21).
PRIMA PARTE
« ECCO, IO FACCIO NUOVE TUTTE LE COSE »
(Ap 21,5)
14. Il Sinodo ha permesso di discernere le strutture portanti della missione per un’Africa che aspira alla riconciliazione, alla giustizia e alla pace. Spetta alle Chiese particolari tradurre queste strutture in « fervore di propositi e concrete linee operative ».[14] In effetti, « è nelle Chiese locali che si possono stabilire quei tratti programmatici concreti – obiettivi e metodi di lavoro, formazione e valorizzazione degli operatori, ricerca dei mezzi necessari – che consentono all’annuncio di Cristo di raggiungere le persone, plasmare le comunità, incidere in profondità mediante la testimonianza dei valori evangelici nella società e nella cultura »[15] africane.
CAPITOLO I
AL SERVIZIO DELLA RICONCILIAZIONE,
DELLA GIUSTIZIA E DELLA PACE
I. AUTENTICI SERVITORI DELLA PAROLA DI DIO
15. Un’Africa che avanza, gioiosa e vivente, manifesta la lode di Dio, come faceva notare sant’Ireneo: « La gloria di Dio è l’uomo vivente ». Ma egli subito aggiunge: « La vita dell’uomo è la visione di Dio ».[16] Per questo, ancora oggi, compito essenziale della Chiesa è quello di portare il messaggio del Vangelo al cuore delle società africane, di condurre verso la visione di Dio. Come il sale dà sapore agli alimenti, questo messaggio fa delle persone che vivono di esso degli autentici testimoni. Quanti crescono in questo modo diventano capaci di riconciliarsi in Gesù Cristo. Diventano luci per i loro fratelli. Così, con i Padri del Sinodo, invito « la Chiesa in Africa ad essere testimone nel servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace, come “sale della terra” e “luce del mondo” »,[17] affinché la sua vita risponda a questo appello: «Alzati, Chiesa in Africa, famiglia di Dio, perché ti chiama il Padre celeste».[18]
16. È significativo che Dio abbia permesso che il secondo Sinodo per l’Africa fosse celebrato subito dopo quello che è stato dedicato alla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa. Quel Sinodo ha richiamato l’imperativo dovere del discepolo di comprendere Cristo che chiama attraverso la sua Parola. Per mezzo di essa, i fedeli imparano ad ascoltare Cristo e a lasciarsi orientare dallo Spirito Santo che ci rivela il senso di tutte le cose (cfr Gv 16,13). Infatti, « la lettura e la meditazione della Parola di Dio ci radicano più profondamente in Cristo e orientano il nostro ministero di servitori della riconciliazione, della giustizia e della pace ».[19] Come ricordava quel Sinodo, « per diventare suoi fratelli e sue sorelle bisogna essere “coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica” (Lc 8,21). L’ascoltare autentico è obbedire e operare; è far sbocciare nella vita la giustizia e l’amore, è offrire nell’esistenza e nella società una testimonianza nella linea dell’appello dei profeti, che costantemente univa Parola di Dio e vita, fede e rettitudine, culto e impegno sociale ».[20] Ascoltare e meditare la Parola di Dio significa desiderare che essa penetri e formi la nostra vita per riconciliarci con Dio, per permettere a Dio di condurci ad una riconciliazione con il prossimo, via necessaria per la costruzione di una comunità di persone e di popoli. Sui nostri volti e nelle nostre vite, la Parola di Dio prenda veramente carne!
II. CRISTO AL CUORE DELLE REALTÀ AFRICANE:
SORGENTE DI RICONCILIAZIONE,
DI GIUSTIZIA E DI PACE
17. I tre concetti principali del tema sinodale, vale a dire la riconciliazione, la giustizia e la pace, hanno posto il Sinodo di fronte alla sua « responsabilità teologica e sociale »[21] e hanno permesso di interrogarsi anche sul ruolo pubblico della Chiesa e sul suo posto nell’ambito africano di oggi.[22] « Si potrebbe dire che riconciliazione e giustizia siano i due presupposti essenziali della pace e che quindi definiscano in una certa misura anche la sua natura ».[23] Il compito che dobbiamo precisare non è facile, poiché esso si situa tra l’impegno immediato nella politica – che non rientra nelle competenze dirette della Chiesa – e il ripiegamento o l’evasione possibile in teorie teologiche e spirituali, che rischiano di costituire una fuga di fronte a una responsabilità concreta nella storia umana.
18. « Vi lascio la pace, vi do la mia pace », dice il Signore, che aggiunge: « Non come la dà il mondo, io la do a voi » (Gv 14,27). La pace degli uomini che si ottiene senza la giustizia è illusoria ed effimera. La giustizia degli uomini che non trova la propria sorgente nella riconciliazione attraverso la verità nella carità (cfr Ef 4,15) rimane incompiuta; essa non è autentica giustizia. È l’amore della verità – « tutta la verità » alla quale soltanto lo Spirito ci può condurre (cfr Gv 16,13) – a tracciare la via che ogni giustizia umana deve imboccare per giungere alla restaurazione dei legami di fraternità nella « famiglia umana, comunità di pace »,[24] riconciliata con Dio mediante Cristo. La giustizia non è disincarnata. Essa si àncora necessariamente nella coerenza umana. Una carità che non rispetta la giustizia e il diritto di tutti è erronea. Incoraggio pertanto i cristiani a diventare esemplari in materia di giustizia e di carità (cfr Mt 5,19-20).
A. « Lasciatevi riconciliare con Dio » (2 Cor 5,20b)
19. « Riconciliazione è un concetto pre-politico e una realtà pre-politica, che proprio per questo è della massima importanza per il compito della stessa politica. Se non si crea nei cuori la forza della riconciliazione, manca all’impegno politico per la pace il presupposto interiore. Nel Sinodo i Pastori della Chiesa si sono impegnati per quella purificazione interiore dell’uomo che costituisce l’essenziale condizione preliminare per l’edificazione della giustizia e della pace. Ma tale purificazione e maturazione interiore verso una vera umanità non possono esistere senza Dio ».[25]
20. In effetti, è la grazia di Dio che ci dona un cuore nuovo e che ci riconcilia con Lui e con gli altri.[26] È Cristo che ha ristabilito l’umanità nell’amore del Padre. La riconciliazione trova dunque la propria sorgente in questo amore; nasce dall’iniziativa del Padre di rinnovare la relazione con l’umanità, relazione rotta dal peccato dell’uomo. In Gesù Cristo, « nella sua vita e nel suo ministero ma in particolare nella sua morte e risurrezione, l’apostolo Paolo ha visto Dio Padre riconciliare il mondo (tutte le cose in cielo e sulla terra) a sé, cancellando i peccati dell’umanità (cfr 2 Cor 5,19; Rm 5,10; Col 1,21-22). Paolo ha visto Dio Padre riconciliare giudei e gentili a sé in un solo corpo attraverso la croce (cfr Ef 2,15; 3,6). In tal modo l’esperienza della riconciliazione stabilisce la comu-nione su due livelli: comunione tra Dio e l’umanità e, poiché l’esperienza della riconciliazione rende noi (umanità riconciliata) anche “ambasciatori della riconciliazione”, essa ristabilisce pure la comunione tra gli uomini ».[27] « La riconciliazione quindi non si limita al disegno di Dio che attira a sé un’umanità alienata e peccatrice in Cristo attraverso il perdono dei peccati e l’amore. Costituisce anche il ristabilimento delle relazioni tra le persone tramite la composizione delle differenze e l’abbattimento degli ostacoli nei rapporti attraverso l’esperienza dell’amore di Dio ».[28] La parabola del figlio prodigo lo illustra quando l’Evangelista ci presenta nel ritorno del figlio minore, cioè nella sua conversione, il bisogno di riconciliarsi, da una parte, con il padre e, dall’altra, con il fratello maggiore attraverso la mediazione del padre (cfr Lc 15,11-32). Testimonianze commoventi di fedeli africani, « testimonianze di sofferenza e di riconciliazione concrete nelle tragedie della storia recente del Continente »[29] hanno mostrato la potenza dello Spirito che trasforma i cuori delle vittime e dei loro carnefici per ristabilire la fraternità.[30]
21. In realtà, solo un’autentica riconciliazione genera una pace duratura nella società. Protagonisti ne sono certo le Autorità governative e i Capi tradizionali, ma ugualmente i semplici cittadini. Dopo un conflitto, la riconciliazione, spesso condotta e compiuta nel silenzio e nella discrezione, ripristina l’unione dei cuori e la coesistenza serena. Grazie ad essa, dopo lunghi periodi di guerra, le Nazioni ritrovano la pace, le società profondamente ferite dalla guerra civile o dal genocidio ricostruiscono la loro unità. È offrendo e accogliendo il perdono[31] che le memorie ferite delle persone o delle comunità hanno potuto guarire e le famiglie prima divise hanno ritrovato l’armonia. « La riconciliazione supera le crisi, ripristina la dignità delle persone e apre la via allo sviluppo e alla pace duratura tra i popoli a tutti i livelli »,[32] hanno tenuto a sottolineare i Padri del Sinodo. Per diventare effettiva, questa riconciliazione dovrà essere accompagnata da un atto coraggioso e onesto: la ricerca dei responsabili di quei conflitti, di coloro che hanno finanziato i crimini e che si dedicano ad ogni sorta di traffici, e l’accertamento della loro responsabilità. Le vittime hanno diritto alla verità e alla giustizia. È importante attualmente e per il futuro purificare la memoria, al fine di costruire una società migliore, dove simili tragedie non si ripetano più.
B. Diventare giusti e costruire un ordine sociale giusto
22. La costruzione di un ordine sociale giusto compete senza dubbio alla sfera politica.[33] Tuttavia, uno dei compiti della Chiesa in Africa consiste nel formare coscienze rette e recettive delle esigenze della giustizia, affinché maturino uomini e donne solleciti e capaci di realizzare questo ordine sociale giusto con la loro condotta responsabile. Il modello per eccellenza a partire dal quale la Chiesa pensa e ragiona, e che essa propone a tutti, è Cristo.[34] Secondo la sua dottrina sociale, « la Chiesa non ha soluzioni tecniche da offrire e non pretende “minimamente d’intromettersi nella politica degli Stati”. Ha però una missione di verità da compiere … una missione irrinunciabile. La sua dottrina sociale è momento singolare di questo annuncio: essa è servizio alla verità che libera ».[35]
23. Grazie alle Commissioni Giustizia e Pace, la Chiesa si è impegnata nella formazione civica dei cittadini e nell’accompagnamento dei processi elettorali in diversi Paesi. Essa contribuisce così all’educazione delle popolazioni e al risveglio della loro coscienza e della loro responsabilità civile. Questo peculiare ruolo educativo è apprezzato da un gran numero di Paesi che riconoscono la Chiesa come artefice di pace, operatrice di riconciliazione e araldo della giustizia. È opportuno ripetere che, pur distinguendo il ruolo dei Pastori da quello dei fedeli laici, la missione della Chiesa non è di ordine politico.[36] La sua funzione è di educare il mondo al senso religioso annunciando Cristo. La Chiesa vuole essere il segno e la salvaguardia della trascendenza della persona umana. Essa deve altresì educare gli uomini a cercare la verità suprema rispetto a ciò che essi stessi sono e ai loro interrogativi, per trovare soluzioni giuste ai loro problemi.[37]
1. Vivere della giustizia di Cristo
24. Sul piano sociale, la coscienza umana è interpellata da gravi ingiustizie presenti nel nostro mondo, in generale, e all’interno dell’Africa, in particolare. La confisca dei beni della terra da parte di una minoranza a scapito di popoli interi, è inaccettabile perché immorale. La giustizia obbliga a « dare a ciascuno il suo » – ius suum unicuique tribuere.[38] Si tratta dunque di rendere giustizia ai popoli. L’Africa è capace di assicurare a tutti gli individui e a tutte le Nazioni del Continente le condizioni di base, che consentano di partecipare allo sviluppo.[39] Gli Africani potranno così mettere i talenti e le ricchezze che Dio ha loro donato al servizio della loro terra e dei loro fratelli. La giustizia, vissuta in tutte le dimensioni della vita, privata e pubblica, economica e sociale, ha bisogno di essere sostenuta dalla sussidiarietà e dalla solidarietà, e ancor più di essere animata dalla carità. « Secondo il principio di sussidiarietà, né lo Stato né alcuna società più grande devono sostituirsi all’iniziativa e alla responsabilità delle persone e dei corpi intermedi ».[40] La solidarietà è garanzia della giustizia e della pace, quindi dell’unità, in modo che « l’abbondanza degli uni supplisca alla mancanza degli altri ».[41] E la carità, che assicura il legame con Dio, va oltre la giustizia distributiva. Poiché se « la giustizia è la virtù che distribuisce a ciascuno il suo … non è la giustizia dell’uomo quella che sottrae l’uomo al Dio vero ».[42]
25. Dio stesso ci mostra la vera giustizia quando, ad esempio, vediamo Gesù entrare nella vita di Zaccheo e offrire così al peccatore la grazia della sua presenza (cfr Lc 19,1-10). Qual è dunque questa giustizia di Cristo? I testimoni di quell’incontro con Zaccheo osservano Gesù (cfr Lc 19,7); la loro mormorazione disapprovatrice vuol essere un’espressione dell’amore per la giustizia. Essi ignorano tuttavia la giustizia dell’amore che si apre fino all’estremo, fino a far passare in sé la « maledizione » dovuta agli uomini, perché ricevano in cambio la « benedizione » che è il dono di Dio (cfr Gal 3,13-14). La giustizia divina offre alla giustizia umana, sempre limitata e imperfetta, l’orizzonte verso il quale deve tendere per realizzarsi pienamente. Essa, inoltre, ci fa prendere coscienza della nostra indigenza, dell’esigenza del perdono e dell’amicizia di Dio. È ciò che viviamo nei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, che derivano dall’azione di Cristo. Questa azione ci introduce in una giustizia in cui riceviamo molto più di quanto potessimo legittimamente attendere poiché, in Cristo, la carità è il compimento della Legge (cfr Rm 13,8-10).[43] Mediante Cristo, unico modello, il giusto è invitato ad entrare nell’ordine dell’amore-agape.
2. Creare un ordine giusto nella logica delle Beatitudini
26. Il discepolo di Cristo, unito al suo Maestro, deve contribuire a formare una società giusta, in cui tutti potranno partecipare attivamente con i loro talenti alla vita sociale ed economica. Potranno perciò guadagnare quanto è necessario per vivere secondo la loro dignità umana in una società dove la giustizia sarà vivificata dall’amore.[44] Cristo non propone una rivoluzione di tipo sociale o politico, ma quella dell’amore, realizzata nel dono totale della sua persona con la sua morte in croce e la sua Risurrezione. Su questa rivoluzione dell’amore si fondano le Beatitudini (cfr Mt 5,3-10). Esse forniscono un nuovo orizzonte di giustizia inaugurato nel mistero pasquale e grazie al quale possiamo diventare giusti e costruire un mondo migliore. La giustizia di Dio, che le Beatitudini ci rivelano, innalza gli umili e abbassa coloro che si esaltano. Essa avrà il suo compimento – in realtà – nel Regno di Dio che si realizzerà alla fine dei tempi. Ma la giustizia di Dio si manifesta già ora, là dove i poveri sono consolati e ammessi al banchetto della vita.
27. Secondo la logica delle Beatitudini, un’attenzione preferenziale dev’essere riservata al povero, all’affamato, al malato – per esempio di AIDS, di tubercolosi o di malaria – allo straniero, all’umiliato, al prigioniero, al migrante disprezzato, al rifugiato o allo sfollato (cfr Mt 25,31-46). La risposta ai loro bisogni nella giustizia e nella carità dipende da tutti. L’Africa aspetta questa attenzione da tutta la famiglia umana come anche da se stessa.[45] Essa dovrà tuttavia cominciare con l’introdurre al proprio interno, in maniera risoluta, la giustizia politica, sociale e amministrativa, elementi della cultura politica necessaria allo sviluppo e alla pace. Da parte sua, la Chiesa offrirà il proprio contributo specifico appoggiandosi sull’insegnamento delle Beatitudini.
C. L’amore nella verità: sorgente di pace
28. La prospettiva sociale proposta dall’agire di Cristo, fondato sull’amore, trascende il minimo che la giustizia umana esige: cioè che si dà all’altro ciò che gli spetta. La logica interna dell’amore supera questa giustizia e arriva fino a donare ciò che si possiede:[46] « Non amiamo a parole né con la lingua, ma con i fatti e nella verità » (1 Gv 3,18). Ad immagine del suo Maestro, il discepolo di Cristo andrà ancora oltre, fino al dono di sé per i fratelli (cfr 1 Gv 3,16). È il prezzo dell’autentica pace in Dio (cfr Ef 2,14).
29. Nessuna società, anche se sviluppata, può fare a meno del servizio fraterno animato dall’amore. « Chi vuole sbarazzarsi dell’amore si dispone a sbarazzarsi dell’uomo in quanto uomo. Ci sarà sempre sofferenza che necessita di consolazione e di aiuto. Sempre ci sarà solitudine. Sempre ci saranno anche situazioni di necessità materiale nelle quali è indispensabile un aiuto nella linea di un concreto amore per il prossimo ».[47] È l’amore che placa i cuori feriti, soli, abbandonati. È l’amore che genera la pace o la ristabilisce nel cuore umano e la instaura tra gli uomini.
2. La Chiesa come una sentinella
30. Nella situazione attuale dell’Africa, la Chiesa è chiamata a far sentire la voce di Cristo. Essa vuole seguire la raccomandazione di Gesù a Nicodemo che si interrogava sulla possibilità di ri-nascere: « Dovete nascere dall’alto » (Gv 3,7). I missionari hanno proposto agli Africani questa nuova nascita « da acqua e Spirito » (Gv 3,5), una Buona Notizia che ogni persona ha il diritto di ascoltare per poter realizzare pienamente la propria vocazione.[48] La Chiesa in Africa vive di questa eredità. A causa di Cristo e per la fedeltà alla sua lezione di vita, essa si sente spinta ad essere presente là dove l’umanità conosce la sofferenza e a farsi eco del grido silenzioso degli innocenti perseguitati, o dei popoli i cui governanti ipotecano il presente e il futuro in nome di interessi personali.[49] Con la sua capacità di riconoscere il volto di Cristo in quello del bambino, del malato, del sofferente o del bisognoso, la Chiesa contribuisce a forgiare lentamente ma solidamente la nuova Africa. Nel suo ruolo profetico, ogni volta che i popoli gridano verso di essa: « Sentinella, quanto resta della notte? » (Is 21,11), la Chiesa vuole essere pronta a rendere ragione della speranza che porta in sé (cfr 1 Pt 3,15), poiché un’alba nuova sorge all’orizzonte (cfr Ap 22,5). Solo il rifiuto della disumanizzazione dell’uomo e della compromissione – per paura della prova o del martirio – servirà alla causa del Vangelo della verità. « Nel mondo – dice Cristo – avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo! » (Gv 16,33). La pace autentica viene da Cristo (cfr Gv 14,27). Essa non è dunque paragonabile a quella del mondo. Non è il frutto di negoziati e di accordi diplomatici basati su interessi. È la pace dell’umanità riconciliata con se stessa in Dio e di cui la Chiesa è il sacramento.[50]
CAPITOLO II
I CANTIERI PER LA RICONCILIAZIONE,
LA GIUSTIZIA E LA PACE
31. A questo punto, vorrei indicare alcuni « cantieri » che i Padri sinodali hanno identificato per la missione attuale della Chiesa nella sua preoccupazione di aiutare l’Africa ad emanciparsi dalle forze che la paralizzano. Il Cristo non ha forse detto prima al paralitico: « Uomo, ti sono perdonati i tuoi peccati » e poi « Alzati! » (Lc 5, 20.24)?
I. L’ATTENZIONE ALLA PERSONA UMANA
A. La metanoia : un’autentica conversione
32. La maggiore preoccupazione dei membri del Sinodo, rispetto alla situazione del Continente, è stata di cercare come mettere nel cuore degli Africani discepoli di Cristo la volontà di impegnarsi effettivamente a vivere il Vangelo nelle loro esistenze e nella società. Cristo chiama costantemente alla metanoia, alla conversione.[51] I cristiani sono segnati dallo spirito e dalle abitudini della loro epoca e del loro ambiente. Ma per la grazia del loro Battesimo, sono invitati a rinunciare alle tendenze nocive dominanti e ad andare contro corrente. Una tale testimonianza esige un impegno risoluto in « una conversione continua verso il Padre, fonte di ogni vera vita, unico capace di liberarci dal male e da ogni tentazione e di mantenerci nel suo Spirito, anche in seno alla lotta contro le forze del male ».[52] Questa conversione non è possibile se non appoggiandosi su delle convinzioni di fede consolidate da una catechesi autentica. Conviene dunque « mantenere un legame vitale tra il catechismo imparato a memoria e la catechesi vissuta, in modo tale che esso conduca ad una conversione di vita profonda e durevole ».[53] La conversione si vive in modo particolare nel Sacramento della Riconciliazione, al quale sarà accordata un’attenzione singolare per farne una vera « scuola del cuore ». A questa scuola, il discepolo di Cristo forgia, poco a poco, una vita cristiana adulta, attenta alle dimensioni teologali e morali dei suoi atti, e diventa così capace di « affrontare le difficoltà della vita sociale, politica, economica e culturale »[54] attraverso una vita segnata dallo spirito evangelico. Il contributo dei cristiani in Africa sarà decisivo solamente se l’intelligenza della fede raggiunge l’intelligenza della realtà.[55] Per questo, l’educazione alla fede è indispensabile, altrimenti Cristo non sarà che un nome supplementare aggiunto alle nostre teorie. La parola e la testimonianza della vita vanno di pari passo.[56] Ma la testimonianza da sola non basta più, perché « la più bella testimonianza si rivelerà a lungo impotente, se non è illuminata, giustificata – ciò che Pietro chiamava “dare le ragioni della propria speranza” (1 Pt 3,15), – esplicitata da un annuncio chiaro e inequivocabile del Signore Gesù ».[57]
B. Vivere la verità del Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione
33. I membri del Sinodo hanno, inoltre, sottolineato che un gran numero di cristiani in Africa assume un atteggiamento ambiguo rispetto alla celebrazione del Sacramento della Riconciliazione, mentre questi stessi cristiani sono spesso molto scrupolosi nell’applicazione dei riti tradizionali di riconciliazione. Per aiutare i fedeli cattolici a vivere un autentico cammino di metanoia nella celebrazione di questo Sacramento, in cui la mentalità intera torna ad orientarsi verso l’incontro con Cristo,[58] sarebbe bene che i Vescovi facessero studiare seriamente le cerimonie tradizionali africane di riconciliazione per valutarne gli aspetti positivi e i limiti. Infatti, queste mediazioni pedagogiche tradizionali[59] non possono, in nessun caso, sostituire il Sacramento. L’Esortazione apostolica post-sinodale Reconciliatio et Paenitentia, del beato Giovanni Paolo II, ha chiaramente ricordato quali siano il ministro e le forme del Sacramento della Penitenza e della Riconciliazione.[60] Le mediazioni pedagogiche tradizionali possono unicamente contribuire a ridurre lo strappo provato e vissuto da certi fedeli aiutandoli ad aprirsi con maggiore profondità e verità a Cristo, l’Unico grande Mediatore per ricevere la grazia del Sacramento della Penitenza. Celebrato nella fede, questo Sacramento è sufficiente a riconciliarci con Dio e con il prossimo.[61] È in definitiva Dio che, nel suo Figlio, ci riconcilia con Sé e con gli altri.
C. Una spiritualità di comunione
34. La riconciliazione non è un atto isolato ma un lungo processo grazie al quale ciascuno si vede ristabilito nell’amore, un amore che guarisce attraverso l’azione della Parola di Dio. Essa diventa allora un modo di vivere e, nel contempo, una missione. Per giungere ad una vera riconciliazione, e mettere in atto la spiritualità di comunione attraverso la riconciliazione, la Chiesa ha bisogno di testimoni che siano profondamente radicati in Cristo e che si nutrano della sua Parola e dei Sacramenti. Così, protesi verso la santità, questi testimoni sono capaci di impegnarsi nell’opera di comunione della Famiglia di Dio comunicando al mondo, se occorre fino al martirio, lo spirito di riconciliazione, di giustizia e di pace, sull’esempio di Cristo.
35. Vorrei ricordare quelle che il Papa Giovanni Paolo II proponeva a tutta la Chiesa come condizioni di una spiritualità di comunione: essere capace di cogliere la luce del mistero della Trinità sul volto dei fratelli che ci stanno accanto;[62] mostrarsi attenti al « fratello di fede nell’unità profonda del Corpo mistico, dunque, come ad “uno che mi appartiene”, per saper condividere le sue gioie e le sue sofferenze, per intuire i suoi desideri e prendersi cura dei suoi bisogni, per offrirgli una vera e profonda amicizia »;[63] essere capace inoltre di riconoscere ciò che vi è di positivo nell’altro per accoglierlo e valorizzarlo come un dono che Dio mi fa attraverso colui che l’ha ricevuto, ben al di là della sua persona che diventa allora un amministratore delle grazie divine; infine « saper “fare spazio” al fratello, portando “i pesi gli uni degli altri” (Gal 6,2) e respingendo le tentazioni egoistiche che continuamente ci insidiano e generano competizione, carrierismo, diffidenza, gelosie ».[64]
In questo modo maturano uomini e donne di fede e di comunione, che danno prova di coraggio nella verità e nell’abnegazione, e che sono illuminati dalla gioia. Così essi testimoniano profeticamente una vita coerente con la loro fede. Maria, Madre della Chiesa, che ha saputo accogliere la Parola di Dio, è il loro modello: attraverso l’ascolto della Parola, ella ha saputo capire i bisogni degli uomini e intercedere per loro nella sua compassione.[65]
D. L’inculturazione del Vangelo e l’evangelizzazione della cultura
36. Per realizzare questa comunione, sarebbe bene tornare su una necessità evocata durante la Prima Assemblea sinodale per l’Africa: uno studio approfondito delle tradizioni e delle culture africane. I membri del Sinodo hanno constatato l’esistenza di una dicotomia tra certe pratiche tradizionali delle culture africane e le esigenze specifiche del messaggio di Cristo. La preoccupazione della pertinenza e della credibilità impone alla Chiesa un discernimento approfondito per identificare gli aspetti della cultura che fanno da ostacolo all’incarnazione dei valori del Vangelo, così come quelli che li promuovono.[66]
37. Ciononostante, non bisogna dimenticare che lo Spirito Santo è l’autentico protagonista dell’inculturazione, « è colui che presiede in modo fecondo al dialogo fra la Parola di Dio, rivelatasi in Cristo, e le domande più profonde che sgorgano dalla molteplicità degli uomini e delle culture. Prosegue così nella storia, nell’unità di una medesima ed unica fede, l’evento della Pentecoste, che si arricchisce attraverso la diversità dei linguaggi e delle culture ».[67] Lo Spirito Santo fa sì che il Vangelo sia capace di impregnare tutte le culture, senza lasciarsi asservire da nessuna.[68] I Vescovi avranno a cuore di vegliare su questa esigenza di inculturazione nel rispetto delle norme fissate dalla Chiesa. Discernere quali elementi culturali e quali tradizioni siano contrari al Vangelo permetterà di poter separare il grano buono dalla zizzania (cfr Mt 13,26). Pur restando pienamente se stesso, nell’assoluta fedeltà all’annuncio evangelico e alla tradizione ecclesiale, il cristianesimo rivestirà così il volto di innumerevoli culture e dei popoli dai quali è accolto e nei quali è radicato. La Chiesa diverrà allora un’icona del futuro che lo Spirito di Dio ci prepara,[69] icona alla quale l’Africa apporterà il proprio contributo. In quest’opera di inculturazione, non bisogna dimenticare il compito, esso pure essenziale, dell’evangelizzazione del mondo della cultura contemporanea africana.
38. Le iniziative della Chiesa per l’apprezzamento positivo e la salvaguardia delle culture africane sono conosciute. È molto importante proseguire questo impegno, dal momento che la mescolanza dei popoli, pur costituendo un arricchimento, spesso indebolisce le culture e le società. L’identità delle comunità africane si gioca in questi incontri tra culture. Occorre dunque impegnarsi a trasmettere i valori che il Creatore ha effuso nei cuori degli Africani dalla notte dei tempi. Essi sono serviti da matrice per modellare società che vivono in una certa armonia, perché portano nel loro seno modi tradizionali di regolazione per una coesistenza pacifica. Si tratta dunque di valorizzare questi elementi positivi, illuminandoli dall’interno (cfr Gv 8,12) perché il cristiano sia effettivamente raggiunto dal messaggio di Cristo, e perché così la luce di Dio possa brillare agli occhi degli uomini. Allora, vedendo le buone azioni dei cristiani, gli uomini e le donne potranno glorificare il « Padre che è nei cieli » (Mt 5,16).
E. Il dono di Cristo: l’Eucaristia e la Parola di Dio
39. Al di là delle differenze di origine o di cultura, la grande sfida che ci attende tutti è di discernere nella persona umana, amata da Dio, il fondamento di una comunione che rispetti e integri i contributi particolari delle diverse culture.[70] « Dobbiamo aprire realmente questi confini tra tribù, etnie, religioni all’universalità dell’amore di Dio ».[71] Uomini e donne differenti per origine, cultura, lingua o religione, possono vivere insieme armoniosamente.
40. In effetti, il Figlio di Dio ha posto la sua tenda in mezzo a noi; ha versato il suo Sangue per noi. Conformemente alla sua promessa di essere con noi fino alla fine dei tempi (cfr Mt 28,20), Egli si dona a noi ogni giorno come nutrimento nell’Eucaristia e nelle Scritture. Ho scritto nell’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini che « Parola ed Eucaristia si appartengono così intimamente da non poter essere comprese l’una senza l’altra: la Parola di Dio si fa carne sacramentale nell’evento eucaristico. L’Eucaristia ci apre all’intelligenza della sacra Scrittura, così come la sacra Scrittura a sua volta illumina e spiega il Mistero eucaristico ».[72]
41. La Sacra Scrittura, in effetti, attesta che il Sangue versato da Cristo diventa, attraverso il Battesimo, principio e legame di una nuova fraternità. Questa è all’opposto della divisione, del tribalismo, del razzismo, dell’etnocentrismo (cfr Gal 3,26-28). L’Eucaristia è la forza che riunisce i figli di Dio dispersi e li mantiene nella comunione,[73] « poiché nelle nostre vene circola lo stesso Sangue di Cristo, che fa di noi figli di Dio, membri della Famiglia di Dio ».[74] Ricevendo Gesù nell’Eucaristia e nella Scrittura, siamo rimandati al mondo per offrirgli Cristo mettendoci a servizio degli altri (cfr Gv 13,15; 1 Gv 3, 16).[75]
42. La famiglia è il « santuario della vita » e cellula vitale della società e della Chiesa. È in essa che « si plasma il volto di un popolo, è qui che i suoi membri acquisiscono gli insegnamenti fondamentali. Essi imparano ad amare in quanto sono amati gratuitamente, imparano il rispetto di ogni altra persona in quanto sono rispettati, imparano a conoscere il volto di Dio in quanto ne ricevono la prima rivelazione da un padre e da una madre pieni di attenzione. Ogni volta che vengono a mancare queste esperienze fondanti, è l’insieme della società che soffre violenza e diventa, a sua volta, generatrice di molteplici violenze ».[76]
43. La famiglia è certo il luogo propizio per l’apprendimento e la pratica della cultura del perdono, della pace e della riconciliazione. « In una sana vita familiare si fa esperienza di alcune componenti fondamentali della pace: la giustizia e l’amore tra fratelli e sorelle, la funzione dell’autorità espressa dai genitori, il servizio amorevole ai membri più deboli perché piccoli o malati o anziani, l’aiuto vicendevole nelle necessità della vita, la disponibilità ad accogliere l’altro e, se necessario, a perdonarlo. Per questo la famiglia è la prima e insostituibile educatrice alla pace ».[77] In ragione della sua importanza capitale e delle minacce che pesano su questa istituzione – la distorsione della nozione di matrimonio come pure di famiglia, la svalutazione della maternità e la banalizzazione dell’aborto, la facilitazione del divorzio e il relativismo di una « nuova etica » –, la famiglia ha bisogno di essere protetta e difesa,[78] per poter rendere alla società il servizio che essa si aspetta da lei, cioè quello di darle uomini e donne capaci di edificare un tessuto sociale di pace e di armonia.
44. Incoraggio dunque vivamente le famiglie ad attingere ispirazione e forza dal Sacramento dell’Eucaristia, così da vivere la novità radicale apportata da Cristo al cuore delle condizioni comuni dell’esistenza, novità che conduce ciascuno ad essere un testimone capace di diffondere luce nel proprio contesto di lavoro e nella società tutta intera. « L’amore tra l’uomo e la donna, l’accoglienza della vita, il compito educativo si rivelano quali ambiti privilegiati in cui l’Eucaristia può mostrare la sua capacità di trasformare e portare a pienezza di significato l’esistenza ».[79] Risulta chiaramente che partecipare all’Eucaristia domenicale è richiesto dalla coscienza cristiana e allo stesso tempo la forma.[80]
45. D’altronde, dare in famiglia tutto il debito spazio alla preghiera, personale e comunitaria, significa rispettare un principio essenziale della visione cristiana della vita: il primato della grazia. La preghiera ci ricorda costantemente il primato di Cristo, e, legato ad esso, il primato della vita interiore e della santità. Il dialogo con Dio apre il cuore al flusso della grazia e permette alla Parola di Cristo di passare attraverso di noi con tutta la sua forza. Perciò, in seno alle famiglie sono necessari l’ascolto assiduo e la lettura attenta della Sacra Scrittura.[81]
46. Inoltre « la missione educativa della famiglia cristiana » è « un vero ministero, per mezzo del quale viene trasmesso e irradiato il Vangelo, al punto che la stessa vita di famiglia diventa itinerario di fede e in qualche modo iniziazione cristiana e scuola della sequela di Cristo. Nella famiglia cosciente di tale dono, come ha scritto Paolo VI “tutti i membri evangelizzano e sono evangelizzati”. In forza del ministero dell’educazione i genitori mediante la testimonianza della vita, sono i primi araldi del Vangelo presso i figli […] diventano pienamente genitori generatori cioè non solo della vita carnale, ma anche di quella che, mediante la rinnovazione dello Spirito, scaturisce dalla Croce e risurrezione di Cristo ».[82]
47. In Africa, le persone anziane sono circondate da una venerazione particolare. Non sono bandite dalle famiglie o marginalizzate come in altre culture. Al contrario, esse sono stimate e perfettamente integrate nella propria famiglia, di cui costituiscono il vertice. Questa bella realtà africana dovrebbe ispirare le società occidentali, così che esse accolgano la vecchiaia con maggior dignità. La Sacra Scrittura parla frequentemente delle persone anziane. « Corona dei vecchi è un’esperienza molteplice, loro vanto è temere il Signore » (Sir 25,6). La vecchiaia, nonostante la fragilità che sembra caratterizzarla, è un dono che occorre vivere quotidianamente nella disponibilità serena verso Dio e il prossimo. È anche il tempo della saggezza, perché il tempo vissuto ha insegnato la grandezza e la precarietà della vita. In quanto uomo di fede, il vecchio Simeone proclama con entusiasmo e saggezza non un addio angosciato alla vita, ma un’azione di grazie al Salvatore del mondo (cfr Lc 2, 25-32).
48. È a causa di questa saggezza, talvolta acquistata a caro prezzo, che le persone anziane possono agire sulla famiglia in diversi modi. La loro esperienza le conduce naturalmente non solo a colmare il fossato intergenerazionale, ma anche ad affermare la necessità dell’interdipendenza umana. Esse sono un tesoro per tutte le componenti della famiglia, soprattutto per le giovani coppie e i bambini che trovano in loro comprensione e amore. Non avendo unicamente trasmesso la vita, le persone anziane contribuiscono con il loro comportamento a consolidare la loro famiglia (cfr Tt 2, 2-5) e, attraverso la loro preghiera e la loro vita di fede, ad arricchire spiritualmente tutti i membri della famiglia stessa e della comunità.
49. Molto spesso in Africa la stabilità e l’ordine sociale continuano ad essere affidati ad un consiglio di anziani o a Capi tradizionali. Le persone anziane possono contribuire attraverso queste forme in modo efficace all’edificazione di una società più giusta, che progredisce non grazie ad esperienze talvolta azzardate, ma gradualmente e con un equilibrio prudente. Le persone anziane potranno così partecipare alla riconciliazione degli individui e delle comunità attraverso la loro saggezza e la loro esperienza.
50. La Chiesa guarda le persone anziane con grande stima. Con il beato Giovanni Paolo II, desidero ripetervi: « La Chiesa ha bisogno di voi! Ma anche la società civile ne ha bisogno! […] Sappiate impiegare generosamente il tempo che avete a disposizione e i talenti che Dio vi ha concesso [...] Contribuite ad annunciare il Vangelo [...] Dedicate tempo ed energie alla preghiera ».[83]
51. Nella famiglia, gli uomini hanno una missione particolare da compiere. Per il loro ruolo di sposi e di padri, essi esercitano la nobile responsabilità di dare alla società i valori di cui ha bisogno attraverso la relazione coniugale e l’educazione dei figli.
52. Con i Padri sinodali, incoraggio gli uomini cattolici a contribuire veramente nelle loro famiglie all’educazione umana e cristiana dei figli, all’accoglienza e alla protezione della vita dal momento del suo concepimento.[84] Li invito a instaurare uno stile cristiano di vita, radicato e fondato nell’amore (cfr Ef 3,17). Con san Paolo, ripeto loro: « […] amate le vostre mogli, come anche Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei […]; i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo: chi ama la propria moglie, ama se stesso. Nessuno infatti ha mai odiato la propria carne, anzi la nutre e la cura, come anche Cristo fa con la Chiesa » (Ef 5,25.28-29). Non abbiate paura di rendere visibile e tangibile che non c’è un amore più grande di quello di dare la propria vita per coloro che si amano (cfr Gv 15,13), cioè in primo luogo la propria moglie e i propri figli. Coltivate una gioia serena nel vostro focolare! Il matrimonio è un « dono del Signore », diceva san Fulgenzio di Ruspe.[85] La vostra testimonianza resa alla dignità inviolabile di ogni persona umana sarà un antidoto efficace per lottare contro alcune pratiche tradizionali che sono contrarie al Vangelo e che opprimono particolarmente le donne.
53. Manifestando e vivendo sulla terra la paternità stessa di Dio (cfr Ef 3,15), siete chiamati a garantire lo sviluppo personale di tutti i membri della famiglia, la culla e il mezzo più efficace per umanizzare la società, luogo di incontro di più generazioni.[86] Per mezzo della dinamica creatrice della stessa Parola di Dio,[87] cresca il vostro senso di responsabilità, fino a coinvolgervi concretamente nella Chiesa! Essa ha bisogno di testimoni convinti ed efficaci della fede che promuovano la riconciliazione, la giustizia e la pace[88] e apportino il loro contributo entusiasta e coraggioso alla trasformazione dell’ambiente di vita e della società nel suo insieme. Voi siete questi testimoni attraverso il vostro lavoro, che permette di assicurare abitualmente la vostra sussistenza e quella della vostra famiglia. Ben più, per l’offerta di questo lavoro a Dio, siete associati all’opera redentrice di Gesù Cristo che ha dato al lavoro una dignità eminente lavorando, a Nazareth, con le sue stesse mani.[89]
54. La qualità e la capacità di irradiazione della vostra esistenza cristiana dipendono da una vita di preghiera profonda, nutrita dalla Parola di Dio e dai Sacramenti. Siate dunque vigilanti nel mantenere viva questa dimensione essenziale del vostro impegno cristiano; in essa trovano la sorgente del loro dinamismo la vostra testimonianza di fede nei compiti quotidiani e la vostra partecipazione ai movimenti ecclesiali! Facendo ciò, voi diventate anche esempi che le giovani generazioni vorranno imitare, e in tal modo voi potete aiutarli ad entrare in una vita adulta responsabile. Non abbiate paura di parlare loro di Dio e di introdurli, col vostro esempio, alla vita di fede e all’impegno nelle attività sociali o caritative, conducendoli a scoprire in verità che essi sono creati ad immagine e somiglianza di Dio: « I segni di questa immagine divina nell’uomo possono essere riconosciuti, non nella forma del corpo che si corrompe, ma nella prudenza dell’intelligenza, nella giustizia, nella moderazione, nel coraggio, nella saggezza, nell’istruzione ».[90]
55. Le donne in Africa, con i loro numerosi talenti e i loro doni insostituibili, apportano un grande contributo alla famiglia, alla società e alla Chiesa. Come diceva Giovanni Paolo II: « La donna è colei in cui l’ordine dell’amore nel mondo creato delle persone trova un terreno per la sua prima radice ».[91] La Chiesa e la società hanno bisogno che le donne abbiano tutto il posto che spetta loro nel mondo « affinché l’essere umano vi possa vivere senza disumanizzarsi del tutto ».[92]
56. Se è innegabile che dei progressi sono stati compiuti per favorire la promozione e l’educazione della donna in certi Paesi africani, ciononostante, nell’insieme, la sua dignità, i suoi diritti così come il suo apporto essenziale alla famiglia ed alla società continuano a non essere pienamente riconosciuti, né apprezzati. Così la promozione delle ragazze e delle donne è spesso meno favorita di quella dei ragazzi e degli uomini. Troppo numerose sono ancora le pratiche che umiliano le donne e le avviliscono, in nome della tradizione ancestrale. Con i Padri sinodali, invito insistentemente i discepoli di Cristo a combattere ogni atto di violenza contro le donne, a denunciarlo e a condannarlo.[93] In questo contesto, converrebbe che i comportamenti all’interno stesso della Chiesa siano un modello per l’insieme della società.
57. Quando mi sono recato in terra africana, ho ricordato con forza che « bisogna riconoscere, affermare e difendere l’uguale dignità dell’uomo e della donna: sono ambedue persone, a differenza di ogni altro essere vivente del mondo attorno a loro ».[94] L’evoluzione delle mentalità in questo campo è, purtroppo, eccessivamente lenta. La Chiesa ha il dovere di contribuire a questo riconoscimento e a questa liberazione della donna seguendo l’esempio dato da Cristo che la valorizzava (cfr Mt 15,21-28; Lc 7,36-50; 8, 1-3; 10,38-42; Gv 4,7-42). Creare per lei uno spazio in cui poter prendere la parola e in cui poter esprimere i suoi talenti, attraverso iniziative che rafforzino il suo valore, la sua autostima e la sua specificità, le permetterebbe di occupare un posto uguale a quello dell’uomo nella società – senza confusione, né livellamento della specificità di ciascuno –, dato che entrambi sono « immagine » del Creatore (cfr Gen 1, 27). Possano i Vescovi incoraggiare e promuovere la formazione delle donne affinché esse assumano « la loro propria parte di responsabilità e di partecipazione nella vita comunitaria della società e […] della Chiesa ».[95] Esse contribuiranno così all’umanizzazione della società.
58. Voi, donne cattoliche, vi iscrivete nella tradizione evangelica delle donne che assistevano Gesù e gli Apostoli (cfr Lc 8,3)! Voi siete per le Chiese locali come la « spina dorsale »,[96] perché il vostro numero, la vostra presenza attiva e le vostre organizzazioni sono di grande sostegno per l’apostolato della Chiesa. Quando la pace è minacciata e la giustizia schernita, quando la povertà è crescente, voi siete pronte a difendere la dignità umana, la famiglia e i valori della religione. Possa lo Spirito Santo suscitare senza sosta nella Chiesa donne sante e coraggiose che offrano il loro prezioso contributo spirituale alla crescita delle nostre comunità!
59. Care figlie della Chiesa, come Maria di Betania, mettetevi costantemente alla scuola di Cristo per saper riconoscere la sua Parola (cfr Lc 10,39). Formatevi al catechismo e alla Dottrina sociale della Chiesa per dotarvi dei principi che vi aiuteranno ad agire da vere discepole. Così potrete impegnarvi con discernimento nei diversi progetti relativi alle donne. Continuate a difendere la vita perché Dio vi ha costituite ricettacoli della vita. La Chiesa sarà sempre vostro sostegno. Aiutate con il vostro consiglio e con il vostro esempio le giovani, affinché esse affrontino serenamente la vita adulta. Sostenetevi reciprocamente! Venerate le più anziane tra voi. La Chiesa conta su di voi per creare una « ecologia umana »[97] attraverso l’amore e la tenerezza, l’accoglienza e la delicatezza, e infine la misericordia, valori che voi sapete trasmettere ai figli e di cui il mondo ha tanto bisogno. Così, con la ricchezza dei vostri doni propriamente femminili,[98] favorirete la riconciliazione degli uomini e delle comunità.
60. I giovani costituiscono in Africa la maggioranza della popolazione. Questa gioventù è un dono e un tesoro di Dio, di cui tutta la Chiesa è riconoscente al Signore della vita.[99] Occorre amare questa gioventù, stimarla e rispettarla. Essa « esprime un anelito profondo, nonostante possibili ambiguità, verso quei valori autentici che hanno in Cristo la loro pienezza. Non è forse Cristo il segreto della vera libertà e della gioia profonda del cuore? Non è Cristo l’amico supremo e insieme l’educatore di ogni autentica amicizia? Se ai giovani Cristo è presentato col suo vero volto, essi lo sentono come una risposta convincente e sono capaci di accoglierne il messaggio, anche se esigente e segnato dalla Croce ».[100]
61. Pensando ai giovani, avevo scritto nell’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini: « Nell’età della giovinezza, infatti, emergono in modo incontenibile e sincero le domande sul senso della propria vita e su quale indirizzo dare alla propria esistenza. A queste domande solo Dio sa dare vera risposta. Questa attenzione al mondo giovanile implica il coraggio di un annuncio chiaro; dobbiamo aiutare i giovani ad acquistare confidenza e familiarità con la sacra Scrittura, perché sia come una bussola che indica la strada da seguire. Per questo, essi hanno bisogno di testimoni e di maestri, che camminino con loro e li guidino ad amare e a comunicare a loro volta il Vangelo soprattutto ai loro coetanei, diventando essi stessi autentici e credibili annunciatori ».[101]
62. Nella sua Regola, san Benedetto chiede all’abate del monastero di ascoltare i più giovani dicendo: « Spesso ad uno più giovane il Signore ispira un parere migliore ».[102] Non si ometta di coinvolgere direttamente la gioventù nella vita della società e della Chiesa, perché essa non si abbandoni a sentimenti di frustrazione e di rifiuto di fronte all’impossibilità di prendere in mano il proprio avvenire, particolarmente nelle situazioni in cui la gioventù è resa vulnerabile dalla mancanza di formazione, dalla disoccupazione, dallo sfruttamento politico e da ogni sorta di dipendenza.[103]
63. Cari giovani, stimoli di ogni genere possono tentarvi: ideologie, sette, denaro, droga, sesso facile, violenze […] Siate vigilanti: quanti vi fanno tali proposte vogliono distruggere il vostro futuro! Nonostante le difficoltà, non lasciatevi scoraggiare e non rinunciate ai vostri ideali, all’impegno e all’assiduità nella formazione umana, intellettuale e spirituale! Per acquisire il discernimento, la forza necessaria e la libertà di resistere a simili pressioni, vi incoraggio a mettere Gesù Cristo al centro di tutta la vostra vita mediante la preghiera, ma anche attraverso lo studio della Sacra Scrittura, la pratica dei Sacramenti, la formazione alla Dottrina sociale della Chiesa, come pure con la vostra partecipazione attiva ed entusiasta ai gruppi e ai movimenti ecclesiali. Coltivate in voi l’aspirazione alla fraternità, alla giustizia e alla pace. L’avvenire è nelle mani di chi sa trovare ragioni forti per vivere e sperare. Se lo volete, l’avvenire è nelle vostre mani, poiché i doni che il Signore ha elargito a ciascuno di voi, rafforzati dall’incontro con Cristo, possono portare una speranza autentica al mondo![104]
64. Quando si tratta di orientarvi nella scelta di vita, quando vi si pone la domanda di una consacrazione totale – attraverso il sacerdozio ministeriale o la vita consacrata –, appoggiatevi su Cristo, prendetelo a modello, ascoltate la sua Parola meditandola regolarmente. Durante l’omelia della Messa inaugurale del mio Pontificato, vi ho esortati con queste parole, che mi sembra opportuno ripetervi, poiché sono sempre attuali: « Chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! Solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. […] Cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita ».[105]
65. Proprio come i giovani, i bambini sono un dono di Dio all’umanità, e pertanto devono essere oggetto di particolare cura da parte delle loro famiglie, della Chiesa, della società e dei governi, poiché sono fonte di speranza e di rinnovamento nella vita. Dio è ad essi particolarmente vicino, e la loro vita è preziosa ai suoi occhi, anche quando le circostanze sembrano contrarie o impossibili (cfr Gen 17,17-18; 18,12; Mt 18,10).
66. In effetti, « nel diritto alla vita, ogni essere umano innocente è assolutamente uguale a tutti gli altri. Tale uguaglianza è la base di ogni autentico rapporto sociale che, per essere veramente tale, non può non fondarsi sulla verità e sulla giustizia, riconoscendo e tutelando ogni uomo e ogni donna come persona e non come una cosa di cui si possa disporre ».[106]
67. Come allora non deplorare e denunciare con forza i trattamenti intollerabili inflitti in Africa a tanti bambini?[107] La Chiesa è Madre e non saprebbe abbandonarli, chiunque essi siano. È nostro compito proiettare su di essi la luce di Cristo, offrendo loro il suo amore affinché si sentano dire: « Tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e ti amo » (Is 43,4). Dio vuole la felicità ed il sorriso di ogni bambino e il suo favore è per lui « perché a chi è come loro infatti appartiene il Regno di Dio » (Mc 10,14).
68. Cristo Gesù ha sempre manifestato la sua preferenza nei confronti dei più piccoli (cfr Mc 10,
13-16). Lo stesso Vangelo è permeato in profondità dalla verità sul bambino. Che cosa significa infatti: « Se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli » (Mt 18,3)? Gesù non fa forse del bambino un modello, anche per gli adulti? Nel bambino vi è qualche cosa che non dovrebbe mancare mai a chi vuole entrare nel Regno dei cieli. Il cielo è promesso a tutti coloro che sono semplici come i fanciulli, a quanti, come essi, sono pieni di uno spirito di abbandono nella fiducia, puri e ricchi di bontà. Essi soltanto possono trovare in Dio un Padre e diventare, grazie a Gesù, figli di Dio. Figli e figlie dei nostri genitori, Dio vuole che siamo tutti suoi figli adottivi per grazia![108]
III. LA VISIONE AFRICANA DELLA VITA
69. Nella visione africana del mondo, la vita viene percepita come una realtà che ingloba ed include gli antenati, i vivi e i bambini che devono nascere, tutta la creazione ed ogni essere: quelli che parlano e quelli che sono muti, quelli che pensano e quelli che non hanno alcun pensiero. L’universo visibile ed invisibile viene considerato come uno spazio di vita degli uomini, ma anche come uno spazio di comunione ove le generazioni passate sono a fianco, in maniera invisibile, delle generazioni presenti, madri a loro volta delle generazioni future. Questa ampia apertura del cuore e dello spirito della tradizione africana vi predispone, cari fratelli e sorelle, ad ascoltare e a ricevere il messaggio del Cristo e comprendere il mistero della Chiesa, per dare tutto il suo valore alla vita umana ed alle condizioni per il suo fiorire in pienezza.
70. Tra le disposizioni volte a proteggere la vita umana nel Continente africano, i membri del Sinodo hanno preso in considerazione gli sforzi posti in atto dalle istituzioni internazionali a favore di alcuni aspetti dello sviluppo.[109] Hanno tuttavia notato con preoccupazione l’esistenza di una mancanza di chiarezza etica nel corso degli incontri internazionali, addirittura un linguaggio confuso che veicola valori contrari alla morale cattolica. La Chiesa coltiva la preoccupazione costante dello sviluppo integrale « di ogni uomo e di tutto l’uomo », come diceva Papa Paolo VI.[110] Per tale ragione i Padri sinodali hanno voluto sottolineare gli aspetti discutibili di certi documenti di enti internazionali: in particolare quelli concernenti la salute riproduttiva delle donne. La posizione della Chiesa non soffre di alcuna ambiguità quanto all’aborto. Il bimbo nel seno materno è una vita umana da proteggere. L’aborto, che consiste nella soppressione di un innocente non nato, è contrario alla volontà di Dio, poiché il valore e la dignità della vita umana debbono esser protetti dal concepimento sino alla morte naturale. La Chiesa in Africa e nelle isole vicine deve impegnarsi ad aiutare ed accompagnare le donne e le coppie tentate dall’aborto, e ad esser vicina a quanti ne hanno fatto la triste esperienza, per educarli al rispetto della vita. Essa apprezza il coraggio dei governi che hanno legiferato contro la cultura della morte, della quale l’aborto è espressione drammatica, in favore della cultura della vita.[111]
71. La Chiesa sa che sono numerosi coloro che – individui, associazioni, uffici specializzati o Stati – respingono una dottrina sana a tale proposito. « Non dobbiamo temere l’ostilità e l’impopolarità, rifiutando ogni compromesso ed ambiguità, che ci conformerebbero alla mentalità di questo mondo (cfr Rm 12,2). Dobbiamo essere nel mondo ma non del mondo (cfr Gv 15,19; 17,16), con la forza che ci viene da Cristo, che con la sua morte e risurrezione ha vinto il mondo (cfr Gv 16,33) ».[112]
72. Sulla vita umana in Africa pesano minacce molto forti. Bisogna deplorare, come altrove, i disastri della droga e gli abusi di alcol che distruggono il potenziale umano del Continente ed affliggono soprattutto i giovani.[113] La malaria,[114] come pure la tubercolosi e l’AIDS, decimano le popolazioni africane e compromettono gravemente la loro vita socio-economica. Il problema dell’AIDS, in particolare, esige certamente una risposta medica e farmaceutica. E tuttavia questa è insufficiente poiché il problema è più profondo. È anzitutto etico. Il cambio di comportamento che esso esige - ad esempio: l’astinenza sessuale, il rifiuto della promiscuità sessuale, la fedeltà coniugale - pone in ultima analisi la questione dello sviluppo integrale che richiede un approccio e una risposta globali della Chiesa. Infatti, per essere efficace, la prevenzione dell’AIDS deve poggiarsi su una educazione sessuale fondata essa stessa su un’antropologia ancorata al diritto naturale e illuminata dalla Parola di Dio e dall’insegnamento della Chiesa.
73. In nome della vita – che è dovere della Chiesa difendere e proteggere – e in unione ai Padri sinodali, rinnovo il mio sostegno e mi rivolgo a tutte le istituzioni e a tutti i movimenti della Chiesa che operano nel settore della sanità e specialmente dell’AIDS. Voi realizzate un lavoro meraviglioso ed importante. Chiedo alle agenzie internazionali di riconoscervi e di aiutarvi nel rispetto della vostra specificità e in spirito di collaborazione. Incoraggio vivamente ancora una volta gli istituti e i programmi di ricerca terapeutica e farmaceutica attualmente in corso per sradicare le pandemie. Non risparmiate fatiche per raggiungere al più presto dei risultati, per amore al dono prezioso della vita.[115] Possiate trovare soluzioni e rendere accessibili a tutti i trattamenti e le medicine, considerando le situazioni di precarietà! La Chiesa sostiene da molto tempo la causa di un trattamento medico di alta qualità e a minore costo per tutte le persone coinvolte.[116]
74. La difesa della vita comporta ugualmente lo sradicamento dell’ignoranza attraverso l’alfabetizzazione delle popolazioni ed una educazione qualificata che inglobi tutta la persona. Lungo il corso della propria storia, la Chiesa cattolica ha prestato particolare attenzione all’educazione. Ha sempre sensibilizzato, incoraggiato e aiutato i genitori a vivere la loro responsabilità di primi educatori della vita e della fede dei propri figli. In Africa, le sue strutture – come le scuole, i collegi, i licei, le scuole professionali, le università – mettono a disposizione della popolazione strumenti per accedere al sapere, senza discriminazione di origine, di possibilità economiche o di religione. La Chiesa dà il proprio contributo per permettere di valorizzare e portare a frutto i talenti che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo. Numerose Congregazioni religiose sono nate a questo scopo. Innumerevoli Santi e Sante hanno capito che santificare l’uomo significava prima di tutto promuoverne la dignità mediante l’educazione.
75. I membri del Sinodo hanno constatato che l’Africa conosce, proprio come peraltro il resto del mondo, una crisi dell’educazione.[117] Essi hanno sottolineato la necessità di un programma educativo che coniughi fede e ragione per preparare i bambini e i giovani alla vita adulta. Delle basi e dei sani punti di riferimento posti in questo modo, permetterebbero loro di affrontare le scelte quotidiane, caratterizzando ogni vita adulta sul piano affettivo, sociale, professionale e politico.
76. L’analfabetismo rappresenta uno dei maggiori freni allo sviluppo. È un flagello simile a quello delle pandemie. Certo, non uccide direttamente, ma contribuisce attivamente alla marginalizzazione della persona – che è una forma di morte sociale – e le rende impossibile accedere alla conoscenza. Alfabetizzare l’individuo significa farne un membro a pieno diritto della res publica, alla costruzione della quale potrà contribuire,[118] e permettere al cristiano di accedere al tesoro inestimabile delle Sacre Scritture che alimentano la sua vita di fede.
77. Invito le comunità e le istituzioni cattoliche a rispondere generosamente a questa grande sfida, vero e proprio laboratorio di umanizzazione, e a intensificare gli sforzi, secondo i mezzi a disposizione, per sviluppare, da sole o in collaborazione con altre organizzazioni, programmi efficaci e adatti alle popolazioni. Le comunità e le istituzioni cattoliche non supereranno tale sfida se non mantenendo la propria identità ecclesiale e rimanendo gelosamente fedeli al messaggio evangelico e al carisma del fondatore. L’identità cristiana è un bene prezioso che occorre saper preservare e custodire per timore che il sale non perda il sapore e non finisca per essere calpestato (cfr Mt 5,13).
78. Conviene certamente sensibilizzare i governi affinché aumentino il loro aiuto a favore della scolarizzazione. La Chiesa riconosce e rispetta il ruolo dello Stato nel campo educativo. Afferma, tuttavia, il proprio legittimo diritto a parteciparvi apportandovi il proprio contributo particolare. E pare opportuno ricordare allo Stato che la Chiesa ha il diritto di educare secondo le proprie regole e nei propri edifici. Si tratta di un diritto che si situa nella libertà d’azione « quanta le è necessaria per provvedere alla salvezza degli esseri umani ».[119] Numerosi Stati africani riconoscono il ruolo eminente e disinteressato che la Chiesa svolge, mediante le sue strutture educative, nell’edificazione della loro nazione. Incoraggio pertanto vivamente i governanti nei loro sforzi per sostenere quest’opera educativa.
B. Il rispetto della creazione e l’ecosistema
79. Con i Padri del Sinodo, invito tutti i membri della Chiesa ad operare e prendere posizione in favore di un’economia attenta ai poveri e decisamente opposta ad un ordine ingiusto che, con il pretesto di ridurre la povertà, ha spesso contribuito ad aggravarla.[120] Dio ha dato all’Africa importanti risorse naturali. Di fronte alla povertà cronica delle sue popolazioni, vittime di sfruttamenti e malversazioni locali e straniere, l’opulenza di alcuni gruppi turba la coscienza umana. Costituiti per la creazione di ricchezze nelle proprie nazioni e non di rado con la complicità di quanti esercitano il potere in Africa, tali gruppi troppo spesso assicurano il proprio funzionamento a scapito del benessere delle popolazioni locali.[121] Agendo insieme a tutte le altre componenti della società civile, la Chiesa deve denunciare l’ordine ingiusto, che impedisce ai popoli africani di consolidare le proprie economie[122] e « svilupparsi secondo le caratteristiche culturali proprie ».[123] Inoltre è dovere della Chiesa di lottare « affinché ogni popolo possa essere lui stesso il principale artefice del proprio progresso economico e sociale […] e possa prendere parte alla realizzazione del bene comune universale quale membro attivo e responsabile della società umana, su un piano di uguaglianza con gli altri popoli ».[124]
80. Uomini e donne d’affari, governi, gruppi economici si impegnano in programmi di sfruttamento, che inquinano l’ambiente e causano una desertificazione senza precedenti. Gravi attentati vengono effettuati alla natura e alle foreste, alla flora e alla fauna, e innumerevoli specie rischiano di sparire per sempre. Tutto ciò minaccia l’intero ecosistema e di conseguenza la sopravvivenza dell’umanità.[125] Esorto la Chiesa in Africa ad incoraggiare i governanti a proteggere i beni fondamentali, quali sono la terra e l’acqua, per la vita umana delle generazioni presenti e future[126] e per la pace tra i popoli.
C. Il buon governo degli Stati
81. Uno degli strumenti più importanti al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace può essere l’istituzione politica il cui essenziale dovere è la messa in campo e la gestione del giusto ordine.[127] Quest’ordine è a sua volta al servizio della « chiamata delle persone alla comunione ».[128] Per concretizzare un simile ideale, la Chiesa in Africa deve contribuire a costruire la società in collaborazione con le autorità governative e le istituzioni pubbliche e private coinvolte nell’edificazione del bene comune.[129] I Capi tradizionali possono contribuire in modo molto positivo al buon governo. La Chiesa, per parte sua, s’impegna a promuovere nel proprio seno e nella società una cultura che abbia a cuore il primato del diritto.[130] A titolo di esempio, le elezioni costituiscono un luogo di espressione della scelta politica di un popolo e sono il segno della legittimità per l’esercizio del potere. Esse sono un momento privilegiato per un dibattito pubblico sano e sereno, caratterizzato dal rispetto delle diverse opinioni e dei differenti gruppi politici. Favorire un buon svolgimento delle elezioni susciterà ed incoraggerà una partecipazione reale ed attiva dei cittadini alla vita politica e sociale. Il non rispetto della Costituzione nazionale, della legge o del verdetto delle urne, là dove le elezioni sono state libere, eque e trasparenti, manifesterebbe una disfunzione grave nell’esercizio del governo e significherebbe una mancanza di competenza nella gestione della cosa pubblica.[131]
82. Oggi, molte persone che prendono decisioni, sia politici sia economisti, pretendono di non dovere nulla a nessuno tranne che a se stessi. « Ritengono di essere titolari solo di diritti e incontrano spesso forti ostacoli a maturare una responsabilità per il proprio e l’altrui sviluppo integrale. Per questo è importante sollecitare una nuova riflessione su come i diritti presuppongano doveri senza i quali si trasformano in arbitrio ».[132]
83. La crescita dei tassi di criminalità nelle società sempre più urbanizzate è un grande motivo di preoccupazione per tutti i responsabili e per i governanti. È pertanto urgente che siano adottati sistemi giudiziari e carcerari indipendenti, per ristabilire la giustizia e rieducare i colpevoli. Occorre inoltre bandire i casi di errori della giustizia e i trattamenti cattivi dei prigionieri, le numerose occasioni di non applicazione della legge che corrispondono ad una violazione dei diritti umani[133] e le incarcerazioni che non sfociano se non tardivamente o mai in un processo. « La Chiesa in Africa […] riconosce la propria missione profetica di fronte a coloro che sono colpiti dalla criminalità e il loro bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace ».[134] I carcerati sono persone umane che meritano, nonostante il loro crimine, di essere trattati con rispetto e dignità. Hanno bisogno della nostra sollecitudine. Per tale motivo, la Chiesa deve organizzare la pastorale del mondo carcerario per il bene materiale e spirituale dei prigionieri. Tale attività pastorale è un reale servizio che la Chiesa offre alla società e che lo Stato deve favorire per il bene comune. Con i membri del Sinodo, attiro l’attenzione dei responsabili della società sulla necessità di fare tutto il possibile per giungere all’eliminazione della pena capitale,[135] come pure sulla riforma del sistema penale affinché la dignità umana del carcerato sia rispettata. Agli operatori pastorali è affidato il compito di studiare e proporre la giustizia restitutiva come mezzo e procedimento per favorire la riconciliazione, la giustizia e la pace e il reinserimento delle vittime e dei trasgressori nelle comunità.[136]
D. I migranti, i profughi e i rifugiati
84. Milioni di migranti, di profughi o di rifugiati cercano una patria e una terra di pace in Africa o in altri continenti. Le dimensioni di un simile esodo, che tocca tutti i Paesi, rivelano l’ampiezza nascosta delle diverse povertà spesso generate da mancanze nella gestione pubblica. Migliaia di persone hanno cercato e cercano ancora di attraversare i deserti e i mari alla ricerca di oasi di pace e di prosperità, di una migliore formazione e di una libertà più grande. Purtroppo numerosi rifugiati o profughi incontrano ogni sorta di violenza e di sfruttamento, addirittura la prigione o troppo spesso la morte. Alcuni Stati hanno risposto a questo dramma attraverso una legislazione repressiva.[137] La situazione di precarietà di tali poveri dovrebbe suscitare la compassione e la solidarietà generose da parte di tutti; al contrario, fa nascere spesso la paura e l’ansietà. Poiché molti considerano i migranti come un fardello, li vedono con sospetto non vedendo in essi che pericolo, insicurezza e minaccia. Una simile percezione provoca reazioni di intolleranza, di xenofobia e di razzismo. Ne risulta che questi migranti sono essi stessi costretti, a causa della precarietà della loro situazione, a svolgere lavori mal remunerati spesso illegali, umilianti o degradanti. La coscienza umana non può che indignarsi di fronte a queste situazioni. La migrazione all’interno e all’esterno del Continente diventa così un dramma pluridimensionale, che colpisce seriamente il capitale umano dell’Africa, provocando la destabilizzazione o la distruzione delle famiglie.
85. La Chiesa si ricorda che l’Africa è stata una terra di rifugio per la Sacra Famiglia che fuggiva il potere politico sanguinario di Erode[138] alla ricerca di una terra che prometteva loro la sicurezza e la pace. La Chiesa continuerà a far udire la propria voce e ad impegnarsi per difendere tutte le persone.[139]
E. La globalizzazione e l’aiuto internazionale
86. I Padri sinodali hanno espresso la loro perplessità e preoccupazione di fronte alla globalizzazione. Ho già attirato l’attenzione su questa realtà, come una sfida da raccogliere. « La verità della globalizzazione come processo e il suo criterio etico fondamentale sono dati dall’unità della famiglia umana e dal suo sviluppo nel bene. Occorre quindi impegnarsi incessantemente per favorire un orientamento culturale personalista e comunitario, aperto alla trascendenza, del processo di integrazione planetaria ».[140] La Chiesa auspica che la globalizzazione della solidarietà giunga sino ad inscrivere « nei rapporti mercantili il principio di gratuità e la logica del dono come espressione della fraternità »,[141] evitando la tentazione del pensiero unico sulla vita, sulla cultura, sulla politica, sull’economia, a vantaggio di un costante rispetto etico delle diverse realtà umane, per una solidarietà effettiva.
87. Questa globalizzazione della solidarietà si manifesta già in certa misura attraverso gli aiuti internazionali. Oggi la notizia di una catastrofe fa rapidamente il giro del pianeta e suscita molto spesso un movimento di compassione e atti concreti di generosità. La Chiesa rende un servizio di grande carità difendendo i bisogni reali del destinatario. A nome del diritto di quanti sono nella necessità e dei senza voce, come pure a nome del rispetto e della solidarietà che bisogna avere per loro, essa chiede che « gli Organismi internazionali e le Organizzazioni non governative si impegnino ad una piena trasparenza ».[142]
IV. IL DIALOGO E LA COMUNIONE FRA I CREDENTI
88. Come ci rivela un gran numero di movimenti sociali, le relazioni interreligiose condizionano la pace in Africa, come altrove. Di conseguenza, è importante che la Chiesa promuova il dialogo come atteggiamento spirituale affinché i credenti imparino a lavorare assieme, ad esempio nelle associazioni orientate alla pace e alla giustizia, in uno spirito di fiducia e di vicendevole aiuto. Le famiglie devono essere educate all’ascolto, alla fraternità e al rispetto dell’altro senza timore.[143] Una cosa sola è necessaria (cfr Lc 10,42) e capace di placare la sete di eternità di ogni essere umano e il desiderio di unità dell’intera umanità: l’amore e la contemplazione di Colui davanti al quale sant’Agostino ha esclamato: « O eterna verità, vera carità, cara eternità! ».[144]
A. Il dialogo ecumenico e la sfida dei nuovi movimenti religiosi
89. Invitando a partecipare all’Assemblea sinodale i nostri fratelli cristiani ortodossi, copti ortodossi, luterani, anglicani e metodisti – ed in particolare Sua Santità Abuna Paulos, Patriarca della Chiesa ortodossa Tewahedo di Etiopia, una delle più antiche comunità cristiane del Continente africano – ho voluto significare che il cammino verso la riconciliazione passa anzitutto attraverso la comunione dei discepoli di Cristo. Un cristianesimo diviso resta uno scandalo, poiché contraddice de facto la volontà del divino Maestro (cfr Gv 17,21). Il dialogo ecumenico mira dunque a orientare il
nostro cammino comune verso l’unità dei cristiani, essendo assidui nell’ascoltare la Parola di Dio, fedeli alla comunione fraterna, allo spezzare il pane ed alla preghiera (cfr At 2,42). Esorto l’intera famiglia ecclesiale – le Chiese particolari, gli Istituti di vita consacrata, le associazioni e i movimenti laicali – a proseguire questo cammino in modo più convinto, nello spirito e sulla base delle indicazioni del Direttorio ecumenico, e attraverso le diverse associazioni ecumeniche esistenti. Invito inoltre a formarne di nuove laddove ciò può rappresentare un aiuto per la missione. Che possiamo insieme intraprendere opere di carità e proteggere i patrimoni religiosi grazie ai quali i discepoli di Cristo trovano le energie spirituali di cui hanno bisogno per l’edificazione della famiglia umana![145]
90. Lungo l’arco di questi ultimi decenni, la Chiesa in Africa si è interrogata con insistenza sulla nascita e l’espansione di comunità non cattoliche, denominate talvolta anche autoctone africane (African Independent Churches). Spesso esse derivano da Chiese e Comunità ecclesiali cristiane tradizionali e adottano aspetti delle culture tradizionali africane. Tali gruppi hanno recentemente fatto la loro apparizione nel panorama ecumenico. I Pastori della Chiesa cattolica dovranno tener conto di questa nuova realtà per la promozione dell’unità dei cristiani in Africa e, di conseguenza, dovranno trovare una risposta adeguata al contesto, in vista di una evangelizzazione più profonda per far giungere in maniera efficace la Verità di Cristo agli africani.
91. Numerosi movimenti sincretisti e sette, inoltre, hanno visto la luce nel corso degli ultimi decenni. Talvolta è difficile discernere se siano di ispirazione autenticamente cristiana o siano semplicemente il frutto di una infatuazione per un leader che pretende di avere dei doni eccezionali. La loro denominazione ed il loro vocabolario portano facilmente alla confusione e possono ingannare fedeli in buona fede. Approfittando di strutture statali in elaborazione, dello scardinamento delle solidarietà familiari tradizionali e di una catechesi insufficiente, queste numerose sette sfruttano la credulità ed offrono una copertura religiosa a credenze multiformi ed eterodosse non cristiane. Esse distruggono la pace delle coppie e delle famiglie a causa di false profezie o visioni. Seducono anche dei responsabili politici. La teologia e la pastorale della Chiesa devono individuare le cause di questo fenomeno non soltanto per arginare « l’emorragia » dei fedeli delle parrocchie verso di esse, ma anche per porre le basi di una risposta pastorale appropriata a fronte dell’attrazione che questi movimenti e sette esercitano su di essi. Ciò significa ancora una volta: evangelizzare in profondità l’anima africana.
1. Le religioni tradizionali africane
92. La Chiesa vive ogni giorno con gli adepti delle religioni tradizionali africane. Queste religioni che si riferiscono agli antenati e ad una forma di mediazione fra l’uomo e l’Immanenza, sono l’humus culturale e spirituale da cui viene la maggior parte dei cristiani convertiti e con cui mantengono un contatto quotidiano. Tra i convertiti, è opportuno scegliere alcune persone ben informate affinché possano divenire guide per la Chiesa nella conoscenza sempre più profonda e precisa delle tradizioni, della cultura e delle religioni tradizionali. L’individuazione dei veri punti di rottura diverrà così più facile. Si giungerà anche alla necessaria distinzione fra il culturale e il cultuale e si elimineranno gli elementi magici, causa di rottura e di rovina per le famiglie e le società. Il Concilio Vaticano II ha precisato, in questo senso, che la Chiesa « esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi ».[146] Per far sì che i tesori della vita sacramentale e della spiritualità della Chiesa possano essere scoperti in tutta la loro profondità e meglio trasmessi nella catechesi, la Chiesa potrebbe esaminare, in uno studio teologico, alcuni elementi delle culture tradizionali africane che sono conformi all’insegnamento di Cristo.
93. Poiché si appoggia sulle religioni tradizionali, la stregoneria conosce ai giorni nostri una certa recrudescenza. Rinascono paure che creano legami di soggezione paralizzanti. Le preoccupazioni riguardanti la salute, il benessere, i bambini, il clima, la protezione contro gli spiriti malvagi, portano di quando in quando a ricorrere a pratiche delle religioni tradizionali africane che sono in disaccordo con l’insegnamento cristiano. Il problema della « doppia appartenenza » al cristianesimo e alle religioni tradizionali africane rimane una sfida. Per la Chiesa che è in Africa è necessario guidare le persone alla scoperta della pienezza dei valori del Vangelo, mediante una catechesi ed un’inculturazione profonde. È opportuno determinare il significato profondo di tali pratiche di stregoneria identificando le implicazioni teologiche, sociali e pastorali veicolate da questo flagello.
94. I Padri del Sinodo hanno posto in evidenza la complessità della realtà musulmana nel Continente africano. In alcuni Paesi regna una buona intesa fra cristiani e musulmani; in altri, i cristiani locali non hanno che una cittadinanza di secondo rango e i cattolici stranieri, religiosi o laici, hanno problemi nell’ottenere visti o permessi di soggiorno; in altri gli elementi religiosi e politici non sono ancora sufficientemente distinti; in altri infine esiste aggressività. Esorto la Chiesa, in qualsiasi situazione, a perseverare nella stima dei « musulmani che adorano un Dio unico, vivente e sussistente, misericordioso e onnipotente, creatore del cielo e della terra, che ha parlato agli uomini ».[147] Se tutti noi credenti in Dio desideriamo servire la riconciliazione, la giustizia e la pace, dobbiamo operare insieme per bandire tutte le forme di discriminazione, di intolleranza e di fondamentalismo confessionale. Nella sua opera sociale, la Chiesa non fa distinzione religiosa. Essa aiuta chi è nel bisogno, sia egli cristiano, musulmano o animista. Testimonia così l’amore di Dio, creatore di tutti, e incoraggia i seguaci delle altre religioni ad un atteggiamento rispettoso e ad una reciprocità nella stima. Esorto tutta la Chiesa a ricercare, mediante un dialogo paziente con i musulmani, il riconoscimento giuridico e pratico della libertà religiosa, così che in Africa ogni cittadino possa godere non soltanto del diritto ad una libera scelta della propria religione[148] e all’esercizio del culto, ma anche del diritto alla libertà di coscienza.[149] La libertà religiosa è la via della pace.[150]
C. Diventare « sale della terra » e « luce del mondo »
95. La missione evangelizzatrice della Chiesa in Africa attinge a diverse fonti: le Sacre Scritture, la Tradizione e la vita sacramentale. Come un gran numero di Padri sinodali ha fatto notare, il ministero della Chiesa si appoggia efficacemente sul Catechismo della Chiesa Cattolica. Inoltre il Compendio della Dottrina sociale della Chiesa è una guida per la missione della Chiesa come « Madre ed Educatrice » nel mondo e nella società, e per ciò stesso uno strumento pastorale di prim’ordine.[151] Un cristiano che si alimenta alla sorgente autentica, il Cristo, viene trasformato da Lui in « luce del mondo » (Mt 5,14) e trasmette Colui che è « la luce del mondo » (Gv 8,12). La sua conoscenza deve essere animata dalla carità. In effetti, il sapere « se vuole essere sapienza capace di orientare l’uomo alla luce dei principi primi e dei suoi fini ultimi, deve essere “condito” con il “sale” della carità ».[152]
96. Per adempiere il compito al quale siamo chiamati, facciamo nostra l’esortazione stessa di san Paolo: « State saldi, dunque: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia; i piedi, calzati e pronti a propagare il vangelo della pace. Afferrate sempre lo scudo della fede, con il quale potrete spegnere tutte le frecce infuocate del Maligno; prendete anche l’elmo della salvezza e la spada dello Spirito, che è la parola di Dio. In ogni occasione, pregate con ogni sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito » (Ef 6,14-18).
SECONDA PARTE:
« A CIASCUNO È DATA
UNA MANIFESTAZIONE PARTICOLARE DELLO SPIRITO
PER IL BENE COMUNE »
(1 Cor 12, 7)
97. Gli orientamenti della missione che ho appena indicato diventeranno realtà solo se la Chiesa agisce, da una parte, sotto la guida dello Spirito Santo e, dall’altra, come un solo corpo, per riprendere l’immagine di san Paolo che presenta queste due condizioni in maniera articolata. In effetti, in un’Africa segnata da contrasti, la Chiesa deve indicare chiaramente la via verso Cristo. Essa deve manifestare come si vive, nella fedeltà a Gesù Cristo, l’unità nella diversità insegnata dall’Apostolo: « Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune » (1 Cor 12,4-7). Nell’esortare ogni membro della famiglia ecclesiale ad essere « il sale della terra » e « la luce del mondo » (Mt 5,13.14), intendo insistere su questo « essere » che, tramite lo Spirito, dovrebbe agire in vista del bene comune. Non si è mai cristiani da soli. I doni fatti dal Signore ad ognuno, Vescovi, preti, diaconi, religiosi e religiose, catechisti, laici, devono contribuire all’armonia, alla comunione e alla pace nella Chiesa stessa e nella società.
98. Conosciamo bene l’episodio dell’uomo paralitico che viene portato a Gesù perché lo guarisca (cfr Mc 2,1-12). Per noi oggi, quest’uomo simbolizza tutti i nostri fratelli e sorelle dell’Africa e di altri luoghi, paralizzati in diverse maniere e, purtroppo, spesso in un profondo abbattimento. Dinanzi alle sfide che ho brevemente indicato secondo le comunicazioni dei Padri sinodali, meditiamo sull’atteggiamento di coloro che hanno portato il paralitico. Quest’ultimo non ha potuto avvicinarsi a Gesù se non con l’aiuto di queste quattro persone di fede, che hanno superato l’ostacolo fisico della folla dando prova di solidarietà e fiducia assoluta in Gesù. Cristo « vide la loro fede ». Egli toglie quindi l’ostacolo spirituale dicendo al paralitico: « I tuoi peccati ti sono perdonati ». Elimina ciò che impedisce all’uomo di rialzarsi. Questo esempio ci sospinge a crescere nella fede e a dare prova, a nostra volta, di solidarietà e di creatività per sollevare coloro che portano pesanti fardelli, aprendoli così alla pienezza della vita in Cristo (cfr Mt 11,28). Di fronte agli ostacoli sia fisici che spirituali che si innalzano davanti a noi, mobilitiamo le energie spirituali e le risorse materiali dell’intero corpo che è la Chiesa, certi che Cristo opererà attraverso lo Spirito Santo in ciascuno dei suoi membri.
CAPITOLO I
I MEMBRI DELLA CHIESA
99. Cari figli e figlie della Chiesa, e in particolare voi cari fedeli d’Africa, l’amore di Dio vi ha colmato di ogni tipo di benedizione e vi ha resi capaci di agire come il sale della terra. Voi tutti, come membri della Chiesa, dovete essere coscienti che la pace e la giustizia nascono anzitutto dalla riconciliazione dell’essere umano con se stesso e con Dio. È solo Cristo il vero e l’unico « Principe della pace ». La sua nascita è il pegno della pace messianica così come è stata annunciata dai profeti (cfr Is 9,5-6; 57,19; Mi 5,4; Ef 2,14-17). Questa pace non viene dagli uomini, ma da Dio. Essa è il dono messianico per eccellenza. Questa pace conduce alla giustizia del Regno che occorre cercare a tempo opportuno e non opportuno in tutto ciò che si fa (cfr Mt 6,33), affinché in ogni circostanza sia resa gloria a Dio (cfr Mt 5,16). Ora noi sappiamo che il giusto è fedele alla legge di Dio perché si è convertito (cfr Lc 15,7; 18,14). Questa nuova fedeltà è portata da Cristo per renderci « irreprensibili e puri » (cfr Fil 2,15).
100. Cari fratelli nell’episcopato, la santità alla quale il Vescovo è chiamato esige l’esercizio delle virtù – in primo luogo delle virtù teologali – e quello dei consigli evangelici.[153] La vostra santità personale deve risplendere a beneficio di coloro che sono stati affidati alla vostra cura pastorale e che voi dovete servire. La vostra vita di preghiera irrigherà dall’interno il vostro apostolato. Un Vescovo dev’essere un innamorato di Cristo. L’autorità morale e l’autorevolezza che sostengono l’esercizio del vostro potere giuridico, potranno provenire solo dalla santità della vostra vita.
101. Come diceva san Cipriano a metà del III secolo a Cartagine: « La Chiesa poggia sui Vescovi, e tutta la sua condotta obbedisce alle indicazioni di questi stessi capi ».[154] Sono la comunione, l’unità e la collaborazione con il presbyterium, che serviranno d’antidoto ai germi di divisione e che vi aiuteranno a mettervi tutti insieme in ascolto dello Spirito Santo. Egli vi condurrà per il giusto cammino (cfr Sal 22,3). Amate e rispettate i vostri sacerdoti! Essi sono i preziosi collaboratori del vostro ministero episcopale. Imitate Cristo! Egli ha creato attorno a sé un clima di amicizia, di affetto fraterno e di comunione che ha attinto dalle profondità del mistero trinitario. « Vi esorto a perseverare con ogni premura nell’aiutare i vostri sacerdoti a vivere in intima unione con Cristo. La loro vita spirituale è il fondamento della loro vita apostolica. Li esorterete pertanto con dolcezza alla preghiera quotidiana e alla degna celebrazione dei Sacramenti, soprattutto dell’Eucaristia e della Riconciliazione, come faceva san Francesco di Sales con i suoi preti. […] I sacerdoti hanno bisogno del vostro affetto, del vostro incoraggiamento e della vostra sollecitudine ».[155]
102. Siate uniti al Successore di Pietro con i vostri sacerdoti e l’insieme dei vostri fedeli. Non sprecate le vostre energie umane e pastorali nella vana ricerca di risposte a domande che non sono di vostra diretta competenza, o nei meandri di un nazionalismo che può accecare. Seguire questo idolo, così come quello della assolutizzazione della cultura africana, è più facile che seguire le esigenze di Cristo. Questi idoli sono delle illusioni. Di più esse sono una tentazione, quella di credere che, con le sole forze umane, si può far venire il Regno della felicità eterna sulla terra!
103. Il vostro primo dovere è di portare a tutti la Buona Novella della Salvezza e di offrire ai fedeli una catechesi che contribuisca ad una conoscenza più approfondita di Gesù Cristo. Preoccupatevi di dare ai laici una vera coscienza della loro missione ecclesiale ed esortateli a realizzarla con senso di responsabilità, cercando sempre il bene comune. I programmi di formazione permanente dei laici, in particolare per i responsabili politici ed economici, dovranno insistere sulla conversione come condizione necessaria per trasformare il mondo. È sempre bene cominciare con la preghiera per proseguire poi con la catechesi che porterà ad agire concretamente. La creazione di strutture verrà di seguito se sarà veramente necessario, perché esse non sostituiscono mai la potenza della preghiera.
104. Cari fratelli nell’Episcopato, siate, alla sequela di Cristo Buon Pastore, buoni pastori e servitori del gregge che vi è affidato, esemplari con la vostra vita e il vostro comportamento. La buona amministrazione delle vostre diocesi richiede la vostra presenza. Affinché il vostro messaggio sia credibile, fate in modo che le vostre diocesi diventino dei modelli quanto al comportamento delle persone, alla trasparenza e alla buona gestione finanziaria. Non abbiate timore di fare ricorso alla competenza dei periti contabili per essere di esempio sia ai fedeli che alla società intera. Favorite il buon funzionamento degli organismi ecclesiali diocesani e parrocchiali così come sono previsti dal diritto della Chiesa. La ricerca dell’unità, della giustizia e della pace spetta anzitutto a voi perché avete la responsabilità delle Chiese particolari.
105. Il Sinodo ha ricordato che « la Chiesa è una comunione che genera una solidarietà pastorale organica. I Vescovi, in comunione con il Vescovo di Roma, sono i primi promotori della comunione e della collaborazione nell’apostolato della Chiesa ».[156] Le Conferenze episcopali nazionali e regionali hanno la missione di consolidare questa comunione ecclesiale e di promuovere questa solidarietà pastorale.
106. Per una maggiore visibilità, coerenza ed efficacia nella pastorale sociale della Chiesa, il Sinodo ha avvertito il bisogno di un’azione più solidale a tutti i livelli. Sarà bene che le Conferenze episcopali regionali e nazionali come pure l’Assemblea della Gerarchia Cattolica di Egitto (A.H.C.E.) rinnovino il loro impegno di solidarietà collegiale.[157] Ciò implica concretamente una partecipazione tangibile alle attività di queste strutture, sia per quanto riguarda il personale che i mezzi finanziari. La Chiesa testimonierà così quella unità per la quale Cristo ha pregato (cfr Gv 17,20-21).
107. Mi sembra ugualmente auspicabile che i Vescovi si impegnino anzitutto a promuovere e sostenere effettivamente ed affettivamente il Simposio delle Conferenze Episcopali dell’Africa e del Madagascar (S.C.E.A.M.) come struttura continentale di solidarietà e di comunione ecclesiale.[158] È opportuno anche coltivare buone relazioni con la Confederazione delle Conferenze dei Superiori Maggiori dell’Africa e del Madagascar (CO.S.M.A.M.), con le Associazioni delle Università cattoliche e con altre strutture ecclesiali del Continente.
108. Collaboratori prossimi ed indispensabili del Vescovo, i sacerdoti[159] hanno l’incarico di portare avanti l’opera di evangelizzazione. La Seconda Assemblea del Sinodo per l’Africa è stata celebrata nel corso dell’anno che avevo consacrato al sacerdozio, lanciando un particolare appello alla santità. Cari sacerdoti, ricordatevi che la vostra testimonianza di vita pacifica, al di là delle frontiere tribali e razziali, può toccare i cuori.[160] L’appello alla santità ci invita a diventare pastori secondo il cuore di Dio,[161] che fanno pascolare il gregge con giustizia (cfr Ez 34,16). Cedere alla tentazione di trasformarvi in guide politiche[162] o in operatori sociali, sarebbe tradire la vostra missione sacerdotale e non servire la società che attende da voi parole e gesti profetici. Lo diceva già san Cipriano: « Coloro che hanno l’onore del divino sacerdozio […] devono prestare il loro ministero solamente all’altare e al sacrificio e dedicarsi unicamente alla preghiera ».[163]
109. Consacrandovi soprattutto a coloro che il Signore vi affida per formarli alle virtù cristiane e condurli alla santità, voi non solo li guadagnerete alla causa di Cristo, ma ne farete anche i protagonisti di una società africana rinnovata. Dinanzi alla complessità delle situazioni con cui vi dovete confrontare, vi invito ad approfondire la vita di preghiera e la formazione permanente: ciò avvenga sia a livello spirituale che intellettuale. Diventate familiari delle Sacre Scritture, della Parola di Dio che meditate ogni giorno e che spiegate ai fedeli. Approfondite anche la vostra conoscenza del Catechismo, dei documenti del Magistero così come della Dottrina sociale della Chiesa. Sarete così capaci, a vostra volta, di formare i membri della comunità cristiana di cui siete gli immediati responsabili, perché diventino autentici discepoli e testimoni di Cristo.
110. Vivete con semplicità, umiltà e amore filiale l’obbedienza al Vescovo della vostra diocesi. « Per il rispetto di chi ci ha voluto, bisogna obbedire senza alcuna ipocrisia, perché non si inganna il Vescovo visibile, bensì si mente a quello invisibile. Non si parla della carne, ma di Dio che conosce le cose invisibili ».[164] Nel quadro della formazione permanente dei sacerdoti, mi sembra opportuno che siano ripresi e meditati certi documenti, come il Decreto conciliare sul ministero e la vita dei sacerdoti Presbyterorum ordinis, o l’Esortazione apostolica post-sinodale Pastores dabo vobis del 1992, o il Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri del 1994, o anche l’Istruzione: Il sacerdote, pastore e guida della Comunità parrocchiale del 2002.
111. Edificate le comunità cristiane con il vostro esempio vivendo nella verità e nella gioia i vostri impegni sacerdotali: il celibato nella castità e il distacco dai beni materiali. Vissuti con maturità e serenità, questi segni, che sono particolarmente conformi allo stile di vita di Gesù, esprimono « il dono totale ed esclusivo a Cristo, alla Chiesa ed al Regno di Dio ».[165] Impegnatevi intensamente nella messa in opera della pastorale diocesana per la riconciliazione, la giustizia e la pace, soprattutto tramite la celebrazione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia, la catechesi, la formazione dei laici e l’accompagnamento dei responsabili della società. Ogni sacerdote deve potersi sentire felice di servire la Chiesa.
112. Seguire il Cristo sul cammino del sacerdozio richiede di fare delle scelte. Esse non sono sempre facili da vivere. Le esigenze evangeliche, codificate nel corso dei secoli dall’insegnamento del Magistero, appaiono radicali agli occhi del mondo. Talvolta è difficile seguirle, ma non è impossibile. Il Cristo ci insegna che non è possibile servire due padroni (cfr Mt 6,24). Egli certamente fa riferimento al denaro, quel tesoro temporale che può occupare il nostro cuore (cfr Lc 12,34), ma Egli fa anche riferimento agli innumerevoli altri beni che noi possediamo: la nostra vita, la nostra famiglia, la nostra educazione, le nostre relazioni personali, per esempio. Si tratta di beni preziosi e stupendi che sono costitutivi delle nostre persone. Ma il Cristo richiede a colui che chiama di abbandonarsi totalmente alla Provvidenza. Egli domanda una scelta radicale (cfr Mt 7,13-14), che per noi, a volte, è difficile da comprendere e da vivere. Ma se Dio è il nostro vero tesoro – la perla rara da acquistare a qualunque prezzo, anche a costo di grandi sacrifici (cfr Mt 13,45-46) – allora desidereremo che il nostro cuore e il nostro corpo, il nostro spirito e la nostra intelligenza siano solo per Lui. Questo atto di fede ci permetterà di vedere ciò che ci sembra importante con un altro sguardo, e di vivere il rapporto con il nostro corpo e le nostre relazioni umane familiari o di amicizia alla luce della chiamata di Dio e di ciò che esige al servizio della Chiesa. Occorre riflettere su questo in maniera approfondita. Questa riflessione inizierà nei seminari per continuarla durante tutta la vita sacerdotale. Il Cristo, come per incoraggiarci, poiché conosce le forze e le debolezze del nostro cuore, ci dice: « Cercate, invece, anzitutto il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta » (Mt 6,33).
113. I missionari non africani, rispondendo generosamente all’appello del Signore con ardente zelo apostolico, sono venuti a condividere la gioia della Rivelazione. Al loro seguito, degli Africani sono oggi missionari in altri continenti. A questo punto, come non rendere loro un particolare omaggio? I missionari venuti in Africa – sacerdoti, religiosi, religiose e laici – hanno costruito chiese, scuole e dispensari, e hanno contribuito fortemente all’attuale visibilità delle culture africane, ma hanno soprattutto edificato il Corpo di Cristo ed arricchito la dimora di Dio. Essi hanno saputo condividere il sapore del « sale » della Parola e far risplendere la luce dei Sacramenti. E, al di sopra di tutto, hanno dato all’Africa ciò che essi possedevano di più prezioso: il Cristo. Grazie a loro numerose culture tradizionali sono state liberate da paure ancestrali e dagli spiriti immondi (cfr Mt 10,1). Dal buon grano che essi hanno seminato (cfr Mt 13, 24) sono sorti numerosi Santi africani che sono tuttora modelli ai quali bisogna maggiormente ispirarsi. Sarebbe auspicabile che il loro culto fosse ravvivato e promosso. Il loro impegno per la causa del Vangelo si è realizzato talvolta con eroismo, anche a prezzo della loro vita. Una volta ancora si è verificata l’affermazione di Tertulliano: « Il sangue dei martiri è seme di cristiani ».[166] Rendo grazie al Signore per questi Santi e Sante, segni della vitalità della Chiesa in Africa.
114. Incoraggio i Pastori delle Chiese particolari a riconoscere fra i servitori africani del Vangelo coloro che potrebbero essere canonizzati, secondo le norme della Chiesa, non solo per aumentare il numero dei Santi africani, ma anche per ottenere nuovi intercessori in cielo affinché accompagnino la Chiesa nel suo pellegrinaggio terreno ed intercedano presso Dio per il Continente africano. Affido a Nostra Signora d’Africa e ai Santi di questo caro Continente, la Chiesa che vi si trova.
115. La grandezza della chiamata ricevuta dai diaconi permanenti merita di essere sottolineata. Nella fedeltà alla missione ricevuta da secoli, li invito ad operare con umiltà in stretta collaborazione con i Vescovi.[167] Con affetto chiedo loro di continuare a proporre ciò che ci insegna il Cristo nel Vangelo: la serietà nel lavoro ben fatto,[168] la forza morale nel rispetto dei valori, l’onestà, il rispetto della parola data, la gioia di porre la propria pietra per l’edificazione della società e della Chiesa, la protezione della natura, il senso del bene comune. Aiutate la società africana in tutte le sue componenti a valorizzare la responsabilità degli uomini in quanto sposi e padri, a rispettare la donna che è uguale all’uomo in dignità, ad avere cura dei bambini abbandonati a se stessi e senza educazione.
116. Non mancate di prestare una particolare attenzione alle persone malate mentalmente o fisicamente,[169] a quelle che sono più fragili e ai più poveri delle vostre comunità. Che la vostra carità possa farsi creativa! Nella pastorale parrocchiale ricordatevi che una sana spiritualità permette allo spirito di Cristo di liberare l’essere umano perché questi agisca efficacemente nella società. I Vescovi vigileranno per completare la vostra formazione affinché essa contribuisca all’esercizio del vostro carisma.[170] Come santo Stefano, san Lorenzo e san Vincenzo, diaconi e martiri, sforzatevi di riconoscere e di incontrare il Cristo nell’Eucaristia e nei poveri. Questo servizio dell’altare e della carità vi farà amare l’incontro con il Signore presente sull’altare e nei poveri. Allora sarete preparati a dare la vostra vita per Lui fino alla morte.
117. Tramite i voti di castità, povertà ed obbedienza, la vita delle persone consacrate è diventata una testimonianza profetica. Esse possono essere così esempi in materia di riconciliazione, di giustizia e di pace, anche nelle circostanze di forti tensioni.[171] La vita comunitaria manifesta che è possibile vivere come fratelli o come sorelle ed essere uniti, anche là dove le origini etniche e razziali sono diverse (cfr Sal 133,1). Essa può e deve far vedere e far credere che oggi in Africa, coloro che seguono Cristo Gesù trovano in Lui il segreto della gioia del vivere insieme: l’amore vicendevole e la comunione fraterna, quotidianamente consolidati dall’Eucaristia e dalla Liturgia delle Ore.
118. Possiate, cari consacrati, continuare a vivere il vostro carisma con zelo veramente apostolico nei diversi ambiti indicati dai vostri fondatori! Avrete così maggiore cura nel tenere accesa la vostra lampada! I vostri fondatori hanno voluto seguire Cristo in verità, rispondendo alla sua chiamata. Diverse opere che ne sono i frutti, sono gioielli che ornano la Chiesa![172] Occorre dunque svilupparle seguendo il più fedelmente possibile il carisma dei fondatori, il loro pensiero e i loro progetti. Vorrei qui sottolineare il ruolo importante delle persone consacrate nella vita ecclesiale e missionaria. Esse sono un aiuto necessario e prezioso all’attività pastorale, ma anche una manifestazione della natura intima della vocazione cristiana.[173] È per questo che vi invito, care persone consacrate, a rimanere in stretta comunione con la Chiesa particolare e il suo primo responsabile, il Vescovo. Vi invito ugualmente a rafforzare la vostra comunione con il Vescovo di Roma.
119. L’Africa è la culla della vita contemplativa cristiana. Sempre presente nell’Africa del Nord e particolarmente in Egitto e in Etiopia, essa ha messo radici nell’Africa sub-sahariana nell’ultimo secolo. Il Signore benedica gli uomini e le donne che hanno deciso di seguirLo in maniera incondizionata! La loro vita nascosta è come il lievito nella pasta. La loro continua preghiera sosterrà lo sforzo apostolico dei Vescovi, dei sacerdoti, delle altre persone consacrate, dei catechisti e di tutta la Chiesa.
120. Gli incontri delle diverse Conferenze Nazionali dei Superiori Maggiori e quelli della C.O.S.M.A.M. permettono di unire le riflessioni e le forze non solamente per assicurare le finalità di ciascuno degli Istituti, preservando sempre la loro autonomia, il loro carattere e il loro spirito proprio, ma anche per trattare le questioni comuni in un clima di fraternità e solidarietà. È bene coltivare uno spirito ecclesiale assicurando un sano coordinamento e una giusta cooperazione con le Conferenze dei Vescovi.
121. I Padri sinodali hanno riservato una particolare attenzione ai seminaristi. Senza trascurare la formazione teologica e spirituale, evidentemente prioritaria, essi hanno sottolineato l’importanza della crescita psicologica e umana di ogni candidato. I futuri sacerdoti devono sviluppare in sé una giusta comprensione delle proprie culture senza rinchiudersi nei loro limiti etnici e culturali.[174] Essi dovranno ugualmente radicarsi nei valori evangelici per rafforzare il loro impegno nella fedeltà e lealtà verso Cristo. La fecondità della loro futura missione dipenderà molto dalla loro profonda unione a Cristo, dalla qualità della vita di preghiera e della vita interiore, dai valori umani, spirituali e morali che avranno assimilato durante la formazione. Possa ciascun seminarista diventare un uomo di Dio ricercando e vivendo « la giustizia, la pietà, la fede, la carità, la pazienza, la mitezza »
(1 Tm 6,11)!
122. « I seminaristi devono imparare la vita comunitaria in modo tale che la vita fraterna tra di loro, di conseguenza, diventi la sorgente di una autentica esperienza di sacerdozio come intima fraternità sacerdotale ».[175] I direttori e i formatori del seminario lavoreranno insieme, seguendo le indicazioni dei Vescovi, al fine di garantire una formazione integrale ai seminaristi loro affidati. Nella selezione dei candidati, occorrerà procedere a un discernimento accurato e ad un accompagnamento di qualità affinché coloro che saranno ammessi al sacerdozio siano veri discepoli di Cristo ed autentici servitori della Chiesa. Si avrà a cuore di iniziarli alle innumerevoli ricchezze del patrimonio biblico, teologico, spirituale, liturgico, morale e giuridico della Chiesa.
123. Mi sono rivolto ai seminaristi scrivendo loro una Lettera dopo l’Anno sacerdotale che si è concluso nel giugno 2010.[176] In essa ho insistito sull’identità, la spiritualità e l’apostolato del sacerdote. Raccomando vivamente ad ogni seminarista di leggere e di meditare questo breve documento che è destinato a lui personalmente e che i formatori metteranno a sua disposizione. Il seminario è un tempo di preparazione al sacerdozio, un tempo di studio. È un tempo di discernimento, di formazione e di maturazione umana e spirituale. Possano i seminaristi utilizzare intelligentemente questo tempo che viene loro offerto per accumulare delle riserve spirituali e umane dalle quali potranno attingere nel corso della loro vita sacerdotale.
124. Cari seminaristi, siate apostoli presso i giovani della vostra generazione invitandoli a mettersi alla sequela di Cristo nella vita sacerdotale. Non abbiate paura! La preghiera di numerose persone vi accompagna e vi sostiene (cfr Mt 9,37-38).
125. I catechisti sono preziosi operatori pastorali nella missione di evangelizzazione. Il loro ruolo è stato molto importante nella prima evangelizzazione, nell’accompagnamento catecumenale, nell’animazione e nel sostegno delle comunità. « Con naturalezza, essi hanno operato una inculturazione riuscita che ha portato frutti meravigliosi (cfr Mc 4,20). Sono i catechisti che hanno permesso che la “luce risplenda davanti agli uomini” (Mt 5,16), perché vedendo il bene che essi fanno, popolazioni intere hanno potuto rendere gloria al Nostro Padre che è nei cieli. Sono Africani che hanno evangelizzato degli Africani ».[177] Questo ruolo importante nel passato, rimane essenziale per il presente e per il futuro della Chiesa. Li ringrazio per il loro amore alla Chiesa.
126. Esorto i Vescovi e i sacerdoti a prendersi cura della formazione umana, intellettuale, dottrinale, morale, spirituale e pastorale dei catechisti, prestando grande attenzione alle loro condizioni di vita per salvaguardare la loro dignità. Non dimentichino i loro legittimi bisogni materiali,[178] perché l’operaio fedele della vigna del Signore ha diritto ad una giusta retribuzione (cfr Mt 20,1-16), in attesa di quella che il Signore darà in maniera equa, perché Lui solo è giusto e conosce i cuori.
127. Cari catechisti, ricordatevi che, per un gran numero di comunità, voi siete il volto concreto e immediato del discepolo zelante ed il modello della vita cristiana. Vi incoraggio a proclamare, con l’esempio, che la vita familiare merita una grandissima considerazione, che l’educazione cristiana prepara i figli ad essere, nella società, onesti ed affidabili nei loro rapporti con gli altri. Accogliete chiunque, senza discriminazione: poveri e ricchi, autoctoni e stranieri, cattolici e non cattolici (cfr Gc 2,1). Non fate preferenza di persone (cfr At 10,34; Rm 2,11; Gal 2,6; Ef 6,9). Assimilando voi stessi le Sacre Scritture e gli insegnamenti del Magistero, giungerete ad offrire una catechesi solida, ad animare gruppi di preghiera e a proporre la lectio divina alle comunità delle quali avete la cura. La vostra azione diverrà allora coerente, perseverante e sorgente di ispirazione. Evocando con riconoscenza il ricordo glorioso dei vostri predecessori, vi saluto e vi incoraggio ad operare oggi con la stessa abnegazione, lo stesso coraggio apostolico e la stessa fede. Cercando di essere fedeli alla vostra missione, contribuirete non solo alla vostra santità personale, ma anche in modo efficace alla edificazione del Corpo Mistico di Cristo, la Chiesa.
128. Tramite i suoi membri laici, la Chiesa si rende presente e attiva nella vita del mondo. I laici hanno un grande ruolo da svolgere nella Chiesa e nella società. Perché essi possano assumere bene questo ruolo, occorre che nelle diocesi siano organizzate scuole o centri di formazione biblica, spirituale, liturgica e pastorale. Auspico con tutto il cuore che i laici che hanno responsabilità di ordine politico, economico e sociale, si dotino di una solida conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa che offre dei principi di azione conformi al Vangelo. I fedeli laici, infatti, sono « ambasciatori di Cristo » (2 Cor 5,20) nello spazio pubblico, nel cuore del mondo.[179] La loro testimonianza cristiana sarà credibile solo se essi sono professionisti competenti ed onesti.
129. I laici, uomini e donne, sono chiamati anzitutto alla santità e a vivere questa santità nel mondo. Cari fedeli, coltivate con cura la vostra vita interiore e la vostra relazione con Dio, così che lo Spirito Santo vi illumini in ogni circostanza. Affinché la persona umana e il bene comune siano effettivamente al centro dell’azione umana, politica, economica o sociale, unitevi profondamente a Cristo per conoscerlo ed amarlo, consacrando tempo a Dio nella preghiera e accostandovi ai Sacramenti. Lasciatevi illuminare e istruire da Dio e dalla sua Parola.
130. Vorrei tornare sulla particolarità della vita professionale del cristiano. In breve, si tratta di testimoniare Cristo nel mondo mostrando, con l’esempio, che il lavoro può essere un luogo di realizzazione personale molto positivo, e che non è prima di tutto un mezzo di profitto. Il lavoro vi permette di partecipare all’opera della creazione e di essere al servizio dei vostri fratelli e sorelle. Agendo così, voi sarete « il sale della terra » e « la luce del mondo », come ci chiede il Signore. Nella vostra vita quotidiana, praticate l’opzione preferenziale per i poveri, qualunque sia la vostra posizione nella società, secondo lo spirito delle Beatitudini (cfr Mt 5,3-12), per vedere in essi il volto concreto di Gesù che vi chiama a servirlo (cfr
Mt 25,31-46).
131. Può essere utile organizzarsi in associazioni per continuare a formare la vostra coscienza cristiana e sostenervi vicendevolmente nella lotta per la giustizia e per la pace. Le Communautés Ecclésiales Vivantes (CEV) o Small Christian Communities (SCC) e le « Comunità Nuove »[180] sono strutture portanti per alimentare la fiamma viva del vostro Battesimo. Portate anche le vostre competenze nell’animazione delle Università cattoliche, che non cessano di svilupparsi dopo le raccomandazioni dell’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa.[181] Vorrei anche incoraggiarvi ad avere una presenza attiva e coraggiosa nel mondo della politica, della cultura, delle arti, dei media e delle diverse associazioni. Che questa presenza sia senza complessi o vergogna, fiera e consapevole del prezioso contributo che può apportare al bene comune!
CAPITOLO II
PRINCIPALI CAMPI DI APOSTOLATO
132. Il Signore ci ha affidato una missione particolare e non ci ha lasciato sprovvisti di mezzi per compierla. Non solo Egli ha rivestito ciascuno di noi di doni personali per l’edificazione del suo Corpo che è la Chiesa, ma ha affidato anche a tutta la comunità ecclesiale doni particolari per permetterle di continuare la sua missione. Il dono per eccellenza è lo Spirito Santo. È grazie a Lui che noi formiamo un solo corpo ed « è solo nella forza dello Spirito Santo [che] possiamo trovare ciò che è retto e poi attuarlo ».[182] I mezzi sono necessari per permetterci di agire, ma essi rimangono insufficienti se, attraverso « le nostre capacità di pensare, parlare, sentire, agire »,[183] non è Dio stesso che ci dispone a collaborare alla sua opera di riconciliazione. È grazie allo Spirito Santo che noi diventiamo veramente « il sale della terra » e « la luce del mondo » (Mt 5,13.14).
I. LA CHIESA COME PRESENZA DI CRISTO
133. La Chiesa è « in Cristo, come sacramento, cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano ».[184] In quanto comunità di discepoli di Cristo, possiamo rendere visibile e comunicare l’amore di Dio. L’amore « è la luce – in fondo l’unica – che rischiara sempre di nuovo un mondo buio e ci dà il coraggio di vivere e di agire ».[185] Questa realtà diventa manifesta nella Chiesa universale, diocesana, parrocchiale, nelle CEV/SCC,[186] nei movimenti e nelle associazioni, e fin nella famiglia cristiana, « chiamata a essere una “Chiesa domestica”, luogo di fede, di preghiera e di preoccupazione amorevole per il bene vero e duraturo di ciascuno dei propri membri »,[187] una comunità dove si vive il segno della pace.[188] Le CEV/SCC, i movimenti e le associazioni possono essere luoghi propizi, all’interno delle parrocchie, per accogliere e vivere il dono della riconciliazione offerta da Cristo, nostra pace. Ogni membro della comunità deve diventare il custode dell’altro: è uno dei significati del gesto della pace nella Celebrazione dell’Eucaristia.[189]
134. Le scuole cattoliche sono preziosi strumenti per imparare a tessere nella società, sin dall’infanzia, legami di pace e di armonia mediante l’educazione ai valori africani assunti da quelli del Vangelo. Incoraggio i Vescovi e gli Istituti di persone consacrate a operare affinché i bambini in età scolare possano frequentare una scuola: è una questione di giustizia per ogni bambino e, molto più, ne dipende l’avvenire dell’Africa. I cristiani, i giovani in particolare, si dedichino alle scienze dell’educazione per trasmettere un sapere impregnato di verità, un saper fare e un saper essere animati da una coscienza cristiana formata alla luce dell’insegnamento sociale della Chiesa. Si dovrebbe prestare attenzione anche ad assicurare una giusta remunerazione al personale delle istituzioni educative della Chiesa e all’insieme del personale delle strutture ecclesiali per rafforzare la credibilità della Chiesa.
135. Nell’attuale contesto di grande mescolanza di popolazioni, di culture e di religioni, il ruolo delle università e delle istituzioni accademiche cattoliche è essenziale alla ricerca paziente, rigorosa e umile della luce che viene dalla Verità. Solo una verità che trascende la misura umana, condizionata da limiti, pacifica le persone e riconcilia le società tra loro. A tal fine, è opportuno creare nuove università cattoliche dove non esistono ancora. Cari fratelli e sorelle impegnati nelle università e nelle istituzioni accademiche cattoliche, a voi il compito, da una parte, di educare l’intelligenza e lo spirito delle giovani generazioni alla luce del Vangelo e, dall’altra, di aiutare le società africane a comprendere meglio le sfide con cui l’Africa si confronta oggi, offrendo la luce necessaria con le vostre ricerche e le vostre analisi.
136. La missione affidata dall’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa alle istituzioni universitarie cattoliche conserva tutta la sua pertinenza. Il mio beato Predecessore ha scritto: « Le Università e gli Istituti superiori cattolici in Africa svolgono un ruolo importante nella proclamazione della Parola salvifica di Dio. Sono un segno della crescita della Chiesa in quanto integrano nelle loro ricerche le verità e le esperienze della fede, ed aiutano ad interiorizzarle. Questi centri di studio sono così a servizio della Chiesa, fornendole personale ben preparato; studiando importanti questioni teologiche e sociali; sviluppando la teologia africana; promuovendo il lavoro d’inculturazione […]; pubblicando libri e diffondendo il pensiero cattolico; intraprendendo le ricerche loro affidate dai Vescovi e contribuendo ad uno studio scientifico delle culture […]. I centri culturali cattolici offrono alla Chiesa singolari possibilità di presenza e di azione nel campo dei mutamenti culturali. In effetti, essi costituiscono dei forum pubblici che permettono una larga diffusione, mediante il dialogo creativo, delle convinzioni cristiane sull’uomo, sulla donna, sulla famiglia, sul lavoro, sull’economia, sulla società, sulla politica, sulla vita internazionale, sull’ambiente. Essi sono così luoghi d’ascolto, di rispetto e di tolleranza ».[190] I Vescovi vigileranno affinché queste istituzioni universitarie conservino la loro natura cattolica, assumendo sempre orientamenti fedeli all’insegnamento del Magistero della Chiesa.
137. Per apportare un contributo forte e qualificato alla società africana, è indispensabile proporre agli studenti una formazione alla Dottrina sociale della Chiesa. Ciò aiuterà così la Chiesa in Africa a preparare, con serenità, una pastorale che raggiunga l’essere dell’Africano e lo riconcili con se stesso nell’adesione a Cristo. Ai Vescovi spetta, ancora una volta, di sostenere una pastorale dell’intelligenza e della ragione che crea l’abitudine di un dialogo razionale e di un’analisi critica nella società e nella Chiesa. A Yaoundé avevo detto: « Questo secolo permetterà forse, con la grazia di Dio, la rinascita, nel vostro Continente, ma certamente sotto una forma diversa e nuova, della prestigiosa Scuola di Alessandria. Perché non sperare che essa possa fornire agli Africani di oggi e alla Chiesa universale grandi teologi e maestri spirituali che potrebbero contribuire alla santificazione degli abitanti di questo Continente e della Chiesa intera? ».[191]
138. È bene che i Vescovi sostengano le cappellanie all’interno delle università e delle istituzioni educative della Chiesa, e ne creino nelle strutture educative pubbliche. La cappella ne sarà come il cuore. Permetterà allo studente di incontrare Dio e di mettersi sotto il suo sguardo. Permetterà ugualmente al cappellano, che sarà scelto con cura per le sue virtù sacerdotali, di esercitare il suo ministero pastorale d’insegnamento e di santificazione.
139. La Chiesa in ogni epoca si è preoccupata della salute. L’esempio viene da Cristo stesso che, dopo aver proclamato la Parola e guarito i malati, ha affidato ai suoi discepoli la stessa autorità affinché essi guariscano « ogni malattia e ogni infermità » (Mt 10,1; cfr 14,35; Mc 1,32.34; 6,13.55). È questa stessa cura dei malati che la Chiesa, attraverso le sue istituzioni sanitarie, continua a manifestare ai sofferenti. Come hanno sottolineato i Padri sinodali, la Chiesa è risolutamente impegnata nella lotta contro le infermità, le malattie e le grandi pandemie.[192]
140. Le istituzioni sanitarie della Chiesa e tutte le persone che vi lavorano a diverso titolo si sforzino di vedere in ogni malato un membro sofferente del Corpo di Cristo. Difficoltà di ogni genere sorgono sul vostro cammino: il numero crescente di malati, l’insufficienza dei mezzi materiali e finanziari, la defezione degli organismi che vi hanno lungamente sostenuto e vi abbandonano, tutto questo vi dà a volte l’impressione di un lavoro senza risultati tangibili. Cari operatori sanitari, siate portatori dell’amore compassionevole di Gesù alle persone che soffrono! Siate pazienti, siate forti e abbiate coraggio! Per quanto riguarda le pandemie, i mezzi finanziari e materiali sono indispensabili, ma applicatevi anche senza sosta a informare e formare la popolazione e soprattutto i giovani.[193]
141. Occorre che le istituzioni sanitarie siano amministrate secondo le regole etiche della Chiesa, assicurando i servizi in conformità con il suo insegnamento ed esclusivamente a favore della vita. Esse non divengano una fonte d’arricchimento per i privati. La gestione dei fondi concessi deve avere di mira la trasparenza e servire soprattutto il bene del malato. Infine ogni istituzione sanitaria dovrà avere una cappella. La sua presenza ricorderà al personale (direzione, funzionari, medici e infermieri…) e al malato che Dio solo è il Signore della vita e della morte. Nello stesso tempo conviene moltiplicare, nella misura del possibile, i piccoli dispensari che assicurano cure sul territorio e di primo soccorso.
IV. IL MONDO DELL'INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE
142. L’Esortazione apostolica Ecclesia in Africa considerava che i moderni media non sono soltanto strumenti di comunicazione, ma anche un mondo da evangelizzare.[194] Essi devono offrire una comunicazione autentica, che è una priorità in Africa, in quanto sono una leva importante per lo sviluppo del Continente[195] e per l’evangelizzazione. I «media possono costituire un valido aiuto per far crescere la comunione della famiglia umana e l’ethos delle società, quando diventano strumenti di promozione dell’universale partecipazione nella comune ricerca di ciò che è giusto».[196]
143. Tutti sappiamo che le nuove tecnologie d’informazione possono diventare potenti strumenti di coesione e di pace o anche fattori efficaci di distruzione e di divisione. Essi possono giovare o nuocere sul piano morale, propagare il vero come il falso, proporre il brutto come il bello. La massa di notizie o di contro-notizie, così come la massa di immagini può essere interessante come pure può condurre a una forte manipolazione. L’informazione può diventare molto facilmente disinformazione, e la formazione una deformazione. I media possono promuovere un’autentica umanizzazione, ma possono al contempo comportare una disumanizzazione.
144. I media eviteranno questo scoglio se essi « sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispecchi le valenze universali. I mezzi di comunicazione sociale non favoriscono la libertà né globalizzano lo sviluppo e la democrazia per tutti semplicemente perché moltiplicano le possibilità di interconnessione e di circolazione delle idee. Per raggiungere simili obiettivi bisogna che essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale ».[197]
145. La Chiesa deve essere maggiormente presente nei media al fine di renderli non soltanto strumento di diffusione del Vangelo ma anche un mezzo utile per la formazione dei popoli africani alla riconciliazione nella verità, alla promozione della giustizia e alla pace. Perciò una solida formazione dei giornalisti all’etica e al rispetto della verità li aiuterà a evitare l’attrattiva del sensazionale, così come la tentazione della manipolazione dell’informazione e del guadagno facile. I giornalisti cristiani non abbiano paura di manifestare la loro fede. Ne siano fieri. È bene ugualmente incoraggiare la presenza e l’attività di fedeli laici competenti nel mondo delle comunicazioni pubbliche e private. Come il lievito nella pasta, continueranno a rendere testimonianza del contributo positivo e costruttivo che l’insegnamento di Cristo e della sua Chiesa apporta al mondo.
146. Inoltre, la scelta fatta dalla prima Assemblea Speciale per l’Africa di considerare la comunicazione come un elemento portante dell’evangelizzazione si è dimostrata fruttuosa per lo sviluppo dei media cattolici. Forse converrebbe anche coordinare le strutture esistenti come si fa già in alcuni luoghi. Migliorare in tal modo l’utilizzo dei mezzi di comunicazione sociale contribuirà a una maggiore promozione dei valori difesi dal Sinodo: la pace, la giustizia e la riconciliazione in Africa,[198] e permetterà a questo Continente di partecipare allo sviluppo attuale del mondo.
CAPITOLO III
« ÀLZATI, PRENDI LA TUA BARELLA E CAMMINA! »
(Gv 5,8)
I. L’INSEGNAMENTO DI GESÙ ALLA PISCINA DI BETZATÀ
147. Cari fratelli nell’episcopato, cari figli e figlie d’Africa, dopo aver passato in rassegna le principali azioni ed alcuni mezzi proposti dalla Seconda Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi per l’adempimento della missione della Chiesa, desidero ritornare su alcuni punti che sono stati accennati precedentemente in modo generale.
148. Il Vangelo di san Giovanni ci presenta al capitolo 5 una scena che colpisce, presso la piscina di Betzatà. « Sotto [i portici] giaceva un grande numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici [che attendevano l’agitarsi dell’acqua] » (v. 3), cioè l’occasione per la guarigione. Tra di essi si trovava « un uomo che da trentotto anni era malato » (v. 5), ma che non aveva nessuno che l’aiutasse ad immergersi nella piscina. Ed ecco che Gesù entra nella sua vita. Tutto cambia dal momento in cui Gesù gli dice: « Alzati, prendi la tua barella e cammina! » (v. 8). « E all’istante – dice l’evangelista – quell’uomo guarì » (v. 9). Non aveva più bisogno dell’acqua della piscina.
149. L’accoglienza di Gesù offre all’Africa una guarigione più efficace e più profonda di tutte le altre. Come l’apostolo Pietro ha dichiarato negli Atti degli Apostoli (3,6), ripeto che non è né d’oro, né d’argento che l’Africa ha bisogno innanzitutto; essa desidera mettersi in piedi come l’uomo della piscina di Betzatà; desidera aver fiducia in se stessa, nella sua dignità di popolo amato dal suo Dio. È dunque questo incontro con Gesù che la Chiesa deve offrire ai cuori lacerati e feriti, desiderosi ardentemente di riconciliazione e di pace, assetati di giustizia. Dobbiamo offrire e annunciare la Parola di Cristo che guarisce, libera e riconcilia.
II. LA PAROLA DI DIO E I SACRAMENTI
A. Le Sacre Scritture
150. Secondo San Girolamo « l’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo ».[199] La lettura e la meditazione della Parola di Dio ci dona non soltanto « la sublimità della conoscenza di Cristo Gesù » (Fil 3,8), ma inoltre ci radica più profondamente in Cristo e orienta il nostro servizio di riconciliazione, di giustizia e di pace. La celebrazione dell’Eucaristia, di cui la prima parte è la liturgia della Parola, ne costituisce la fonte e il culmine. Raccomando perciò che l’apostolato biblico venga promosso in ogni comunità cristiana, nella famiglia e nei movimenti ecclesiali.
151. Ogni fedele di Cristo acquisisca l’abitudine della lettura quotidiana della Bibbia! Una lettura attenta della recente Esortazione apostolica Verbum Domini fornirà utili indicazioni pastorali. Si presti attenzione dunque nell’iniziare i fedeli alla venerabile e fruttuosa tradizione della lectio divina. È la Parola di Dio che può aiutare nella conoscenza di Gesù Cristo e operare le conversioni che conducono alla riconciliazione, perché essa vaglia « i sentimenti e i pensieri del cuore » (Eb 4,12). I Padri Sinodali incoraggiano le comunità cristiane parrocchiali, le CEV/SCC, le famiglie, le associazioni e i movimenti ecclesiali a momenti di condivisione della Parola di Dio.[200] Essi diverranno così anzitutto luoghi dove la Parola di Dio, che edifica la comunità dei discepoli di Cristo, è letta insieme, meditata e celebrata. Questa Parola continuamente rigenera la comunione fraterna (cfr
1 Pt 1,22-25).
B. L’Eucaristia
152. Per edificare una società riconciliata, giusta e pacifica, il mezzo più efficace è una vita di intima comunione con Dio e con gli altri. In effetti, intorno alla mensa del Signore sono riuniti uomini e donne di origine, di cultura, di razza, di lingua e di etnia differenti. Essi formano una sola e identica unità grazie al Corpo e al Sangue di Cristo. Attraverso il Cristo-Eucaristia, diventano consanguinei e dunque autenticamente fratelli e sorelle, grazie alla Parola, al Corpo e al Sangue di Gesù Cristo stesso. Tale legame di fraternità è più forte di quello delle nostre famiglie umane, di quello delle nostre tribù. « Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli » (Rm 8,29). L’esempio di Gesù li rende capaci di amarsi, di donare la vita gli uni per gli altri, in quanto l’amore con cui ciascuno è amato deve comunicarsi nei fatti e nella verità.[201] È dunque indispensabile celebrare in comunità la domenica, Giorno del Signore, come anche le feste di precetto.
153. Non desidero fare qui un’esposizione teo-logica sull’Eucaristia. Nell’Esortazione apostolica postsinodale Sacramentum caritatis ne ho delineato i grandi tratti. Esorto, qui, tutta la Chiesa in Africa ad aver cura in modo particolare della celebrazione dell’Eucaristia, memoriale del Sacrificio di Cristo Gesù, segno di unità e vincolo di carità, banchetto pasquale e pegno della vita eterna. L’Eucaristia dev’essere celebrata con dignità e bellezza seguendo le norme stabilite. L’Adorazione eucaristica, personale e comunitaria, permetterà di approfondire questo grande mistero. In questa prospettiva, potrebbe essere celebrato un Congresso eucaristico continentale. Esso sosterrebbe lo sforzo dei cristiani nella loro cura di testimoniare i valori fondamentali di comunione in tutte le società africane.[202]
154. Affinché il mistero eucaristico sia rispettato, i Padri sinodali ricordano che le chiese e le cappelle sono luoghi sacri, da riservare unicamente alle celebrazioni liturgiche, evitando, per quanto possibile, che esse diventino semplici spazi di socializzazione o spazi culturali. Conviene promuovere la loro funzione primaria che è quella di essere luogo privilegiato di incontro tra Dio e il suo popolo, tra Dio e la sua creatura fedele. Conviene inoltre avere cura che l’architettura degli edifici di culto sia degna del mistero celebrato e conforme alla legislazione ecclesiastica e allo stile locale. Queste costruzioni devono essere fatte sotto la responsabilità dei Vescovi, dopo aver sentito il parere di persone competenti in liturgia e in architettura. Che si possa dire, quando se ne varca la soglia: « Certo il Signore è in questo luogo […] Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo » (Gen 28,16-17)! Questi luoghi raggiungeranno altresì la loro finalità se sono un aiuto alla comunità, rigenerata nell’Eucaristia e negli altri Sacramenti, per prolungare la celebrazione nella vita sociale perpetuando l’esempio stesso di Cristo (cfr Gv 13,15).[203] Questa « coerenza eucaristica »[204] interpella ogni coscienza cristiana (cfr 1 Cor 11,17-34).
C. La Riconciliazione
155. Per aiutare le società africane a guarire dalle ferite della divisione e dell’odio, i Padri sinodali invitano la Chiesa a ricordarsi che essa porta nel suo seno le stesse ferite e amarezze. Quindi ha bisogno che il Signore la guarisca perché attesti in maniera credibile che il Sacramento della Riconciliazione sana e guarisce i cuori feriti. Tale Sacramento rinnova i legami infranti tra la persona umana e Dio e restaura i legami nella società. Educa anche i nostri cuori e le nostre menti affinché impariamo a vivere « concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili » (1 Pt 3,8).
156. Ricordo l’importanza della confessione individuale, che nessun altro atto di riconciliazione o alcun’altra paraliturgia può sostituire. Incoraggio, perciò, tutti i fedeli della Chiesa, clero, persone consacrate e laici, a ridare il suo vero posto al Sacramento della Riconciliazione nella sua duplice dimensione personale e comunitaria.[205] Le comunità che non hanno sacerdoti, a causa delle distanze o per altre ragioni, possono vivere il carattere ecclesiale della penitenza e della riconciliazione attraverso forme non sacramentali. I cristiani in situazione d’irregolarità possono unirsi così al cammino penitenziale della Chiesa. Come hanno indicato i Padri sinodali, la forma non sacramentale può essere considerata come un mezzo di preparazione dei fedeli a una recezione fruttuosa del Sacramento,[206] ma non potrà diventare una norma abituale, e ancor meno sostituire il Sacramento stesso. Esorto con tutto il cuore i sacerdoti a vive-re questo Sacramento personalmente, e a rendersi veramente disponibili per la sua celebrazione.
157. Per incoraggiare la riconciliazione, a titolo comunitario, raccomando vivamente, come hanno auspicato i Padri sinodali, di celebrare ogni anno in ogni Paese africano « un giorno o una settimana di riconciliazione, particolarmente durante l’Avvento o la Quaresima ».[207] Il S.C.E.A.M. potrà contribuire alla sua realizzazione e, in accordo con la Santa Sede, promuovere un Anno della riconciliazione a livello continentale per chiedere a Dio un perdono speciale per tutti i mali e le ferite che gli esseri umani si sono inflitti gli uni gli altri in Africa, e affinché si riconcilino le persone e i gruppi che sono stati offesi nella Chiesa e nell’insieme della società.[208] Si tratterebbe di un Anno giubilare straordinario « durante il quale la Chiesa in Africa e nelle isole adiacenti rende grazie con la Chiesa universale e prega per ricevere i doni dello Spirito Santo »,[209] specialmente il dono della riconciliazione, della giustizia e della pace.
158. Per tali celebrazioni sarà utile seguire il consiglio dei Padri sinodali: « La memoria dei grandi testimoni che hanno donato la loro vita al servizio del Vangelo e del bene comune o per la difesa della verità e dei diritti umani sia conservata e ricordata fedelmente ».[210] A tal riguardo, i Santi sono le vere stelle della nostra vita, « che hanno saputo vivere rettamente. Esse sono luci di speranza. Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia, il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia. Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine – di persone che donano luce traendola dalla sua luce ed offrono così orientamento per la nostra traversata ».[211]
III. LA NUOVA EVANGELIZZAZIONE
159. Prima di concludere questo documento, desidero ritornare nuovamente sul compito della Chiesa in Africa che è quello di impegnarsi nell’evangelizzazione, nella missio ad gentes, come pure nella nuova evangelizzazione, affinché la fisionomia del Continente africano si modelli ogni giorno di più sull’insegnamento sempre attuale di Cristo, vera « luce del mondo » e autentico « sale della terra ».
A. Portatori di Cristo « luce del mondo »
160. L’opera urgente dell’evangelizzazione si realizza in maniera differente, secondo la diversità delle situazioni di ciascun Paese. « In senso proprio c’è la missio ad gentes verso coloro che non conoscono Cristo. In senso lato, si parla di “evangelizzazione” per l’aspetto ordinario della pastorale, e di “nuova evangelizzazione” verso coloro che non seguono più la prassi cristiana ».[212] Solo l’evangelizzazione che è animata dalla forza dello Spirito Santo diviene la « legge nuova del Vangelo » e porta frutti spirituali.[213] Il cuore di ogni attività evangelizzatrice è l’annuncio della Persona di Gesù, il Verbo di Dio incarnato (cfr Gv 1,14), morto e risorto, presente per sempre nella comunità dei fedeli, nella sua Chiesa (cfr Mt 28,20). Si tratta di un compito urgente non soltanto per l’Africa, ma per il mondo intero, in quanto la missione che Cristo redentore ha affidato alla sua Chiesa non ha ancora raggiunto la piena realizzazione.
161. Il « Vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio » (Mc 1,1) è la via sicura per incontrare la Persona del Signore Gesù. Scrutare le Scritture ci permette di scoprire sempre più il suo vero volto, rivelazione di Dio Padre (cfr Gv 12,45), e la sua opera di salvezza. « Riscoprire la centralità della divina Parola nella vita cristiana ci fa ritrovare così il senso più profondo di quanto il Papa Giovanni Paolo II ha richiamato con forza: continuare la missio ad gentes e intraprendere con tutte le forze la nuova evangelizzazione ».[214]
162. Guidata dallo Spirito Santo, la Chiesa in Africa deve annunciare – vivendolo – il mistero di salvezza a quelli che ancora non lo conoscono. Lo Spirito Santo, che i cristiani hanno ricevuto nel Battesimo, è il fuoco d’amore che spinge all’azione evangelizzatrice. Dopo la Pentecoste, i discepoli, « colmati di Spirito Santo » (At 2,4), sono usciti dal Cenacolo, dove per paura si erano rinchiusi, per proclamare la Buona Notizia di Gesù Cristo. L’avvenimento della Pentecoste ci permette di comprendere meglio la missione dei cristiani, « luce del mondo » e « sale della terra » nel Continente africano. Ciò che è proprio della luce è diffondersi e rischiarare i numerosi fratelli e sorelle che sono ancora nelle tenebre. La missio ad gentes impegna tutti i cristiani dell’Africa. Animati dallo Spirito, essi devono essere portatori di Gesù Cristo, « luce del mondo », in tutto il Continente, in tutti gli ambiti della vita personale, familiare e sociale. I Padri sinodali hanno sottolineato « l’urgenza e la necessità dell’evangelizzazione che è la missione e la vera identità della Chiesa ».[215]
B. Testimoni di Cristo Risorto
163. Il Signore Gesù esorta ancor oggi i cristiani d’Africa a predicare nel suo nome « a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati » (Lc 24,47). Perciò essi sono chiamati a essere testimoni del Signore risorto (cfr Lc 24,48). I Padri sinodali hanno sottolineato che l’evangelizzazione « consiste essenzialmente nel rendere testimonianza a Cristo nella potenza dello Spirito, attraverso la vita, poi per mezzo della parola, in uno spirito di apertura agli altri, di rispetto e di dialogo con loro, attenendosi ai valori del Vangelo »[216]. Per quanto riguarda la Chiesa in Africa, questa testimonianza dev’essere al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.
164. L’annuncio del Vangelo deve ritrovare l’ardore degli inizi dell’evangelizzazione del Continente africano, attribuita all’evangelista Marco, seguito da una « schiera innumerevole di Santi, di Martiri, di Confessori e di Vergini ».[217] Con gratitudine, occorre mettersi alla scuola dell’entusiasmo di numerosi missionari, che durante molti secoli hanno sacrificato la vita per portare la Buona Notizia ai loro fratelli e sorelle africani. Nel corso di questi ultimi anni, la Chiesa ha commemorato in diversi Paesi il centenario dell’evangelizzazione. Essa si è giustamente impegnata a diffondere il Vangelo tra coloro che non conoscono ancora il nome di Gesù Cristo.
165. Affinché questo sforzo divenga ogni giorno più efficace, la missio ad gentes deve andare di pari passo con la nuova evangelizzazione. Anche in Africa, le situazioni che richiedono una nuova presentazione del Vangelo, « nuova nel suo ardore, nei suoi metodi e nelle sue espressioni »,[218] non sono rare. In particolare, la nuova evangelizzazione deve integrare la dimensione intellettuale della fede nell’esperienza viva dell’incontro con Gesù Cristo presente e operante nella comunità ecclesiale, perché all’origine del fatto di essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea, ma l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dona alla vita un nuovo orizzonte e perciò il suo orientamento decisivo. La catechesi deve dunque integrare la parte teorica, costituita da nozioni imparate a memoria, con quella pratica, vissuta a livello liturgico, spirituale, ecclesiale, culturale e caritativo, affinché il seme della Parola di Dio, caduto su un terreno fertile, metta radici profonde e possa crescere e giungere a maturazione.
166. Perché questo accada, è indispensabile impiegare nuovi metodi che oggi sono a nostra disposizione. Quando si tratta dei mezzi di comunicazione sociale, di cui ho già parlato, non bisogna dimenticare quanto ho sottolineato recentemente nell’Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini: « San Tommaso d’Aquino, menzionando Sant’Agostino, insiste con forza: “Anche la lettera del Vangelo uccide se manca l’interiore grazia della fede che sana” ».[219] Coscienti di questa esigenza, bisogna sempre ricordare che nessun mezzo può e deve sostituirsi al contatto personale, all’annuncio verbale, come pure alla testimonianza di una vita cristiana autentica. Questo contatto personale e questo annuncio verbale devono esprimere la fede viva che impegna e trasforma l’esistenza, e l’amore di Dio che raggiunge e tocca ciascuno così com’è.
C. Missionari alla sequela di Cristo
167. La Chiesa che cammina in Africa è chiamata a contribuire alla nuova evangelizzazione anche nei Paesi secolarizzati, da cui provenivano in passato numerosi missionari e che oggi mancano, purtroppo, di vocazioni sacerdotali e alla vita consacrata. Nel frattempo, un grande numero di Africani e di Africane hanno accolto l’invito del padrone della messe (cfr Mt 9,37-38) a lavorare nella sua vigna (cfr Mt 20,1-16). Senza sminuire lo slancio missionario ad gentes nei diversi Paesi, come pure nel Continente intero, i Vescovi dell’Africa devono accogliere con generosità la richiesta dei loro confratelli dei Paesi che mancano di vocazioni e venire in aiuto ai fedeli privi di sacerdoti. Questa collaborazione, che dev’essere regolamentata attraverso accordi tra la Chiesa che invia e quella che riceve, diventa un segno concreto di fecondità della missio ad gentes. Benedetta dal Signore, Buon Pastore (cfr Gv 10,11-18), essa sostiene anche in modo prezioso la nuova evangelizzazione nei Paesi di antica tradizione cristiana.
168. L’annuncio della Buona Novella fa nascere nella Chiesa nuove espressioni, adeguate alle necessità dei tempi, delle culture, e alle attese degli uomini. Lo Spirito Santo non manca di suscitare anche in Africa uomini e donne che, riuniti in diverse associazioni, movimenti e comunità, consacrano la loro vita alla diffusione del Vangelo di Gesù Cristo. Secondo l’esortazione dell’Apostolo delle genti – « non spegnete lo Spirito, non disprezzate le profezie. Vagliate ogni cosa e tenete ciò che è buono. Astenetevi da ogni specie di male » (1 Ts 5,19-22) – i Pastori hanno il dovere di vegliare affinché queste nuove espressioni della perenne fecondità del Vangelo si inseriscano nell’azione pastorale delle parrocchie e delle diocesi.
169. Cari fratelli e sorelle, alla luce del tema della Seconda Assemblea Speciale per l’Africa, la nuova evangelizzazione concerne, in particolare, il servizio della Chiesa in vista della riconciliazione, della giustizia e della pace. Di conseguenza, è necessario accogliere la grazia dello Spirito Santo che ci invita: « Lasciatevi riconciliare con Dio » (2 Cor 5,20). I cristiani dunque sono tutti invitati a riconciliarsi con Dio. Allora, voi sarete in grado di diventare artefici della riconciliazione in seno alle comunità ecclesiali e sociali nelle quali vivete e operate. La nuova evangelizzazione suppone la riconciliazione dei cristiani con Dio e con se stessi. Essa esige la riconciliazione col prossimo, il superamento di ogni tipo di barriera, come quelle della lingua, della cultura e della razza. Siamo tutti figli di un solo Dio e Padre che « fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti » (Mt 5,45).
170. Dio benedirà un cuore riconciliato, accordandogli la sua pace. Il cristiano diventerà così un artefice di pace (cfr Mt 5,9) nella misura in cui, radicato nella grazia divina, collabora con il suo Creatore alla costruzione e alla promozione del dono della pace. Il fedele riconciliato diventerà anche promotore della giustizia in ogni luogo, soprattutto nelle società africane divise, in preda alla violenza e alla guerra, che hanno fame e sete della vera giustizia. Il Signore ci invita: « Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta » (Mt 6,33).
171. La nuova evangelizzazione è un compito urgente per i cristiani in Africa, perché anch’essi devono rianimare il loro entusiasmo di appartenere alla Chiesa. Sotto l’ispirazione dello Spirito del Signore risorto, essi sono chiamati a vivere, a livello personale, familiare e sociale, la Buona Novella e ad annunciarla con rinnovato zelo alle persone vicine e lontane, impiegando per la sua diffusione i nuovi metodi che la Provvidenza divina mette a nostra disposizione. Lodando Dio Padre per le meraviglie che continua a compiere nella sua Chiesa in ciascuno dei suoi membri, i fedeli sono invitati a vivificare la loro vocazione cristiana nella fedeltà alla viva Tradizione ecclesiale. Aperti all’ispirazione dello Spirito Santo, che continua a suscitare diversi carismi nella Chiesa, i cristiani devono proseguire o intraprendere con determinazione il cammino della santità per diventare ogni giorno di più apostoli della riconciliazione, della giustizia e della pace.
CONCLUSIONE:
« CORAGGIO! ALZATI, TI CHIAMA »
(Mc 10,49)
172. Cari fratelli e sorelle, l’ultima parola del Sinodo è stata un appello alla speranza, lanciato all’Africa. Tale appello sarà vano se non si radica nell’amore trinitario. Da Dio, Padre di tutti, noi riceviamo la missione di trasmettere all’Africa l’amore con cui ci ha amato Cristo, il Figlio primogenito, affinché la nostra azione, animata dal suo Spirito Santo, sia sostenuta dalla speranza e, nello stesso tempo, diventi fonte di speranza. Desiderando facilitare l’attuazione degli orientamenti del Sinodo su temi così scottanti quali sono la riconciliazione, la giustizia e la pace, auspico che i « teologi continuino a esplorare la profondità del mistero trinitario e il suo significato per l’oggi africano ».[220] Poiché la vocazione di ogni uomo è unica, non lasciamo che si spenga in noi lo slancio vitale della riconciliazione dell’umanità con Dio attraverso il mistero della nostra salvezza in Cristo. La redenzione è la ragione dell’affidabilità e della fermezza della nostra speranza « in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche se faticoso, può essere vissuto e accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino ».[221]
173. Lo ribadisco: « Alzati, Chiesa in Africa […] perché ti chiama il Padre celeste, che i tuoi antenati invocavano come Creatore prima di conoscerne la vicinanza misericordiosa, rivelata nel suo Figlio unigenito, Gesù Cristo. Intraprendi il cammino di una nuova evangelizzazione con il coraggio che proviene dallo Spirito Santo ».[222]
174. Il volto dell’evangelizzazione assume oggi il nome di riconciliazione, « condizione indispensabile per instaurare in Africa rapporti di giustizia tra gli uomini e per costruire una pace equa e duratura nel rispetto di ogni individuo e di tutti i popoli; una pace che […] si apre all’apporto di tutte le persone di buona volontà al di là delle rispettive appartenenze religiose, etniche, linguistiche, culturali e sociali ».[223] La Chiesa cattolica tutta intera accompagni col suo affetto i fratelli e le sorelle del Continente africano! I Santi dell’Africa li sostengano attraverso la loro preghiera di intercessione![224]
175. « Il buon padrone di casa, san Giuseppe, che personalmente conosce bene che cosa significhi il ponderare, in atteggiamento di sollecitudine e di speranza, le vie future della famiglia, [e che] ci ha ascoltati con amore e ci ha accompagnato fin dentro il Sinodo stesso »,[225] protegga e accompagni la Chiesa nella sua missione al servizio dell’Africa, terra dove egli trovò, per la Santa Famiglia, rifugio e protezione (cfr Mt 2,13-15)! La Beata Vergine Maria, Madre del Verbo di Dio e Nostra Signora d’Africa, continui ad accompagnare tutta la Chiesa con la sua intercessione e i suoi inviti a fare tutto ciò che ci dirà suo Figlio (cfr Gv 2,5)! La preghiera di Maria, Regina della Pace, il cui cuore è sempre orientato alla volontà di Dio, sostenga ogni impegno di conversione, consolidi ogni iniziativa di riconciliazione, e renda efficace ogni sforzo in favore della pace in un mondo che ha fame e sete di giustizia (cfr Mt 5,6).[226]
176. Cari fratelli e sorelle, mediante la Seconda Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, il Signore, buono e misericordioso, vi ricorda in modo pressante che «siete il sale della terra… la luce del mondo» (Mt 5,13.14). Possano queste parole richiamarvi la dignità della vostra vocazione di figli di Dio, membri della Chiesa una, santa, cattolica e apostolica! Questa vocazione consiste nel diffondere in un mondo spesso immerso nel buio il chiarore del Vangelo, lo splendore di Gesù Cristo, vera luce che «illumina ogni uomo» (Gv 1,9). Inoltre, i cristiani devono offrire agli uomini il gusto di Dio Padre, la gioia della sua presenza creatrice nel mondo. Essi sono anche chiamati a collaborare con la grazia dello Spirito Santo, affinché il miracolo della Pentecoste prosegua nel Continente africano e ciascuno diventi sempre più un apostolo della riconciliazione, della giustizia e della pace.
177. Possa la Chiesa cattolica in Africa essere sempre uno dei polmoni spirituali dell’umanità, e diventare ogni giorno di più una benedizione per il nobile Continente africano e per il mondo intero.
Dato a Ouidah, in Benin, il 19 novembre, dell’anno 2011, settimo del mio Pontificato
BENEDICTUS PP. XVI
[1] Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 1: AAS 88 (1996), 5.
[2] Cfr I Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Messaggio finale (6 maggio 1994), 24-25; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 63: AAS 88 (1996), 39-40.
[3] Cfr II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Propositio 1.
[4] Cfr Propositio 2.
[5] Benedetto XVI, Discorso al Consiglio Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (Yaoundé, 19 marzo 2009): AAS 101 (2009), 310.
[6] Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 63: AAS 88 (1996), 39-40.
[7] Cfr n. 92: AAS 88 (1996), 57-58; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11; Decr. sull’apostolato dei laici Apostolicam actuositatem, 11; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 21: AAS 74 (1982), 104-106.
[8] Cfr n. 63: AAS 88 (1996), 39-40.
[9] Quis dives salvetur, 29: PG 9, 633.
[10] Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (21 dicembre 2009): AAS 102 (2010), 35.
[11] N. 79: AAS 88 (1996), 51.
[12] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 1: AAS 101 (2009), 641.
[13] Id., Omelia nella Messa di apertura della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (4 ottobre 2009): AAS 101 (2009), 907.
[14] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 3: AAS 93 (2001), 267.
[15] Ibidem, 29: AAS 93 (2001), 286.
[16] Adversus haereses IV, 20, 7: PG 7, 1037.
[17] Propositio 34.
[18] Benedetto XVI, Omelia nella Messa di chiusura della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (25 ottobre 2009): AAS 101 (2009), 918.
[19] Propositio 46.
[20] XII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Messaggio finale (24 ottobre 2008), 10.
[21] Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (21 dicembre 2009): AAS 102 (2010), 35.
[22] Cfr Id., Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 5-9: AAS 101 (2009), 643-647.
[23] Id., Discorso alla Curia Romana (21 dicembre 2009): AAS 102 (2010), 35.
[24] Id., Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2008: AAS 100 (2008), 38-45.
[25] Id., Discorso alla Curia Romana (21 dicembre 2009): AAS 102 (2010), 37.
[26] Cfr Propositio 5.
[27] Relatio ante disceptationem, II, a.
[28] Ibidem.
[29] Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (21 dicembre 2009): AAS 102 (2010), 35.
[30] Cfr Id., Omelia nella Messa di chiusura della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (25 ottobre 2009): AAS 101 (2009), 916.
[31] Cfr Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 1997, 1: AAS 89 (1997), 1.
[32] Propositio 5.
[33] Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 28: AAS 98 (2006), 238-240.
[34] Cfr Propositio 14.
[35] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 9: AAS 101 (2009), 646-647.
[36] Cfr Id., Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 28-29: AAS 98 (2006), 238-240; Commissione Teologica Internazionale, Alcune questioni sulla teologia della Redenzione (29 novembre 1994), 14-20: Ench. Vat. 14, nn. 1844-1850.
[37] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 40; Pont. Cons. della Giustizia e della Pace, Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, 49-51.
[38] Cfr S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, IIa-IIae, q. 58, a. 1.
[39] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 35: AAS 83 (1991), 837.
[40] Catechismo della Chiesa Cattolica, 1894.
[41] Lineamenta, 44.
[42] S. Agostino, De civitate Dei, XIX, 21, 1: PL 41, 649.
[43] Cfr Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima 2010 (30 ottobre 2009): Insegnamenti V/2 (2009), 454.
[44] Cfr ibidem.
[45] Cfr Propositio 17.
[46] Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 6: AAS 101 (2009), 644.
[47] Id., Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 28: AAS 98 (2006), 240.
[48] Cfr Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 53. 80: AAS 68 (1976), 41-42.73-74; Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 46: AAS 83 (1991), 293.
[49] Cfr Messaggio finale, 36.
[50] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.
[51] Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’Evangelizzazione (3 dicembre 2007), 9: AAS 100 (2008), 497-498.
[52] Lineamenta, 48.
[53] Propositio 43.
[54] Ibidem.
[55] Cfr Benedetto XVI, Discorso al Pontificio Consiglio per i Laici (21 maggio 2010): Insegnamenti VI/1 (2010), 758.
[57] Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 22: AAS 68 (1976), 20.
[58] Cfr Propositio 9.
[59] Cfr Propositio 8.
[60] Cfr nn. 28-34: AAS 77 (1985), 250-273. Questo insegnamento è stato confermato dalla Lettera apostolica sotto forma di Motu proprio Misericordia Dei (2 maggio 2002): AAS 94 (2002), 452-459.
[61] Cfr Propositio 7.
[62] Cfr Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 43: AAS 93 (2001), 297.
[63] Ibidem.
[64] Ibidem.
[65] Cfr Propositio 9.
[66] Cfr Propositio 33.
[67] Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’Evangelizzazione, (3 dicembre 2007), 6: AAS 100 (2008), 494.
[68] Cfr Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 19-20: AAS 68 (1976), 18-19.
[69] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 40: AAS 93 (2001), 295.
[70] Cfr Propositio 32.
[71] Benedetto XVI, II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Meditazione durante l’Ora Terza (5 ottobre 2009): AAS 101 (2009), 924.
[72] N. 55: AAS 102 (2010), 734-735.
[73] Cfr Propositio 45.
[74] Benedetto XVI, Discorso ai membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (Yaoundé, 19 marzo 2009): AAS 101 (2009), 313.
[75] Cfr Id., Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 51: AAS 99 (2007), 144.
[76] Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera ai Vescovi della Chiesa cattolica sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa e nel mondo (31 maggio 2004), 13: AAS 96 (2004), 682.
[77] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2008, 3: AAS 100 (2008), 38-39.
[78] Cfr Propositio 38.
[79] Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 79: AAS 99 (2007), 165-166.
[80] Cfr ibid., n. 73.
[81] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 38 e 39: AAS 93 (2001), 293-294.
[82] Id., Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 39: AAS 74 (1982), 130-131; cfr Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 71: AAS 68 (1976), 60-61.
[83] Giovanni Paolo II, Omelia in occasione del Giubileo della « Terza età » (17 settembre 2000), 5: AAS 92 (2000), 876; cfr Id., Lettera alle persone anziane (1 ottobre 1999): AAS 92 (2000), 186-204.
[84] Cfr Messaggio finale, 26.
[85] Epistula I, 11: PL 65, 306C.
[86] Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Familiaris consortio (22 novembre 1981), 25.43: AAS 74 (1982), 110-111; 134-135.
[87] Cfr Propositio 45.
[88] Cfr Messaggio finale, 26.
[89] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 67.
[90] Origene, Traité des principes, IV, 4, 10, SC 268, p. 427.
[91] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 29: AAS 80 (1988), 1722; cfr Benedetto XVI, Incontro con le Associazioni cattoliche per la promozione della donna (Luanda, 22 marzo 2009): Insegnamenti V/1 (2009), 484.
[92] Benedetto XVI, Incontro con le Associazioni cattoliche per la promozione della donna (Luanda, 22 marzo 2009): Insegnamenti V/1 (2009), 484.
[93] Cfr Propositio 47.
[94] Benedetto XVI, Incontro con le Associazioni cattoliche per la promozione della donna (Luanda, 22 marzo 2009): Insegnamenti V/1 (2009), 484.
[95] II Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Doc. Justitia in mundo (30 novembre 1971), 45: aas 63 (1971), 933; cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa, 121: AAS 88 (1996), 71-72.
[96] Messaggio finale, 25.
[97] Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata mondiale della Pace 2010, 11: AAS 102 (2010), 49; cfr Id., Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 51: AAS 101 (2009), 687.
[98] Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Mulieris dignitatem (15 agosto 1988), 31: AAS 80 (1988), 1727-1729; Id., Lettera alle donne (29 giugno 1995), 12: AAS 87 (1995), 812.
[99] Cfr Messaggio finale, 27-28.
[100 ] Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 9: AAS 93 (2001), 271-272.
[101] N. 104: AAS 102 (2010), 772.
[102] Regola, III, 3; cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Novo millennio ineunte (6 gennaio 2001), 45: AAS 93 (2001), 298-299.
[103] Cfr Propositio 48.
[104] Cfr Benedetto XVI, Messaggio per la XXV Giornata Mondiale della Gioventù (22 febbraio 2010), 7: AAS 102 (2010), 253-254; Id., Esort. ap. postsinodale Verbum Domini (30 settembre 2010), 104: AAS 102 (2010), 772-773.
[105] AAS 97 (2005), 712.
[106] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 57: AAS 87 (1995), 466.
[107] I Padri sinodali si sono riferiti a varie situazioni, come, ad esempio: i bambini uccisi prima della nascita, i piccoli non desiderati, gli orfani, gli albini, i fanciulli di strada, quelli abbandonati, i bambini-soldato, i bambini prigionieri, i piccoli forzati a lavorare, quelli maltrattati a causa di un handicap fisico o mentale, quelli considerati come stregoni, i fanciulli detti serpenti, i ragazzi venduti come schiavi sessuali, quelli traumatizzati, senza alcuna prospettiva di un avvenire… (cfr Propositio 49).
[108] Cfr Giovanni Paolo II, Lettera ai bambini (13 dicembre 1994): Insegnamenti XVII/2 (1994), 1077.
[109] Cfr Messaggio finale, 30.
[110] Lett. enc. Populorum progressio (26 marzo 1967), 14: AAS 59 (1967), 264; cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 18: AAS 101 (2009), 653-654.
[111] Propositio 20.
[112] Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 82: AAS 87 (1995), 495.
[113] Cfr Propositio 53.
[114] Cfr Propositio 52.
[115] Cfr Propositio 51.
[116] Cfr Messaggio finale, 31.
[117] Cfr Propositio 19.
[118] Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 21: AAS 101 (2009), 655-656.
[119] Conc. Ecum. Vat. II, Dichiarazione sulla libertà religiosa Dignitatis humanae, 13.
[120] Cfr Propositiones 17.29.
[121] Cfr Messaggio finale, 32.
[122] Cfr Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 42: AAS 101 (2009), 677-678; Propositio 15.
[123] II Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, Doc. Justitia in mundo (30 novembre 1971), Proposizione 8a: AAS 63 (1971), 941.
[124] Ibid., Proposizioni 8b e 8c: AAS 63 (1971), 941.
[125] Cfr Propositio 22.
[126] Cfr Propositio 30.
[127] Cfr Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica (24 novembre 2002): AAS 96 (2004), 359-370.
[128] Catechismo della Chiesa Cattolica, 2419.
[129] Cfr Propositio 24; Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 58.60.67: AAS 101 (2009) 693-694, 695, 700-701; Catechismo della Chiesa Cattolica, 1883.1885.
[130] Cfr Propositio 25.
[131] Cfr Propositio 26.
[132] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 43: AAS 101 (2009), 679.
[133] Cfr Propositio 54.
[134] Ibidem.
[135] Cfr Propositio 55.
[136] Cfr Propositio 54.
[137] Cfr Propositio 28.
[138] Cfr Benedetto XVI, Discorso ai membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (Yaoundé, 19 marzo 2009): AAS 101 (2009), 310.
[139] Cfr Id., Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 62; AAS 101 (2009), 696-697.
[140] Ibid., 42: AAS 101 (2009), 677.
[141] Ibid., 36: AAS 101 (2009), 672.
[142] Ibid., 47: AAS 101 (2009), 684; cfr Propositio 31.
[143] Cfr Propositiones 10.11.12.13.
[144] Confessiones, VII, 10, 16: PL 32, 742.
[145] Cfr Propositio 10.
[146] Dich. sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate, 2; cfr Propositio 13.
[147] Conc. Ecum. Vat. II, Dich. sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane Nostra Aetate, 3.
[148] Cfr Messaggio finale, 41.
[149] Cfr Propositio 12.
[150] Cfr Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace 2011: AAS 103 (2011), 46-58.
[151] Cfr Propositio 18.
[152] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 30: AAS 101 (2009), 665.
[153] Cfr. Congregazione per i Vescovi, Direttorio per il Ministero pastorale dei Vescovi, Apostolorum successores (22 febbraio 2004), 33-48: Ench. Vat. 22, nn. 1650-1676.
[154] Epistula 33,1: PL 4,297.
[155] Benedetto XVI, Discorso ai Vescovi di Francia (Lourdes, 14 settembre 2008): Insegnamenti IV/2 (2008), 321.
[156] Propositio 3.
[157] Cfr Propositio 4.
[158] Cfr Ibidem.
[159] Cfr Propositio 39.
[160] Cfr Messaggio finale, n. 20.
[161] Cfr Propositio 39.
[162] Cfr Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (21 dicembre 2009): AAS 102 (2010), 35.
[163] Epistula 66,1: PL 4,398.
[164] S. Ignazio d’Antiochia, Ad Magnesios, III,2: ed. F.X. FUNK, 233.
[165] Benedetto XVI. Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 24: AAS 99 (2007), 125.
[166] Apologeticum, 50,13: PL 1,603.
[167] Cfr. Congregazione per l’Educazione Cattolica, Norme fondamentali per la formazione dei diaconi permanenti (22 febbraio 1998), 8: Ench. Vat. 17, n. 167; Congregazione per il Clero, Direttorio per il ministero e la vita dei diaconi permanenti (22 febbraio 1998), 6, 8 e 48: Ench. Vat. 17, nn. 291.294-297.376-378.
[168] Cfr. Lineamenta, n. 89.
[169] Cfr Propositio 50.
[170] Cfr Propositio 41.
[171] Cfr Propositio 42.
[172] Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 46.
[174] Cfr Propositio 40.
[175] Ibidem.
[176] Cfr Lettera ai seminaristi (18 ottobre 2010): L’Osservatore Romano (18-19 ottobre 2010), p. 12.
[177] Benedetto XVI, Discorso ai membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (Yaoundé, 19 marzo 2009): AAS 101 (2009), 311-312.
[178] Cfr Propositio 44; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 91: AAS 88 (1996), 57.
[179] Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Christifideles laici (30 dicembre 1988), 15.17: AAS 81 (1989), 413-416 e 418-421.
[180] Propositio 37.
[181] N. 103: AAS 88 (1996), 62-63.
[182] Benedetto XVI, II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi. Meditazione durante l’ora terza (5 ottobre 2009): AAS 101 (2009), 920.
[183] Ibidem.
[184] Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1.
[185] Benedetto XVI, Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 39: AAS 98 (2006), 250.
[186] Cfr Propositio 35.
[187] Benedetto XVI, Omelia a Nazareth (14 maggio 2009): AAS 101 (2009), 480.
[188] Cfr Id., Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 49: AAS 99 (2007), 143.
[189] Cfr Propositio 36.
[190] N. 103: AAS 88 (1996), 62-63.
[191] Benedetto XVI, Discorso ai membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (Yaoundé, 19 marzo 2009): AAS 101 (2009), 312.
[192] Cfr Messaggio finale, 31.
[193] Ibidem.
[194] Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 124: AAS 88 (1996), 72-73.
[195] Cfr Propositio 56.
[196] Benedetto XVI, Lett. enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 73: AAS 101 (2009), 705.
[197] Ibid., 73: AAS 101 (2009), 704-705.
[198] Cfr Propositio 56.
[199] Commentariorum in Isaiam prophetam, Prologus: PL 24, 17.
[200] Cfr Propositio 46
[201] Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 82: AAS 99 (2007), 168-169; Id., Lett. enc. Deus caritas est (25 dicembre 2005), 14: AAS 98 (2006), 228-229.
[202] Cfr Propositio 8.
[203] Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Sacramentum caritatis (22 febbraio 2007), 51: AAS 99 (2007), 144.
[204] Ibidem, 83: AAS 99 (2007), 169.
[205] Cfr Propositio 5.
[206] Cfr Propositio 6; Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Reconciliatio et Poenitentia (2 dicembre 1984), 23: AAS 77 (1985), 233-235.
[207] Propositio 8.
[208] Cfr ibidem.
[209] Ibidem.
[210] Propositio 9.
[212] Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale su alcuni aspetti dell’Evangelizzazione (3 dicembre 2007), 12: AAS 100 (2008), 501.
[213] Cfr S. Tommaso d’Aquino, Summa Theologiae, Ia-IIae,
q. 106, a. 1.
[214] Benedetto XVI, Esort. ap. postsinodale Verbum Domini (30 settembre 2010), 122: AAS 102 (2010), 785.
[215] Propositio 34.
[216] Ibidem; cfr Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975), 21: AAS 68 (1976), 19-20.
[217] Giovanni Paolo II, Esort. ap. postsinodale Ecclesia in Africa (14 settembre 1995), 31: AAS 88 (1996), 21.
[218] Id., Discorso ai Vescovi membri del Consiglio episcopale latino-americano (9 marzo 1983): AAS 75 (1983), 778.
[219] Cfr n. 29: AAS 102 (2010), 708.
[220] Benedetto XVI, Discorso ai membri del Consiglio speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (Yaoundé, 19 marzo 2009): AAS 101 (2009), 312.
[222] Id., Omelia della Messa di conclusione della II Assemblea Speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi (25 ottobre 2009): AAS 101 (2009), 918.
[223] Ibidem.
[224] Cfr ibidem.
[225] Benedetto XVI, Discorso alla Curia Romana (21 dicembre 2009): AAS 102 (2010), 34.
[226] Cfr Propositio 57.
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