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PAPA FRANCESCO

MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE

Chi diminuisce e chi cresce

Venerdì, 9 maggio 2014

 

(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.105, Sab. 10/05/2014)

 

La testimonianza di san Giovanni Paolo II, come di «tanti grandi santi» nella storia della Chiesa, mostra che la regola della santità è «diminuire perché il Signore cresca». E «tutti abbiamo visto gli ultimi giorni di san Giovanni Paolo II: lì, non poteva parlare, il grande atleta di Dio, il grande guerriero di Dio, finisce così. Annientato dalla malattia. Umiliato come Gesù». Richiamando la testimonianza di Papa Wojtyła — canonizzato il 27 aprile scorso insieme a Giovanni XXIII— il Pontefice ha tracciato il profilo della santità nell’omelia della messa celebrata venerdì mattina, 9 maggio, nella cappella della Casa Santa Marta. I santi, ha detto, non sono eroi ma donne e uomini che vivono la croce nella quotidianità: sono persone scelte da Dio proprio per mostrare che la Chiesa è santa pur essendo composta da peccatori.

«La Chiesa è santa»: è da questa verità che ha preso le mosse Papa Francesco nella sua omelia. E ha proposto subito una domanda: come può essere santa la Chiesa se ci siamo dentro tutti noi che siamo tutti peccatori? In effetti, ha ribadito, «noi siamo peccatori ma la Chiesa è santa, è la sposa di Gesù Cristo, e lui la ama, lui la santifica: la santifica ogni giorno con il suo sacrificio eucaristico perché la ama tanto». Perciò «noi siamo peccatori ma in una Chiesa santa».

Proprio con «questa appartenenza alla Chiesa anche noi ci santifichiamo: siamo figli della Chiesa e la madre Chiesa ci santifica con il suo amore, con i sacramenti del suo Sposo». In pratica, ha proseguito il vescovo di Roma, «questa è la santità quotidiana, questa è la santità di tutti noi. A tal punto che negli Atti degli apostoli, quando si parlava dei cristiani, si diceva “il popolo dei santi”». Anche san Paolo «parla ai santi: a noi, peccatori ma figli della Chiesa santa, santificata per il corpo e sangue di Gesù, come abbiamo sentito adesso nel Vangelo» di Giovanni (6, 52-59).

«In questa Chiesa santa — ha affermato Papa Francesco — il Signore sceglie alcune persone per far vedere meglio la santità, per far vedere che è lui che santifica; che nessuno si santifica da se stesso; che non c’è un corso per diventare santo; che essere santo non è fare il fachiro» o altro. Piuttosto «la santità è un dono di Gesù alla sua Chiesa; e per far vedere questo lui sceglie persone» nelle quali «si vede chiaro il suo lavoro per santificare».

La liturgia del giorno presenta, a questo proposito, «la santificazione di Saulo, di Paolo», narrata dagli Atti degli apostoli (9, 1-20). Non si tratta di un caso isolato perché nel Vangelo ci sono tante figure di santità. Per esempio, ha proseguito il Papa, «c’è la Maddalena: san Marco, nel Vangelo, dice che Gesù aveva cacciato da lei sette demoni» e così «la santifica: dal peggio alla santità!». Poi «c’è Matteo che era un traditore del suo popolo e prendeva i soldi per darli ai romani»; ma «il Signore lo prende dal suo negozio» e lo porta avanti, con sé. E, ancora, «c’è Zaccheo che vuol vedere Gesù. E Lui lo chiama — “vieni con me, vieni!” — e lo santifica».

«Ma perché il Signore, nella storia della Chiesa, sceglie queste persone?» si è chiesto il Pontefice ricordando che in duemila anni di cristianesimo «ci sono tanti santi, riconosciuti come santi della Chiesa». Il Signore sceglie queste persone — è stata la risposta — perché diano testimonianza più chiara della prima regola della santità: è necessario che Cristo cresca e che noi diminuiamo. Occorre insomma «la nostra umiliazione perché il Signore cresca».

È in questa prospettiva che il Signore «sceglie Saulo, nemico della Chiesa», come raccontano gli Atti degli apostoli: Saulo, proferendo ancora minacce contro i discepoli del Signore, «si presentò al sommo sacerdote e gli chiese lettere per le sinagoghe di Damasco, al fine di essere autorizzato a condurre in catene a Gerusalemme tutti quelli che avesse trovato, uomini e donne, appartenenti a questa Via».

Parole forti che mostrano quanto Saulo odiasse e perseguitasse la Chiesa: un odio che, ha fatto notare il vescovo di Roma, «abbiamo visto» anche «nella lapidazione di Stefano» a cui, oltretutto, Saulo era presente. Preso da questo odio, egli «va a chiedere l’autorizzazione» per perseguitare i cristiani. «Ma il Signore lo aspetta: lo aspetta e fa sentire il suo potere» ha osservato il Papa. Ed ecco che Saulo «diventa cieco e obbedisce» quando, sulla via di Damasco, il Signore gli dice: «Alzati, entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare».

Così «da uomo che aveva tutto chiaro, che sapeva cosa si doveva fare contro questa setta dei cristiani, diventa come un fanciullo e obbedisce: si alza, va e aspetta». Ma Saulo «non aspetta col telefonino in mano» dicendo: «Ma vieni... cosa devo fare... ma dimmi... ma io sto aspettando da due giorni...». Invece «aspetta come era lui: pregando e facendo digiuno. Il suo cuore era cambiato».

Il racconto degli Atti presenta quindi il discepolo Anania che battezza Paolo. E così finalmente «Paolo si alza, prende il cibo e poi se ne va per le sinagoghe annunciando che Gesù è il Figlio di Dio». La sua diventa «un’altra vita».

A questo punto il Papa ha rimarcato la differenza fra gli eroi e i santi, ripetendo le parole che il Signore dice ad Anania: «Va’, perché egli è lo strumento che ho scelto per me, affinché porti il mio nome dinanzi alle nazioni, ai re e ai figli d’Israele; e io gli mostrerò quanto dovrà soffrire per il mio nome».

Perciò, ha spiegato il Pontefice, «la differenza fra gli eroi e i santi è la testimonianza, l’imitazione di Gesù Cristo: andare sulla via di Gesù Cristo». Per questo «Paolo predica il Vangelo, è perseguitato, è bastonato, è giudicato, e finisce la sua vita con un piccolo gruppetto di amici a Roma, vittima dei suoi discepoli». Così Paolo «diminuisce, diminuisce, diminuisce», appunto secondo la regola della santità. E il Papa, in proposito, ha riproposto anche la figura di Giovanni Battista, «l’uomo più grande nato da donna, che finisce nel carcere per il capriccio di una ballerina e l’odio di un’adultera».

Dunque «Paolo finisce in maniera comune. Sicuramente la mattina sono andati da lui tre, quattro cinque soldati» e gli hanno ordinato: «Vieni con noi!». Poi «lo hanno portato via e gli hanno tagliato la testa. Semplicemente». Paolo «il grande, quello che era andato in tutto il mondo, finisce così». E «questa — ha ripetuto il Papa — è la differenza fra l’eroe e il santo: il santo è quello che segue Gesù sulla strada di Gesù, con la croce».

«Tanti santi canonizzati nella Chiesa — ha affermato il Pontefice — finiscono tanto umilmente». Sono «i grandi santi». E, a questo proposito, Papa Francesco ha riproposto la testimonianza di san Giovanni Paolo II. Proprio «questo è il percorso della santità dei grandi». Ma è «anche il percorso della nostra santità». Perché, ha spiegato, certo «non saremo santi se non ci lasciamo convertire il cuore per questa strada di Gesù: portare la croce tutti i giorni, la croce ordinaria, la croce semplice e lasciare che Gesù cresca. Se noi non andiamo su questa via non saremo santi, ma se andiamo su questa via tutti noi daremo testimonianza di Gesù Cristo che ci ama tanto. E daremo testimonianza che mentre siamo peccatori la Chiesa è santa, è la sposa di Gesù».

Dunque «oggi — ha concluso il Papa — forse ci farà bene, nella messa, sentire questa gioia: il sacrificio di Gesù qui sull’altare ci santifica tutti, ci fa crescere nella santità, ci fa diventare più autenticamente figli della sua sposa, la Chiesa nostra madre che è santa».

 



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