PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Se si perde la memoria
Martedì, 7 ottobre 2014
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n.229, Merc. 08/10/2014)
Cosa significa pregare? «È fare memoria davanti a Dio della nostra storia. Perché la nostra storia» è «la storia del suo amore verso di noi». Nella messa celebrata stamane, martedì 7 ottobre, a Santa Marta, Papa Francesco ha scelto come idea guida della propria omelia proprio quella del «fare memoria».
Introducendo la riflessione, ha dapprima spiegato come tante volte la Bibbia ricordi «che il Signore ha scelto il suo popolo e lo ha accompagnato durante il cammino nel deserto, durante tutta la vita». In pratica «gli è stato vicino», avendolo scelto e avendogli promesso «di portarlo in una terra di gioia, di felicità»; ha camminato con questo popolo e ha stretto con lui un’alleanza.
Inoltre quanto «Dio ha fatto con il suo popolo — ha aggiunto il Pontefice attualizzando il discorso — lo ha fatto e lo fa con ognuno di noi». Infatti, ha proseguito, «noi siamo stati scelti». E che si tratti di «una grazia» è talmente evidente che basterebbe chiedersi: «Perché io sono cristiano e non quello di là, lontano, che neppure mai ha sentito parlare di Gesù?». È «una grazia d’amore» ha sottolineato Francesco, ricordando che il Signore «cammina con noi, nel cammino della vita», ci è «affianco», avendoci «promesso la gioia» e «avendo fatto con noi un’alleanza».
Da qui l’invito a «fare memoria di questa realtà» nella preghiera quotidiana. Una memoria che non dev’essere astratta ma va fatta «nella sua concretezza», come fa san Paolo nella prima lettura della liturgia (Galati 1, 13-24), quando dice: «Fratelli, voi avete certamente sentito parlare della mia condotta nel tempo del giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo».
In proposito il Papa ha fatto notare che l’apostolo «incomincia la sua presentazione» non dicendo: «Io sono buono, sono figlio di questo, ho una certa nobiltà...». Al contrario si mostra per quello che è: «Io sono stato un persecutore, io sono stato cattivo». E in tal modo «Paolo fa memoria del suo cammino, e così incomincia a fare memoria dall’inizio», come testimoniano le parole: «Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre, mi chiamò con la sua grazia...». Lo stesso, ha chiarito il vescovo di Roma, vale per noi che «siamo cristiani», per «ognuno di noi, perché lui ci ha scelti, e la scelta è sua. Non è nostra. È per grazia, è un regalo».
L’invito a «fare memoria» nasce per Papa Francesco dalla constatazione che questo atteggiamento è un’«abitudine non molto comune tra noi. Dimentichiamo le cose, viviamo nel momento, e poi dimentichiamo la storia». Invece, ha evidenziato, «ognuno di noi ha una storia: una storia di grazia, una storia di peccato, una storia di cammino». Ecco perché «fa bene pregare con la nostra storia». Proprio come «fa Paolo, che racconta un pezzo della sua storia» dicendo: «Lui mi ha scelto. Lui mi ha chiamato. Lui mi ha salvato. Lui è stato il mio compagno di cammino». Al punto che anche la gente che conosceva la sua vita ripeteva le stesse parole: «Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere».
Dunque «fare memoria della propria vita è dare gloria a Dio». E anche «fare memoria dei nostri peccati, dai quali il Signore ci ha salvati, è dare gloria a Dio». Del resto anche Paolo «dice che lui si vanta soltanto di due cose: dei propri peccati e della grazia di Dio Crocifisso, della sua grazia». Insomma l’apostolo «faceva memoria dei suoi peccati» vantandosi di essere stato peccatore, proprio perché Cristo Crocifisso lo ha salvato. «Questa — ha ribadito il Papa — era la memoria di Paolo». E «questa è la memoria che noi siamo invitati dallo stesso Gesù a fare».
Basti pensare a quello che il Signore dice a Marta: «Tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa c’è bisogno», mentre «Maria ha scelto la parte migliore». Quale? «Sentire il Signore e fare memoria». Ecco perché «non si può pregare ogni giorno come se noi non avessimo storia. Ognuno di noi ha la sua. E con questa storia nel cuore andiamo alla preghiera». Il modello in questo caso è Maria; eppure noi somigliamo di più a Marta, poiché come lei «tante volte siamo distolti dai lavori, dalla giornata, dal fare quelle cose che dobbiamo fare», e finiamo con il dimenticare la nostra storia.
Una storia, quella della «nostra relazione con Dio» che — ha ricordato Papa Francesco — «non incomincia il giorno del battesimo: lì è sigillata». In realtà essa comincia «quando Dio, dall’eternità, ci ha guardati e ci ha scelto». Insomma è una storia che «inizia nel cuore di Dio». E dunque pregare significa «fare memoria della scelta che Dio ha fatto su di noi; fare memoria del nostro cammino di alleanza». Significa domandarsi se «questa alleanza è stata rispettata» oppure no. E poiché fondamentalmente «siamo peccatori», pregare vuol dire soprattutto «fare memoria della promessa che Dio» fa a noi e che «mai delude», quella promessa «che è la nostra speranza».
Avviandosi alla conclusione Papa Francesco ha sottolineato che «questa è la vera preghiera», suggerendo che «umilmente» si potrebbe «incominciare la nostra preghiera con il bel salmo 138» che è stato proclamato durante la liturgia della Parola: «Signore, tu mi scruti e mi conosci. Tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo. Intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo. Ti sono note tutte le mie vie. Sei tu che hai formato i miei reni e mi hai tessuto nel grembo di mia madre. Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda!». Perché — ha commentato — «questo è pregare».
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