PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
Gli invitati al banchetto
Martedì, 7 novembre 2017
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.256, 08/11/2017)
Per la salvezza c’è «un biglietto di entrata». Ma con qualche avvertenza. Anzitutto è gratuito; e poi i titolari saranno sicuramente donne e uomini che hanno «bisogno di cura e di guarigione nel corpo e nell’anima». Facile immaginare che ai primi posti ci siano «peccatori, poveri e ammalati», i cosiddetti «ultimi» insomma. Celebrando la messa a Santa Marta, martedì 7 novembre, Papa Francesco ha rilanciato l’immagine evangelica — tratta dal passo di Luca (14, 15-24) — del banchetto a cui il padrone di casa invita «i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi» dopo il rifiuto dei ricchi che non comprendono il valore della gratuità della salvezza.
«I testi evangelici che abbiamo sentito questa settimana, questi ultimi giorni, sono inquadrati in un banchetto» ha fatto subito notare Francesco. È «il Signore che si reca alla casa di un capo dei farisei per pranzare e lì viene rimproverato perché non fa le abluzioni». Poi, ha proseguito il Papa, «durante il banchetto il Signore consiglia di non cercare i primi posti perché c’è il pericolo che venga uno che sia più importante e il padrone di casa ci dica: “Cedi il posto a questo, spostati!”. Sarebbe una vergogna».
«Il passo continua — ha affermato il Pontefice — con i consigli che dà il Signore a chi si deve invitare a un banchetto a casa». Ed egli indica proprio «quelli che non ti possono fare il contraccambio, cioè quelli che non hanno niente per darti in contraccambio». Ecco «la gratuità del banchetto». Così «quando finì di spiegare questo, uno dei commensali — è il passo di oggi — disse a Gesù: “Beato chi prenderà il cibo nel regno di Dio!”». Il Signore «gli rispose con una parabola, senza spiegazioni, di quest’uomo che diede una grande cena e fece molti invitati». Ma «i primi invitati non hanno voluto andare a cena, non importava né della cena né della gente che c’era lì, né del Signore che li invitava: a loro importavano altre cose».
E infatti uno dopo l’altro cominciarono a scusarsi, Così, ha fatto presente il Papa, «il primo gli disse: “Ho comprato un campo”; l’altro: “Ho comprato cinque paia di buoi”; un altro: “Mi sono sposato”; ma ognuno aveva il proprio interesse e questo interesse era più grande dell’invito». Il fatto è, ha affermato Francesco, che «questi erano attaccati all’interesse: cosa posso guadagnare?». Perciò a un invito gratuito la risposta è: «A me non importa, forse un altro giorno, sono tanto indaffarato, non posso andare». «Indaffarato» ma per i propri «interessi: indaffarato come quell’uomo che voleva, dopo la mietitura, dopo la raccolta del grano, fare dei magazzini per allargare i suoi beni. Poveretto, morì quella notte».
Queste persone sono attaccate «all’interesse a tal punto che» cadono in «una schiavitù dello spirito» e «sono incapaci di capire la gratuità dell’invito». Ma «se non si capisce la gratuità dell’invito di Dio, non si capisce nulla» ha avvertito il Papa. L’iniziativa di Dio, infatti, «è sempre gratuita: per andare a questo banchetto cosa si deve pagare? Il biglietto di entrata è essere ammalato, è essere povero, è essere peccatore». Proprio questo «è il biglietto di entrata: essere bisognoso sia nel corpo sia nell’anima». E «per bisogno», ha rilanciato Francesco, si intende «bisogno di cura, di guarigione, avere bisogno di amore».
«Qui — ha spiegato il Pontefice — si vedono i due atteggiamenti». Quello di Dio «è sempre gratuito: per salvare Dio non fa pagare nulla, è gratuito». E anche, ha aggiunto Francesco, «diciamo la parola, un po’ astratta, “universale”», nel senso che al servo «il padrone “adirato”» dice: «Esci subito per le piazze, per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi, gli zoppi». Nell’altra versione di Matteo, il padrone dice: «buoni e cattivi: tutti, tutti», perché «la gratuità di Dio non ha dei limiti: tutti, lui riceve tutti».
«Invece quelli che hanno il proprio interesse — ha proseguito il Papa — non capiscono la gratuità. Sono come il figlio che è rimasto accanto al padre quando se ne è andato il più piccolo e poi, dopo tanto tempo, è tornato povero e il padre fa festa e questo non vuole entrare a quel banchetto, non vuole entrare a quella festa perché non capisce: “Ha speso tutti i soldi, ha speso l’eredità, con i vizi, con i peccati, tu gli fai festa? E io che sono un cattolico, pratico, vado a messa tutte le domeniche, compio le cose, a me niente?”».
Il fatto è che «non capisce la gratuità della salvezza, pensa che la salvezza è il frutto del “io pago e tu mi salvi”: pago con questo, con questo, con questo». Invece «no, la salvezza è gratuita». E «se tu non entri in questa dinamica della gratuità non capisci nulla».
La salvezza infatti, ha affermato Francesco, «è un dono di Dio al quale si risponde con un altro dono, il dono del mio cuore». Ci sono però coloro «che hanno altri interessi, quando sentono parlare dei doni: “Sì, è vero, sì, ma si devono fare dei doni”. E subito pensano: “Ecco, io farò questo dono e lui domani e dopodomani, in un’altra occasione, me ne farà un altro”». Così c’è «sempre il contraccambio».
Invece «il Signore non chiede nulla in contraccambio: soltanto amore, fedeltà, come lui è amore e lui è fedele». Perché «la salvezza non si compra, semplicemente si entra nel banchetto: “Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!”». E «questa è la salvezza».
In realtà, ha confidato il Papa, «io mi domando: cosa sentono questi che non sono disposti a venire a questo banchetto? Si sentono sicuri, si sentono con una sicurezza, si sentono salvi a loro modo fuori dal banchetto». E «hanno perso il senso della gratuità, hanno perso il senso dell’amore e hanno perso una cosa più grande e più bella ancora e questo è molto brutto: hanno perso la capacità di sentirsi amati». E, ha aggiunto, «quando tu perdi — non dico la capacità di amare, perché quella si recupera — la capacità di sentirti amato, non c’è speranza: hai perso tutto».
Del resto, ha concluso il Pontefice, tutto questo «ci fa pensare allo scritto nella porta dell’inferno dantesco “Lasciate la speranza”: hai perso tutto». Da parte nostra, occorre guardare invece il padrone di casa che vuole che la sua casa si riempia: «è tanto amoroso che nella sua gratuità vuole riempire la casa». E così «chiediamo al Signore che ci salvi dal perdere la capacità di sentirsi amati».
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