PAPA FRANCESCO
MEDITAZIONE MATTUTINA NELLA CAPPELLA DELLA
DOMUS SANCTAE MARTHAE
La forza delle donne
Giovedì, 23 novembre 2017
(da: L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLVII, n.270, 24/11/2017)
«Soltanto la forza delle donne è capace di resistere a una colonizzazione culturale e ideologica»: ce lo testimonia la storia, dalla Bibbia fino anche alla resistenza italiana e alle dittature genocide nell’Europa del secolo scorso. E il segreto della capacità delle donne di difendere con «coraggio e tenerezza» la storia di un popolo sta nella «trasmissione della fede» puntando sulla «memoria» e sul «dialetto», sulla capacità cioè di farsi capire dai bambini insegnando loro i valori autentici che li salvano dagli «indottrinamenti». È un vero e proprio elogio delle donne quello fatto da Papa Francesco giovedì mattina, 23 novembre, nella messa celebrata a Santa Marta.
«Nella prima lettura — ha notato subito il Papa riferendosi al passo liturgico del primo libro dei Maccabei (2, 15-29) — abbiamo sentito come continua questa colonizzazione culturale del re Antioco Epìfane: come sempre, ogni colonizzazione culturale e ideologica ha lo stesso stile, e noi lo possiamo vedere». In particolare, ha spiegato, «uno degli indicatori di una colonizzazione culturale è che toglie la libertà: questa gente non aveva il diritto di pensare, tutti così, si pensa così». E «un altro indicatore è cancellare la storia, non ricordare più», come a dire: «la storia incomincia con me, incomincia adesso, con il racconto che io faccio adesso, non con la memoria che vi hanno trasmesso».
«Il terzo indicatore è educativo» ha proseguito il Pontefice, evidenziando che «ogni colonizzazione culturale, ideologica, impone, vuole imporre un sistema educativo ai giovani. Sempre. E si preoccupa di questo». Del resto, ha insistito Francesco, «pensate voi a quello che hanno fatto le dittature del secolo scorso qui, in Europa» e a «come la loro preoccupazione fosse: “che cosa facciamo con i giovani, facciamo così?».
«Io — ha affermato il Papa — non voglio dire nomi. Voi sapete bene i nomi che davano a queste scuole di indottrinamento dei giovani: si toglie la libertà, si decostruisce la storia, la memoria del popolo e si impone un sistema educativo ai giovani. Tutte fanno così, alcune anche con i guanti bianchi». E succede, ha aggiunto, «che un paese, una nazione chiede un prestito» e la risposta che riceve è: «Io ti do, ma tu nelle scuole devi insegnare questo, questo, questo», Ed ecco che «ti indicano i libri che cancellano tutto quello che Dio ha creato e come lo ha creato. Cancellano le differenze, cancellano la storia: da oggi si incomincia a pensare così e chi non pensa così, e anche chi non pensa così, va lasciato da parte, anche perseguitato».
Proprio questa, ha affermato il Papa, «è la storia di questa colonizzazione culturale e ideologica che ha sofferto il popolo di Dio, che ha sofferto quando gente del proprio popolo di Dio è andata a fare entrare queste idee: toglie la libertà e introduce la persecuzione». E infatti «abbiamo visto come i fedeli vengono perseguitati: anche qui, nel secolo scorso, in Europa, quelli che si opponevano alle dittature genocide erano perseguitati». Ma «anche oggi, quando c’è qualche colonizzazione culturale con i guanti bianchi: se tu non vai per questa strada nuova, quel posto non sarà per te, sarà per un altro, tu non puoi andare avanti nella vita, ti condizionano la vita. È un’altra forma di tortura. Ti tolgono la libertà».
E non solo. Perché «poi ti tolgono la memoria» ha fatto presente il Pontefice. Proprio così, «niente memoria: sono favole. Niente. Sì, il narrativo che io costruisco per voi: si deve credere a questo, la storia incomincia con noi, le altre cose passate sono bugie, cose di vecchi».
«È interessante — ha suggerito il Pontefice facendo riferimento alla vicenda biblica dei fratelli Maccabei — la parola che la mamma dice al più piccolo dei figli: “Mostrati degno dei tuoi fratelli” — “Mostrati degno del tuo popolo. Abbi memoria. Non svenderla”». È un invito, ha affermato il Papa, a «custodire la memoria: la memoria della salvezza, la memoria del popolo di Dio, quella memoria che faceva forte la fede di questo popolo perseguitato da questa colonizzazione ideologico-culturale». E «la memoria è quella che ci aiuta a vincere ogni sistema educativo perverso: ricordare i valori, ricordare la storia, ricordare le cose che abbiamo imparato».
Francesco è voluto ritornare, nella sua riflessione, sulla figura della mamma: «Il testo dice che la mamma parlava due volte “nella lingua dei padri”: parlava in dialetto. E non c’è alcuna colonizzazione culturale che possa vincere il dialetto». Il dialetto «ha radici storiche».
Così dunque, ha proseguito il Pontefice, «la mamma “parlava nella lingua dei padri”, in dialetto, e per questo il re non capiva, l’interprete non capiva». E parlava, ha spiegato ancora, «temprando la tenerezza femminile con un coraggio virile: questo ci fa pensare che soltanto la forza delle donne è capace di resistere a una colonizzazione culturale». Una parola, “resistenza”, che «qui in Italia ha tanta eco storica, e che ha saputo vincere quelle colonizzazioni».
«Anche oggi siamo davanti a tante colonizzazioni che vogliono distruggere tutto e incominciare un’altra volta» ha detto il Papa. Colonizzazioni dalle quali risulta ormai ci sono nuovi «valori» e «la storia incomincia qua», il resto «è passato». Esattamente la stessa cosa che è accaduta «con Antioco Epìfane, accade ogni volta che sorge nella terra una nuova dittatura culturale o ideologica, che è una colonizzazione». Ma «ci sono due cose che ci difendono sempre: la memoria e il dialetto». E «chi porta avanti la memoria e il dialetto? Le donne, che sono più forti degli uomini».
«Guardando questa donna — ha affermato Francesco — pensiamo: come si trasmette la fede? In dialetto! La vera fede si impara dalle labbra della mamma. Quel dialetto che soltanto il bambino può conoscere». Poi «i teologi la spiegheranno, ma la trasmissione viene da là». E «questo è un esempio di come le mamme, come le donne sono capaci di difendere un popolo, di difendere la storia di un popolo, di difendere i figli: trasmettere la fede».
«Se Eleàzaro — ha aggiunto il Pontefice riferendosi alla figura biblica, sempre legata al libro dei Maccabei, riproposta nei giorni scorsi dalla liturgia — si è fatto radice per i giovani, contro quella radice perversa che era Antioco Epìfane, questa donna si è fatta memoria: memoria che risveglia tutto quello che è stato seminato da bambini e che non si può negoziare, non si può vendere alle proposte di qualsiasi colonizzazione culturale». Del resto, ha riconosciuto il Papa, «il popolo di Dio è andato avanti per la forza di tante donne brave, che hanno saputo dare ai figli la fede, e solo loro — le mamme — sanno trasmettere la fede in dialetto».
In conclusione, Francesco ha auspicato nella preghiera «che il Signore ci dia sempre la grazia, nella Chiesa, di avere memoria, di non dimenticare il dialetto dei padri e di avere donne coraggiose».
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