MESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI ALLA XXXI CONFERENZA INTERNAZIONALE
PROMOSSA DAL PONTIFICIO CONSIGLIO PER GLI OPERATORI SANITARI
(PER LA PASTORALE DELLA SALUTE) SULLE PATOLOGIE RARE
Al Reverendissimo Monsignore
Jean-Marie Mupendawatu
Segretario del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari
Desidero far giungere il mio cordiale saluto ai partecipanti alla XXXI Conferenza internazionale sul tema Per una cultura della salute accogliente e solidale a servizio delle persone affette da patologie rare e neglette, organizzata dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, che ringrazio per tale iniziativa. Rivolgo anche un grato pensiero alla memoria del compianto fratello nell’episcopato, S.E. Mons. Zygmunt Zimowski, già Presidente del Dicastero, tornato alla Casa del Padre nel luglio scorso.
Qualificati esperti, provenienti da ogni parte del mondo, sono riuniti per approfondire il tema delle patologie “rare” e delle malattie “neglette” nei loro diversi aspetti: da quello medico-epidemiologico a quello socio-politico, dal versante economico a quello giuridico-etico. La Conferenza si propone di operare una ricognizione sullo stato dell’arte, così come l’individuazione e il rilancio di linee praticabili di intervento in questo particolare scenario medico-sanitario, avendo come valori fondanti il rispetto della vita, della dignità e dei diritti dei malati, insieme con l’impegno accogliente e solidale, e realizzando strategie curative mosse da sincero amore verso la persona concreta che soffre, anche di una malattia “rara” o “negletta”.
I dati disponibili su questi due capitoli della Medicina sono emblematici: le più recenti stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità indicano che delle malattie definite “rare” soffrono 400 milioni di persone in tutto il mondo. Lo scenario delle malattie “neglette” è ancora più drammatico, perché riguardano oltre un miliardo di persone: sono per lo più di natura infettiva e diffuse tra le popolazioni più povere del mondo, spesso in Paesi dove l’accesso ai servizi sanitari è insufficiente a coprire i bisogni essenziali, soprattutto in Africa e America Latina, in aree a clima tropicale, con una potabilità insicura dell’acqua e carenti condizioni igienico-alimentari, abitative e sociali.
La sfida, dal punto di vista epidemiologico, scientifico, clinico-assistenziale, igienico sanitario ed economico è dunque immane, perché coinvolge responsabilità e impegni su scala globale: autorità politiche e sanitarie internazionali e nazionali, operatori sanitari, industria biomedica, associazioni di cittadini/pazienti, volontariato laico e religioso.
Una sfida immane, ma non impossibile. Data la complessità della materia, risulta infatti necessario un approccio multidisciplinare e congiunto; uno sforzo che chiama tutte le realtà umane interessate, istituzionali e non, e fra di esse anche la Chiesa Cattolica, che da sempre trova motivazione e impulso nel suo Signore, Cristo Gesù, il Crocifisso Risorto, figura sia del malato (il “Christus patiens”) sia del medico (il “Christus medicus”, il Buon Samaritano).
A questo punto, vorrei proporre alcune considerazioni che possano contribuire alla vostra riflessione.
La prima è che se la persona umana è il valore eminente, ne consegue che ciascuna persona, soprattutto quella sofferente – anche per una malattia “rara” o “negletta” – merita senza alcuna esitazione ogni impegno per essere accolta, curata e, se possibile, guarita.
Affrontare efficacemente interi capitoli di malattia, come è il caso delle malattie “rare” e di quelle “neglette”, richiede non solo qualificate e diversificate competenze sanitarie, bensì anche extra-sanitarie – si pensi ai manager sanitari, alle autorità amministrative e politiche, agli economisti sanitari. Si richiedono un approccio integrato e attente valutazioni di contesto finalizzate alla pianificazione e alla realizzazione delle strategie operative, così come al reperimento e alla gestione delle ingenti risorse necessarie. Alla base di ogni iniziativa, però, sta anzitutto una libera e coraggiosa volontà di bene finalizzata alla risoluzione di questo rilevante problema di salute globale: una vera e propria “sapienza del cuore”. Risultano cruciali, pertanto, insieme con lo studio scientifico e tecnico, la determinazione e la testimonianza di chi si mette in gioco nelle periferie non solo esistenziali ma anche assistenziali del mondo, come spesso è il caso delle malattie “rare” e “neglette”.
Fra i tanti che si spendono generosamente, anche la Chiesa è da sempre in campo e continuerà su questa impegnativa ed esigente via di vicinanza e di accompagnamento all’uomo che soffre. Non è un caso allora che questa XXXI Conferenza Internazionale abbia voluto adottare le seguenti parole-chiave per dare il senso – inteso come significato e come direzione – della presenza della Chiesa in questa vera e propria opera di misericordia: informare, per fare il punto sullo stato delle conoscenze sia scientifiche sia clinico-assistenziali; curare meglio in una logica accogliente e solidale la vita del malato; custodire l’ambiente nel quale l’uomo vive.
La relazione tra queste malattie e l’ambiente è decisiva. Infatti, molte malattie rare hanno cause genetiche, per altre i fattori ambientali hanno un forte rilievo; ma anche quando le cause sono genetiche, l’ambiente inquinato funge da moltiplicatore del danno. E il peso maggiore grava sulle popolazioni più povere. È per questo che voglio nuovamente porre l’accento sull’assoluta importanza del rispetto e della custodia del creato, della nostra casa comune.
Una seconda considerazione, che desidero portare alla vostra attenzione, è che per la Chiesa rimane prioritario mantenersi dinamicamente in uno stato di “uscita”, per testimoniare nel concreto la misericordia divina, facendosi “ospedale da campo” per le persone emarginate, che vivono in ogni periferia esistenziale, socio-economica, sanitaria, ambientale e geografica del mondo.
La terza e ultima considerazione ha a che fare con il tema della giustizia. Se è vero infatti che la cura della persona affetta da una malattia “rara” o “negletta” è in buona parte legata alla relazione interpersonale medico-paziente, è altrettanto vero che la considerazione su scala sociale di questo fenomeno sanitario richiama una chiara istanza di giustizia, nel senso di “dare a ciascuno il suo”, ovvero uguale accesso alle cure efficaci per uguali bisogni di salute indipendentemente dai fattori contestuali socio-economici, geografici, culturali. La ragione di ciò riposa su tre principi fondamentali della dottrina sociale della Chiesa. Il primo è il principio di socialità, secondo cui il bene della persona riverbera sull’intera comunità. Pertanto, la cura della propria salute non è solo una responsabilità affidata alla custodia della persona stessa, ma rappresenta anche un bene sociale, nel senso che quanto più si accresce la salute individuale, tanto più la “salute collettiva” ne beneficerà, non da ultimo anche sul piano di risorse che vengono liberate per altri capitoli di malattia che richiedano ricerca e cure impegnative. Il secondo principio è quello di sussidiarietà, che da una parte sostiene, promuove e sviluppa socialmente la capacità di ogni persona nel dare compimento a sé e alle proprie legittime e buone aspirazioni; dall’altra viene in aiuto della persona laddove essa non riesca da sé a superare possibili ostacoli, come è il caso, ad esempio, di una malattia. E il terzo principio, al quale dovrebbe improntarsi una strategia sanitaria, a misura del valore-persona e del bene comune, è quello della solidarietà.
Su questi tre capisaldi, che ritengo condivisibili da chiunque abbia a cuore il valore eminente dell’essere umano, si possono individuare soluzioni realistiche, coraggiose, generose e solidali per affrontare ancora più efficacemente e risolvere l’emergenza sanitaria delle malattie “rare” e di quelle “neglette”.
In nome di questo amore per l’uomo, per ogni uomo, soprattutto quello sofferente, formulo a tutti voi, partecipanti alla XXXI Conferenza internazionale del Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, l’augurio di rinnovato slancio e generosa dedizione verso i malati così come di una instancabile tensione verso il maggiore bene comune in campo sanitario.
Chiediamo a Maria Santissima, Salute dei malati, di far fruttificare i lavori di questa vostra Conferenza. A lei affidiamo l’impegno di rendere sempre più umano il servizio che, quotidianamente, le diverse figure professionali del mondo della salute svolgono in favore dei sofferenti. Benedico di cuore tutti voi, le vostre famiglie, le vostre comunità, come pure quanti incontrate negli ospedali e nelle case di cura. Prego per voi; e voi, per favore, pregate per me.
Dal Vaticano, 12 novembre 2016
FRANCESCO
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