VIDEOMESSAGGIO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
IN OCCASIONE DEL II INCONTRO NAZIONALE DELLA GIOVENTÙ
[ROSARIO (SANTA FE, ARGENTINA), 25-27 MAGGIO 2018]
Cari ragazzi e ragazze,
sono felice di essere presente, attraverso questo videomessaggio, all’Incontro Nazionale della Gioventù che state vivendo a Rosario. Me lo hanno chiesto i miei fratelli vescovi e io lo faccio con piacere.
So che vi siete preparati con grande sforzo e in molti modi per poter essere lì. Grazie per tutto questo lavoro, per esservi messi in cammino con gioia, con fede e speranza, con aspettative condivise. Quando si va a un incontro di giovani ci sono sempre fede, speranza, aspettative, che si stanno condividendo lì e che stanno crescendo. Grazie per l’entusiasmo che trasmettete — dove ci sono giovani c’è chiasso — per l’amore verso Cristo e i fratelli che in questi giorni sicuramente aumenterà! Ma che non sia schiuma, che non sia solo schiuma. Che sia sapone che fa schiuma, ma che sia sapone.
Mentre pensavo a voi e a ciò che potevo condividere con voi per questo incontro, mi sono venute in mente tre parole: presenza, comunione e missione.
La prima parola è presenza. Gesù è con noi, è presente nella nostra storia. Se non ce ne convinciamo, non siamo cristiani. Lui cammina con noi, anche se non lo conosciamo. Pensiamo ai discepoli di Emmaus. Gesù si è fatto nostro fratello, invita anche noi a incarnarci, a costruire insieme questa espressione così bella, la civiltà dell’amore, come suoi discepoli e missionari, qui e ora: nella tua casa, con i tuoi amici, nelle situazioni che devi vivere ogni giorno. Perciò è necessario stare con lui, andargli incontro nella preghiera, nella Parola, nei sacramenti. Dedicargli tempo, fare silenzio per udire la sua voce. Sai fare silenzio nel tuo cuore per ascoltare la voce di Gesù? Non è facile. Provaci.
Lui sta con te, anche se a volte, in certi momenti, ti senti come quelli di Emmaus prima dell’incontro con Gesù risorto: ti senti triste, deluso, abbattuto, abbattuta, senza grandi speranze che le cose possano cambiare. Ebbene, nella vita si vede di tutto, per cui, chiaro, a volte ci abbattiamo. Vai ferito per il cammino, e sembra che non ce la fai più, che le contraddizioni sono più forti di tutte le cose positive, di tutta quella forza che ci vuoi mettere, che non vedi la luce alla fine del tunnel. Ma quando incontrerai Gesù — è una grazia — il buon samaritano che si avvicina per aiutarti, quel Gesù, tutto si rinnova, tu ti rinnovi e puoi con Gesù rinnovare la storia. «Ehi padre non esagerare, come possiamo rinnovare la storia!». Puoi rinnovare la storia. L’ha rinnovata quella ragazza di diciassette anni che a Nazaret ha detto “sì”. Puoi rinnovare la storia.
Il buon samaritano è Cristo che si avvicina al povero, a chi ha bisogno di lui. Il buon samaritano sei anche tu quando, come Cristo, ti avvicini a chi sta accanto a te, e in lui sai scoprire il volto di Cristo. È un cammino di amore e di misericordia: Gesù ci viene incontro, ci guarisce, ci invia a guarire altri. Ci invia a guarire altri. Ci è lecito guardare una persona dall’alto in basso, dall’alto, solamente per abbassarci e aiutarla ad alzarsi. Altrimenti non abbiamo diritto a guardare nessuno dall’alto. Niente puzza sotto il naso, eh! Se guardo dall’alto è per abbassarmi e aiutare a rialzare.
Per poter percorrere questo cammino di aiutare a rialzare altri, non lo dimentichiamo, abbiamo bisogno degli incontri personali con Gesù, di momenti di preghiera, di adorazione e, soprattutto, di ascolto della Parola di Dio. Vi chiedo soltanto: quanti di voi leggono due minuti al giorno il Vangelo? Due minuti, eh! Hai un Vangelo piccolo, lo porti in tasca, in borsa... Mentre vai in autobus, mentre vai in metro o in treno, ti fermi e ti senti a casa, lo apri e leggi due minuti. Provaci. E vedrai come ti cambia la vita. Perché? Perché incontrerai Gesù. Incontrerai la Parola.
La seconda parola è comunione. Non scriveremo la storia da soli; alcuni hanno creduto di farlo, pensano che da soli o con i loro piani costruiranno la storia. Siamo un popolo e la storia la costruiscono i popoli, non gli ideologi. I popoli sono i protagonisti della storia. Siamo una comunità, siamo una Chiesa. E se vuoi costruire come cristiano devi farlo nel popolo di Dio, nella Chiesa, come popolo. Non in un gruppetto snob o chic, distaccato dalla vita del popolo di Dio. Il popolo di Dio è la Chiesa, con tutta la gente di buona volontà, con i suoi ragazzi, i suoi adulti, i suoi malati, i suoi sani, i suoi peccatori, che tutti siamo! Con Gesù, la Vergine, i Santi che ci accompagnano. Camminare in popolo. Costruire una Chiesa di popolo. Gesù conta su di te e conta anche su di lui, su di lei, su tutti noi, su ognuno. Sappiamo che come Chiesa siamo in un tempo molto speciale, nell’anno del Sinodo dei vescovi che tratterà il tema dei giovani. Voi giovani sarete l’oggetto delle riflessioni di questo Sinodo. E riceveremo anche i vostri apporti, dell’assemblea pre-sinodale che si è tenuta a Roma, con 350 ragazzi e ragazze da tutto il mondo, — cristiani, non cristiani e non credenti — e alla quale hanno partecipato anche 15.000 giovani attraverso le reti sociali, che li hanno sempre tenuti informati. Loro hanno fatto una proposta, hanno studiato per una settimana: litigando, discutendo, ridendo. E quell’apporto giungerà al Sinodo. E lì ci sei tu. Con questo apporto andiamo avanti.
Vi invito a essere partecipi, protagonisti dal cuore di questo evento ecclesiale così importante. Non rimanete in disparte, impegnatevi, dite ciò che pensate. Non siate schizzinosi: «mi ha guardato, mi ha toccato, io la penso diversamente, non sono d’accordo con quello che pensi tu». Tu come vivi? Condividi ciò che vivi! Il Papa vuole ascoltarvi. Il Papa vuole dialogare e cercare insieme nuovi cammini d’incontro, che rinnovino la nostra fede e rinvigoriscano la nostra missione evangelizzatrice.
Voi sapete meglio di me che i computer, i cellulari, vanno aggiornati per funzionare meglio. Anche la nostra pastorale ha bisogno di essere aggiornata, rinnovata, di rivedere la connessione con Cristo alla luce del Vangelo — quello che d’ora in poi porterai in tasca e leggerai due minuti al giorno — guardando al mondo di oggi, discernendo e dando nuove energie alla missione condivisa. È il lavoro che affronterete anzitutto in questi giorni, e che io accompagno con la mia vicinanza e la mia preghiera. E con la mia simpatia.
Diciamo, allora, presenza e comunione. La terza parola è missione. Siamo chiamati a essere Chiesa in uscita, in missione. Una Chiesa missionaria, non chiusa nelle nostre comodità e schemi, ma che esca per andare incontro all’altro. Chiesa samaritana, misericordiosa, in atteggiamento di dialogo, di ascolto. Gesù ci convoca, ci invia e ci accompagna per avvicinarci a tutti gli uomini e le donne di oggi. Così lo ascolteremo la prossima domenica nel Vangelo: «Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo... io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28, 19-20). Andate, non abbiate paura! Voi giovani avete la forza dell’irrequietezza, dell’anticonformismo, — siate anticonformisti — fate chiasso, non lasciate che la storia si scriva fuori, mentre guardate dalla finestra, «non guardate la vita dal balcone», mettetevi le scarpe da ginnastica, uscite con la maglietta di Cristo e mettetevi in gioco per i suoi ideali. Andate con lui a curare le ferite di tanti nostri fratelli buttati ai margini del cammino, andate con lui a seminare speranza nei nostri popoli e nelle nostre città, andate con lui a rinnovare la storia.
Molto spesso avete sentito dire di voi che siete il futuro, in questo caso il futuro della patria. Il futuro sta nelle vostre mani, è vero, perché noi ci fermiamo e voi andate avanti. Ma attenzione: un futuro solido, un futuro fecondo, un futuro che abbia radici. Alcuni sognano un futuro utopico: «No, la storia è già passata; no, quello che c’era prima no, inizia tutto ora». Ora non inizia nulla. Te l’hanno fatto credere. Bernárdez, il nostro poeta, termina un verso dicendo: «quello che l’albero ha di fiorito vive di quello che ha seppellito». Torna alle radici e costruisci il tuo futuro dalle radici, da dove ti viene la linfa: non rinnegare la storia della tua patria, non rinnegare la storia della tua famiglia, non negare i tuoi nonni. Cerca le radici, cerca la storia. E da lì costruisci il futuro. E a quelli che ti dicono, «gli eroi nazionali fanno parte del passato, non hanno più senso, ora tutto inizia di nuovo...», ridi loro in faccia. Sono pagliacci della storia.
Vi invito anche a guardare in questi giorni a Maria, la Vergine del Rosario, che ha saputo stare vicino a suo Figlio accompagnandolo nei suoi misteri di gioia e di dolore, di luce e di gloria. Che Maria, Madre della vicinanza e della tenerezza, Signora dal cuore aperto e sempre disponibile ad andare incontro a quanti hanno bisogno di lei, sia la vostra maestra nel modello della vita di fede. Cercate lì, che lei vi insegna.
Che Gesù vi benedica, che la Vergine Santa si prenda cura di voi, delle vostre famiglie e delle vostre comunità. E, per favore, non dimenticate di pregare per me, perché sappia trasmettere le radici alle nuove generazioni che le faranno fiorire in futuro. E queste siete voi! Grazie!L'Osservatore Romano, edizione quotidiana n. 120 del 29 maggio 2018
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