DISCORSO DEL SANTO PADRE FRANCESCO
AI PARTECIPANTI AL FORUM DEI POPOLI INDIGENI
Sala del Concistoro
Venerdì, 10 febbraio 2023
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Cari fratelli e sorelle!
Ringrazio per questa visita, nel mezzo dei lavori del Forum dei Popoli Indigeni che state realizzando in questi giorni nella sede del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (fida). Il tema di quest’anno — “Leadership climatica dei popoli indigeni: soluzioni basate sulla comunità per migliorare la resilienza e la biodiversità” — è un’opportunità per riconoscere il ruolo fondamentale che i popoli indigeni svolgono nella protezione dell’ambiente ed evidenziare la loro saggezza nel trovare soluzioni globali alle immense sfide che il cambiamento climatico pone ogni giorno all’umanità.
Purtroppo stiamo assistendo a una crisi sociale e ambientale senza precedenti. Se vogliamo veramente prenderci cura della nostra casa comune e migliorare il pianeta in cui viviamo, sono imprescindibili cambiamenti profondi negli stili di vita, sono imprescindibili modelli di produzione e di consumo. Dovremmo ascoltare di più i popoli indigeni e imparare dal loro modo di vivere, per capire in modo adeguato che non possiamo continuare a divorare avidamente le risorse naturali, perché «la terra ci è stata affidata perché possa essere per noi madre, la madre terra, capace di dare quanto necessario a ciascuno per vivere» (Videomessaggio per l’Incontro di 500 rappresentanti nazionali e internazionali: “Le idee di Expo 2015 – verso la Carta di Milano ”, 7 febbraio 2015). Pertanto il contributo dei popoli indigeni è fondamentale nella lotta contro il cambiamento climatico. E questo è dimostrato scientificamente.
Oggi più che mai sono molti quelli che richiedono un processo di riconversione delle strutture di potere consolidate che reggono la società, nella cultura occidentale; essi, al tempo stesso, trasformano le relazioni storiche segnate dal colonialismo, dall’esclusione e dalla discriminazione, dando luogo a un dialogo rinnovato sul modo in cui stiamo costruendo il nostro futuro nel pianeta. Abbiamo urgentemente bisogno di azioni congiunte, frutto di una leale e costante collaborazione, perché la sfida ambientale che stiamo vivendo e le sue radici umane hanno un impatto su ognuno di noi. Un impatto non solo fisico, ma anche psicologico e culturale.
Perciò chiedo ai Governi di riconoscere i popoli indigeni di tutto il mondo, con le loro culture, lingue, tradizioni, spiritualità, e di rispettare la loro dignità e i loro diritti, con la consapevolezza che la ricchezza della nostra grande famiglia umana consiste proprio nella sua diversità. Su questo torno dopo.
Ignorare le comunità originarie nella salvaguardia della terra è un grave errore — è il funzionalismo estrattivo — per non dire una grande ingiustizia. Al contrario, valorizzare il loro patrimonio culturale e le loro tecniche ancestrali aiuterà a intraprendere cammini per una migliore gestione ambientale. In tal senso, è encomiabile il lavoro del fida per assistere le comunità indigene in un processo di sviluppo autonomo, grazie soprattutto al Fondo di Sostegno ai Popoli Indigeni, sebbene questi sforzi vadano ancora moltiplicati e accompagnati da un più deciso e lungimirante processo decisionale, in una transizione giusta.
Desidero soffermarmi su due parole chiave in questo: il buon vivere o il vivere bene, e armonia.
Il vivere bene non è il “dolce far niente”, la “dolce vita” della borghesia “distillata”, no, no. È il vivere in armonia con la natura, il saper cercare non l’equilibrio, no, più dell’equilibrio, l’armonia, che è superiore all’equilibrio. L’equilibrio può essere funzionale, l’armonia non è mai funzionale, è sovrana in sé stessa.
Sapersi muovere nell’armonia: è questo che dà la saggezza che noi chiamiamo il buon vivere. L’armonia tra una persona e la sua comunità, l’armonia tra una persona e l’ambiente, l’armonia tra una persona e tutto il creato.
Le ferite contro questa armonia sono quelle che chiaramente stiamo vedendo che distruggono i popoli: l’estrattivismo, nel caso dell’Amazzonia, per esempio, la deforestazione, o in altri posti l’estrattivismo dell’industria mineraria.
Allora bisogna sempre cercare l’armonia. Quando i popoli non rispettano il bene del suolo, il bene dell’ambiente, il bene del tempo, il bene della vegetazione o il bene della fauna, questo bene generale, quando non lo rispettano, cadono in atteggiamenti non umani, perché perdono il contatto con, dico la parola, la madre terra. Non in un senso superstizioso, bensì nel senso di quella che ci dà la cultura e ci dà questa armonia.
Le culture aborigene non ci sono per essere trasformate in una cultura moderna, no. Ci sono per essere rispettate. [Occorre considerare] due cose: primo, lasciare che proseguano nel loro cammino di sviluppo e, secondo, ascoltare i messaggi di saggezza che ci danno. Perché è una saggezza non enciclopedica. È la saggezza del vedere, dell’ascoltare e del toccare la vita quotidiana.
Continuate a lottare per proclamare questa armonia, perché questa politica funzionalista, questa politica dell’estrattivismo la sta distruggendo. E che tutti possiamo imparare dal ben vivere in questo senso armonioso dei popoli indigeni.
Vi accompagno con la mia vicinanza, vi accompagno con la mia preghiera. Che Dio vi benedica, che benedica le vostre famiglie, che benedica le vostre comunità, e vi illumini nei lavori che state realizzando, a favore di tutto il creato. E vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me. E se qualcuno non prega, che mi mandi “onde positive”, che qui ce n’è bisogno. Grazie.
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L'Osservatore Romano, Anno CLXIII n. 34, venerdì 10 febbraio 2023, p. 8.
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