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CHIROGRAFO
DEL SOMMO PONTEFICE
GREGORIO XVI

CI È STATO

 

Al reverendissimo Cardinale Agostino Rivarola, Prefetto della Nostra Congregazione delle Acque, Chiane e Paludi Pontine.
Il Papa Gregorio XVI.

Ci è stato rappresentato che, sebbene le acque del fiume Aniene nella Nostra città di Tivoli siano state frenate e regolate con un robusto muraglione, fatto erigere dal Nostro Predecessore Leone XII dopo la celebre e straordinaria rotta avvenuta il 16 novembre 1826, e sebbene con questa opera, degna della più alta lode, si sia ridonata l’attività agli opifici, il corso alle fonti e lo splendore a quelle singolari bellezze della natura, pure i pericoli affrontati e le difficoltà superate per innalzare l’acqua all’antico livello, nonché le gravi spese sostenute a quest’effetto, non sono state sufficienti a calmare i timori di nuove disgrazie sempre cresciuti in quella popolazione, e ad assicurare il Governo, sempre vigile sulle continue evenienze in rapporto all’indole devastatrice di quel fiume. Ci è stato inoltre fatto rilevare che, secondo i rapporti della commissione speciale composta dai professori Oddi matematico, Carpi mineralogico e Folchi idraulico, intervenuti sul luogo per ordine dell’altro Nostro Predecessore Pio VIII nell’anno 1829, non è assolutamente sicura quella parte della città di Tivoli, che trovasi alla sinistra del fiume Aniene. Attesa la poca solidità, incerta ancora e variabile, della roccia; l’abbassamento considerevole della platea avvenuto in pochi anni; il debole sostegno che il pilone somministra alle volte naturali della grotta di Nettuno ed al monte, si potrebbe temere il ripetersi dei funesti avvenimenti dell’anno 1826, e delle inevitabili conseguenze, tanto gravi e sensibili, a quegli abitanti Tiburtini ed al Governo.

Ci è stato eziandio fatto conoscere che la Congregazione deputata e composta degli eminentissimi Cardinali Giuseppe Albani, Ercole Dandini e voi, dopo essersi individualmente portata in Tivoli, accompagnata da monsignor tesoriere della Nostra Camera, onde riconoscere lo stato di quelle opere, e dopo avere maturamente esaminato e completamente discusso il partito da prendersi, nell’adunanza del 15 settembre 1830 opinò e all’unanimità decise essere conveniente non solo, ma indispensabile, la diversione dell’Aniene entro il monte Catillo, proposta dalla commissione speciale. Noi, per la conoscenza che abbiamo della località del fiume e di quelle situazioni, siamo persuasi che sia necessario un provvedimento, il quale rimuova con un’opera decisiva tanti pericoli, ridoni la quiete in quella città, assicuri l’utilità che da quegli opifici deriva ai proprietari, alla Capitale ed allo Stato, e ponga fine a tante spese annuali per mantenere il fiume in quel posto, desiderando inoltre che sia tolta di mezzo ogni remora al sollecito disbrigo della stessa opera , che può considerarsi come causa pubblica e di pubblico interesse, e finalmente volendo accondiscendere alle suppliche fatteci presentare dalla magistratura della città di Tivoli, con le quali implora che le Nostre determinazioni appaiano e si conservino a perpetua memoria nei modi e nelle forme più solenni.

Col presente Chirografo, in cui abbiamo per espresso e di parola in parola inserito il tenore del progetto della commissione speciale, a Noi già presentato, le dimensioni, il metodo di esecuzione, il tempo del lavoro in esso progetto contenuto, ed in ogni altra cosa quanto si voglia necessaria ad esprimersi, di Nostro motu proprio, certa scienza e pienezza della Nostra suprema ed assoluta potestà, approvando e pienamente confermando la predetta risoluzione della Congregazione deputata, ordiniamo e comandiamo che si esegua il progetto medesimo compilato dalla commissione speciale, a cui Ci riportiamo, e nel quale in sostanza si trova sviluppato il modo di allontanare dalla città di Tivoli il fiume Aniene, divertendolo dall’attuale corso e caduta, rivolgendolo a destra sotto il monte Catillo, alla vigna Lolli, a metri 51 sopra il diversivo della stipa, ove gli si prepara un alveo sotterraneo nelle viscere del monte Catillo, lungo metri 294, a due cunicoli, ciascuno dei quali ha nell’imbocco (posto col ciglio all’altezza dell’attuale chiusa) la larghezza di metri 10, la cui sezione è costituita da un rettangolo alto due metri, sormontato da un arco gotico, formato di due archi circolari del raggio di metri 111/2. Questi cunicoli saranno formati con la pendenza e sezione competenti; così per un largo e declive sbocco si emette il fiume nell’opposto fianco del monte, sotto l’Icona del Salvatore, nella strada Quintiliolo, dove precipita nell’alveo inferiore, al di là della grotta delle Sirene; questa diversione, passando sotto la via Valeria, offre eziandio il vantaggio di risparmiare la necessaria e reclamata costruzione del gran ponte sopra l’attuale chiusa, sempre pericoloso, e calcolato sopra scudi trentamila.

Concediamo poi a voi, Prefetto della Nostra Congregazione delle Acque, di cui conosciamo la probità, lo zelo e l’intelligenza, nonché ai Prefetti pro tempore la più ampia, libera ed assoluta facoltà di approvare quelle modificazioni al progetto che, in corso di esecuzione, dal direttore si credessero adottabili, ed a voi o ai vostri successori venissero proposte; commettendovi l’intiera esecuzione di quanto sopra. E poiché riteniamo che la spesa, calcolata in scudi quarantottomila, debba per le circostanze impreviste ed imprevedibili considerarsi in somma maggiore, così ordiniamo che debba rimanere in vigore il riparto già approvato per la spesa principale, cioè per cinque decimi sopra tutte le comunità, ossia tutti i possidenti dello Stato; per due decimi sopra la comunità di Tivoli, e per tre decimi sopra il pubblico Erario; in conseguenza di che comandiamo che il centesimo sopra imposto alla dativa reale, per ricavare i cinque decimi a carico di tutti i possidenti dello Stato,debba conservarsi in attività, finché si sia ottenuto da tale sovraimposta il fondo necessario. Questo fondo sarà a disposizione di voi e dei Prefetti pro tempore, da erogarsi nelle spese che occorreranno nell’andamento di simili lavori; e per quanto riguarda il sopraccarico suddetto, il Nostro monsignore tesoriere pro tempore dovrà trasmettere ad ogni richiesta vostra e dei vostri successori i relativi ordini, sui quali voi e i predetti successori vostri, presso i certificati dell’ingegnere esecutore, visti ed approvati dall’ingegnere direttore, possiate spedire i mandati di pagamento.

Vogliamo poi che i lavori nel genere, quantità e tempo proposto nel piano anzidetto, siano diretti dall’architetto idraulico Clemente Folchi, ingegnere della Nostra Congregazione, lasciando a voi la nomina di un abile ingegnere esecutore dell’opera, dipendente dall’ingegnere direttore e dalla predetta Nostra Congregazione, la quale terrà scrittura a parte dell’amministrazione, e resterà a cura e diligenza di monsignor tesoriere l’intera esigenza e riparto, del quale avrà poi ragione con la detta Congregazione delle Acque. E per la effettuazione delle cose premesse ordiniamo a voi ed ai Prefetti pro tempore della Nostra Congregazione delle Acque, che in nome Nostro facciate quali che siano gli atti e i decreti; diate gli ordini necessari a chi spetta; prendiate qualunque espediente che stimerete opportuno; e farete tutto ciò che giudicherete necessario, dandovi Noi, oltre le facoltà che vi competono come Prefetto della nominata Nostra Congregazione, tutte le altre in qualunque modo necessarie ed opportune, e specialmente di procedere anche contro le persone ecclesiastiche, secolari, regolari, ed altri in qualunque modo privilegiati ed esenti, e che per comprenderli fosse necessario farne specifica ed individua menzione, ed approvando Noi adesso, preventivamente, tutto e quanto sarete per fare ed operare per la pronta esecuzione di quanto abbiamo, come sopra, disposto ed ordinato; essendo così mente e volontà Nostra precisa ed espressa.

Volendo e decretando che il presente Nostro Chirografo, benché non ammesso, né registrato in Camera, valga e debba avere sempre il suo pieno effetto, esecuzione e vigore, con la Nostra semplice sottoscrizione, e che non gli si possa da chicchessia opporre di orrezione, surrezione, né di alcun altro vizio o difetto della Nostra volontà ed intenzione, e che così, e non altrimenti, debba nelle cose premesse e ciascheduna di esse giudicarsi, decidersi ed interpretarsi da voi, dai vostri successori, dalla detta Congregazione, dalla Nostra piena Camera, Rota e da qualunque altro giudice e tribunale sebbene collegiale e composto di reverendissimi Cardinali, togliendo loro ed a ciascuno di essi la facoltà ed autorità di giudicare ed interpretare diversamente, e dichiarando da ora preventivamente nullo, irrito ed invalido tutto ciò che si facesse in contrario, benché non siano state chiamate e sentite quali che siano le persone privilegiate e privilegiatissime, ecclesiastiche, luoghi pii, che avessero o pretendessero avervi interesse; e che per comprenderle vi fosse bisogno d’individualmente ed espressamente nominarle.

Nonostante la costituzione di Pio IV De registrandis, la regola della Nostra cancelleria de iure quaesito non tollendo, e nonostante ancora tutte e quali che siano altre costituzioni Nostre e dei Nostri Predecessori, ordinazioni, brevi, decreti, chirografi, bandi, editti, leggi, statuti, riforme, stili e consuetudini, ed ogni altra cosa che facesse o potesse fare in contrario, alle quali tutte e singole, avendone qui il tenore per espresso e di parola in parola inserito, per questa sola volta ed all’effetto predetto, pienamente, espressamente ed in ogni più valida maniera deroghiamo.

Dato dal Nostro palazzo apostolico al Vaticano, questo dì 9 giugno 1832, anno secondo del Nostro Pontificato.



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