GIOVANNI PAOLO II
ANGELUS
Domenica, 3 novembre 1985
1. Grande festa oggi per la Chiesa. La schiera dei Beati si è arricchita di una luce nuova: padre Tito Brandsma, insigne figlio della terra olandese e della famiglia religiosa dei Carmelitani, morto nel campo di sterminio di Dachau il 26 luglio 1942.
Il nuovo Beato Martire ha reso a Cristo la sua invitta testimonianza in grado eroico.
Questo della testimonianza è un tema di vitale importanza, da quando Gesù, prima di salire al cielo, disse ai discepoli: “Mi sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria e fino agli estremi confini della terra” (At 1, 8).
Nelle pagine del Concilio esso ricorre con frequenza, emergendo dalle varie angolazioni da cui è scrutato il mistero della Chiesa, e prima di tutte dall’angolazione spirituale. Il Vaticano II, infatti “sottolinea esplicitamente che la testimonianza consiste nel credere e nel professare la fede, cioè nell’accogliere la testimonianza di Dio stesso e in pari tempo nel rispondere ad essa con la propria testimonianza. In tale impostazione ritroviamo il fondamentale dinamismo del dialogo della salvezza” (Karol Wojtyla, Alle fonti del rinnovamento, LEV, 1981, pp. 187-188).
2. All’origine vi è, dunque, la testimonianza di Cristo, il quale “compie e completa la rivelazione e la corrobora con la testimonianza divina, che cioè Dio è con noi per liberarci dalle tenebre del peccato e della morte e risuscitarci per la vita eterna” (Dei Verbum, 4).
Da questa originaria sorgente scaturisce per ogni cristiano il dovere di rendere, a sua volta, una personale testimonianza. Il Concilio lo ribadisce ripetutamente, ponendo in risalto il valore specifico che l’adempimento di tale dovere riveste in rapporto alle singole categorie. “I vescovi devono compiere il loro ufficio apostolico come testimoni di Cristo davanti a tutti gli uomini” (Christus Dominus, 11). I sacerdoti “devono rendere a tutti la testimonianza della verità e della vita” (Lumen gentium, 28). “Ogni laico deve essere davanti al mondo testimone della risurrezione e della vita del Signore Gesù” (Ivi, 38).
La testimonianza più alta è il martirio. La costituzione Lumen gentium rileva che il martirio è “stimato dalla Chiesa come il dono eccezionale e la suprema prova della carità” e che “se a pochi il martirio è concesso, devono però tutti essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini” (Ivi, 42).
3. Il prossimo Sinodo, nelle sue riunioni di preghiera, di meditazione, di studio costituirà esso stesso un atto di testimonianza.
Un atto solenne, qualificato nella dimensione della collegialità episcopale e della rappresentatività ecclesiale. Come tale, il Sinodo sarà in grado di offrire indicazioni concrete per irrobustire dappertutto la testimonianza cristiana, che il Concilio ci ha trasmesso quale obbligante consegna.
Con questo auspicio, invochiamo il nuovo Beato accanto a Maria, Regina dei Martiri.
A tutti i pellegrini olandesi, giunti a Roma per la beatificazione di padre Tito Brandsma, Giovanni Paolo II rivolge, al termine dell’incontro per la recita dell’Angelus Domini, le seguenti parole di saluto.
Saluto ai pellegrini olandesi
Un saluto particolarmente cordiale a tutti i neerlandesi qui convenuti per la beatificazione del grande carmelitano padre Tito Brandsma, sacerdote e martire. Egli era pure frisone e neerlandese. Abbiamo potuto constatare questo stamane a San Pietro adorna di meravigliosi fiori. Ben volentieri ringrazio tutti coloro che in un modo o nell’altro, con preghiera e lavoro, si sono prodigati per la beatificazione.
Possa il beato Tito essere un forte intercessore per voi, le vostre famiglie e la vostra diletta patria.
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