GIOVANNI PAOLO II
REGINA COELI
Domenica, 7 aprile 1991
1. Una delle ragioni, per le quali l’emergere della “questione operaia” nel secolo scorso mise in allarme i poteri politici e sociali del tempo, fu il carattere conflittuale con cui erano vissuti i rapporti tra le classi. Il “sentimento delle proprie forze, divenuto più vivo” e “l’unione fra loro più intima” inducevano gli operai, secondo la diagnosi di Leone XIII nella Rerum Novarum, a rivendicare i propri diritti alla dignità e al giusto compenso del lavoro con particolare energia, giungendo a volte a quell’estremismo che è sempre stato una tentazione per chi protesta contro reali o presunte ingiustizie. Si verificava così una triste legge di sempre: l’“odio per i ricchi, attizzato nei poveri”, portando alla manomissione di altri diritti e allo scompiglio dell’ordine sociale, invece che contribuire alla soluzione della contesa, si risolveva in nuovi danni per la società e specialmente per gli stessi operai.
2. A tale concezione della conflittualità e, in definitiva, del “duello implacabile tra i ricchi e i poveri, come se una classe fosse naturalmente nemica dell’altra”, Leone XIII contrappose l’idea evangelica della riconciliazione e della collaborazione, ricordando agli uni e agli altri i “mutui doveri” ed invitando tutti a percorrere non la via della violenza, ma del diritto, e quindi del rinnovamento legislativo e istituzionale, in vista di un migliore equilibrio all’interno del corpo sociale.
A tal fine il Papa, mentre richiamava gli operai a “prestare interamente e fedelmente l’opera pattuita liberamente e secondo equità”, astenendosi “da atti violenti nella difesa dei propri diritti”, riprovava ogni abuso commesso contro di essi da datori di lavoro incuranti della loro dignità e delle loro esigenze fisiche e morali. Anche queste, infatti, erano forme di violenza, che il Papa esortava ad eliminare “dando a ciascuno la giusta mercede”, “non opprimendo per utile proprio i bisognosi e gli infelici”, “non danneggiando i piccoli risparmi dell’operaio, né con la violenza, né con usure manifeste o palliate”.
3. A distanza di un secolo dalla Rerum novarum possiamo costatare con soddisfazione che nella impostazione dei rapporti economico-sociali il progresso istituzionale e legislativo è stato notevole ed è cresciuto negli operai e nelle loro organizzazioni il desiderio di evitare la violenza. Il metodo della non-violenza ha anzi acquistato consensi anche nel campo politico, fino a far apparire come un rigurgito di barbarie ogni forma di terrorismo e di ricorso alla forza per risolvere i conflitti tra gli Stati o tra i popoli. Occorre, tuttavia, che si progredisca ulteriormente su questa strada anche nei rapporti con lavoratori e cittadini appartenenti a comunità, razze, nazioni diverse e che, con sapienti ed eque norme legislative, si arrivi a nuove istituzioni di grande respiro, rispondenti ai processi di unificazione culturale, sociale e politica in corso nel mondo.
Affidiamo all’intercessione della Vergine Santissima l’impegno dei cattolici e di ogni persona di buona volontà per l’attuazione di questo vasto rinnovamento, da cui dipendono in non piccola parte l’operosa concordia dei cittadini e la pace sociale.
Accorato appello in favore dei popoli minacciati dalla guerra e dalla mancanza di cibo Queste le parole pronunciate dal Santo Padre.
In questo tempo in cui la luce di Pasqua illumina il mondo e rafforza la speranza nel cuore degli uomini, desidero invitarvi a pregare per molte persone che soffrono.
Ricordo innanzitutto coloro che sono privati della libertà con la crudele e iniqua pratica dei sequestri: penso alle persone che in Italia ancora sono trattenute dai loro rapitori e penso ad alcuni Paesi del Medio Oriente, in particolare al Libano e all’Iraq, dove da anni numerose persone sono racchiuse in prigioni, senza che di essi si abbiano notizie.
Ricordo poi le popolazioni che, in Sudan, dopo anni di dure prove causate dalla guerra, continuano a soffrire a motivo di una drammatica carestia e rischiano a milioni di morire di fame. Che il Signore sostenga gli sforzi delle organizzazioni umanitarie che operano nel Paese e illumini i responsabili delle diverse parti, affinché sia facilitata la lodevole opera di solidarietà anche con la creazione di appositi “corridoi di pace” per poter giungere rapidamente ad aiutare le popolazioni che soffrono.
In tale contesto, non posso dimenticare i popoli della Somalia e dell’Etiopia, ancora minacciati dalla guerra e dalla mancanza dei mezzi di sostentamento più essenziali.
Un ricordo molto particolare va alle provate popolazioni curde dell’Iraq, che stanno vivendo situazioni drammatiche. Non solo, infatti, rischiano di morire di fame e di freddo migliaia di bambini, di donne e di anziani, ma è messa in pericolo la stessa sopravvivenza di quella intera comunità.
Faccio appello alla coscienza dei responsabili delle Nazioni e di quanti hanno a cuore le sorti dei popoli perché sia portato rimedio a tale tragedia, trovando una soluzione giusta e adeguata.
L’invocazione di aiuto di tanti innocenti non rimanga inascoltata!
Affidiamo queste nostre preghiere alla Vergine Santissima, Madre di Misericordia.
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