VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SANTA MARCELLA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 6 febbraio 1983
1. Cari fratelli e sorelle!
Seguiamo oggi le letture della Liturgia domenicale cercando di scoprire ciò che le unisce internamente.
Ecco - nella prima Lettura - il profeta Isaia che diventa testimone della presenza di Dio che è tre volte santo. Gli Angeli, i puri spiriti, rendono testimonianza a questa santità e alla gloria di Dio: “Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti. Tutta la terra è piena della sua gloria” (Is 6, 3).
Ed ecco che il profeta si rende consapevole dinanzi a questa visione di essere egli stesso un uomo indegno: “Io sono perduto, perché un uomo dalle labbra impure io sono e in mezzo a un popolo dalle labbra impure io abito” (Is 6, 5).
Resosi egli consapevole della sua indegnità, “uno dei serafini” gli toccò le labbra con un carbone che aveva preso dall’altare e disse: “È scomparsa la tua iniquità e il tuo peccato è espiato” (Is 6, 7). Così in quella visione, il profeta sperimenta la santità di Dio, la propria umana peccaminosità e il perdono. In questo modo anch’egli viene preparato affinché Dio gli affidi la sua missione: “Eccomi, manda me” (Is 6, 8).
2. In altro modo Simon Pietro sperimenta la santità di Dio e la propria peccaminosità. Ciò accade nei pressi del lago di Genesaret, o piuttosto già sul lago, quando, sulla parola di Cristo, gli Apostoli hanno preso il largo per la pesca. Lo hanno fatto esclusivamente per ordine di Cristo; infatti loro stessi piuttosto dubitavano dell’efficacia dei loro sforzi messi in atto nel corso della notte precedente.
E quando questa volta “presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano” (Lc 5, 6), e dovevano cercare l’aiuto di un’altra barca, allora Simon Pietro “si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: Signore, allontanati da me che sono un peccatore” (Lc 5, 8).
Come nel passato al profeta, così ora a lui si è rivelata la sovrana presenza di Dio nel creato: si è manifestata nella pesca miracolosa. E attraverso questa presenza egli sperimenta, così come una volta Isaia, la santità di Dio insieme con la propria peccaminosità umana. Sperimenta l’una mediante l’altra. E così, come il profeta - dopo questa esperienza purificatrice - sente le parole: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 10). È stato mandato dal Signore.
3. San Paolo, nella prima Lettera ai Corinzi, ricorda come Cristo, dopo la sua risurrezione, apparve in diversi luoghi ai suoi discepoli. E aggiunge: “Ultimo fra tutti apparve anche a me come a un aborto” (1 Cor 15, 8).
Di nuovo l’esperienza della santità di Dio va insieme col senso della propria peccaminosità. Paolo confessa che non è “degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ha perseguitato la Chiesa di Dio” (1 Cor 15, 9). E aggiunge: “Per grazia di Dio, però sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (1 Cor 15, 10).
La descrizione di Paolo ha carattere retrospettivo. L’Apostolo fa riferimento alla sua conversione, presso le porte di Damasco. Egli sperimentò allora direttamente la santità e la potenza del Risorto, e allo stesso tempo la propria peccaminosità. In seguito, questa esperienza vive in lui e si sviluppa: ecco che è consapevole della grandezza della grazia, che opera in lui. È fedele a questa grazia, collabora con essa, lavora anche più degli altri. Tuttavia è convinto di non essere lui, ma la grazia di Dio in lui ad operare ciò che fa.
4. Nella liturgia odierna tocchiamo i problemi più profondi. I problemi che sono più importanti in ogni uomo. I rapporti che si svolgono tra Dio stesso e l’anima dell’uomo. Si svolgono sempre, anche se a volte diventano particolarmente eloquenti ed espressivi. Allora avviene sempre che l’uomo ci veda più chiaro: da una parte l’infinita santità di Dio; dall’altra la propria debolezza e indegnità. Si può dire che l’uomo vede allora Dio e se stesso nella luce più piena. E allora si compie una speciale conversione. L’uomo si rivolge a Dio con maggior forza di convinzione e interna dedizione. A pari passo di ciò avviene il distacco da sé e la più profonda purificazione.
L’esempio del profeta Isaia, l’esempio di Simon Pietro lo indicano con grande semplicità e potenza. Le parole di san Paolo provano come l’uomo, profondamente convertito a Dio, vive sempre con la sua santità e grazia.
5. La vostra parrocchia, che ho la gioia di visitare oggi, costituisce la comunità degli uomini battezzati, per i quali l’esempio del profeta Isaia, di Simon Pietro e di Paolo di Tarso deve essere vicino e attraente. Infatti, che cosa è più importante se non vivere nella carità della interiore comunione con Dio, per poter coltivare in se stessi la sua grazia e collaborare sempre con essa?
Ogni cristiano è chiamato alla santità, come ha ricordato l’ultimo Concilio Vaticano II. E la comunità cristiana deve distinguersi sia con il vivo desiderio della santità, sia pure con una particolare venerazione di ciò che è santo. Bisogna sviluppare in se stessi questa venerazione e sostenerla, anche nelle manifestazioni quotidiane della vita, come per esempio il modo di comportarsi nei luoghi sacri, in particolare dinanzi al Santissimo Sacramento, o il modo di esprimersi, specie quando si tratta di pronunciare i nomi dei Santi. Se ci accompagna il senso profondo della santità di Dio, allora tutta la nostra vita assume quasi una nuova forma e una nuova dignità.
Vi auguro cordialmente che in questa direzione vadano gli sforzi sia di ognuno dei membri della vostra Comunità parrocchiale, sia il lavoro dell’intera Comunità.
6. Sono lieto di essere con voi in questa domenica e saluto cordialmente tutti: il Cardinale Vicario, il parroco, i sacerdoti, i religiosi e religiose, i fedeli tutti.
Come ogni parrocchia, anche voi avete i vostri problemi: penso al problema di trasmettere e recepire l’unico e universale messaggio di Cristo pur nella varietà di una popolazione molto differenziata dal punto di vista socio-culturale, e quindi alla necessità di saper adattare le forme espressive alla varietà degli ambienti, senza intaccare l’integrità dei contenuti. Penso al problema della solitudine degli anziani, al problema alla formazione dei giovani, forse attratti o tentati da ideali di benessere materialista ed egoista, che ne ha portati alcuni fino alla terribile esperienza della droga.
Miei cari fratelli e sorelle, sono convinto che nella vostra Comunità parrocchiale non mancano le forze umane e soprannaturali per affrontare e gradualmente risolvere tali gravi problemi. So dell’esistenza di numerosi gruppi parrocchiali laicali e Comunità religiose, nonché dell’impegno libero e personale di altri fedeli. Ebbene, si tratta, io credo, di accentuare soprattutto la vostra apertura missionaria, in unità e reciproca complementarità d’intenti, con fiducia e perseveranza, con una testimonianza di amore alla verità, di conversione, di giustizia e di carità. Comunicare al mondo l’esperienza della santità e della potenza di Dio, inscindibilmente connessa con quella della propria indegnità, come c’insegnano le Letture della Liturgia di oggi. Da dove sono scaturite le grandi opere di carità di Santa Marcella, se non da questa esperienza, propria del cristiano, attinta e fondata sulla Parola di Dio contenuta nella Scrittura?
Come dimostra tutta la storia del cristianesimo, il cristiano è fatto per affrontare le situazioni e i problemi più difficili e scoraggianti, quelli ai quali la società terrena non sa o non vuole far fronte. Uno di questi problemi è oggi quello della droga. Il cristiano, davanti a un problema come questo, non può lasciarsi prendere dal fatalismo e da quel senso d’impotenza che può esser proprio di chi non ha fede. Il cristiano, nonostante la sua debolezza e indegnità, è chiamato ad essere, con la potenza di Cristo, un “pescatore di uomini”, un salvatore dell’uomo.
7.Quando Simon Pietro sperimentò la potenza di Dio nella meravigliosa pesca, rivolse la parola a Cristo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore” (Lc 5, 8). Queste parole furono una confessione della santità del Maestro e della propria indegnità. Ma Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 10). E l’Evangelista aggiunge: “Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono” (Lc 5, 11).
L’esperienza della santità di Dio e della propria peccaminosità non allontana l’uomo da Dio, ma lo avvicina a lui. Anzi, l’uomo convertito diventa confessore e apostolo. Le intenzioni di Dio gli diventano vicine e care. E la sua vita assume il più pieno significato e valore.
Che noi tutti possiamo in questa vita avvicinarci sempre a Dio e diffondere nel nostro mondo umano il suo Vangelo.
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