VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN FILIPPO NERI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
I Domenica di Avvento, 27 novembre 1983
1. “Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno” (Rm 13, 11).
Con queste parole, cari fratelli e sorelle, la Liturgia odierna si rivolge a ciascuno di noi insegnandoci ad accogliere l’appello che ci viene dall’inizio dell’Avvento. Svegliarsi dal sonno vuol dire aprire il cuore a quella realtà divina che si è legata al tempo umano. Per questo è detto: “la salvezza è più vicina”.
L’Avvento è come una prima dimensione di questo legarsi della Realtà divina al tempo umano. Questo legame si rispecchia nell’anno liturgico: la domenica prima di Avvento è al temo stesso l’inizio del nuovo anno liturgico.
2. Ecco è contemporaneamente l’Avvento dell’Anno Santo della Redenzione. Questo Giubileo straordinario della Redenzione ha uno specifico carattere di “avvento”: prepara al terzo millennio dopo Cristo. Da qui risalta la particolare eloquenza dell’Avvento di questo anno, che deve esprimere quell’atteggiamento della Chiesa, del quale già parlavo nella Bolla d’indizione (Giovanni Paolo II, Aperite portas Redemptori, 7), per cui essa “si sente particolarmente impegnata alla fedeltà ai doni divini, che hanno nella Redenzione di Cristo la loro sorgente, e mediante i quali lo Spirito Santo la guida al suo sviluppo e rinnovamento, perché diventi sposa sempre più degna del suo Signore. Per questo essa confida nello Spirito Santo e alla sua misteriosa azione vuole associarsi come la Sposa che invoca l’avvento di Cristo” (cf. Ap 22, 17).
Questo particolare carattere di “avvento” proprio del presente Anno Santo, dev’essere vissuto dalla Chiesa “con gli stessi sentimenti con i quali la Vergine Maria attendeva la nascita del Signore nell’umiltà della nostra natura umana. Come Maria ha preceduto la Chiesa nella fede e nell’amore all’alba dell’era della Redenzione, così oggi la preceda mentre, in questo Giubileo, si avvia verso il nuovo millennio della Redenzione” (Giovanni Paolo II, Aperite portas Redemptori, 9).
3. “Consapevoli del momento”: che cosa vuol dire? “Andiamo con gioia incontro al Signore”.
L’Avvento è la gioiosa prospettiva di “andare alla casa del Signore” (cf. Sal 121, 1): di giungere al termine di questo grande “pellegrinaggio” che dev’essere la vita terrena. L’uomo è chiamato ad abitare nella “casa del Signore”. Lì c’è la sua vera “casa”. Il pellegrinaggio dell’Anno Santo è una figura del nostro cammino verso la casa del Padre, e l’Avvento ci stimola ad accelerare con speranza questo cammino.
L’Avvento è attesa del “giorno del Signore”, cioè dell’“ora della verità”. È l’attesa di quel giorno nel quale” egli sarà giudice fra le genti e sarà arbitro fra molti popoli” (Is 2, 4). Questa pienezza di verità sarà il principio e il fondamento della pace definitiva e universale, che è l’oggetto della speranza di tutti gli uomini di buona volontà.
L’Avvento è una riconferma dell’eterno cammino dell’uomo verso Dio; è un nuovo inizio, ogni anno, di questo cammino: la vita dell’uomo non è una strada impraticabile, ma via che conduce all’incontro col Signore! Vi è pure in questa invocazione della prima domenica d’Avvento quasi un preannunzio di quelle vie che nella notte di Betlemme condurranno i pastori e i re Magi dall’Oriente verso il neonato Gesù.
4. “Consapevoli del momento”: che cosa vuol dire? “Rivestitevi del Signore Gesù Cristo” (Rm 13, 14):
- la via dell’Avvento conduce verso l’interno dell’uomo, che in diversi modi è appesantito dal peccato, come attesta la seconda lettura;
- l’incontro di cui si parla sopra non si realizza soltanto “dal di fuori”, ma anche “dal di dentro”, e consiste in una tale trasformazione dell’interno dell’uomo, da corrispondere alla santità di Colui con cui ci si incontra: in tal modo consiste nel “rivestirsi del Signore Gesù Cristo”;
- il senso “storico” dell’Avvento è penetrato dal senso “spirituale”. Difatti, l’Avvento non vuol essere solo la memoria del periodo storico che ha preceduto la nascita del Salvatore, anche se esso, così inteso, ha già di per sé un altissimo significato spirituale. Al di là di ciò, tuttavia, e più profondamente, l’Avvento ci vuol ricordare che tutta la storia dell’uomo e di ciascuno di noi va intesa come un grande “Avvento”, come un’attesa, istante per istante, della venuta del Signore, così che egli ci trovi pronti e vigilanti per poterlo degnamente accogliere.
5. “Consapevoli del momento” significa: “Vegliate . . . perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (Mt 24, 42):
- il legarsi di Dio, della realtà divina, con il tempo umano, da una parte riconferma la limitatezza di questo tempo, che ha un termine, e dall’altra parte apre questo tempo all’eternità di Dio e alle “realtà ultime” collegate con essa;
- l’Avvento ha un significato “escatologico,” in quanto richiama il nostro pensiero e i nostri intenti alle realtà future. Esso ci ricorda la meta ultima del nostro cammino, e ci stimola ad impegnarci nelle realtà terrene senza lasciarsi sommergere in esse, ma al contrario, guidandole verso quelle celesti; ci esorta a prepararci bene a queste ultime, in modo che l’avvento del Signore non ci trovi impreparati e maldisposti;
- “Vegliate”: lo spirito dell’uomo “svegliato” alla realtà divina, attirato mediante ciò stesso verso i suoi eterni destini in Dio, deve animare tutta la temporalità con una nuova consapevolezza.
6. Fratelli e sorelle carissimi della parrocchia di San Filippo Neri, a tutti voi va il mio affettuoso saluto, mentre ringrazio il Signore per aver concesso questo incontro. Il mio pensiero benedicente va al Cardinal Vicario, al parroco don Amedeo Zanotti e ai suoi collaboratori, sacerdoti, religiosi e laici, ai giovani, agli anziani, ai fanciulli, alle famiglie, ai lavoratori, ai malati, a tutti.
La vostra parrocchia, fondata dai sacerdoti qui inviati da don Calabria, con l’aiuto del Signore, sta sempre più chiarendo il senso del vero rinnovamento conciliare, e i frutti di tale fervoroso impegno cominciano a farsi sentire nel rifiorire delle vocazioni religiose e sacerdotali, in una più intensa partecipazione alla Liturgia, in una maggiore coscienza del valore della comunità parrocchiale e dell’essenziale presenza, in essa, del ministero laicale, e in una pratica più generosa delle opere della carità e della misericordia.
Una comunità parrocchiale unita e fervente può svolgere, con la forza dello Spirito Santo, un ruolo essenziale nel diminuire la distanza tra il modello evangelico che essa propone al mondo e le reali condizioni del mondo stesso, sempre in qualche misura refrattario, finché siamo quaggiù alla chiamata evangelica, alla conversione e alla penitenza. Questo fatto, tuttavia, lungi dall’affievolire la testimonianza da dare al mondo, deve rafforzarla sempre di più, nella fermissima convinzione che il mondo, nonostante tutto, ha un assoluto bisogno di Gesù crocifisso e risorto. La potenza della sua grazia, in modo speciale attraverso il carisma dei laici cristiani, può e deve penetrare e animare evangelicamente tutti gli ambienti secolari della famiglia e del lavoro, della scuola, della società e della cultura.
7. Nella prima domenica d’Avvento di questo Giubileo straordinario della Redenzione mi è dato, come Vescovo di Roma, di visitare la vostra Comunità, posta sotto la protezione di san Filippo Neri, un fiorentino trapiantato a Roma, dove per lunghi anni ebbe modo di irradiare quella sua caratteristica serenità e gioiosa bontà, e di esprimere quelle sue straordinarie doti di pastore e di educatore, che lo rendono anche oggi un grande maestro di vita cristiana, un fratello che ci prepara alla venuta di Cristo.
Auspico di cuore che questa visita ci permetta di aprire maggiormente gli occhi dell’anima alla realtà divina e per così dire di svegliarci nuovamente ad essa. Che ci permetta contemporaneamente di trasformarci interiormente, che la nostra umanità, in modo sempre più maturo, si rivesta del Signore Gesù Cristo.
Con nuova gioia muoviamoci verso l’incontro col Signore che deve venire, come ogni anno, nella solennità del Natale; verso il Signore che dobbiamo incontrare anche al termine delle nostre vie terrene. Infatti l’Avvento ci ricorda, ogni anno, che la vita umana non è una strada impraticabile verso Dio, ma è una vera via fatta propria dal Verbo divino.
Ai ragazzi delle scuole elementari e medie
Carissimi, oggi, prima domenica d’Avvento - e abbiamo anche un po’ di vento - mi rallegro di poter visitare la vostra parrocchia, la parrocchia di san Filippo Neri. Il primo incontro che avviene durante questa visita è con voi, con i ragazzi e le ragazze delle scuole e dei vari gruppi che si preparano alla prima Comunione e alla Cresima e con i più piccoli degli asili che sono sotto la protezione delle suore.
Vi saluto tutti cordialmente, i vostri genitori e i vostri catechisti e catechiste, tutti quelli, insomma, che seguono la vostra formazione religiosa. Mi rallegro della presenza di tutti. Sappiamo bene che san Filippo Neri è un patrono di Roma, sappiamo anche che è un santo molto gioioso. Sono contento che la vostra parrocchia si trovi sotto il suo patronato. Ma vi auguro anche la gioia che deriva dal tempo di Avvento, tempo di preparazione alla venuta del Signore.
Questa preparazione ci fa gioire, se abbiamo un cuore puro, perché col cuore puro possiamo accogliere Gesù nel mistero del suo Natale. Così io vi auguro questa gioia che ha caratterizzato san Filippo Neri, la gioia che proviene dalla grazia del Signore. Questa gioia che ci fa aprire il cuore al Signore, incontrare il Signore nel suo Avvento. Una buona preparazione ai Sacramenti, alla Prima Comunione, alla Cresima, è una buona preparazione a tutta la vita cristiana che vi aspetta. Dovete prepararvi bene a essere buoni cristiani. San Filippo Neri era un buon cristiano; dovete imparare da lui perché i Santi ci sono dati dalla Provvidenza. Dobbiamo imitare san Filippo Neri nella sua gioia ma anche nella sua purezza di cuore.
Alle religiose
L’Avvento è un tempo forte; vi auguro di viverlo con la stessa fortezza. Accogliete il Piccolo Sposo che verrà la notte di Natale. A tutte le vostre consorelle auguro, è un augurio speciale, buone vocazioni per ciascuno dei vostri istituti e vi benedico insieme al Cardinale e ai Vescovi presenti.
Al Consiglio pastorale
Carissimi fratelli e sorelle, il Cristo ha affidato la sua Chiesa agli uomini, agli Apostoli e a tutti i loro successori. Questi successori naturalmente, se si tratta della successione gerarchica, sono i Vescovi - il Vescovo di Roma capo -; ma se si tratta dello spirito apostolico, siamo tutti noi nella successione degli Apostoli perché viviamo la stessa missione, la stessa fede, la stessa grazia, lo stesso Signore, lo stesso Padre. La Chiesa è affidata a noi tutti, in modi diversi naturalmente: un affidamento si fa tramite la vocazione sacerdotale, un altro affidamento tramite la vocazione religiosa, un altro tramite la vocazione laicale, e i laici nella loro vita familiare, nella loro vita professionale, nella loro vita sociale, culturale, ecc., con tutta quella ricchezza umana che coinvolge la Chiesa. La stessa Chiesa di Cristo - ripeto - è affidata a noi tutti. Ecco, il Consiglio pastorale, frutto storico del Concilio Vaticano II, delle sue riflessioni e dei suoi orientamenti, è il segno non solamente simbolico ma realistico del fatto che la Chiesa è affidata a noi tutti. C’è una Chiesa che si chiama parrocchia. Parrocchia di san Filippo Neri, nella quale ci sono oltre 20.000 fedeli, oltre 20.000 cristiani, membri di questa comunità. A loro tutti è affidata la loro parrocchia. Il Consiglio pastorale è uno strumento speciale, un mezzo speciale, organizzativo, strutturale, per esprimere questa realtà.
Benché i Pastori siano Vescovi e sacerdoti, voi prendete parte alla loro sollecitudine pastorale perché essa appartiene solamente all’eredità apostolica, all’apostolato. Volevo sottolineare l’importanza del Consiglio pastorale, la sua finalità principale. E tutto questo per dirvi un augurio molto cordiale per la vostra partecipazione attiva e costruttiva alla vita di questa parrocchia, al suo sviluppo spirituale e sociale, cristiano e umano. Voglio anche augurare ogni bene a ciascuna e a ciascuno di voi, alle vostre famiglie, alle persone che sono a voi care e tramite voi a tutta la comunità parrocchiale”.
All’Azione cattolica, alle ACLI e all’Associazione san Vincenzo
Grazie della vostra presenza in questa prima domenica di Avvento per la visita pastorale del Papa, rappresentanti di un apostolato che si diffonde nella parrocchia. Il centro della parrocchia è la chiesa, ma nella parrocchia c’è un altro tempio spirituale, fatto di pietre vive, che siamo noi. E così l’apostolato esce dal cuore di Cristo e si diffonde in tutta questa struttura viva, in una comunità che deve essere permeata dello spirito di Cristo. Per quello che fate vi ringrazio e vi auguro di continuare su questa strada dell’apostolato dei laici.
Ai giovani della parrocchia
La vostra domanda è una domanda centrale. È una domanda che fanno alla Chiesa, al Papa, i giovani di ogni parte del mondo e specialmente quelli del nostro continente, di tutti i Paesi europei, i quali hanno le nostre stesse tradizioni; un passato comune, un passato cristiano. Cosa dovrei dire per dare una risposta a questa domanda fondamentale? Ecco possiamo riferirci al passato; anzi, dobbiamo riferirci al passato dei nostri popoli, del vostro popolo italiano. Tante ricchezze, tante bellezze, tanti tesori di cultura, di fede; tanti santi, artisti, scienziati, tutto ciò è un grande bene per l’umanità intera. Per questo dobbiamo riferirci al passato. Oggi però, prima domenica d’Avvento, io penso che le vostre domande si riferiscono soprattutto al futuro. Perché? Si riferiscono al futuro perché siete giovani, e perché questo futuro, questo avvenire del mondo, specialmente nel vostro mondo sembra seriamente minacciato. Lo capiamo vedendo tutti questi mezzi della tecnica moderna capaci di distruggere il pianeta in cui viviamo. Questa minaccia fa crescere nel cuore della vostra generazione una tristezza, un dolore che affligge la nostra esistenza. E forse voi giovani sentite questo dolore in modo più grande degli altri, perché la vostra vita, come ho detto, è aperta al futuro, si riferisce al futuro, all’avvenire.
Cosa dovrei dirvi in questa prima domenica d’Avvento; che cosa ci dice l’Avvento. L’Avvento ci dice appunto che l’umanità intera e ogni uomo ha un futuro felice, nonostante tutto quello che possono portare i tempi, le esperienze umane, la storia, le tragedie. Nonostante tutto quello che vediamo ogni giorno, che sentiamo quasi nell’aria: nonostante tutto l’umanità ha un futuro, ha un avvenire, e un avvenire buono, un avvenire divino. È questo il messaggio dell’Avvento, il messaggio della salvezza. Dio vuole salvarci e ci salva.
Che cosa significa tutto questo? Significa, carissimi giovani, che voi, la nuova generazione, dovete farvi ancora più vicini a Cristo: l’avvenire dell’umanità e di ogni uomo è in lui, è tramite lui. E questo avvenire personale e anche comunitario è possibile anche nelle situazioni, nelle circostanze più contrarie. Ne abbiamo le prove. Anche nel passato, nel passato più vicino abbiamo le prove delle vittorie umane ottenute grazie all’amicizia profonda con Cristo. Ecco, voi giovani non dovete dubitare circa il vostro futuro, circa il vostro avvenire.
Dovete avere fiducia, anche perché avete un privilegio: il privilegio della giovinezza a cui spetta il futuro. Voi potete, con Cristo, rimanere degni della vostra umanità, fedeli alla vostra fede cristiana. Anzi voi, insieme con Cristo, potete essere costruttori di un mondo migliore, costruttori della pace, della giustizia, di una vita più umana, più degna dell’uomo. Naturalmente tutto ciò si basa, come ho detto, sull’amicizia e sulla fedeltà a Cristo.
Ecco quello che volevo dirvi per essere in sintonia con le vostre preoccupazioni, con le vostre speranze, per rispondere alle vostre domande. Voi siete la generazione della speranza: voi siete, come ho detto il primo giorno del mio Ministero papale, la speranza del mondo e della Chiesa, voi siete la speranza del Papa, voi siete la speranza. Grazie”.
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