LITURGIA DELLA DOMENICA DI PENTECOSTE
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Basilica Vaticana - 10 giugno 1984
1. Ecco “è giunto il giorno della Pentecoste” (cf. At 2, 1). Col pensiero e col cuore siamo nel cenacolo di Gerusalemme; lì infatti si trovavano in questo giorno gli apostoli e i discepoli di Cristo, perseveranti nella preghiera insieme con Maria, sua madre.
Nella lettura del Vangelo secondo san Giovanni, la Chiesa ci conduce nello stesso cenacolo la sera del giorno della Risurrezione. Anche allora i discepoli erano lì riuniti a porte chiuse “per timore dei Giudei” (Gv 20, 19). Erano ancora recenti gli eventi del venerdì santo. Tuttavia già dal mattino era giunta la notizia della tomba vuota, ed era stata pronunciata l’inconcepibile parola: “È risorto” (Mt 28, 6).
La liturgia della Pentecoste ci conduce al cenacolo nel giorno della risurrezione, poiché in questo giorno - già in questo giorno! - è stato dato agli apostoli lo Spirito Santo. Già in tale giorno è iniziata la Pentecoste.
Cristo entrò a porte chiuse, salutò gli apostoli con le parole: “Pace a voi!” (Gv 20, 19), mostrò loro i segni della sua passione sulle mani, sui piedi e nel costato, e infine disse:
“Ricevete lo Spirito; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi” (Gv 20, 22-23).
Gli apostoli hanno ricevuto lo Spirito Santo, per accogliere con la sua forza la missione redentiva e salvifica di Cristo: “Come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi” (Gv 20, 21).
2. Ricordando questo evento del giorno e della sera della risurrezione di Cristo, non possiamo resistere al bisogno di elevare un particolare ringraziamento.
La solennità della risurrezione del Signore, il 22 aprile, ha chiuso il Giubileo straordinario dell’Anno della Redenzione. Oggi, giorno di Pentecoste, dobbiamo ringraziare in modo speciale per quest’anno, per tutto questo santo tempo di più profonda riconciliazione con Dio. Per tutto ciò di cui si è resa partecipe la Chiesa che è in Roma, e anche in tutto l’orbe terrestre.
Rendiamo grazie perché durante l’Anno Giubilare della Redenzione sono risuonate nuovamente le parole: “Ricevete lo Spirito Santo; a chi rimetterete i peccati saranno rimessi . . .”. Perché queste parole sono state ascoltate da tanti vescovi e sacerdoti della Chiesa. Perché sono state ascoltate da vaste porzioni del popolo di Dio in tutto il mondo. Perché si è ravvivato il bisogno della riconciliazione sacramentale con Dio.
Ti ringraziamo, Spirito di verità!
Ti ringraziamo, Consolatore, perché hai avvicinato a noi il mistero delle mani, dei piedi e del costato trafitti di Cristo. Perché hai nuovamente avvicinato a noi la profondità e la potenza del mistero della redenzione.
3. Oggi, che è giunto il giorno di Pentecoste, siamo in spirito intorno al cenacolo, che all’improvviso si aprì a tutti gli uomini riuniti allora in Gerusalemme in occasione della festa. Siamo là, così come lo erano in quel giorno “Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi . . .” (At 2, 9-11).
Tutti si domandavano con grande stupore e meraviglia: “Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com’è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?” (At 2, 7-8).
Sì. Erano Galilei quegli apostoli che, all’improvviso, il giorno della Pentecoste, “furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d’esprimersi” (At 2, 4).
Sì. Erano Galilei. Ancora al sorgere di quel giorno rimanevano chiusi nel cenacolo, finché “venne all’improvviso dal cielo un rombo . . . e riempì tutta la casa dove si trovavano” (At 2, 2) e apparvero lingue di fuoco sopra il capo di ciascuno di essi.
Avvenne ciò che il Signore risorto aveva annunciato loro mentre andava al Padre.
La Chiesa ebbe inizio sulla croce dal suo costato aperto.
Il giorno della risurrezione la Chiesa venne manifestata agli apostoli stessi insieme alla potenza dello Spirito Santo, che avevano ricevuto.
Nel giorno della Pentecoste la Chiesa si è rivelata al mondo e ha iniziato ad esistere come la comunità universale del popolo di Dio.
Oggi le lingue, molto più numerose ancora, in tutto l’orbe terrestre confermano la potenza dello Spirito-Consolatore nella nascita della Chiesa, avvenuta il giorno della Pentecoste a Gerusalemme.
I successori degli Apostoli e i confessori del Cristo risorto annunziano “le grandi opere di Dio” in tutte le lingue del mondo umano.
4. “. . . Nessuno può dire: "Gesù è Signore" se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1 Cor 12, 3).
Non lo potevano dire nemmeno essi, i primi, gli apostoli riuniti nel cenacolo il giorno della risurrezione. Solamente dopo aver ricevuto lo Spirito Santo - per così dire - dalle mani stesse del Risorto, venne loro, insieme a questo dono, la piena luce della fede e la sua piena potenza.
Sì: “Gesù è Signore”.
Così nel giorno della Pentecoste. Davanti agli abitanti di Gerusalemme e ai pellegrini di diversi Paesi, riuniti, pieni della stessa luce e potenza, cominciarono a proclamare pubblicamente: “Gesù è Signore”. E il primo a proclamarlo fu Pietro.
E da questa divina sorgente, in seguito alla parola dell’annuncio apostolico, venne il Battesimo, che ricevettero coloro che ascoltavano.
Tutti “sono stati battezzati in un solo Spirito, per formare un solo corpo . . . Tutti si sono abbeverati a un solo Spirito” (cf. 1 Cor 12, 13). Essi sono anche la prima generazione di cristiani, di coloro che grazie alla potenza dello Spirito Santo hanno creduto e confessato: “Gesù è Signore”.
5. Quante generazioni sono passate su questa terra sin da quel primo giorno, sin dalla Pentecoste di Gerusalemme?
La notte della vigilia di Pasqua, qui, in questa stessa basilica di San Pietro, si sono aggiunti a essi i neo-battezzati di diversi Paesi e continenti. E contemporaneamente altri, in tanti luoghi del globo terrestre.
E oggi, nel medesimo luogo, voi già battezzati, giovani cristiani di Roma o provenienti da varie parti d’Italia, vi accostate al sacramento della Confermazione. Esso porta un tale nome, perché per opera dello Spirito Santo conferma e consolida in ognuno di voi ciò che il Battesimo ha iniziato.
Mediante il sacramento della Confermazione o Cresima ciascuno di voi con tanta maggior forza di convinzione desidera confessare: “Gesù è Signore”. E non solo confessare col pensiero e col cuore, ma anche trasmettere agli altri ed annunziare davanti al mondo, sia con la parola, sia con il modo di agire: “Gesù è Signore”.
Tale sacramento imprime un segno particolare nell’anima del cristiano. Esso è anche base e fonte di ogni apostolato. Rende ognuno di noi simile a coloro che il giorno della Pentecoste sono usciti dal cenacolo di Gerusalemme: cioè agli apostoli.
“La vocazione cristiana è per sua essenza vocazione all’apostolato”, come insegna il Concilio Vaticano II.
6. Che cosa vuol dire: “Gesù è il Signore”?
Ascoltiamo che cosa dice Pietro su questo tema il giorno della Pentecoste:
Gesù Cristo: colui che “fu consegnato . . . inchiodato sulla croce per mano degli empi . . . ucciso . . . Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere . . .”; non era possibile . . . (At 2, 23-24).
Egli è il Signore della sua propria morte. L’ha accettata spontaneamente, al fine di dare la propria vita per la salvezza del mondo.
Dando la vita - mediante la morte - ha rinnovato la vita. L’ha iniziata di nuovo nella storia dell’uomo. Fece sì che le anime umane potessero nuovamente partecipare all’albero della vita. La sua croce è diventata quest’albero. Ed esso nasconde in sé il mistero della vita eterna di Dio.
Così dunque: nella sua risurrezione Gesù, il Signore della morte, è diventato il Signore della vita. Come Signore della vita si presentò in mezzo agli apostoli e diede loro lo Spirito Santo. Disse: “Ricevete”.
Voi, che oggi, per il tramite del retaggio apostolico della Chiesa, ricevete lo Spirito Santo nel sacramento della Cresima, andate nel mondo, forti di questa certezza che “Gesù è Signore”.
Questa certezza trasforma l’uomo e lo aiuta ad andare incontro a tutte le esperienze e le fatiche dell’esistenza terrena.
Andate dunque voi, come tanti altri prima di voi, e nel linguaggio dei nostri tempi, davanti agli uomini del XX e del XXI secolo, proclamate le “grandi opere del Signore”.
La pienezza di queste opere è Gesù Cristo. Egli è il Signore.
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