CELEBRAZIONE DELLA PAROLA
NELLA BASILICA DI SANTA SABINA ALL'AVENTINO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Mercoledì delle Ceneri, 20 febbraio 1985
1. “Laceratevi il cuore e non le vesti” (Gl 2, 13).
La Chiesa pronuncia oggi le parole del profeta Gioele, annunciando al tempo stesso l’inizio della Quaresima.
Un tempo l’invito al digiuno doveva essere unito all’avvertimento: non laceratevi le vesti, ma il cuore!
Quello fu il tempo di Gioele.
E, simile ad esso, fu il tempo di Gesù di Nazaret: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati . . .
Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti . . .
Quando preghi, non stare negli angoli delle piazze, per essere visto dagli uomini . . .
E quando digiuni, non assumere un’aria malinconica, per far vedere agli uomini che digiuni (cf. Mt 6, 1. 2. 5. 16).
2. Ci fu un tempo in cui la Chiesa, annunziando la Quaresima, doveva mettere in guardia dall’ostentazione: dall’ipocrisia del digiuno, della preghiera, dell’elemosina.
Oggi questo non sembra costituire un pericolo.
Il rischio sta altrove: nel fatto cioè che la proclamazione della Quaresima diventa per molti “voce di uno che grida nel deserto” (cf. Mc 1, 3).
Sì. Oggi è respinta l’ostentazione, è respinto quello che all’esterno manifesta (o simula) il digiuno, ma spesso gli uomini non ritrovano in sé, né cercano di ritrovare che cosa è “dall’interno” il digiuno; che cosa è nel suo stesso evangelico contenuto e sostanza la Quaresima.
È venuta a mancare quella “cella” interiore, nella quale bisogna entrare, per rimanere da soli a soli con Dio, che è la santità, che è l’amore e la misericordia. Con Dio che è la realtà penetrante!
“Il Signore si mostri geloso per la sua terra e si muova a compassione del suo popolo” (Gl 2, 18).
3. La Quaresima è una chiamata alle opere: preghiera, elemosina e digiuno, ma ancor di più, una chiamata alla scoperta di quell’“amore geloso” di Dio, che è unito alla misericordia.
L’amore di Dio è geloso della creatura, dell’uomo a causa del peccato che è tradimento dell’amore e di colui che ama. Tuttavia al tempo stesso l’amore è misericordioso a causa del peccato . . .
Iniziare la Quaresima, accogliere la chiamata delle Ceneri vuol dire ritrovare in sé la sensibilità a tutto ciò che è peccato.
Ritrovare questa sensibilità vuol dire esattamente “lacerare il cuore”, secondo le parole del profeta.
Negazione della Quaresima è il cuore umano rinchiuso in se stesso, saturo; la coscienza insensibile, falsa.
4. Questo “lacerare il cuore” - la sensibilità della coscienza - deve essere esemplato sulla confessione di Davide: “Riconosco la mia colpa, / il mio peccato mi sta sempre dinanzi. / Contro di te, contro te solo ho peccato (“tibi soli peccavi”!), / quello che è male ai tuoi occhi, io l’ho fatto” (Sal 51, 5-6).
L’amore di Dio è “geloso” a causa del peccato travisato, non chiamato per nome, nascosto nei meandri della coscienza, per non trovarsi con esso davanti a Dio.
L’amore di Dio vuole soltanto quella sincerità - quella verità interiore della confessione di Davide - perché essa è capace di “creare nell’uomo (nel peccatore) un cuore puro” e di “rinnovare uno spirito saldo . . . rendere un animo generoso” (Sal 51, 12.14).
5. È forte questo amore, è onnipotente dinanzi al peccato, perché proprio esso, questo amore, fa sì che “colui che non aveva conosciuto peccato (cioè Cristo, Figlio della stessa sostanza del Padre), Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio” (2 Cor 5, 21).
Questa onnipotenza dell’amore, in Dio si chiama redenzione. All’inizio della Quaresima la Chiesa ricorda tutto il mistero della redenzione. Esprime l’immensità della grazia che in essa racchiude.
Ha cura di una sola cosa, per una sola cosa trema come un amministratore premuroso per il suo compito, come una madre amorosa attenta “a non accogliere invano la grazia di Dio” (2 Cor 6, 1). A non sprecarla.
6. Di qui nasce quell’odierno segno liturgico - precristiano, veterotestamentario, perenne - “le ceneri”, che la Chiesa impone sul capo di tutti i suoi figli e figlie.
Questo segno racchiude in sé tutto quel profondo, penetrante invito: “Laceratevi il cuore, non le vesti . . .”, affinché in ognuno di voi si sveli sino alla fine, sino in fondo la realtà della redenzione. La verità dell’amore geloso di Dio, che accoglie la croce e la morte, per vincere la morte e il peccato, per far fiorire la vita.
Che anche la croce debba rimanere voce di uno che grida nel deserto?
Mediante la liturgia delle Ceneri, la Chiesa desidera proporre di nuovo la sua esortazione apostolica Riconciliazione e Penitenza, che è germinata dai lavori dell’ultimo Sinodo dei vescovi. Mediante la liturgia delle Ceneri, la Chiesa implora che “il deserto” diventi una terra fertile, che i figli e le figlie di questa terra scoprano sempre di nuovo la Quaresima quale “tempo della salvezza”.
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