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VISITA PASTORALE IN PUGLIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Santuario della Madonna del Soccorso a San Severo
Lunedì, 25 maggio 1987

 

1. “Benedetta sei tu, figlia . . . più di tutte le donne che vivono sulla terra” (Gdt 13, 18). Benediciamo Dio . . .
Benediciamo Dio, creatore del cielo e della terra che “mandò il suo figlio” (Gal 4, 4). Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio eterno, della stessa sostanza del Padre,
il Figlio prediletto . . .
il Figlio nato da donna.
E benediciamo quella Donna, eternamente predestinata ad essere Madre di Dio fra tutte le figlie di questa terra. Benediciamo la figlia di Sion, Maria.

Con le parole dell’odierna liturgia dedicata alla celebrazione della Madonna del Soccorso, saluto tutti voi, fratelli di San Severo.

Saluto cordialmente Monsignor Carmelo Cassati, Vescovo di questa diletta diocesi, e con lui rivolgo il mio affettuoso pensiero ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose ed ai laici impegnati nell’apostolato.

Il mio deferente saluto va anche alle autorità presenti, e a tutta la popolazione di San Severo.

Ringrazio in particolare per la preparazione spirituale, con la quale avete predisposto gli animi affinché questa visita fosse un momento di comunione nella fede, nella carità, sotto lo sguardo della Madonna, patrona della vostra città.

A lei affido tutti voi, uomini e donne, bambini e giovani, adulti ed anziani, ma, particolarmente voi, cari ammalati.

2. Siate sempre consapevoli che la Vergine santissima, la cui effigie incoronata 50 anni or sono e oggi posta accanto a questo altare, raccoglie nel suo cuore materno le speranze e gli affanni di tutti. Guardate alla sua amabile figura, per avanzare nel pellegrinaggio della fede e amare, come lei, Dio e i fratelli.

Ringraziamo il Signore per la costante presenza della Madonna nelle vicende storiche di San Severo, ben a ragione detta città di Maria, per la devozione che nei secoli ha distinto i suoi abitanti e che è testimoniata anche dalle numerose chiese a lei qui dedicate.

Siate perseveranti nel ricorrere a questa Madre premurosa. Le vostre preghiere, le vostre opere e sofferenze diverranno, con la sua materna mediazione, glorificazione di Dio e servizio di grazia per il prossimo, come è accaduto a Cana di Galilea durante le nozze, alle quali Maria era stata invitata col Figlio, e coi suoi primi discepoli.

Giovanni, che fu uno dei discepoli presenti, rende testimonianza nel Vangelo di come Maria sia stata dall’inizio pronta a recare aiuto agli uomini nella loro necessità. Ecco il bisogno umano: gli sposi e, insieme con loro, il maestro di tavola “non hanno più vino” (Gv 2, 3) per gli ospiti.

E Maria dice a Gesù: “non hanno più vino”.

Il suo cuore, maternamente sensibile, accoglie in sé l’eco di questo bisogno, questa umana, concreta preoccupazione. Trasferisce questo bisogno al cuore del Figlio. La preoccupazione del prossimo diventa la sua preoccupazione dinanzi a Gesù Cristo. Maria crede nella potenza messianica di suo Figlio, nella sua potenza salvifica che libera dal male, da ogni male, iniziando da quelli più piccoli. Maria diventa dinanzi al suo Figlio portavoce delle sollecitudini umane: si fa mediatrice. Dunque là, a Cana, si manifesta già come madre del perpetuo soccorso.

3. Tuttavia vi sono anche sollecitudini grandi, come quella di cui fa memoria l’odierno salmo responsoriale con parole del Libro di Giuditta.

“. . . hai esposto la vita di fronte all’umiliazione della nostra stirpe, e hai sollevato il nostro abbattimento” (Gdt 13, 19).

Vi sono sollecitudini grandi, sociali. Vi sono minacce a popoli interi. Quante volte, tra queste minacce, popoli interi trovano la via per ricorrere alla Madre di Cristo, così come l’hanno trovata i giovani sposi di Cana di Galilea. Ne rende testimonianza la storia, tanto la storia della nazione di cui sono figlio come quella di molte altre.

Uomini e donne, famiglie e ambienti, intere società in diversi luoghi della terra hanno fiducia in lei, nella Madre del Crocifisso e Risorto.

“Davvero il coraggio che ti ha sostenuto non cadrà dal cuore degli uomini che ricorderanno per sempre la potenza di Dio” (Gdt 13, 19).

Uomini, società, popoli sono fiduciosi nella sua fiducia! È la grande esperienza della speranza cristiana. L’esperienza della fede. La speranza infatti si radica nella fede, nasce da essa.

4. La Chiesa intera ha fiducia nella sua fiducia. Sin dai suoi primi giorni, da quando, dopo l’ascensione del Signore, gli apostoli si erano riuniti nel Cenacolo di Gerusalemme per pregare: insieme con lei. Con Maria, Madre di Gesù (cf. At 1, 14).

Nel presente periodo liturgico ricordiamo quel tempo, che intercorse fra la Risurrezione e la Pentecoste; celebriamo il tempo beato in cui si è confermata la “pienezza dei tempi”. Lo stesso Padre infatti, che ha “mandato il suo Figlio”, “ha mandato nei nostri cuori lo Spirito” (Gal 4, 6). Questi è lo Spirito del Padre ed insieme lo Spirito del Figlio che ci consente di gridare “Abbà, Padre”! Così come nei suoi giorni terreni, Gesù, Figlio di Maria gridò: Abbà, Padre!

Maria per prima ha sperimentato questa discesa dello Spirito, nell’ora della annunciazione: “lo Spirito Santo scenderà su di te . . . Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio” (Lc 1, 35).

Ora, insieme con gli apostoli nel Cenacolo, partecipa alla nuova discesa dello Spirito Santo, per opera del quale è nato da lei il Figlio di Dio. Da lei il Figlio di Dio ha preso la natura umana, un corpo umano. Per opera dello Spirito Santo deve ora nascere la Chiesa, che l’Apostolo chiama corpo di Cristo.

5. Qual è la realtà di questo corpo? Qual è la sua natura interiore?

Lo stesso Apostolo risponde nella Lettera ai Galati con due parole molto eloquenti: “siete figli” (Gal 4, 6).

Siete figli perché vi ha redento il Figlio della donna, che è il Figlio di Dio. Siete dunque “figli nel Figlio”. Ricevete la filiazione adottiva di Dio e formate perciò una comunità che è il corpo del Figlio. Siete uniti con lui con l’unità del corpo. Con l’unità dell’incarnazione, con l’unità del dono dello Spirito Santo, con l’unità della grazia.

Perciò insieme con lui dite a Dio: “Abbà, Padre”. Così gridano i cuori nei quali è disceso lo Spirito Santo.

6. E la Madre? Colei che, per opera dello Spirito Santo, ha dato corpo umano al Figlio, all’eterno Verbo di Dio, quale ruolo svolge al momento di questa nuova discesa?

È la testimone di suo Figlio, della sua potenza salvifica, così come lo fu a Cana.

È la testimone dello Spirito consolatore, che diffonde questa potenza salvifica del Figlio nei cuori umani. La diffonde nel corpo di Cristo che è la Chiesa.

E Maria? E la Madre? Ella, come a Cana, sempre è la testimone delle umane necessità, delle umane sventure e povertà, delle umane sofferenze e peccati, degli affanni e delle angosce.

In questo corpo, che è la Chiesa, lei deve sempre essere la Madre del perpetuo soccorso.

Proprio perché è la Madonna del Soccorso, ella non cessa - come a Cana - di ripetere: “fate quello che vi dirà” (Gv 2, 5). Infatti sa che ognuno di noi “non è più schiavo, ma figlio” (cf. Gal 4, 7). Ognuno è chiamato a diventare “figlio nel Figlio”. E perciò deve compiere ciò che il Figlio proclama. Ciascuno è chiamato alla eredità divina, che il Figlio ci ha meritato e per la quale ha pagato col proprio sangue il riscatto.

Maria dunque dice a ciascuno di noi - insieme con l’apostolo Paolo - “non sei più schiavo, ma figlio, e se figlio, sei anche erede per volontà di Dio” (Gal 4, 7).

7. La nostra filiazione adottiva e la nostra eredità con lui costituisce soprattutto la costante e perpetua sollecitudine della Madre di Cristo. Filiazione . . . eredità . . . di tutti, di ciascuno e di ciascuna. L’incessante sollecitudine di questa Madre deve diventare perpetuo soccorso. Il messaggio che ci rivolge è:

“Fate quello che egli vi dirà” (Gv 2, 5).

Al termine della Messa, il Papa ringrazia la popolazione di San Severo con le seguenti parole.

Voglio ringraziare prima di tutto la nostra sorella pioggia, che ci ha preparato, cadendo di notte, una mattinata tanto fresca, lasciando al momento di incominciare la nostra celebrazione eucaristica il posto al sole. Voglio ringraziare anche il Vescovo della vostra diocesi, che fu vostro pastore quattro secoli fa, il Nunzio Malaspina, che ha fatto tanto bene la sua missione nella mia patria alla fine del secolo XVI e all’inizio del XVII.

Voglio ringraziare tutti voi per la vostra presenza così numerosa, tutti i partecipanti a questa celebrazione liturgica, tutti quelli che hanno contribuito in modo diverso alla riuscita della nostra assemblea in cui doveva esprimersi l’unità del corpo mistico di Cristo. Ringrazio tutti per questo, ciascuno e ciascuna di voi e tutta la vostra comunità diocesana guidata dal vostro carissimo pastore.

Il mio ringraziamento va alla corale che ci ha guidato con i canti: sappiamo bene che già sant’Agostino ha detto “Qui cantat bis orat”, allora, grazie al canto, abbiamo pregato due volte. Sono molto lieto di essere qui e saluto di cuore tutti i cittadini di questa città e tutti i fedeli di questa Chiesa particolare, sacerdoti, religiosi, religiose, le famiglie, i giovani, i bambini, gli anziani e i malati qui presenti. Vi lascio, come il piccolo Bambino Gesù, nelle braccia della vostra Madre, “Madre del perpetuo soccorso”. Sia lodato Gesù Cristo.

 

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