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SANTA MESSA CON TRE NUOVE ORDINAZIONI EPISCOPALI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

San Pietro - Sabato, 5 settembre 1987

 

1. “Andate! . . . E dite: “È vicino a voi il regno di Dio””.

Queste parole dell’odierno Vangelo secondo Luca, con le quali Cristo invia in missione i settantadue discepoli, rivivono con la stessa incisività e lo stesso vigore in questa eucaristia, durante la quale tre nostri fratelli saranno aggregati al Collegio degli apostoli.

“Andate!”. L’episcopato è, si può dire, il sacramento della missione. E perciò queste parole sono rivolte quest’oggi direttamente a voi, carissimi fratelli Beniamino, René e Giulio; ma, attraverso voi, giungono al cuore di tutti per farci riflettere sulla grande responsabilità, e sul più grande dono, che sono affidati da Cristo ai pastori della sua Chiesa, anzi a tutta la Chiesa: andare verso gli uomini per annunciare il regno di Dio.

Il Signore Gesù vi manda per una missione di salvezza, che continua e prolunga nel mondo la sua stessa presenza, iniziata con l’Incarnazione, e che applica ed estende, pur nella diversità delle funzioni come delle situazioni ecclesiali, i frutti della sua redenzione a tutto il genere umano.

2. “Andate!”. Questa missione di salvezza è anzitutto un “ministero per la misericordia” (2 Cor 4, 1), come ci ha ricordato Paolo nella seconda Lettura: la misericordia “che ci è stata usata” (2 Cor 4, 1), scegliendoci e inviandoci come suoi rappresentanti e servitori; ma anche quella misericordia, che ha abbracciato tutta l’umanità per farne un’unica famiglia, il santo popolo di Dio: “Dite: “È vicino a voi il regno di Dio”” (Lc 10, 9).

Con questa misericordia il Padre ci guarda e ci abbraccia, poiché vi ha salvati mediante la morte e la risurrezione di Cristo, nella potenza dello Spirito Santo: “Noi infatti - continua san Paolo - non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore . . . E Dio, che disse “Rifulga la luce dalle tenebre”, rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo” (2 Cor 4, 5-6). Accettando questa missione, voi vi rendete i primi cooperatori della misericordia divina, i banditori - mediante il ministero della Parola e la celebrazione della divina liturgia - della salvezza che è giunta, e deve ancora giungere, a tutti gli uomini. “La Chiesa deve rendere testimonianza alla misericordia di Dio rivelata in Cristo, nell’intera sua missione di Messia, professandola in primo luogo come verità salvifica di fede e necessaria a una vita coerente con la fede, poi cercando di introdurla e di incarnarla nella vita sia dei suoi fedeli sia, per quanto possibile, in quella di tutti gli uomini di buona volontà. Infine . . . implorandola di fronte a tutti i fenomeni del male fisico e morale, dinanzi a tutte le minacce che gravano sull’intero orizzonte della vita dell’umanità contemporanea” (Ioannis Pauli PP. II, Dives in Misericordia, VII).

3. Ma voi diventate anche tra i primi responsabili della missione salvifica, che Cristo, fondatore e capo della Chiesa, ha confidato come patrimonio irrinunciabile ad essa e ai suoi pastori. A voi è perciò rivolta in modo particolare la parola di Ezechiele; “O figlio dell’uomo, io ti ho costituito sentinella” (Ez 33, 7).

Anche da voi, dalle vostre parole, dal vostro ministero dipenderà la salvezza del popolo di Dio. Non siete spettatori dall’esterno, come del resto non lo è mai ogni sacerdote investito della grazia dell’Ordine, ma, d’ora in avanti, sarete coinvolti in prima persona in quell’intervento salvifico, per cui Dio interpella ciascuno e ciascuna dei suoi figli e figlie, e li pone di fronte alla responsabilità di rispondere alla sua chiamata. Questa risposta dipenderà in gran parte anche da voi - anche se la responsabilità ultima, dice Ezechiele, è un fatto del tutto personale, interiore, di cui ognuno risponde per sé solo: “Ti ho costituito sentinella . . . L’empio morirà per la sua iniquità, ma della sua morte chiederò conto a te. Ma se l’avrai ammonito, . . . tu sarai salvo” (cf. Ez 33, 7-9).

Tale responsabilità è legata al triplice “munus” del vescovo, poiché il ministero di ammaestrare, santificare e governare il popolo di Dio non ha altro scopo che portare “allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo” (Ef 4, 13). Poiché il vescovo - come ci ricorda il Vaticano II - “dovrà rendere conto a Dio delle anime (dei fedeli), con la preghiera, la predicazione e con ogni opera di carità, abbia cura di loro e anche di quelli che non sono ancora dell’unico gregge, e li consideri come raccomandatigli nel Signore. Poiché egli, come l’apostolo Paolo, è debitore a tutti, sia pronto ad annunziare il Vangelo a tutti” (Lumen Gentium, 27).

4. In testa ai poteri che vi sono conferiti, la missione che ricevete oggi vi stabilisce totalmente al servizio della Chiesa. “Ciò che noi proclamiamo, non è noi stessi, è questo: Gesù Cristo è Signore, e noi siamo i vostri servitori a causa di Gesù” (2 Cor 4, 5).

L’amore per le anime si traduce in una sola parola: servizio. Come il Cristo, che non è venuto per essere servito ma per servire e dare la sua vita per una moltitudine” (Mt 20, 28). Come il Cristo “obbediente fino alla morte e alla morte sulla croce” (Fil 2, 8). Come Maria, Regina dell’universo perché “ancella del Signore” (Lc 1, 38): così come l’ho scritto nell’enciclica Redemptoris Mater (Ioannis Pauli PP. II, Redemptoris Mater, 41), ella “è divenuta la prima tra coloro che “servendo Cristo negli altri conducono i loro fratelli nell’umiltà e nella pazienza fino al Re di cui si può dire che servirlo è regnare” (Lumen Gentium, 36), ed ella ha pienamente attinto a questo stato di libertà reale che è proprio ai discepoli di Cristo: servire che vuol dire regnare”.

Attraverso l’imposizione delle mani, cari fratelli, sarete in modo speciale conformati a Cristo, all’imitazione di Maria, ed è perché voi siete destinati a consacrarvi ormai corpo e anima al servizio della Chiesa: “Noi siamo i vostri servitori a causa di Gesù” (2 Cor 4, 5).

Cari fratelli Beniamino, René e Giulio: “Andate”, dunque, “e dite: “Il regno di Dio è vicino a voi” (Lc 10, 3.9). Andate ad annunciare la misericordia; siate le sentinelle che chiamano il popolo di Dio a radunarsi. Servite nella libertà regale che è propria dei discepoli di Cristo. “Andate!”.

5. Fratello Beniamino dalla diocesi di Vittorio Veneto, ove avesti come modello di vescovo mons. Albino Luciani, passato attraverso la collaborazione diretta alla Santa Sede sia qui al centro che in varie Nunziature Apostoliche, per 17 anni, vieni ora inviato alla Repubblica Centroafricana e al Ciad come rappresentante del Papa e servitore della Santa Sede. Sono popolazioni a me particolarmente care, anche perché sempre ricordo la sia pur breve sosta, che compii a Bangui il 14 agosto 1985, circondato dall’affetto profondo dei cristiani e dalla stima sincera di autorità e di popolo. Dovrai aiutare quelle Chiese missionarie a corrispondere con sempre intatta generosità ed entusiasmo, pur fra difficoltà di ogni genere, alla loro vocazione, a crescere nella carità, nella libertà e nella giustizia, promovendone la costante elevazione umana e sociale. La tua è essenzialmente la missione, di cui ci ha parlato la parola di Dio in questa liturgia, un andare infaticabile senza badare a sacrifici, per annunziare la pienezza che è in Cristo. Egli ti sarà accanto lungo quegli ardui sentieri. Sii per quelle comunità “ambasciatore di Cristo come se Dio stesso esortasse per tuo mezzo” (cf. 2 Cor 5,20)!

6. Caro fratello René, venuto dalla tua diocesi natale di Angers, di questo Anjou vigoroso e cattolico hai apportato anche tu, da vent’anni una collaborazione di qualità alla Segreteria di Stato compiendo un servizio ininterrotto e fedele. Ormai tu ti consacrerai soprattutto alla sollecitudine pastorale della comunità di lingua francese a Roma, con tutta la ricchezza delle sue attività culturali e spirituali, come rettore della prestigiosa chiesa di san Luigi dei Francesi. Si apre davanti a te un cammino essenzialmente pastorale che non mancherà di apportare incessanti problemi alla tua dedizione e anche una continua sfida, per rispondere alle domande, esigenti a colpo sicuro di coloro che ricorreranno al tuo ministero. Sii per loro la voce di Dio, il servitore fedele di Cristo, l’amico sincero di tutti.

7. Fratello Giulio: oltre ad altri servizi nella Curia Romana, come vicedirettore della sala stampa della Santa Sede, hai offerto la tua collaborazione alla Chiesa. Hai potuto compiere un’esperienza vitale, e perciò ti ho voluto affidare la cara diocesi di Alba, in Piemonte. La storia di quella Chiesa risale al IV secolo, e la presenza evangelica vi ha suscitato solide tradizioni cristiane, che si esprimono in un clero generoso e in un laicato consapevole del proprio posto nella Chiesa e nella società, in un vivo afflato missionario, in una bella fioritura di famiglie religiose, tra le quali i figli e le figlie di don Alberione, il cui influsso travalica i confini della diocesi. Tante e così complesse energie impegneranno le tue cure di pastore. Ti attende il nuovo campo di lavoro, ove saprai impiegare il tuo equilibrio umano, le tue doti sacerdotali e la tua esperienza. Va’, sicuro e fiducioso, sii la guida sollecita di quella diocesi.

8. “Andate”.

L’ordinazione di nuovi vescovi, inseriti nel collegio dei successori degli apostoli, è un atto costitutivo della Chiesa “in statu missionis”; ne è la testimonianza viva e costante, come è altresì certezza e sicurezza per l’avvenire. “La messe è molta” (Lc 10, 2). Andando verso il popolo di Dio che vi attende, voi vi mettete sulle orme di Gesù, il primo “mandato”, di colui che, incarnandosi sotto il cuore immacolato di Maria santissima, per opera dello Spirito Santo, ha camminato per le vie dell’uomo: per elevarlo fino a Dio, ricomporre in lui l’immagine divina deturpata dal peccato, restituirlo all’amicizia e alla filiazione del Padre.

Voi, da oggi, sarete ancor più strettamente associati alla sua missione: “nella situazione attuale - ha dichiarato il Vaticano II - in cui va profilandosi una nuova condizione per l’umanità, la Chiesa, che è sale della terra e luce del mondo, è chiamata in maniera più urgente a salvare e a rinnovare ogni creatura, affinché tutte le cose in Cristo siano instaurate e gli uomini in lui costituiscano una sola famiglia e un solo popolo di Dio” (Ad Gentes, 1). Questo vi aspetta, fratelli.

“Andate! . . . E dite: “È vicino a voi il regno di Dio””.

Amen.

 

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