VIAGGIO APOSTOLICO NEGLI STATI UNITI E IN CANADA
MESSA PER LE POPOLAZIONI INDIGENE DEL CANADA
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
«Camp Ground» di Fort Simpson (Detroit)
Domenica, 20 settembre 1987
“Cercate il Signore, mentre si fa trovare, invocatelo, mentre è vicino” (Is 55, 6).
Cari fratelli e sorelle.
1. Abbiamo aspettato a lungo questo momento. Quasi tre anni fa la mia visita a Denendeh fu impedita dalle cattive condizioni atmosferiche. Oggi finalmente Dio ci ha riuniti e ci dà il privilegio di celebrare l’Eucaristia della 25a domenica dell’Anno.
Saluto i miei confratelli vescovi, in particolare il vescovo Croteau di questa diocesi di Mackenzie-Fort Smith. Saluto i sacerdoti, i religiosi e i laici. Sono grato della presenza di S.E. il governatore generale, e dei rappresentanti della vita pubblica canadese. Sono particolarmente lieto d’incontrare i membri delle Tribù e Nazioni, discendenti dei primi abitanti di queste terre, che hanno ripetutamente espresso il desiderio di incontrarmi, e che si sono riuniti in gran numero per questa occasione festiva. Desidero esprimere il mio apprezzamento all’assemblea delle prime Nazioni, all’“Inuit Tapirisat” del Canada, al Consiglio Nazionale Metis e al “Native Council” of Canada per aver collaborato all’organizzazione di questa visita. Vi saluto tutti nell’amore del Signore nostro Gesù Cristo. Proclamo ancora una volta la vostra dignità umana e cristiana e vi sostengo nello sforzo di adempiere al vostro destino temporale ed eterno.
2. “Cercate il Signore, mentre si fa trovate, invocatelo, mentre è vicino” (Is 55, 6). Queste parole della prima Lettura sono un invito pressante a elevare i vostri pensieri al Padre, dal quale vengono tutti i doni buoni, affinché continui a guidare il vostro destino di popoli aborigeni sulle vie della pace, nella riconciliazione gli uni con gli altri, nell’esperienza di una efficace solidarietà da parte della Chiesa e della società nel perseguimento dei vostri legittimi diritti.
Da innumerevoli generazioni voi, popoli indigeni, siete vissuti in un rapporto di fiducia con il Creatore, ritenendo che la bellezza e la ricchezza di questa terra vengono dalla sua mano munifica e meritano di essere usate e conservate sapientemente. Voi vi impegnate oggi per conservare le vostre tradizioni e consolidare i vostri diritti di popoli aborigeni. In questa circostanza, la liturgia odierna trova una profonda applicazione.
3. Il profeta Isaia parla a un popolo che sperimenta la sofferenza dell’esilio e anela alla rinascita, specialmente a un rinnovamento dello spirito attraverso la rinascita della sua cultura e delle sue tradizioni. Cerca di consolarlo e rafforzarlo nel suo compito ricordandogli che il Signore non è lontano (cf. Is 55, 6-9).
Ma dove trovarlo? Come possiamo vivere in presenza di Dio? Il profeta indica tre fasi per svelare la presenza di Dio nella nostra esperienza personale e collettiva.
Prima dice: “invocatelo”. Sì, nella preghiera noi troveremo il Signore. Invocandolo con fiducia scoprirete che è vicino.
Ma la preghiera deve venire da un cuore puro. Di conseguenza, il profeta chiama alla conversione: “ritorni al Signore che avrà misericordia di lui . . . al nostro Dio, che largamente perdona” (Is 55, 7).
Infine, siamo chiamati a trasformare la nostra vita imparando a camminare nelle vie del Signore: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie; i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55, 9). L’alleanza tra Dio e il suo popolo è costantemente rinnovata quando esso invoca il suo misericordioso perdono e osserva i suoi comandamenti. Dio è il nostro Dio e noi siamo sempre più il suo popolo.
4. Nella lettura del Vangelo, Gesù parla del padrone di una vigna che esce in ore diverse per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna (cf. Mt 20, 1-16). La parabola mette in luce l’infinita generosità di Dio, che si preoccupa di provvedere alle necessità di tutti. È la compassione del padrone per i poveri - in questo caso, i disoccupati - che lo spinge a corrispondere a tutti i lavoratori una paga calcolata non tanto in base alle leggi del mercato, quanto a seconda delle reali necessità di ognuno.
La vita nel regno di Dio è fondata su un autentico senso di solidarietà, di condivisione e di comunità. Suo è un regno di giustizia, di pace e di amore. È nostro compito costruire una società nella quale questi valori evangelici vengano applicati ad ogni situazione e rapporto concreto.
5. Questa parabola della coltivazione della vigna del Signore rappresenta oggi un’autentica sfida per le nazioni e le comunità aborigene. Come popolazioni indigene dovete affrontare una prova decisiva: quella di promuovere i valori religiosi, culturali e sociali che sosterranno la vostra dignità umana e garantiranno il vostro futuro benessere. Il vostro senso di condivisione, la vostra comprensione della comunità degli uomini radicata nella famiglia, i rapporti tanto preziosi tra i vostri anziani e i vostri giovani, la vostra visione spirituale della creazione che esige la cura e la protezione dell’ambiente con senso di responsabilità: tutti questi aspetti tradizionali del vostro modo di vivere devono essere salvaguardati e tenuti in grande considerazione.
Questa preoccupazione per la vostra vita di indigeni non esclude in alcun modo la vostra apertura alla comunità più ampia. È un tempo di riconciliazione, di nuovi rapporti di reciproco rispetto e di collaborazione, per arrivare a una soluzione veramente giusta di problemi ancora irrisolti.
6. Soprattutto, prego affinché la mia visita rappresenti un momento di conforto e di incoraggiamento per le comunità cattoliche tra di voi. L’impegno pionieristico dei missionari - ai quali ancora una volta la Chiesa esprime la sua profonda e incessante gratitudine - ha dato origine, tra di voi, a comunità viventi di fede e di vita cristiana. La sfida che dovete affrontare è quella di diventare più attivi nella vita della Chiesa. Mi è stato riferito che il vescovo Croteau e gli altri vescovi del Nord stanno cercando di rivitalizzare le Chiese locali, perché voi possiate diventare testimoni sempre più efficaci del regno di Dio che è regno di amore, di giustizia, di pace, di perdono e di solidarietà tra uomini.
Miei cari amici Indiani, Inuit e Metis, faccio appello a tutti voi, specialmente ai giovani, perché assumiate ruoli di responsabilità e mettiate a disposizione il vostro talento per l’edificazione della Chiesa tra i vostri popoli: chiedo a tutti gli anziani, ai capi e ai genitori d’incoraggiare e sostenere vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Così la Chiesa si troverà sempre più in sintonia con le vostre culture, evangelizzando e rafforzando i vostri valori e costumi tradizionali.
7. Sono venuto oggi, cari fratelli e sorelle, a proclamare a voi Gesù Cristo, e a proclamare che egli è il vostro amico e il vostro Salvatore. Nel suo nome, con l’amore del buon pastore, ripeto le parole della seconda lettura: “Comportatevi da cittadini degni del Vangelo di Cristo” (Fil 1, 27). In questo modo Cristo sarà esaltato in tutte le vostre azioni (cf. Fil 1, 20), e la sua pace regnerà nei vostri cuori.
Ci accingiamo a rinnovare le nostre promesse battesimali. Questo è un momento solenne. Rinunciando ai peccato e al male, e rinnovando la nostra fiducia nella potenza dei misteri salvifici di Cristo, noi riaffermiamo in realtà la nostra alleanza con Dio. Egli è il nostro Dio, e noi siamo il suo popolo.
Mentre c’impegniamo ancora più nelle vie di Dio, possa colmarci la gioia spirituale di Maria, Madre del Redentore e nostra Madre nella fede. Possano le sue parole esprimere i sentimenti più profondi dei nostri cuori:
“L’anima mia magnifica il Signore,
e il mio spirito esulta in Dio, mio Salvatore . . .
Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente
e Santo è il suo nome” (Lc 1, 46-47.49). Amen.
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