Index   Back Top Print

[ EN  - IT ]

VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO

SANTA MESSA NEL «SOMHLOLO STADIUM» DI MBABANE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Mbabane (Swaziland) - Venerdì, 16 settembre 1988

 

“Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù . . . e il suo regno non avrà mai fine” (Lc 1, 31-33).

Cari fratelli e sorelle.

1. Siamo oggi riuniti nel nome di Gesù Cristo, il re eterno, il cui regno non avrà fine: “Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza” (Sal 85 [84], 14).

Ci presentiamo a lui, il Re della pace. Il suo Regno di pace è anche un Regno di grazia e di verità, di giustizia e di amore. E sua Madre, la Vergine di Nazaret, dice all’angelo dell’annunciazione: “Io sono la serva del Signore” (Lc 1, 38). Ed è proprio come serva del Signore che partecipa della natura regale di suo Figlio. Questo è il motivo per cui ella è la Regina della pace.

2. Io so che qui nello Swaziland la Chiesa venera in modo particolare Maria con il titolo di “Regina della Pace”. Nella mia gioia di essere tra di voi desidero anche unirmi a questa venerazione della Madre di Cristo. In questo spirito e unendomi all’intera Chiesa dello Swaziland, rivolgo il mio caldo saluto a voi tutti che siete qui riuniti per questa celebrazione memorabile e a tutte le popolazioni di questo bellissimo Paese durante questo anno in cui celebrate il ventesimo anniversario della vostra indipendenza nazionale.

Porgo i miei rispettosi saluti a sua maestà il re Mswati III e la sua maestà la regina madre. Insieme con loro saluto anche gli autorevoli membri del governo. Estendo i miei fraterni saluti in Cristo al Vescovo Ndlovu, ai sacerdoti e ai religiosi dello Swaziland e a tutti i membri della Chiesa cattolica nel vostro Paese. Saluto anche i presenti che appartengono ad altre comunità ecclesiali o a religioni non cristiane. A voi tutti porgo il mio saluto nell’amore di Dio.

3. La prima lettura di oggi della Sacra Scrittura ci aiuta a comprendere meglio cosa intendiamo dire quando affermiamo che Cristo è il Re della pace. San Paolo ci dice che “è stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo” (2 Cor 5, 19). Questa riconciliazione si è compiuta attraverso il sacrificio di redenzione sulla croce ed è la base della pace che riempie il Regno di Dio. È una riconciliazione che non può essere distrutta. Rimane per sempre una fonte di frutti di riconciliazione e di pace per l’intera razza umana.

L’opera di riconciliazione di Cristo ci trasforma dall’interno. Ci libera dall’egoismo e dal peccato e ci dona una nuova vita in lui. Come ci dice san Paolo: “È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe” (2 Cor 5, 19); “. . . Ed egli è morto per tutti perché quelli che vivono non vivano più per se stessi, ma per colui che è morto ed è risuscitato per loro” (2 Cor 5, 15). “. . . Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova” (2 Cor 5, 17).

Cristo è il Re della pace perché fonda una nuova creazione e restituisce la dimensione della fratellanza alla vita umana sulla terra. Tutti i popoli sono tra di loro fratelli e sorelle perché Dio è il loro padre comune. Cristo ci rivela questo fatto insegnandoci a chiamare Dio “Padre nostro”. Questo è il fondamento della pace del Regno di Dio.

4. O meglio, Dio soltanto è la fonte di questa pace. In lui troviamo la fonte di ogni riconciliazione, umana e divina. San Paolo proclama questa realtà quando dice che “tutto questo però viene da Dio” (2 Cor 5, 18).

Eppure anche noi sappiamo per via della fede che il dono della pace è al tempo stesso una responsabilità umana data a tutti e a ciascuno. Dice ancora san Paolo: “l’amore del Cristo ci spinge” (2 Cor 5, 14). Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante il Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione (2 Cor 5, 18). E così: “Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo: come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (2 Cor 5, 20). Naturalmente, san Paolo sa che sta diffondendo “un messaggio di riconciliazione”. Rappresenta una missione non soltanto per i suoi contemporanei ma anche per la Chiesa attraverso tutti i secoli.

5. Dopo molti secoli questa missione apostolica, descritta nella seconda lettera ai Corinti e proclamata durante la liturgia odierna ha raggiunto questa terra nella regione meridionale del continente africano. Che cosa significa questa missione per noi che siamo oggi radunati qui, per la Chiesa nello Swaziland e per tutte le popolazioni di questo Paese? In che modo l’apostolico “messaggio di riconciliazione” risuona qui, oggi, pieno di nuovo vigore?

Un ambasciatore è conosciuto per le sue credenziali. Deve dare prove credibili che è stato inviato. Come ambasciatori di Cristo anche noi dobbiamo dare prove della nostra missione. E la prova più grande è la nostra fedeltà ad uno stile di vita cristiano. Se noi siamo riconciliati con Dio, con noi stessi e con gli altri, e se noi, a nostra volta, incoraggiamo questa riconciliazione all’interno della società, siamo poi in grado di esibire prove convincenti di essere ambasciatori del regno di pace. In questo modo la buona novella che Dio in Cristo ha riconciliato a sé il mondo sarà credibile per coloro che ci guardano e ci ascoltano.

6. Una sfida importante oggi nella nostra vita e nella vita della società è la grande necessità di sostenere e rafforzare la famiglia che “è intima comunione di vita e di amore” (Gaudium et Spes, 48) che è la fonte primaria della società. Il Vangelo di oggi ci ricorda che Cristo, che è la nostra pace (Ef 2, 14), era lui stesso membro di una famiglia. Era il Figlio di Maria. Attraverso il “sì” di Maria, attraverso il suo abbandono amoroso alla volontà di Dio, Gesù è entrato nel nostro mondo come un uomo ed è diventato membro della famiglia umana, la santa famiglia di Nazaret. E così facendo ha riaffermato la dignità e il valore della vita familiare.

Come la santa famiglia di Nazaret ogni famiglia dello Swaziland, ogni famiglia del mondo è costruita nell’amore ed esiste per l’amore. Come ho affermato nella mia esortazione apostolica sul ruolo della famiglia nel mondo moderno, “la famiglia riceve la missione di custodire, rivelare e comunicare l’amore quale riflesso vivo e reale, partecipazione dell’amore di Dio per l’umanità e dell’amore di Cristo Signore per la Chiesa sua sposa” (Familiaris Consortio, 17).

Nella vita familiare, l’amore tra marito e moglie è di primaria importanza. Poiché rivela la sua natura di comunione intima di vita e amore allora il marito e la moglie devono formare una amorosa comunione di totale e reciproco dono di sé. Dio Creatore nostro ha stabilito una complementarietà naturale ed una uguale dignità tra l’uomo e la donna che facilita e favorisce questa comunione. Inoltre quale fonte di grazia particolare Cristo ha istituito il sacramento del Matrimonio nel quale lo Spirito Santo viene riversato su ogni coppia per dare loro luce e saggezza, la forza di rimanere fedeli per tutta la vita alle loro promesse matrimoniali. Il matrimonio cristiano, allora, è caratterizzato da uno speciale vincolo di unità e indissolubilità perché Cristo dona ad ogni coppia la grazia di superare tutti gli ostacoli per un’unione nell’amore che sia esclusiva e che duri per tutta la vita.

Per questo motivo i cristiani trovano che un’unione coniugale monogama dona le basi sulle quali costruire una famiglia stabile in armonia con l’originale progetto di Dio per il matrimonio. “Dall’inizio”, Dio ha creato il matrimonio fondato sulla uguale dignità personale degli uomini e delle donne “che nel matrimonio si donano con un amore totale e perciò stesso unico ed esclusivo” (Familiaris Consortio, 19). Perciò ogni forma di disprezzo per la uguale dignità degli uomini e delle donne deve essere considerata come una seria contraddizione alla verità che Cristo, il Re della pace, ha portato nel mondo.

Al tempo stesso è importante riconoscere le usanze e i valori positivi che rafforzano e sostengono il matrimonio e la vita familiare. Tra queste vanno incluse le usanze e i valori tradizionali swazi che sono giunti fino a voi. È stata una tradizione costante nella Chiesa quella di ricevere da varie culture qualunque realtà che contribuisca ad esprimere meglio l’impenetrabile ricchezza del Cristo.

La vostra cultura può arricchire la Chiesa intera nel momento in cui si unisce alla saggezza umana e prende vita dai valori morali (cf. Familiaris Consortio, 10).

7. L’amore di Cristo e la verità del Vangelo vi spingono anche ad aiutare coloro che nelle vostre comunità hanno una vita matrimoniale e familiare travagliata a causa dell’infedeltà e della promiscuità, dell’abuso di droghe e alcol, dell’uso sfrenato della moderna tecnologia in modi che non rispettano la dignità della vita umana. Questi ed altri mali sociali non sono racchiusi nei confini dello Swaziland. Sono sintomi di una mancanza di riconciliazione con Dio e con gli altri che noi troviamo nei singoli cuori umani e nella società del mondo odierno nel suo insieme.

Nonostante questi mali sociali e le sofferenze di cui sono fonte, non c’è mai una ragione perché noi cristiani ci facciamo prendere dallo scoraggiamento; piuttosto dovremmo essere ricolmi di gioia e di fede nel Signore, nella buona novella della vittoria della croce, nell’infinito amore del nostro Padre celeste. A questo proposito, per esempio, ricordiamo quelle nonne che, quando si trovarono di fronte case distrutte e bambini abbandonati si sono prese cura dei loro nipotini con amore e li hanno iniziati alla fede cristiana e alla vita sacramentale. Possiamo imparare da queste donne, piene di bontà, la potenza dell’amore, da come si prendono generosamente cura dei giovani che sono il futuro dello Swaziland.

8. Cari fratelli e sorelle: la ricerca della riconciliazione e della pace che comincia nelle vostre famiglie deve essere anche estesa alle vostre comunità, al vostro Paese e all’intera stirpe umana. La pace è un dono che Dio fa a noi (cf. Gv 14, 27) ma, come peccatori, dobbiamo costantemente essere alla ricerca della pace e lottare per mantenerla. Il mio predecessore Paolo VI ha richiamato l’attenzione su un aspetto importante di questa ricerca quando ci ha detto: “Se vuoi la pace lavora per la giustizia” (Pauli VI “Nuntius ob diem ad pacem fovendam dicatum pro a. D. 1972”, die 8 dec. 1971: Insegnamenti di Paolo VI, IX [1971] 1073 ss).

Come cattolici abbiamo un grande contributo da dare per la costruzione di una società più giusta per i nostri concittadini. Il senso tradizionale della giustizia che i vostri antenati vi hanno lasciato può essere arricchito dalla rivelazione cristiana per condurre ad un rinnovato e più profondo impegno per un autentico sviluppo umano per tutti. A questo proposito desidero raccomandarvi gli sforzi che vengono fatti nello Swaziland per assicurare l’armonia tra le differenti razze, la libertà religiosa, il benessere sociale e una calda accoglienza per i rifugiati. È anche presente una lunga tradizione di apertura alle idee delle altre nazioni. Tutto questo contribuisce a promuovere una società più giusta ed umana e una maggiore pace nel mondo.

9. La missione apostolica di essere ambasciatori di riconciliazione conferisce a tutti i cristiani il dovere particolare di cercare una riconciliazione al loro interno. Insieme a voi tutti saluto con favore le iniziative che sono state intraprese dalle organizzazioni ecumeniche a livello nazionale così come le ancora più spontanee collaborazioni tra i cristiani a livello locale. Un vero spirito di ecumenismo non ignorerà le reali differenze dottrinali che esistono tra i cristiani né dovrebbe condurre all’indifferenza nei confronti della nostra identità cattolica o nella pratica della nostra fede. Ma noi possiamo e dovremmo rallegrarci di ogni sforzo che miri a promuovere l’unità cristiana, specialmente mentre lavoriamo insieme per una maggiore giustizia e una pace più duratura.

10. Miei fratelli e sorelle in Cristo: l’angelo Gabriele è stato mandato da Dio alla Vergine Maria per annunciarle la salvezza del mondo: “Ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e sarà chiamato Figlio dell’Altissimo . . . e il suo regno non avrà mai fine” (Lc 1, 31-33).

Sì, il Regno di Cristo non avrà mai fine, anche se le potenze di questo mondo passeranno, anche se il cielo e la terra passeranno. La sua parola non passerà: la parola di Cristo durerà per sempre perché è parola di verità ed amore, parola di giustizia e di grazia, parola di riconciliazione e di pace.

Ciò che il salmista aveva predetto si è così avverato:
“Misericordia e verità si incontreranno
giustizia e pace si baceranno.
Quando il Signore elargirà il suo bene,
la nostra terra darà il suo frutto.
Davanti a lui camminerà la giustizia
e sulla via dei suoi passi la salvezza” (Sal 85 [84], 11-14).

L’angelo Gabriele annunciò: “Non temere Maria perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù” (Lc 1, 30-31): Gesù, un nome che significa “Dio salva”, un nome che significa salvatore.

11. E colei che voi qui venerate nello Swaziland come la Regina della pace rispose con queste parole: “Io sono la serva del Signore . . . avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38).

La Regina della pace è colei che desidera servire - che desidera soprattutto essere al servizio della missione di riconciliazione e di pace che Gesù suo Figlio ha portato nel mondo. Lei - la Madre del Re della pace - desidera soprattutto servire ed intercedere in modo tale che “la nostra terra darà il suo frutto”, il frutto della pace con Dio e tra tutti i popoli.

Maria - Regina della pace - desidera soprattutto servire, perché “servire Dio è regnare”. Amen.


A Maria “Regina della Pace” il Santo Padre affida la Chiesa e i fedeli dello Swaziland durante la Santa Messa celebrata nella mattinata di oggi, nel “Samhlolo Stadium” di Mbabane. Nell’Atto di Affidamento pronunciato prima della fine della Celebrazione Eucaristica, Giovanni Paolo II invoca la protezione della Vergine sui giovani, sugli anziani, sugli ammalati e su tutto “l’amato popolo che vive nello Swaziland”. Questo il testo della preghiera.

O Maria Madre di nostro Signore Gesù Cristo.

Al termine di questa celebrazione della santa Eucaristia, in cui abbiamo meditato sul mistero dell’annunciazione e ti abbiamo onorato sotto il titolo di “Regina della pace”, ti rivolgo ora una fiduciosa preghiera.

Guarda con amore al Popolo di Dio oggi qui riunito in preghiera. Guarda come gioisce nella buona novella del tuo Figlio. Tu sai come esso creda fermamente nel Vangelo. Tu sai quanto è profondo il suo amore per lui. Sii sempre vicina ad esso, o Madre del Redentore, per assisterlo nei suoi pellegrinaggi di fede. In unione con il corpo di Cristo nel mondo, la Chiesa dello Swaziland cerca di rispondere con generosità alla grande opera di evangelizzazione: per sostenere fedelmente gli insegnamenti della Chiesa, per difendere la dignità e i diritti di ogni persona, per rendere sempre lode e gloria alla Santissima Trinità.

O carissima Madre del nostro Salvatore, prego affinché il tuo amore abbracci tutti i membri della Chiesa in questo territorio, i Vescovi e sacerdoti, i religiosi e le religiose, tutti i laici che servono Cristo nel mondo.

Te li affido con grande speranza, fiducioso che insegnerai loro come crescere ogni giorno nella conoscenza e nell’amore del tuo divino Figlio.

O beata Vergine Maria, ti affido soprattutto i giovani di questa nazione: i bambini piccoli nella loro gioia ed innocenza, e i ragazzi e le ragazze che ora stanno decidendo cosa fare delle loro vite. Guidali lungo la strada della verità e dell’amore verso un futuro che risplende di speranza. Possano le loro menti e i loro cuori, come te, essere guidati dalla saggezza dello Spirito Santo.

O Maria, Madre della tenerezza, ti affido il malato e l’anziano, e tutti quanti ne hanno cura. Il tuo stesso cuore è stato segnato dalla sofferenza e dalla tristezza poiché hai reso testimonianza delle sofferenze della redenzione del tuo Figlio. Aiuta coloro che hanno generosamente condiviso la croce di Cristo a condividere ugualmente la promessa della risurrezione. Possano le famiglie dello Swaziland essere unite nell’amore di Cristo e possano le loro case essere come la casa di Nazaret, un luogo di caldo benvenuto e di affetto.

O Maria, Regina della pace, affido alla tua affettuosa cura tutto l’amato popolo che vive in questa terra. Ti porto le loro aspirazioni e desideri, soprattutto il loro desiderio di giustizia e pace. Quando tuo Figlio nacque a Betlemme, gli angeli cantarono in coro:

“Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama” (Lc 2, 14).

Sì, il Figlio di Dio, tuo Figlio, è venuto a portare la pace, pace agli uomini e alle donne di buona volontà, pace agli uomini di ogni razza e nazione, pace agli uomini “che egli ama”, una pace che è fondata sulla grazia e sulla giustizia. Intercedi presso il Figlio tuo, o Regina della pace, per il dono della pace nel mondo e per la pienezza della pace nei cuori di tutti. E possa il Regno del Principe della Pace essere sempre più stabile qui nello Swaziland. Amen.



Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana