VIAGGIO APOSTOLICO IN ZIMBABWE,
BOTSWANA, LESOTHO, SWAZILAND, MOZAMBICO
CELEBRAZIONE DELLA PAROLA CON I GIOVANI
NELLA CATTEDRALE DI MAPUTO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Maputo (Mozambico) - Domenica, 18 settembre 1988
Vi saluto, giovani, “perché siete forti”!
1. Sì, carissimi giovani e amici del Mozambico, guardandovi, vedo che siete forti. Siete la forza di questa nazione, destinata a fare di quest’ultima una grande nazione. Siete la forza della Chiesa, destinata a dare continuità e solidità all’“opera buona” del Vangelo, qui iniziata da Dio (cf. Fil 1, 6). Siete il futuro del Mozambico, della Chiesa e del mondo. Ed è volontà di Dio che sia un futuro migliore.
E “chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Gv 2, 17).
Grazie per il vostro caloroso benvenuto! Grazie soprattutto per essere venuti; avete risposto numerosi e con tutto questo entusiasmo all’invito ad incontrarvi con il Papa. Mi date una grande gioia poiché desideravo molto questo incontro. So che anche voi mi aspettavate, con grande curiosità e, molti di voi, con entusiasmo e amore.
Nel salutarvi cordialmente, saluto tutti i giovani del Mozambico, ovunque si trovino: quelli che affrontano con serenità l’esistenza e quelli che, guardando il futuro incerto, si interrogano; gli studenti, in patria e fuori, e quelli che non studiano; coloro che sono impegnati nelle diverse occupazioni, servendo con gioia i propri simili e il bene comune, e gli altri, senza lavoro, invalidi, alienati e senza fiducia; quelli che sono liberi e quelli che non si sentono liberi né sicuri. Vorrei lasciare a tutti un messaggio di speranza.
2. Sapete che, come Vescovo di Roma, ho compiuto diversi pellegrinaggi pastorali attraverso i cinque continenti. Mi spinge l’impegno assunto con Gesù Cristo; e, nello stesso tempo, l’impegno assunto con l’uomo, di aiutarli ad essere felici, poiché questo è il disegno del Creatore. Questa è stata la ragione per cui il Figlio unigenito di Dio si è fatto uomo: “Per noi uomini e per la nostra salvezza è disceso dal cielo” (Credo).
In tutti i miei viaggi pastorali i giovani del mondo meritano, da parte mia, un’attenzione particolare, anche se non esclusiva, poiché anche a loro e soprattutto a loro auguro di essere felici; voglio annunciare loro la verità che rende liberi ed introduce lungo il cammino della felicità, della luce, di quella Luce destinata ad illuminare tutto l’uomo (cf. Gv 1, 9).
È questo il momento per voi di tracciare un progetto della vostra felicità, che sarà tanto più profonda quanto maggiore sarà stato lo sforzo richiesto. Il periodo della gioventù è molto importante, proprio per questo è il momento di fare un progetto di vita. Le decisioni che prenderete, gli impegni che assumerete e i valori ai quali affiderete la vostra esistenza, così come i traguardi che vi prefiggerete, saranno la forma della vostra felicità.
Quanto desidero per voi che siate felici! Ecco, essere giovani vuol dire una vita in fiore, piena di promesse di buoni frutti; vuol dire speranza della vostra famiglia, di una nazione, della Chiesa e del mondo: di un mondo reso migliore dal vostro generoso contributo e dalla vostra felicità personale. Ed è questa la volontà di Dio: “Chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (cf. 1 Gv 2, 17).
3. Mi sono rallegrato nel sapere, mentre preparavo questo incontro con voi pregando ed informandomi, che molti giovani mozambicani sono stati, effettivamente, “forti”: hanno saputo vincere, come ci diceva l’apostolo san Giovanni nella lettura biblica che abbiamo ascoltato. Vale a dire hanno fatto grandi sforzi e dimostrato del coraggio per perseverare nella fede, per trattenere nel loro cuore la “Parola di Dio” e l’“amore del Padre”. Non si sono lasciati impressionare, in mezzo al crollo dei valori tradizionali e cari al popolo mozambicano, in mezzo alla confusione e alla mancanza di rispetto che li attorniava e di fronte alle pressioni dell’ambiente. Altri, forse, si sono dimostrati meno “forti”; ma c’è ancora tempo per diventare “forti”. Un giovane ha sempre tempo per riconquistare la propria gioventù bruciata.
È giovane colui che è “forte”; e non si dimostra “giovane” chi si lascia vincere dal “maligno”. E adesso è il momento di prepararvi, di imprimere carattere alla vostra forza; è tempo di allenarvi per partecipare e vincere.
4. E qual è - vi chiederete - lo “sport” in cui dobbiamo dimostrare la nostra forza, per il quale dobbiamo allenarci con perseveranza e nel quale dobbiamo vincere? Quali gli avversari che dobbiamo superare?
San Giovanni evangelista spiegava: esiste la luce ed esistono le tenebre; esiste la giustizia ed esiste il peccato. Chi accoglie la Parola di Dio non commette peccato, ma osserva i “comandamenti”: conosce la verità ed elimina dalla sua vita le “tenebre”, la falsità e la menzogna. Vince il “maligno”, il demonio, che è il “padre della menzogna”.
Oltre al demonio, ci sono altri avversari della verità e della “luce”, ai quali bisogna resistere per vincere. E sono:
- il “mondo”, identificato con la mentalità che scende a patti con il male, che vuole imporre la falsità e le illusioni dell’egoismo, che passano in fretta, lasciando il disincanto;
- la triplice “concupiscenza” disordinata: concupiscenza della “carne”, che è la tendenza ad abusare del piacere, abuso contrario alla volontà di Dio, al bene di ognuno e del suo prossimo; la concupiscenza degli “occhi”, che è l’ambizione del potere, di essere qualcuno, per dominare e dare spazio al proprio egoismo; ed infine, il “fasto della vita”, che è avidità di ricchezze, che rendono gli uomini superbi, presuntuosi e chiusi a Dio e ai fratelli.
Questa spiegazione già indica lo “sport” per il quale vi state preparando: la vita, come deve essere. La vittoria sul male, sulle “tenebre” è un dono dall’Alto; ma è anche conquista personale: un impegno che vincola. Non ci sono mezzi termini: o si sceglie la luce, la verità e la libertà con Dio, o, allora, il vagare nelle “tenebre” del mondo che passa. E nel secondo caso, la vita perde significato, l’uomo è un “vinto” e può anche diventare schiavo. Ma per tutti voi, cari giovani, la volontà di Dio è la vittoria, è vincere nella vita. E “chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Gv 2, 17).
5. Ma - direte ancora - per confrontarsi con la “volontà di Dio” è necessario riconoscere in sé e negli altri la possibilità di accettare lo stesso Dio, la dimensione trascendente: riconoscere che noi, persone umane, non siamo solo materia ben strutturata e meglio organizzata di qualsiasi altra, ma anche spirito; e, in quanto essere spirituale, riconoscere che, secondo la Bibbia, ogni uomo è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio; e che, in quanto salvato, è chiamato a essere suo figlio, in Gesù Cristo, e fratello degli altri uomini e destinato ad una vita eterna.
Sì! È necessario riconoscere tutto questo. E negare questa trascendenza significa ridurre se stessi e gli altri ad “oggetti”, il cui destino è soggetto all’abuso, all’egoismo e all’avidità degli altri uomini; o allora all’onnipotenza dello stato, eretto a valore supremo. E guardate che questa trascendenza “la ragione stessa la fa conoscere” (cf. Dignitatis Humanae, 2).
La Chiesa, hanno scritto per voi i Vescovi che presero parte al Concilio, ha fiducia che voi troverete un’energia e un’allegria tali, nello scoprire tutta la ricchezza dell’essere persone, che non arriverete a farvi tentare né cederete alle seduzioni delle filosofie dell’egoismo e del piacere che, di fronte all’ateismo, saprete affermare la vostra fede nella vita e in ciò che dà senso alla vita: “la certezza dell’esistenza di un Dio giusto e buono” (cf. Conc. Oec. Vat. II “Nuntii quibusdam hominum ordinibus dati”, die 8 dec. 1965: AAS 58 [1966] 16).
6. È bello sognare, avere delle aspirazioni; è normale all’età vostra, piena di cose affascinanti. Anch’io ho avuto la vostra età, nel clima della guerra, con delle aspirazioni come voi, con sofferenze come le vostre e con momenti pieni di interrogativi, come voi. Ma, lungo il percorso della vita, arriva il momento in cui bisogna scegliere, decidere e dimostrare che siete “forti” per superare avversari ed ostacoli. E inevitabilmente sorgono alcune domande: Chi sono io, alla fine? Dove vado? Che strada devo percorrere, qual è la migliore per me?
Mi piacerebbe incontrare da solo ognuno di voi, mentre si pone queste domande, e conversare: ascoltare e rispondere. Non essendo possibile questo, come amico e in qualità di “più anziano”, di chi si è già confrontato con la “volontà di Dio” e crede nel suo “amore di Padre”, voglio lasciare a tutti la mia testimonianza: la testimonianza di ciò che io considero la cosa più importante per tutti gli uomini miei fratelli.
Partendo dalla certezza che la vostra maggior fonte di energia consiste nell’essere persone, nell’essere persone accanto ad altre persone e poter realizzare insieme cose stupende, la mia testimonianza è questa: solo in Dio i valori umani trovano un fondamento solido; e solo in Gesù Cristo, Dio e uomo, si intravede una risposta al problema che ogni persona è per se stessa: egli è la via, la verità e la vita per tutti gli uomini.
7. Aperti alle dimensioni sociali dell’uomo, come tutti i giovani, vi rivolgete verso il futuro. Sentite il desiderio di fare qualcosa; in certi momenti, potrete sentire anche il desiderio di trasformare radicalmente le strutture, che appaiono inadeguate ai vostri sogni di una società migliore: una società giusta, libera e prospera, in cui tutti ed ognuno possano usufruire con serenità dei benefici del progresso.
Dio ha fatto i giovani così, proprio perché si sentano stimolati a trasformare il mondo, migliorandolo, e disegnino un progetto di vita in questa direzione. Vi danno fastidio le “ombre”, quello che “non va”: le ombre delle divisioni e delle barriere fra gli uomini, dell’incomprensione fra le generazioni, del razzismo, dell’ingiustizia e della guerra; e, d’altro lato, le ombre della dissipazione e dello sperpero, quando in altre parti del mondo si patiscono le miserie e la fame. E potrebbero a volte assalirvi due tipi di tentazione: di scoraggiamento e abdicazione o, al contrario, di comportamenti estremisti fino alla violenza.
Ma voi siete “forti”: volete essere “forti” non è vero? E, proprio per questo, vogliate ascoltare la saggezza dei “più anziani”, che vi indicano le vie della temperanza, della prudenza e della giustizia, per giungere all’autodisciplina e alla supremazia dell’amore nella vostra vita, che sono i moventi del rinnovamento da voi desiderato. In altre parole, vogliate formare dentro di voi una personalità equilibrata, una coscienza onesta e chiara, essere persone giuste, che ispirano fiducia, uomini e donne di parola e di una autenticità a tutta prova. Questa è la volontà di Dio; e “chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Gv 2, 17).
8. Vi ho scritto, tempo fa, una lettera, in cui vi dicevo che la storia è scritta non solo con gli avvenimenti che si svolgono “fuori” dall’uomo; ma è scritta, innanzitutto, “dentro” l’uomo: è la storia delle coscienze umane, delle vittorie e delle sconfitte morali (cf. “Epistula Apostolica ad iuvenes internationali vertente anno iuventuti dicato”, 6, die 31 mar. 1985: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VIII, 1 [1985] 767). Ed in una pubblicazione da voi distribuita in vista di questo incontro con il Papa, si leggeva: “Costruiamo la pace nella giustizia e nell’amore”. La frase mi è piaciuta. Ma, a volte, molti buoni propositi di costruire una società giusta svaniscono nell’inautenticità e non durano, perché manca loro l’appoggio di un serio impegno di morigeratezza ed anche di austerità personale. Per usare una parola sola, per mancanza di “fortezza” morale. Costruite, amati giovani, la pace “dentro”, nelle vostre coscienze, per poter portare avanti la grande missione di pace che vi aspetta.
Nonostante la giovane età, avete già avuto occasione di vivere una dura esperienza, a volte molto dolorosa, di mancanza di pace, determinata dalle vicende che il vostro Paese ha attraversato. Alcuni di voi già sono nati in tempo di guerra e di grandi tribolazioni e sofferenze. Quanti vostri coetanei hanno perso la vita, vittime della guerra, della violenza, della fame e della malattia! Quanti si ritrovano invalidi! Quanti altri hanno perduto il rispetto per la vita, l’apprezzamento per i valori di ordine superiore e tradizionali, l’amore della famiglia e hanno lasciato che l’odio e la ribellione si impossessassero di loro!
9. Voi sentite che il Mozambico, molto o comunque più di altri Paesi, ha bisogno di voi, ha bisogno di giovani che sappiano vincere nella vita, di “uomini nuovi”. Sentite che a voi spetta il compito bello ed entusiasmante, ma non facile, di costruire una società, dando tutto il significato e l’espressione che deve avere l’indipendenza da poco conquistata, che non è fine a se stessa. Sentite che avete il compito non solo di consolidare una società che avete trovato, ma di ricostruire molte cose e dare a questo popolo strutture ed organismi che permettano a tutti i cittadini di vivere come una vera nazione, che ha il suo prototipo in una grande famiglia armoniosa e felice.
Ma il primo passo deve essere la costruzione della pace come si leggeva nel vostro foglietto programmatico. A voi, giovani, ragazzi e ragazze del Mozambico, spetta introdurvi, come protagonisti, nella realizzazione di questo programma gigantesco. Lo presento a voi proprio perché siete giovani, siete la forza e la certezza del futuro del Mozambico. Siate i portatori di questo messaggio di pace e di speranza a tutti i mozambicani! Siate anche messaggeri con la vita e l’esempio!
Portate via dal vostro cuore risentimenti e odii! Lasciatevi conoscere ed amare dal redentore dell’uomo, Gesù Cristo, che è nella storia degli uomini la forma e il nome dell’amore e della misericordia di Dio. Diventate “pacifici” fin dal periodo della vostra formazione per vincere nella vita! Preparatevi qualitativamente, in tutti i campi, per l’opera di ricostruzione e di sviluppo che vi lancia una sfida!
Che i vostri governanti possano contare su di voi, su tutti ed ognuno!
Che il Papa, lasciando il Mozambico, possa portare con sé la certezza che la Chiesa, strumento di pace, per vocazione e missione divina (cf. Gaudium et Spes, 89), possa avervi come araldi della pace e fautori della fraterna convivenza in questa comunità nazionale, in nome di Cristo, Principe della Pace!
E che, una volta a Roma, io sia certo che questo mio appello rimanga nel cuore dei miei giovani amici mozambicani e continui a produrre frutti nella pacificazione e nella partecipazione allo sviluppo, nel progresso e nella prosperità del nostro amato Mozambico!
10. Così, carissimi amici, anche la Chiesa ha bisogno di voi: vuole che sentiate di essere Chiesa e in essa possiate vivere responsabilmente la comunione e la partecipazione, alla luce delle Beatitudini, per irradiare la gioia dei figli di Dio, nella lotta contro i “meccanismi perversi” e le “strutture del peccato”, avendo come obiettivo la solidarietà umana e cristiana (cf. Sollicitudo Rei Socialis, 40).
E di alcuni - mi sia permessa l’espressione - Cristo ha bisogno in maniera particolare: suggerisce loro di “lasciare tutto” e “seguirlo” come progetto di vita e cammino di felicità. È risaputa la grande necessità di vocazioni sacerdotali, religiose e di laici impegnati. Ambienti adatti a queste vocazioni sono le famiglie, dove ci sia un clima di amore e di preghiera. Mi rallegro nel sapere che, quale frutto di una più accurata preparazione per quelli che seguono la strada del matrimonio, sta crescendo l’apprezzamento per il sacramento del Matrimonio, celebrato come Dio vuole e secondo le leggi del vostro Paese.
Non accontentarsi di essere come siete e aspirare ad essere migliori significa avere personalità; non accontentarsi del mondo così come lo avete incontrato, ma desiderarlo migliore è segno di gioventù; non accontentarsi delle dimensioni temporali ma desiderare di essere persone per l’eternità significa essere cristiani. È la volontà di Dio: e “chi fa la volontà di Dio rimane in eterno” (1 Gv 2, 17).
Prima di darvi la benedizione, con tutto il cuore, col pensiero a tutti i nostri amici giovani del Mozambico, soprattutto a quelli che soffrono, innalziamo a Dio la nostra voce pregando come san Francesco d’Assisi:
“Signore, fa di me uno strumento della tua pace!
Dove c’è odio, che io porti l’amore;
Dove c’è offesa, che io porti il perdono;
Dove c’è discordia, che io porti l’unione;
Dove c’è il dubbio, che io porti la fede;
Dove c’è l’errore, che io porti la verità;
Dove c’è disperazione, che io porti la speranza;
Dove c’è tristezza, che io porti la gioia;
Dove ci sono le tenebre, che io porti la luce.
Signore,
Fa’ che io cerchi di consolare piuttosto che essere consolato,
di comprendere piuttosto che essere compreso,
di amare piuttosto che essere amato.
Poiché
è dando che si riceve,
è perdonando che si è perdonati,
ed è morendo che si risuscita alla vita eterna!
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