VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPE BENEDETTO COTTOLENGO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 18 dicembre 1988
1. Cari fratelli e Sorelle!
Abbiamo ascoltato la Parola di Dio, che la Chiesa ci fa meditare nella liturgia di questa quarta domenica del tempo d’Avvento.
Ogni giorno ripetiamo nella Liturgia delle Ore: “Il Signore è vicino”. Le letture domenicali ci permettono di penetrare ancor più dettagliatamente in questo mistero della vicinanza del Signore.
È vicino colui che il Padre ha “mandato nel mondo”. Colui - l’atteso - che è stato preannunciato dai profeti; colui che esaudisce la preghiera dei salmi. Egli è - come annuncia oggi il salmista - “l’uomo della destra di Dio” (cf. Sal 80 [79], 18) il “Figlio di Dio”.
Verrà come servo della nostra salvezza. Il servo della conversione dei popoli. Infatti il salmista grida con fiducia: “Da te più non ci allontaneremo, ci farai vivere e invocheremo il tuo nome” (Sal 80 [79], 19).
Il salvatore del mondo, l’autore della nuova vita è ormai vicino.
2. Il profeta Michea indica il luogo della sua nascita:
“E tu, Betlemme di Efrata
così piccola per essere fra i capoluoghi di Giuda,
da te mi uscirà colui
che deve essere il dominatore in Israele,
le sue origini sono dall’antichità,
dai giorni più remoti” (Mi 5, 1).
Parole ammirabili! Esse indicano non solo il luogo della nascita del Messia, ma anche la sua provenienza “dai giorni più remoti”, dall’eternità, poiché egli è Dio. Le parole del profeta non preannunciano forse il Figlio di Dio? Colui che è “Dio da Dio, Luce da Luce”?
3. Dio è il “Pastore d’Israele”.
Il Messia che verrà da Dio, sarà egli pure chiamato il profeta pastore:
“Egli starà là e pascerà (i figli d’Israele) con la forza del Signore, con la maestà del nome del Signore suo Dio. Abiteranno sicuri, perché egli allora sarà grande fino agli estremi confini della terra” (cf. Mi 5, 3).
Israele era un popolo numericamente non grande, anzi uno dei più piccoli. Tuttavia nei disegni di Dio è diventato l’inizio di ciò che è universale, di ciò che non conosce frontiere e divisioni tra popoli, nazioni o stati. Infatti si riferisce all’uomo. Colui che viene è il redentore dell’uomo: di ciascuno e di tutti.
Viene come pastore delle anime. E il suo potere - potere di pastore - è un servizio alla salvezza universale dell’uomo.
In questo senso il salmista grida: “Tu, pastore d’Israele . . . Risveglia la tua potenza e vieni in nostro soccorso” (Sal 80 [79], 2-3).
4. Ecco, egli viene. Ecco è vicino!
Con le parole della lettera agli Ebrei egli stesso - Cristo stesso - proclama il mistero della sua venuta.
“Entrando nel mondo, Cristo dice (al Padre): Tu non hai voluto né sacrifici né offerte, un corpo invece mi hai preparato” (Eb 10, 5).
Così dice al Padre il Figlio eterno che è “nel seno del Padre” (Gv 1, 18).
“Ecco, io vengo . . . per fare, o Dio, la tua volontà” (Eb 10, 7).
Colui che è vicino, la cui nascita a Betlemme celebreremo nella liturgia tra qualche giorno - viene come redentore del mondo.
Viene perché “noi siamo stati santificati per mezzo dell’offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre” (cf. Eb 10, 1).
5. Il luogo della sua nascita è Betlemme di Efrata, nella terra di Giuda. Il Padre ha preparato un corpo al suo Figlio eterno, introducendolo nel nostro tempo e inviandolo nel mondo - come Figlio dell’uomo.
Il figlio dell’uomo nasce da una Vergine.
La sua esistenza terrena è iniziata in quel momento, quando la Vergine di Nazaret ha risposto all’angelo:
“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto” (Lc 1, 38).
È stato quello il momento in cui Maria “ha creduto” e per cui Elisabetta nel momento della visitazione, nella casa di Zaccaria, ha potuto proclamarla “beata” perché “ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore” (Lc 1, 45).
La fede di Maria è diventata il prologo della nuova alleanza di Dio con l’umanità intera. Questa è l’alleanza stretta nel sangue del proprio Figlio: il Figlio di Dio che assumendo un corpo umano, verrà al mondo come Figlio di Maria Vergine.
6. In questo modo la liturgia dell’odierna domenica d’Avvento ci permette di conoscere che “il Signore è vicino”. Lo meditiamo oggi nella comunità della vostra parrocchia, dedicata a san Giuseppe Benedetto Cottolengo.
Sono lieto di celebrare questa liturgia con voi, cari fratelli e sorelle, che condividete il dono della fede e della speranza, che è propria del tempo di Avvento.
Esprimo il mio cordiale saluto a tutta la comunità ecclesiale che opera qui, in Valle Aurelia, in questa popolosa zona del settore ovest di Roma.
Il primo pensiero va al Cardinale vicario, Ugo Poletti, al Vescovo ausiliare, monsignor Remigio Ragonesi, al vostro parroco, don Giovanni di Tullio, ai suoi collaboratori ed a tutti i confratelli della congregazione dei Servi della Carità, fondata dal beato Luigi Guanella, e a cui è stata affidata la cura pastorale di questo quartiere.
Un saluto ed un augurio alle religiose guanelliane della parrocchia, a quelle che lavorano nella scuola materna. Un affettuoso pensiero di conforto e di incoraggiamento va pure a coloro che operano nell’accoglienza dei profughi, dei poveri, degli ex-carcerati; che assistono ragazze in difficoltà, le persone sole e abbandonate, gli ammalati e gli anziani. Un pensiero grato va pure a tutti gli appartenenti alle organizzazioni parrocchiali, dalla “Legio Mariae” alla San Vincenzo, dal Centro Olimpia per l’animazione sportiva ai gruppi giovanili, alla Corale Lauretana, ai catechisti, ai membri del Consiglio pastorale. Con tutti mi compiaccio per la preziosa e generosa disponibilità a sviluppare nel quartiere centri di aggregazione, occasioni di amicizia, possibilità associative per tutti.
Un saluto ed un augurio, infine, a tutti voi qui presenti che in qualsiasi maniera condividete con la vostra collaborazione il cammino faticoso dell’annuncio cristiano a Valle Aurelia.
7. Il vostro quartiere è sorto rapidamente con la costruzione di numerosi edifici abitativi. A tutti voi che siete qui oggi la Chiesa dice che il Signore è vicino, perché egli vuole essere presente tra di voi, accostarsi ai vostri problemi, alle preoccupazioni che vi assillano e che talvolta lasciano nelle vostre famiglie tracce di incertezza di fronte al futuro. Penso alla disoccupazione e sottoccupazione giovanili, al triste diffondersi dell’uso della droga, a tutti coloro che hanno bisogno di riscoprire il valore del sacramento del Matrimonio come dono di Dio, come momento di comunione e come realtà di grazia santificante.
Col Natale il Signore si accosta ad ogni uomo e ad ogni donna, ad ogni anima con i suoi problemi, e vuole portare liberazione, gioia, pace; vuole ricondurre ciascuno alla famiglia ed alla casa di Dio. “Il resto dei tuoi fratelli ritornerà ai figli d’Israele”, dove “abiteranno sicuri” (Mi 5, 2. 3).
Vi invito a considerare l’importanza di questa “visita” di Dio, e vi chiedo di accogliere il Signore che viene, specialmente nella costante partecipazione alla Messa festiva. È in questa assemblea del Popolo di Dio, che il Signore infonde in noi i doni soprannaturali. Per questo egli ci convoca, e spezza per noi il pane della Parola e dell’Eucaristia. Cercate il Signore in questa realtà spirituale ed unitevi all’offerta del suo corpo e del suo sangue.
8. “Il Signore è vicino”.
Nel corso di questi giorni di Avvento che ci preparano al Natale del Signore, riflettiamo spesso sulle parole del salmista, che oggi sono risuonate nella liturgia:
“Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi
e visita questa vigna,
proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato,
il germoglio che ti sei coltivato” (Sal 80 [79], 15-16).
Sul terreno dell’umanità Dio ha piantato una mirabile vigna mediante il mistero dell’incarnazione: il suo Figlio eterno - redentore del mondo - perché noi tutti cresciamo con lui e in lui. Chiediamo di maturare in lui, in questa pienezza salvifica, che Dio ha ideato per l’uomo nel suo eterno amore.
“Dio volgiti . . .”.
Volgiti a noi nel ripetersi della liturgia, perché il mistero della tua venuta ci rinnovi sempre.
Volgiti, o Dio . . . Volgiti come Figlio di Maria, di colei che tu hai prescelto come Madre.
Veramente: “Benedetta . . . fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo” (cf. Lc 1, 42).
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