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PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN NORVEGIA, ISLANDA,
FINLANDIA, DANIMARCA E SVEZIA

CELEBRAZIONE SERALE DELLA PAROLA NELLA PIAZZA DEL MERCATO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Tromsø (Norvegia) - Venerdì, 2 giugno 1989

 

Cari fratelli e sorelle, cari amici!

1. È un piacere per me rendervi visita a Troms. È la prima volta che visito una terra a Nord del circolo polare artico. So che avete “la notte per due mesi” dell’anno. Comunque, adesso gioite per il ritorno della luce. Avete le notti luminose senza tramonto.

Capisco quanto dovete amare la luce.

Gesù Cristo ha detto. “Io sono la luce del mondo”. Egli è la luce che illumina sempre. Egli è la luce che scalda sempre. Egli è proprio la luce che ci porta l’amore, la gioia, la speranza, la pace.

I miei saluti e la benedizione del Signore scendano su di voi e sulla vostra terra del Nord.

2. Poiché siamo qui questa sera per pregare insieme, dobbiamo chiederci cosa significa pregare. Gli splendidi Salmi che abbiamo appena cantato ci insegnano la base di tutte le preghiere; essi ci ricordano che noi siamo creature che hanno una relazione con il Dio che ci ha creato:

“Nella sua mano sono gli abissi della terra, / sue sono le vette dei monti. / Suo è il mare, egli l’ha fatto, / le sue mani hanno plasmato la terra . . . / in ginocchio davanti al Signore che ci ha creati” (Sal 95, 4-6).

I Salmi ci parlano anche della nostra necessità di liberazione o, per essere più esatti, essi celebrano con gratitudine le potenti azioni di liberazione che Dio ha compiuto per il suo popolo:

“Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi: / perché eterna è la sua misericordia; / ci ha liberati dai nostri nemici . . . / Egli dà il cibo ad ogni vivente: / perché eterna è la sua misericordia” (Sal 136, 23-25).

Cari fratelli e sorelle, nei Salmi noi vediamo come il popolo scelto da Dio lo abbia colmato di lode e ringraziamenti per il dono della creazione e per la loro liberazione dai nemici terreni. Quanto più grande allora è il nostro bisogno di pregare l’onnipotente Dio, che ci libera dal peccato e dalla morte per mezzo della Croce e della Risurrezione del suo Figlio, e che ci riporta ad una nuova creazione per mezzo del potere dello Spirito Santo.

Così siamo guidati dal Vangelo. Come i primi discepoli, noi veniamo a Cristo desiderosi di imparare come pregare (cf. Lc 11, 1). Insegnandoci il “Padre Nostro” Cristo ha stabilito il modello per tutte le preghiere. Egli ci spiega la nostra relazione con Dio e con il prossimo. Dio è il nostro creatore. Egli è il nostro redentore. Con lui come nostro Padre comune noi siamo tutti fratelli e sorelle.

3. E così noi diciamo: “Padre nostro che sei nei cieli” (Mt 6, 9).

Quando Gesù prega usa il termine aramaico “Abbà” (cf. Mc 14, 36), che veniva usato dai bambini piccoli per chiamare il loro padre. Solo Cristo, il Figlio eterno uno solo con il Padre, ha diritto di rivolgersi a lui con tanta familiarità, con tanta intimità, l’unico il cui trono è nei cieli. Ma anche a noi è stato dato questo privilegio con la nostra adozione a figli di Dio nel Battesimo (cf. Rm 8, 15; Gal 4, 6). Siamo diventati figli e figlie “nel Figlio” Gesù Cristo.

Questo inimmaginato e immeritato dono di comunione con Dio trasforma ogni relazione umana. Noi preghiamo non “mio” padre o “tuo” padre ma “nostro Padre”. Anche quando noi “chiudiamo la porta e preghiamo in segreto” (Mt 6, 6), siamo spiritualmente uniti con tutti i nostri fratelli e sorelle in Cristo e con ogni persona umana creata ad immagine e somiglianza di Dio e redenta dal sangue dell’Agnello. La preghiera ci libera dall’egoismo, dall’isolamento e dalla solitudine. Essa ci apre al mistero della comunione con Dio e con gli altri.

4. “Sia santificato il tuo nome; / venga il tuo regno; / sia fatta la tua volontà, / come in cielo così in terra” (Mt 6, 9-10).

Nel mondo moderno, gli sviluppi scientifici e tecnologici hanno disperso molte delle nostre paure, hanno alleviato molti dei pesi della nostra esistenza, ed hanno aperto nuove possibilità per l’autorealizzazione dell’uomo. Questi sviluppi possono anche condurre ad una grande tentazione come quella “dell’inizio” nel libro della Genesi: la tentazione di decidere noi stessi ciò che è bene e ciò che è male senza far riferimento al Dio che ci ha creato, il vano tentativo di porre noi stessi e le nostre volontà, piuttosto che Dio e la sua legge, al centro dell’universo. Ma se noi rifiutiamo o ignoriamo Dio “che è amore” noi rifiutiamo l’amore stesso.

La prima affermazione della “Preghiera del Signore” è che il nome di Dio deve essere glorificato, che il suo Regno verrà, che la sua volontà deve essere fatta. Se questa diventa la nostra priorità, allora tutto ci verrà dato di conseguenza. I progressi nella scienza, in economia e nell’organizzazione sociale e nella cultura non ci potranno derubare della nostra umanità, ma rifletteranno l’amore che solo dà vita, significato e gioia ai nostri sforzi umani. È Dio che “ci dà oggi il nostro pane quotidiano” (Mt 6, 11), anche se dobbiamo ricordarci che noi non viviamo di solo pane, “ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” (Mt 4, 4).

5. “Rimetti a noi i nostri debiti / come noi li rimettiamo ai nostri debitori” (Mt 6, 12).

L’insegnamento di Cristo è semplice ma equilibrato. Egli dice. “Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe” (Mt 6, 14-15).

Cari fratelli e sorelle: non è forse questa la più difficile richiesta della “preghiera del Signore”, proprio perché ci viene fatta in modo così chiaro e intransigente? Pregando con queste parole professiamo la nostra fede nella misericordia di Dio, ma ci impegniamo anche per una vita di perdono. Così spesso noi imponiamo delle condizioni al nostro perdono, o rifiutiamo di cercare riconciliazione se siamo stati offesi. Ma se Dio ci trattasse così, chi potrebbe essere salvato? Con buona ragione noi deploriamo l’odio, la vendetta, e la durezza di cuore che affliggono la società in molte parti del mondo, ma la “Preghiera del Signore” ci sfida a cambiare il mondo iniziando a convertire i nostri cuori. La via del perdono di Cristo ci chiede di amare anche i nostri nemici e di pregare per i nostri persecutori (cf. Mt 5, 44). Soltanto dopo potremo pregare veramente come Gesù ci ha insegnato.

6. “Non ci indurre in tentazione / ma liberaci dal male” (Mt 6, 13).

Questa richiesta finale nel “Padre Nostro” ci aiuta a capire la divina Provvidenza alla luce della morte e Risurrezione di Cristo. Ci mette in guardia sull’esistenza del male e richiama alla mente le parole di Cristo: “E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenn” (Mt 10, 28).

Questo non significa che Dio è sordo alle nostre preghiere per liberarci dal pericolo fisico e dal male, o che egli è indifferente di fronte alle sofferenze causate da calamità naturali, dalle malattie, dalla fame e dalla guerra. È naturale che noi ci rivolgiamo al nostro celeste Padre per essere protetti da questi mali che sono entrati nel mondo a causa del peccato originale. Ma allo stesso tempo dobbiamo avere fiducia nella vittoria di Cristo sulla sofferenza e sulla morte. Quando nonostante le nostre preghiere e gli sforzi umani noi continuiamo a soffrire per il male in questo mondo di passaggio, noi dobbiamo avere fede che ciò potrà essere superato per mezzo del potere redentivo dell’amore. Il male più grande che ci potrebbe capitare è di essere separati da Dio a causa del peccato. Questo, soprattutto, è ciò che intendiamo quando preghiamo di non essere indotti in tentazione ma liberati dal male.

7. Cari fratelli e sorelle: cosa significa pregare? Significa levare le nostre menti e i nostri cuori a Dio con lodi e ringraziamenti, e vivere in accordo con la verità su Dio, su noi stessi e sul mondo. Significa adorare Dio non solo a parole ma anche con le opere, come ci insegna la “Preghiera del Signore”.

Riuniti questa sera nel lungo splendente crepuscolo del Nord, alla luce del sole perenne che così chiaramente simboleggia Cristo, la luce del mondo, che è il medesimo ieri, oggi e per sempre, prendiamo a cuore le parole con le quali egli finiva la sua preghiera nel Vangelo. Ciò che egli diceva alla folla quel giorno è ora rivolto a ciascuno di voi: “Chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia” (Mt 7, 24-25).

Possa “il nostro Padre nei cieli” concederci questa forza e questa saggezza.

 

© Copyright 1989 - Libreria Editrice Vaticana

 



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