SANTA MESSA NELLA SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Giovedì, 29 giugno 1989
1. “Benedirò il Signore in ogni tempo, / sulla mia bocca sempre la sua lode” (Sal 34, 2).
Oggi, 29 giugno, la liturgia della Chiesa mette sulle labbra dei santi Pietro e Paolo proprio queste parole. Nel corso dell’anno ci sono altre occasioni, in cui la Chiesa ricorda separatamente ciascuno di essi. Così, per esempio, il 25 gennaio, celebra la conversione di san Paolo e, il 22 febbraio, la Cattedra di san Pietro.
Oggi tutti e due insieme ricevono la venerazione liturgica: Pietro e Paolo. La ricevono in tutta la Chiesa, ma a Roma in modo ancora più solenne, poiché proprio qui, nella capitale dell’impero romano, ai tempi di Nerone, essi subirono il martirio.
L’odierna liturgia è quindi un “duetto” singolare: ciascuno di essi, Pietro e Paolo, e nello stesso tempo, tutti e due insieme, confessano uniti.
“Benedirò il Signore in ogni tempo, / sulla mia bocca sempre la sua lode. / Io mi glorio nel Signore, / Ascoltino gli umili e si rallegrino” (Sal 34, 2-3).
Gli apostoli invitano alla gioia eppure vanno alla morte / L’amore allontana la paura
2. Gli apostoli invitano alla gioia - eppure vanno alla morte: Pietro sulla croce, Paolo sotto la spada. Tuttavia vanno intrepidi, poiché sono pieni di amore e ricchi di umanità: il Signore “da ogni timore mi ha liberato” (cf. Sal 34, 5).
La grazia della testimonianza definitiva è, in ciascuno di essi, più grande dell’orrore della morte. L’amore allontana la paura. Vanno per benedire il Signore in ogni tempo. La morte obbrobriosa, la pena inflitta dagli uomini, non può offuscare la “gloria”, che trovano nel Signore: “Io mi glorio nel Signore”. Dinanzi a questa gloria di Dio, tutte le potenze e prepotenze umane sono impotenti.
Cristo accolse il dolore di Pietro e riconfermò in lui l’amore
3. Ecco, vanno a morte gli apostoli di Cristo. Ciascuno di essi è consapevole che un giorno il Signore gli è stato vicino (cf. 2 Tm 4, 17) e ha compiuto in lui l’opera della sua grazia.
Per Pietro un tale momento era venuto nei pressi di Cesarea di Filippo. Ivi gli fu dato di confessare la piena verità sul Cristo: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente” (Mt 16, 16). E la verità professata con la bocca e col cuore non veniva da lui: “Né la carne, né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. (Mt 16, 18).
Così disse Cristo a Simone, figlio di Giona, che era uomo fervido, ma anche titubante, come dimostrò durante la Passione del Salvatore.
Tuttavia ciò che il Padre aveva innestato nel suo cuore, non consentì a Pietro di permanere nel rinnegamento del Maestro.
Uscì nella notte e “pianse amaramente” (cf. Mt 26, 75). E le sue, erano le lacrime del dolore perfetto.
Allora Cristo accolse questo dolore e riconfermò in Pietro l’amore. Gli permise di confessare che “amava”: che ora amava “più” degli altri. E nello stesso tempo riconfermò la sua vocazione, a lui già prima affidata presso Cesarea di Filippo. “Pasci le mie pecorelle”.
Nel giorno in cui Pietro “offrì la vita per le pecore”, così come Cristo, Buon Pastore, l’aveva offerta sulla Croce, il ricordo di tutti quegli eventi dovette essere in lui vivo.
Il conferimento del pallio indica un vincolo di particolare comunione col successore di Pietro
4. La celebrazione liturgica lo esprime bene, quando proclama con le parole del Salmo: “Ho cercato il Signore e mi ha risposto / e da ogni timore mi ha liberato” (Sal 34, 5).
C’era ancora un timore mortale nei giorni di Erode a Gerusalemme, agli inizi stessi del servizio di Pietro in mezzo ai fratelli. C’era stata la condanna a morte per far piacere al popolo - e Pietro era prigioniero incatenato e sotto custodia (cf. At 12, 1 ss.)
Ed ecco la voce. “Alzati in fretta! . . . Mettiti la cintura e legati i sandali . . . Avvolgiti il mantello, e seguimi!” (cf. At 12, 7-8).
Le catene caddero, e, oltrepassate le guardie, la porta della prigione si aprì da sola (cf. At 12, 9-10).
Pietro si accorge che il Signore lo “ha strappato dalla mano di Erode” (At 12, 11).
Egli sa che davanti a lui c’è ancora una lunga strada; Gerusalemme, Antiochia ed infine Roma.
Il Signore “da ogni timore mi ha liberato . . . / Questo povero grida e il Signore lo ascolta, / lo libera da tutte le sue angosce” (Sal 34, 5. 7).
Quando ora, dopo anni, Pietro va a Roma alla morte di croce, tutta questa via, sulla quale l’ha condotto il Signore, gli viene in mente.
Quindi sembra dire a tutti - ai cristiani di allora, e oggi a noi: “Guardate / al Signore / e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti” (Sal 34, 6).
Pietro va alla morte con una gioia così. Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio. Mediante le parole del salmista, la Chiesa cerca di rileggere il mistero interiore dell’Apostolo nel giorno della sua morte: nel giorno del passaggio definitivo al Signore.
Alla luce di questo mistero, di questo messaggio petrino, rivolgo un pensiero particolarmente affettuoso ai venerati Arcivescovi metropoliti recentemente nominati, i quali riceveranno il sacro pallio in questa solennità.
Il conferimento del pallio, presso la tomba di Pietro, oltre che esprimere la giurisdizione, sta ad indicare anche un vincolo di particolare comunione col successore di Pietro, che è principio e fondamento visibile di unità nel campo della dottrina della fede, della disciplina e della pastorale.
Carissimi fratelli nell’Episcopato, questo segno di solidarietà spirituale e di amore vi serva di sostegno e di incoraggiamento nella vostra dedizione pastorale e nella confessione della vostra fede.
Sono lieto inoltre di salutare con grande affetto i membri della delegazione inviata dal Patriarca ecumenico, sua santità Dimitrios I, e guidata da sua Eminenza il metropolita Bartolomeo di Filadelfia.
Prego il Signore perché anche questa visita valga a rafforzare i fraterni legami che uniscono la Chiesa cattolica e quella ortodossa e ad accelerare il raggiungimento di quella piena comunione tra le due Chiese sorelle, che è tanto da noi desiderata.
L’apostolico ministero di Paolo, instancabile, raggiunse a Roma il suo culmine
5. E ora volgiamoci alla figura di Paolo.
Paolo teneva sempre nella memoria il momento in cui il Signore gli era stato vicino e l’aveva abbagliato con lo splendore del suo mistero pasquale, per il fatto che i discepoli di Cristo proclamavano e professavano questo mistero, Saulo di Tarso li metteva in prigione e li mandava a morte. Anche a Damasco andava con una tale intenzione.
Ed ecco, ora sente: “perché mi perseguiti!” (At 9, 4).
Il Signore gli è stato vicino. Saulo non poté vedere lo splendore della gloria del Risorto. Avendo perso la facoltà di vedere, riuscì soltanto a chiedere: “Chi sei”? “Io sono Gesù che tu perseguiti” (At 9, 5-6).
Che cosa devo fare?
Da quel momento in poi Paolo fece ogni cosa così come voleva Cristo. “Il Signore . . . mi è stato vicino e mi ha dato forza, perché per mio mezzo si compisse la proclamazione del messaggio e potessero sentirlo tutti Gentili” (2 Tm 4, 17).
E così è stato. L’apostolico ministero di Paolo, instancabile, raggiunse a Roma il suo culmine.
“Il mio sangue sta per essere sparso in libagione ed è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede” (2 Tm 4, 6-7).
Paolo è certo di avere “la corona di giustizia”, che gli sarà consegnata dal Signore, giusto giudice. Infatti egli è il primo tra coloro che “attendono con amore la sua manifestazione” (cf. 2 Tm 4, 8).
E - con quanto amore attendeva! Come spendeva se stesso! Come offriva se stesso, senza tralasciare nulla! Paolo di Tarso!
6. La liturgia ci introduce con le parole del Salmo in questo meraviglioso “duetto”: Pietro e Paolo, Paolo e Pietro.
Il giorno in cui è dato loro - sull’esempio del Buon Pastore - di offrire la vita per le pecore, essi sono circondati dalla potenza dall’alto.
“L’angelo del Signore si accampa / attorno ai quelli che lo temono” - proclama il salmista (Sal 34, 8).
Il Signore li ha liberati da ogni timore.
L’amore perfetto caccia via il timore.
Vanno all’incontro con colui al quale ci sono affidati sino alla fine.
“Gustate e vedete quanto è buono il Signore; / beato l’uomo che in lui si rifugia” (Sal 34, 9).
Così sembrano parlare tutti e due: Pietro e Paolo a tutti coloro che sono vicini al momento del loro martirio.
Così parlano durante i secoli e le generazioni.
Così parlano a noi oggi.
La loro testimonianza dura.
Su questa testimonianza Cristo edifica la sua Chiesa, e “le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. (cf. Mt 16, 18).
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