VISITA ALLA PARROCCHIA DI SAN TOMMASO APOSTOLO A CASTEL FUSANO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 3 dicembre 1989
1. “Andiamo con gioia incontro al Signore”.
Queste parole del Salmo responsoriale, che abbiamo ripetuto insieme, possono considerarsi a buon diritto il programma della Chiesa all’inizio dell’anno liturgico; all’inizio in particolare dell’Avvento, che dell’anno liturgico costituisce la prima, importante tappa.
Entriamo consapevolmente in un tempo “propizio” di salvezza: la comunità cristiana, infatti, mentre si prepara a fare memoria della prima venuta di Cristo “nell’umiltà della nostra natura umana” (Praef. temp. Advent.), è chiamata a volgersi, con fiduciosa speranza e con attesa operosa, verso l’ultima definitiva venuta del Signore “nello splendore della sua gloria” (Praef. temp. Advent.). Tutto ciò in docile apertura di fede alla Parola di Dio, che illumina il nostro cammino e con una attiva partecipazione agli eventi sacramentali, che ci inseriscono nel mistero di Cristo, “finché egli venga” (cf. 1 Cor 4, 5).
Nel momento in cui la Chiesa intraprende l’itinerario salvifico dell’anno liturgico la Parola di Dio, appena ascoltata, ci pone subito davanti il traguardo verso il quale lo Spirito la orienta: la nuova Gerusalemme, simbolo della piena e definitiva comunione alla quale Dio invita e ammette tutti coloro che dicono il “sì” della fede a Cristo, “maestro di verità e fonte di riconciliazione” (Oratio collecta), e se ne fanno annunciatori e testimoni in mezzo ai fratelli, perché il Dio della pace sia tutto in tutti, quando “il Figlio dell’uomo verrà” (Evangelium).
2. Comprendiamo allora le parole del profeta: “Casa di Giacobbe, vieni, camminiamo nella luce del Signore” (Is 2, 5).
Tale invito risuona oggi con accenti di particolare attualità e urgenza per la vostra e per l’intera comunità ecclesiale di Roma, che, col Sinodo pastorale diocesano, vuole aprirsi alla luce e alla forza dello Spirito per mettersi in un cammino di rinnovamento spirituale e pastorale, nel solco degli insegnamenti del Concilio Vaticano II. Che cosa, in concreto, siamo chiamati a fare?
Occorre, anzitutto, che tutti - presbìteri, diaconi, religiosi e laici, come singoli e come comunità - si convincano che il Sinodo è un appuntamento straordinario di grazia da non perdere e un dono dello Spirito da accogliere con consapevolezza e con impegno. Occorre mettersi tutti in un cammino di conversione, vincendo la tentazione dell’inerzia, della diffidenza e della passività.
Molti, infatti, che pure si professano cristiani, vivono in una sorta di torpore e nella mediocrità. Spesso la loro vita morale è in contrasto con la fede, che pure dicono di avere; non pochi limitano la loro appartenenza a Cristo e alla Chiesa ad una pratica religiosa saltuaria, fatta solo di appuntamenti religiosi di circostanza; rifuggono da precise responsabilità, accontentandosi di delegare ad altri la missione evangelizzatrice propria di ciascun membro attivo della comunità ecclesiale.
3. A tutti costoro voglio ripetere l’appello che san Paolo rivolgeva ai primi fedeli della Chiesa di Roma, e che la liturgia ci ha oggi riproposto: “Fratelli, è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina di quando diventammo credenti. La notte è avanzata, il giorno vicino. Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce” (Rm 13, 11-12).
Di fronte alla situazione di indifferenza e di imprevidenza descritta dal Vangelo e che ha riscontro nella mentalità e nel costume odierno, la Chiesa di Roma, incamminata verso la conclusione del secondo millennio dell’era cristiana, non può e non deve rimanere inerte e passiva: è spinta dalla volontà stessa di Dio, riconosciuta ed accolta in unione col proprio Vescovo, a prendere una decisione di fondo per rinnovarsi nella vocazione e nella missione affidatale dalla Provvidenza.
Il Vaticano II ha riproposto con nuova luce la verità su Dio e sull’uomo. Accogliere questa luce, lasciarsene permeare più intimamente, annunciarla a tutti è dovere per ogni cristiano, affinché la salvezza in Cristo Gesù, che è offerta a tutti, sia più vicina a ciascuno. È un cammino da fare “insieme”. Nessuno può disinteressarsene o tirarsi indietro, se vogliamo che il Sinodo sia davvero un “evento di popolo”. Il mondo, e in particolare gli uomini che vivono in questa città, non potranno vedere e ricevere la luce di Cristo se i suoi discepoli sono opachi, tiepidi e passivi.
Ai sacerdoti e agli altri operatori della pastorale vorrei anche ricordare che il lavoro sinodale non è qualcosa in più, che s’aggiunge al quotidiano e faticoso impegno; un peso ulteriore di cui caricarsi nella vita e nel ministero. È piuttosto un nuovo stile da adottare, uno stile di comunione nella missione, con i laici come protagonisti accanto ai sacerdoti, impegnati con essi nel lavoro pastorale con convinzione e responsabilità, con forza e coerenza, mettendo in comune doni e responsabilità e condividendo con tutti gli uomini gioie e dolori, fatiche e speranze, per realizzare il progetto di salvezza che Dio ha sulla storia umana.
4. In questa prospettiva, rivolgo il mio saluto a tutti voi, carissimi fedeli della parrocchia di san Tommaso apostolo in Castel Fusano, al signor Cardinale vicario e al Vescovo del settore, monsignor Clemente Riva, che sono qui con noi in questa circostanza festosa. Saluto il vostro parroco, don Plinio Poncina col suo coadiutore, come pure gli altri sacerdoti e le religiose che operano nel territorio della parrocchia e anche della prefettura, esortandoli a perseverare con generosità sempre nuova, nonostante le difficoltà che ogni giorno incontrano sul loro cammino.
Un particolare pensiero rivolgo ai laici impegnati nelle varie attività parrocchiali e soprattutto nella catechesi; l’edificazione di una comunità viva dipende in gran parte da loro. La configurazione della parrocchia, sviluppatasi un po’ tumultuosamente ai margini della grande metropoli, presenta problemi caratteristici, che occorre studiare dall’interno, per trovare con la collaborazione di tutti le soluzioni adeguate. So che anche nell’ambito sociale sono nate iniziative di solidarietà, che si propongono di provvedere alla carenza di alcuni servizi essenziali, di cui la comunità soffre. È un esempio che merita di essere lodato e incoraggiato per la prova di maturità comunitaria che ne emerge. Se al senso di responsabilità dei cittadini s’accompagnerà il fattivo sostegno delle autorità pubbliche, i problemi tuttora esistenti potranno trovare celermente una soluzione soddisfacente.
Non posso poi passare sotto silenzio l’azione che la parrocchia da qualche tempo svolge a favore di due stazioni missionarie operanti in Kenya: alcune importanti realizzazioni sono già state completate; altre sono in programma. Nell’esprimervi il mio compiacimento, desidero esortarvi a proseguire in quest’opera tanto meritoria. Ogni gesto di bontà reca la conferma della verità antica secondo cui donando ci s’arricchisce. Voi potete testimoniarlo in prima persona.
5. Carissimi fratelli e sorelle, vorrei fare con voi una ultima considerazione, che mi viene suggerita dall’inizio dell’anno liturgico.
I Vescovi italiani in diverse occasioni hanno affermato che esso “costituisce il grande itinerario di fede del popolo di Dio: l’intera comunità, soprattutto nei tempi forti, è chiamata a riscoprire, a celebrare e a vivere il dono della salvezza. Mediante la pedagogia dei riti e delle preghiere, tutti insieme siamo guidati all’esperienza del mistero pasquale di Cristo, che ha il suo centro nell’Eucaristia” (Conf. Episc. Italiae, Eucaristia, comunione e comunità, 89; cf. etiam Eiusdemn Evangelizzazione e sacramenti, n. 85).
La celebrazione del Sinodo, e soprattutto il rinnovamento che esso si propone, esige la presenza di cristiani adulti, maturi nella fede, responsabili e partecipi della missione della Chiesa; richiede da loro una forte esperienza spirituale, che dia alla vita nello Spirito il primato che le compete.
Anche questo è un traguardo al quale si potrà giungere nella misura in cui saranno posti in atto, nelle nostre comunità, itinerari educativi seri e continuati, nei quali si fondano insieme l’ascolto della Parola di Dio, la celebrazione dei santi misteri, la testimonianza e il servizio di carità e di promozione dell’uomo, superando così la frammentarietà e l’occasionalità da una parte e, dall’altra la spinta a procedere su vie parallele o divaricate.
L’anno liturgico è uno di questi itinerari, anzi è quello privilegiato dalla Chiesa, non solo perché è il più adatto a tutte le età e alle diverse categorie di persone, ma soprattutto perché è il più completo, se vissuto con autenticità e valorizzato in tutte le possibilità offerte dai suoi diversi tempi e momenti e dalla ricchezza dei segni liturgico-sacramentali.
La creatività pastorale, nella fedeltà alla genuina Tradizione della Chiesa, saprà promuovere, particolarmente per i giovani e gli adulti, altri itinerari di fede inseriti nell’anno liturgico, o comunque in armonia con esso, sia in occasione della celebrazione dei sacramenti sia, più in generale, per una vita cristiana più matura e una fede più consapevole e operosa.
Affido questi impegni a quel grande testimone della fede che è stato san Tommaso apostolo, a cui è dedicata la vostra comunità, affinché tutta la Chiesa di Roma possa professare col Sinodo la sua fede nel Cristo risorto e raccoglierne frutti di salvezza per se stessa e per gli uomini che vivono nella città.
“Casa di Giacobbe, vieni . . .”; parrocchia di san Tommaso apostolo in Castel Fusano, “vieni, camminiamo nella luce del Signore”.
Amen!
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