APERTURA DEL SINODO ROMANO
NELLA BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Sabato, 3 ottobre 1992
1. “Vedendo le folle, ne sentì compassione” (Mt 9, 36): questo sentimento del cuore di Gesù è l’espressione umana dell’amore eterno e ricco di misericordia con cui Dio ci ha chiamati alla vita e poi ha mandato il Figlio suo in cerca dell’umanità smarrita. In questo amore è riposta l’origine della missione dei dodici Apostoli e di tutta la Chiesa, che continua nel tempo e nello spazio l’andare di Gesù per le città e i villaggi di Palestina, “predicando il Vangelo del Regno e curando ogni malattia e infermità” (Mt 9, 35). Il nostro odierno convenire qui, nella Basilica Cattedrale di Roma, inaugura l’Assemblea del Sinodo pastorale diocesano nel segno di questo medesimo amore che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori suscitando in essi il fermo proposito di dare, con l’aiuto del Signore, nuovo impulso alla missione che, a partire da Pietro e Paolo, la Chiesa di Dio svolge ininterrottamente in Roma.
Ben giustamente l’inizio dell’Assemblea sinodale è una solenne Eucaristia, lode e rendimento di grazie a Dio Padre, memoria e presenza dell’offerta sacrificale di Cristo sulla croce, vincolo sacro di comunione in Lui e tra noi. Il segreto della riuscita del nostro Sinodo, come di ogni altro evento e iniziativa ecclesiale, è infatti la preghiera: “Pregate dunque il Padrone della messe che mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 37). Attendiamo dal Sinodo l’incremento numerico degli operai del Vangelo per la Chiesa di Roma, e ancor più la loro, anzi la nostra crescente configurazione al Maestro che ci ha inviato, per essere tralci di Lui che è la vite vera e così portare con Lui frutti di vita (cf. Gv 15, 1-8). Nella preghiera per il Sinodo e per la nostra Chiesa non siamo certo soli. Sappiamo infatti che le parrocchie, le case religiose, in special modo i monasteri di vita contemplativa, le molteplici aggregazioni ecclesiali e gli stessi fedeli accompagnano e sostengono con la preghiera e l’offerta quotidiana in unione con Gesù l’opera che oggi iniziamo. E soprattutto confidiamo nell’intercessione materna di Colei che è la nostra fiducia: l’icona di Maria Santissima “Salus populi Romani”, qui presente con noi, è il segno visibile di questa sua sollecitudine materna e di questa nostra fiducia filiale. Con Maria sentiamo vicini a noi per sostenerci nel cammino il suo sposo San Giuseppe, Patrono della Chiesa universale, con la quale sta in relazione unica la Chiesa di Roma, e pertanto questo nostro Sinodo diocesano; gli Apostoli Pietro e Paolo e tutta la serie dei Pontefici Santi che hanno guidato e servito attraverso i tempi questa comunità ecclesiale; i Santi Giovanni Battista ed Evangelista, compatroni di questa Basilica Cattedrale, il grande coro dei Martiri, dei Santi e delle Sante che sono vanto e corona della Chiesa di Roma e la schiera innumerevole di coloro che, figli di questa Chiesa, vivono ora con l’Agnello immolato nella gloria del Padre e sono così di noi amorevolmente solleciti e a noi ineffabilmente vicini.
2. La nostra Assemblea sinodale è singolarmente qualificata dalla presenza e dalla partecipazione dei venerati Padri Cardinali residenti in Roma: essi, Vescovi titolari delle Diocesi Suburbicarie, Presbiteri o Diaconi delle Chiese di Roma, rappresentano anche gli altri Cardinali che, dovendo risiedere nelle Chiese affidate al loro governo pastorale, non possono intervenire personalmente al Sinodo romano. Li saluto tutti con affetto fraterno e li ringrazio di cuore per il contributo di sapienza, di consiglio e di preghiera che vorranno dare al Sinodo. Saluto e ringrazio il Cardinale Vicario, che porta in modo speciale la responsabilità e l’onere di questa Assemblea in qualità di Presidente Delegato, e con lui Mons. Vicegerente e i Vescovi Ausiliari, che più direttamente lo coadiuvano, e il Cardinale Ugo Poletti, che ha guidato con sapienza e amore l’avvio e la fase preparatoria del cammino sinodale. Rivolgo un pensiero di gratitudine e di incoraggiamento a tutti gli Officiali del Sinodo, a cominciare dai Moderatori, dal Relatore e dal Segretario Generale. E voglio esprimere a ciascuno di voi Sinodali l’affetto e la fiducia con cui accompagno il lavoro che vi attende, nella certezza che saprete impegnarvi con dedizione e perseveranza, consapevoli del significato del Sinodo romano e quindi della necessità di un’assidua partecipazione. Tra voi ricordo e saluto in particolare i Parroci di Roma, che porteranno nel Sinodo l’esperienza viva delle loro comunità e renderanno queste costantemente partecipi della preghiera e della riflessione dell’Assemblea sinodale; i Religiosi e le Religiose, che costituiscono una ricchezza singolare della Chiesa di Roma e che, con la loro ampia presenza nel Sinodo, sono particolarmente deputati a tenere orientati i suoi lavori verso la novità e la trascendenza della salvezza che solo Dio può operare; i laici, uomini e donne, che, in conformità al rinnovamento ecclesiale promosso dal Concilio Vaticano II, fanno parte a pieno titolo e in gran numero dell’Assemblea sinodale e non mancheranno di portare al suo interno le ricchezze e le sofferenze del tessuto sociale e culturale di questa grande Città. Un saluto e un ringraziamento speciale rivolgo dal profondo dell’animo ai Delegati fraterni delle Chiese e Comunità ecclesiali che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica e che hanno accolto l’invito a prender parte a questa Assemblea sinodale. La loro presenza con noi in qualità appunto di Delegati fraterni esprime quella ricerca della piena unità tra i cristiani che è una priorità pastorale derivante dalla stessa volontà di Cristo e che deve stare particolarmente a cuore della Diocesi di Roma, chiamata a partecipare della sollecitudine universale del suo Vescovo; nel contempo questa loro presenza potrà arricchire le deliberazioni sinodali, far crescere la conoscenza e l’amore reciproco e la fraterna collaborazione.
3. Nel dare inizio alla sessione dell’Assemblea sinodale non posso non fare memoria del primo Sinodo diocesano di Roma, celebrato dal mio venerato Predecessore Giovanni XXIII nell’anno 1960, con breve anticipo rispetto all’indizione e alla celebrazione del Concilio Ecumenico Vaticano II. Assai diversi sono certamente il quadro ecclesiologico e il contesto storico di oggi rispetto a quelli di allora, sebbene non sia grande la distanza nel tempo. Ma immutate permangono l’identità e la missione che la provvidenza misericordiosa di Dio ha conferito alla Chiesa di Roma, e non è cambiato, passando dal primo al secondo Sinodo romano, l’intento fondamentale di rendere più vivi i legami della comunione ecclesiale, più generoso il servizio apostolico nella città di Roma, più luminosa la testimonianza che questa Chiesa deve alle Chiese sorelle sparse nel mondo intero. Nel corso dei lavori dell’Assemblea sinodale saremo attenti a raccogliere i frutti del lungo itinerario di preparazione, iniziato nella Veglia di Pentecoste del 1986. Fra i tanti incontri, studi e iniziative pastorali, che da allora a oggi si sono utilmente sviluppati nell’ambito del Sinodo, vogliamo ricordare in particolare le Assemblee presinodali di Prefettura e il “Confronto con la Città”: sono due tappe complementari di un medesimo cammino, la prima rivolta principalmente a una riflessione, articolata in ogni area del territorio diocesano, sui molteplici problemi pastorali che vivono le nostre comunità parrocchiali; la seconda orientata a cogliere in modo unitario le domande, le difficoltà e le prospettive sociali e culturali di questa Città, per poterla meglio capire e più efficacemente servire. L’Assemblea sinodale è chiamata a portare a piena maturazione questo lavoro preparatorio, arricchendolo di ciò che di nuovo e di valido la riflessione comune, docile alla guida dello Spirito, potrà suggerire.
4. Per sua natura il Sinodo diocesano ha un posto di preminenza nell’opera di governo pastorale del Vescovo, essendo “l’assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in ordine al bene di tutta la comunità diocesana” (CIC, can. 460). Il Sinodo è quindi, contestualmente e inseparabilmente, atto di governo episcopale ed evento di comunione, esprimendo così quell’indole di comunione gerarchica che appartiene alla natura profonda della Chiesa. Perciò ogni argomento che il Vescovo propone al Sinodo è sottoposto alla libera discussione dell’Assemblea (cf. can. 465) e contemporaneamente il Vescovo è l’unico legislatore, mentre gli altri membri del Sinodo hanno voto consultivo (cf. can. 466). L’immagine evangelica della città che non può rimanere nascosta perché collocata sopra un monte e della lucerna che deve far luce a tutti coloro che sono nella casa (cf. Mt 5, 14-16), scelta quasi come filo conduttore per i lavori della nostra Assemblea, vuole esprimere anzitutto questo significato del Sinodo, come avvenimento di luce e di grazia per la Diocesi e per la città di Roma. Ma la portata del Sinodo romano è necessariamente più ampia: la “esemplarità” che appartiene alla Chiesa di Roma per il fatto di essere la Sede di Pietro implica che al Sinodo in essa celebrato guardino le Chiese sorelle sparse nel mondo, a cominciare da quelle più vicine che sono in Italia. Perciò i lavori di questa Assemblea e le conclusioni a cui con la grazia di Dio potremo pervenire dovranno fare puntuale riferimento alla situazione e alle esigenze pastorali di Roma, ma al tempo stesso caratterizzarsi per tale ampiezza di respiro e sforzo di andare al cuore dei problemi da poter costituire un valido punto di riferimento anche per altre comunità diocesane.
5. In particolare, l’impegno centrale del nostro Sinodo, che riguarda la nuova evangelizzazione, va affrontato con la profonda consapevolezza del compito di custode e testimone della fede apostolica che è stato affidato fin dall’inizio in modo speciale alla Chiesa di Roma (cf. S. Ireneo, Adversus haereses, III, 3, 2). L’ascolto ubbidiente della parola di Dio e l’impegno a fare di essa il principio ispiratore di ogni scelta ecclesiale, l’accoglienza di tutta la grande tradizione della Chiesa e in particolare l’attenzione a far penetrare sempre più nella vita della nostra Diocesi il magistero dottrinale e pastorale del Concilio Vaticano II saranno, quindi, le note salienti del Sinodo romano. Il confronto tra le molte esperienze di evangelizzazione e di catechesi che fermentano nella Chiesa di Roma, e la conseguente opera di riflessione e di discernimento, contribuiranno poi a indicare le vie perché la proposta della fede, agli adulti oltre che alle giovani generazioni, sia concreta e capace di raggiungere le persone e le famiglie nella loro mentalità, cultura e negli ambienti in cui vivono, avendo sempre cura dell’integrità dell’annuncio e della coerente testimonianza di vita di coloro che ne sono portatori.
6. “Voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte” (1 Cor 12 ,27): queste parole dell’Apostolo Paolo, che abbiamo ascoltato nella liturgia della parola, mettono in evidenza il dono della comunione e dell’unità in Cristo, che è costitutivo dell’essere della Chiesa, e richiamano la conseguente necessità di costruire e approfondire sempre di nuovo i vincoli di tale comunione. L’Assemblea sinodale avrà costantemente davanti a sé questo fondamentale obiettivo: nel suo stesso svolgimento costituirà come una grande scuola, non teorica ma pratica e tradotta in atto, dell’ecclesiologia di comunione che il Concilio Vaticano II ci ha proposto e che abbraccia ogni componente del popolo di Dio, il quale, nelle sue molteplici articolazioni, è uno per origine, dignità e missione. Dalla comunione sacramentale e dall’unità della missione nella diversità dei ministeri e dei carismi questa Assemblea saprà ricavare le indicazioni più adatte per incrementare quella convergenza pastorale che è particolarmente richiesta in questa Diocesi di Roma, caratterizzata da una eccezionale ricchezza e varietà di presenze ecclesiali, legate in larga misura al servizio universale del suo Vescovo. Tra i risultati del Sinodo e delle disposizioni che a suo tempo promulgheremo rientra quindi a pieno titolo la promozione della disciplina ecclesiale, come via necessaria per dare concretezza alla comunione e alla collaborazione pastorale. Anche sotto questo profilo la Chiesa di Roma è debitrice alle Chiese sorelle di una testimonianza esemplare.
7. La carità di Dio, che alimenta la nostra reciproca comunione, ci spinge parimenti a perseverare con rinnovato vigore nell’ascolto, nel dialogo e nel servizio verso tutti coloro che vivono a Roma. L’attenzione dell’Assemblea sinodale si rivolgerà anzitutto a coloro che più soffrono: ammalati, emarginati, anziani che vivono soli, disoccupati, immigrati, persone, famiglie, categorie sociali che a diversi titoli sono afflitte da povertà materiali e morali. A questi infatti Gesù si è rivolto in modo preferenziale, anzi, con loro per primi si è identificato (cf. Mt 25, 40. 45). Nello stesso tempo la nostra Assemblea sarà consapevole della vocazione universale che è propria di Roma e avrà una specifica sollecitudine per quegli ambienti e quei settori della vita cittadina nei quali maggiormente si prepara e si costruisce il futuro della Città. Occupa qui uno spazio privilegiato la pastorale della famiglia, che dovrà rivolgersi sempre più all’insieme delle famiglie romane, avvalendosi della generosità apostolica e dell’impegno di solidarietà di quei gruppi di famiglie che hanno una precisa formazione cristiana e sono ormai preparati ad essere soggetti attivi di evangelizzazione. In questo quadro il Sinodo non potrà non sollecitare da ogni istanza competente della vita pubblica quell’attenzione ai problemi e alle esigenze della famiglia che costituisce un atto di saggezza e di giustizia, data la somma di bisogni sociali a cui le famiglie quotidianamente fanno fronte. Analoga sollecitudine l’Assemblea vorrà dedicare alla pastorale della gioventù, preoccupandosi anche qui di aprirsi il più possibile non solo ai giovani già in qualche modo legati alle nostre parrocchie, gruppi e associazioni, ma al grande numero di coloro che non hanno in pratica alcun rapporto organico con la Chiesa e spesso rischiano di non essere raggiunti dalla proposta cristiana. Con la pastorale giovanile e con l’attenzione al futuro della Città è intimamente legata la pastorale della cultura e di quegli ambienti, come la scuola, l’Università, la ricerca, la comunicazione sociale, che a Roma sono ampiamente presenti ed esercitano un influsso, in positivo o in negativo, che va ben oltre i confini della Città: in essi e attraverso di essi vanno costruite nuove vie per l’evangelizzazione e per l’inculturazione nel nostro tempo della fede. Ispirandosi costantemente al grande criterio della solidarietà cristiana e attenendosi a un’ottica ecclesiale, l’Assemblea sinodale prenderà in serio esame le problematiche che riguardano il lavoro e l’economia, la vita sociale, politica e istituzionale della Città, per offrire un contributo utile a fronteggiare le attuali difficoltà e a dare rinnovato impulso a uno sviluppo più rispettoso dei diritti e dei doveri di ciascuno, a cominciare da chi ha più bisogno.
8. Il Sinodo romano vuole essere infatti, in tutto il suo svolgimento e nei suoi obiettivi, un grande atto di amore per Roma e per il vasto mondo verso il quale Roma ha una missione del tutto speciale. Così si addice a quella Chiesa che, secondo l’antichissima testimonianza di S. Ignazio Antiocheno, “presiede a tutta l’assemblea della carità” (Lettera ai Romani, Introduzione). E così la Chiesa di Roma potrà essere sempre più “interiore” alla Città e al mondo, proprio in virtù della fedeltà a Cristo e della diversità rispetto al mondo che consegue a questa fedeltà. E, a loro volta, la Città e il mondo potranno ritrovarsi all’interno e nel cuore di questa Chiesa. All’amore si accompagna la speranza teologale: nel trattare ogni argomento il nostro Sinodo si ponga in atteggiamento di fiducia in Dio e di attesa della sua salvezza che viene, per il tempo, nella forma della croce e, per l’eternità, nella forma della gloria che non ha fine. Orizzonte prossimo della nostra attesa e obiettivo a cui con il Sinodo già ci prepariamo è il Giubileo del terzo millennio dell’era cristiana: rinnovando e purificando il proprio volto perché meglio rifletta quella luce che è Cristo, la Chiesa di Roma pone infatti la base perché il grande Giubileo raggiunga il suo scopo e manifesti il suo vero significato, che è quello di favorire un nuovo incontro dell’umanità pellegrina con Colui che è il suo unico Redentore. Maria Santissima, alla quale al termine di questa Eucaristia affideremo tutto il cammino che attende la nostra Assemblea sinodale, sia il modello vivente della Chiesa di Roma, perché si compia in noi la parola e la volontà del Signore (cf. Lc 1, 38).
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