CELEBRAZIONE EUCARISTICA PER GLI UNIVERSITARI ROMANI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Basilica Vaticana - Martedì, 14 dicembre 1993
Carissimi fratelli e sorelle!
1. Nell’odierna liturgia di Avvento ritorna l’immagine della vigna del Signore. “Va’... a lavorare nella vigna” (Mt 21, 28): dei due figli uno dice subito “vado”, ma poi non va, l’altro, che non vorrebbe andare, più tardi, pentito, obbedisce. In una altra parabola, viene indirizzato lo stesso invito a quanti sono chiamati al lavoro nelle diverse ore del giorno.
Tuttavia, è solamente nel dialogo con gli Apostoli, alla vigilia della sua Passione, che Cristo renderà chiaro il pieno significato dell’immagine della vigna: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (Gv 15, 1-2). Anche se pronunciata in prossimità degli avvenimenti pasquali, la parabola possiede un profondo senso di Avvento.
2. È vero, la liturgia dell’Avvento richiama piuttosto i falsi sentieri, il deserto, la terra arida che diventa feconda grazie alla “rugiada salvifica” (cf. Is 45, 8). A ciò si riferiscono i testi tratti dal profeta Isaia e anche, in un certo modo, la prima lettura di oggi, tratta dal libro di Sofonia.
Tuttavia, attraverso l’austero clima dell’Avvento e del deserto, nel quale si svolge il ministero di Giovanni il Battista, si va facendo spazio la vigna, anzi la vite che è Cristo. Il Figlio di Dio viene al mondo per diventare la vite e costituire in noi l’inizio della nuova vita. È lui che aspettiamo e vogliamo accogliere nella notte di Natale come “la luce [...] che illumina ogni uomo” (Gv 1, 9), e come “la vita” da Lui portata in abbondanza (cf. Gv 10, 10). Questo abbiamo meditato durante l’incontro di Denver.
“Guardate a Lui – grida il Salmista – e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti” (Sal 34, 6). Aspettiamo dunque la notte di Natale quando, guardando a Lui, i nostri volti saranno “raggianti” per il grande Mistero. Ci avvicineremo alla grotta di Betlemme per incontrare l’Emanuele, il Dio con noi, venuto a dare la vita per i propri amici (cf. Gv 15, 13).
3. Nella gioia del Natale si intravede la vittoria della vita sulla morte nella risurrezione; si intravede la luce del Tabor, quando il Figlio di Dio si trasfigurerà davanti agli occhi dei discepoli e il suo volto brillerà di sovrumano fulgore (cf. Mt 17, 2). Egli è la luce che il mondo non ha accolto (cf. Gv 1, 5), lo splendore che disperde le tenebre della notte in cui si trova immersa l’esistenza degli uomini sulla terra. Così abbiamo anche un riferimento chiaro alla Veritatis splendor di cui hanno parlato i vostri colleghi all’inizio.
Questa luce, questo splendore della Verità, è venuta a noi, è diventata cuore dei nostri cuori. Non è solo raggio che “illumina ogni uomo” che viene a questo mondo, ma è anche luce che trasforma la vita umana. Noi siamo chiamati a camminare in essa e ad alimentarci ad essa, poiché è diventata nostro cibo sotto le specie del pane e del vino. Cristo Eucaristia è la vite che dà a noi la vita (cf. Gv 15, 1).
4. Il Sacramento della Riconciliazione, assicurando il collegamento con Cristo-vite, fa sì che i tralci portino sempre frutti abbondanti. Dice Gesù al riguardo: “Come il tralcio non può far frutto da sé stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me [...]. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 4-5).
Qui batte il cuore dell’Avvento. A questo chiama Giovanni Battista, la cui voce risuona nel deserto invitando a raddrizzare i sentieri tortuosi, ad appianare i colli e a colmare le valli. Viene a noi Colui che desidera innestare la sua grazia nella nostra esistenza per nobilitarla e santificarla. Ecco, Colui che aspettiamo durante tutta la vita ed in ogni Avvento sta di fronte a noi.
5. Carissimi fratelli e sorelle! Mi ritorna alla mente in proposito, l’incontro di Denver, negli Stati Uniti, dove si è tenuta la recente Giornata Mondiale della Gioventù, che aveva come tema la parola di Cristo: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10). L’affermazione ha uno stretto collegamento con la parabola sulla vite e sui tralci.
Nel suo insieme Denver è stata una grande sorpresa offerta dalla gioventù alla società, soprattutto alla società americana. È stato notato che in quei giorni la gente si è spontaneamente comportata in modo eccezionalmente gentile, non si sono verificati episodi di violenza o di aggressività, cosa che oggi accade assai spesso. Non ci sono stati abusi.
Denver è stata una viva immagine della vigna che il Padre celeste coltiva, innestando nelle anime la nuova vita per mezzo di suo Figlio. È stato un importante appuntamento di discepoli di Cristo, pervasi dalla gioia di stare insieme: non vi erano soltanto giovani del continente americano, ma ragazzi e ragazze provenienti da ogni parte del mondo, non solo dall’America del Nord, dall’America Latina e dall’Europa, ma anche dall’Asia. Vi erano giovani provenienti anche dal Kazakistan e da Novosibirsk. Tutti erano pervasi dalla gioia di sentire presente Cristo, vera vite che dà in abbondanza una vita nuova, aperta su prospettive per cui vale veramente la pena di vivere. Questa Giornata a Denver ha costituito per tutti noi la conferma che la vita è diventata per tutti degna di essere vissuta. È stata una grande affermazione della vita. Quei giovani portavano quella gioia forti del SÌ che è Cristo, e con questa forza potevano anche dire “NO” con determinazione e coraggio a questa civiltà moderna che spesso, non sempre e da per tutto, è civiltà dell’edonismo, dell’ipocrisia e della violenza, potevano dire “NO” alla “civiltà della morte” e lo facevano con grande forza, ma senza violenza.
6. L’incontro di Denver ha messo in luce una gioventù in grado di “sorprendere” il mondo per la ricchezza dei suoi valori, per il coraggio di vivere e per la sua testimonianza di pace e di solidarietà. Chi ha fatto tutto questo? A chi dobbiamo questa grande trasformazione? Certamente la dobbiamo a Cristo, ma allo stesso tempo di tale rinnovamento gli artefici sono innanzitutto gli stessi giovani, i movimenti, i gruppi, le comunità, in cui si va realizzando “la divina coltivazione” grazie all’azione dello Spirito Santo, che nel cuore di ciascuno grida: “Abba, Padre!”.
Due anni fa ebbi modo di porre in rilievo tutto ciò nell’appuntamento a Jasna Gora, in Polonia. Come non riconoscere, pertanto, che attraverso il mondo avanza il vento misterioso, che ha cominciato a soffiare nel cenacolo di Gerusalemme e prima ancora a Betlemme? Nel mondo è presente la civiltà dell’amore, la quale non si lascia dominare da nessuna “anti-civiltà”.
I giovani allora avanzano verso il futuro con la forza della loro fresca energia e lo sguardo fisso su Cristo. I loro volti sono “raggianti”, i loro volti “non sono confusi” e la “vergogna di essere uomo”, instillata purtroppo da diversi “maestri del sospetto” della nostra epoca, cede il campo alla luce che è Cristo. La falsità emergente non di rado anche nei mass media cede il campo alla verità! I fallaci sentieri dell’esistenza si tramutano in vie maestre convergenti in Cristo, “via, verità e vita” (cf. Gv 14, 6).
Mi è caro partecipare alcune riflessioni sull’esperienza di Denver in questa Basilica di San Pietro in Roma, perché qui si è tenuto il primo incontro mondiale della gioventù, e da qui si è diffusa nel mondo la potente onda della nuova evangelizzazione dei giovani. Il prossimo raduno mondiale della gioventù, come è noto, avrà luogo a Manila nelle Filippine, nel gennaio del 1995. Ricordo tutto questo non solo per guardare indietro, ma per annunciare una Buona Novella. Mentre ricordo tutto questo, guardo a voi, carissimi professori e studenti degli atenei della Città Eterna, e tutti vi saluto cordialmente. Saluto voi cappellani. Ho saputo dalla vostra testimonianza che la struttura delle cappellanie universitarie di Roma si è molto sviluppata. Di questo vorrei ringraziare il Vicario di Roma e tutto il Vicariato, soprattutto gli agenti di questa pastorale, come anche tutti i collaboratori laici. Chiedo al Signore di infondere in ciascuno una rinnovata fierezza della propria identità cristiana. Il Vangelo è la Buona Novella la cui forza non si esaurisce in nessuna generazione, ma sempre tutto fa rinascere e tutto rinnova. Siamo tutti tanto grati ai Rettori delle Università italiane che hanno voluto essere con noi stasera e che io ringrazio personalmente.
7. Il profeta Sofonia dice: “In quel giorno non avrai vergogna di tutti i misfatti commessi contro di me, perché allora eliminerò da te tutti i superbi millantatori... Farò restare in mezzo a te un popolo umile e povero; confiderà nel nome del Signore” (Sof 3, 11-12). Il profeta parla qui di una grande trasformazione che si compirà nei tempi messianici. In Cristo Dio stipulerà la Nuova Alleanza con l’umanità, alleanza di fede, di speranza e di amore. Grazie alla fedeltà ad essa, l’uomo riconquisterà la libertà interiore. Tutte le colpe di idolatria commesse nel passato saranno rigettate e regnerà finalmente la fedeltà a Colui che ha stretto questo patto con l’uomo. La vita sarà rinnovata, e ispirerà una nuova civiltà, in cui sarà trasformata ogni sfera dell’esistenza umana: dalla famiglia alla politica, dall’economia ai rapporti internazionali. Cristo, infatti, dice: “Ecco, io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). Queste parole vorrei fossero riferite anche alle preoccupazioni della società italiana, un po’ sconvolta negli ultimi mesi da fatti preoccupanti. Sono timori condivisi anche da voi universitari di Roma e di tutta l’Italia. Ma non dobbiamo perdere la speranza. Certamente, il popolo italiano, con le sue grandi ricchezze, è pronto, è abbastanza forte per superare queste situazioni preoccupanti, per creare un futuro migliore per la sua gente, per le sue comunità, per i suoi giovani. Per creare un futuro degno del suo grande passato.
A duemila anni dalla venuta di Cristo, noi siamo testimoni dei grandi passi compiuti dall’umanità verso la “novità” cristiana. Sappiamo però anche che molta strada resta ancora da percorrere. È una consapevolezza che chiama in causa la responsabilità di ciascuno. E voi giovani dovete pensare che appartenete già al terzo Millennio. Noi più anziani dobbiamo lentamente scomparire, lasciando nelle vostre mani le grandi responsabilità dell’umanità intera, dell’Europa, dell’Italia e di tutti i Paesi del mondo. Per questo è così importante avere questi incontri mondiali con la gioventù ogni due anni. Speriamo che la Provvidenza ci permetta di continuare in questo senso.
8. Carissimi fratelli e sorelle! Celebreremo nel 1994 l’Anno della Famiglia. L’iniziativa viene dall’Organizzazione delle Nazioni Unite; la Chiesa la assume e la introduce nel ciclo della preparazione al grande Giubileo del 2000. Come l’Anno della Redenzione e l’Anno Mariano, anche il prossimo sarà una specie di “Anno Santo” in preparazione al grande traguardo del Terzo Millennio Cristiano.
L’Anno della Famiglia sarà inaugurato a Nazaret il 26 dicembre, Festa della Santa Famiglia, con una solenne celebrazione eucaristica presieduta dal Legato Pontificio.
Ci può essere per l’uomo tema più interessante della famiglia, intesa quale ambiente dell’amore, e “grande sacramento” secondo quanto Paolo scrive nella Lettera agli Efesini (cf. Ef 5, 32)? È difficile, inoltre, trovare un argomento più adatto per l’Avvento e più legato al Natale.
Penso alle famiglie qui presenti, specie a quelle più giovani ed auguro a tutte, che, grazie al tempo benedetto dell’Avvento e del Natale, possano avvicinarsi al grande Mistero dell’amore divino rivelatosi nella storia e rimasto presente tra noi anche sotto la figura della Santa Famiglia.
9. Il pensiero va naturalmente a San Giuseppe, il primo uomo a cui Dio abbia affidato il grande mistero dell’Incarnazione. Questo mistero è invito e sfida che, nella notte di Betlemme, tocca ogni uomo ed ogni donna, le famiglie e, attraverso di esse, le società e le nazioni.
“Guardate a lui e sarete raggianti” (Sal 34, 6). Si legge la gioia del grande Mistero sul volto di Maria, diventata la Madre del Dio Incarnato; la si legge anche sul volto di Giuseppe suo sposo. Gioia perché è nato un uomo: il Figlio di Dio. Nato, per noi affinché in Lui diventassimo figli di Dio (cf. Gv 1, 12).
“Alma Redemptoris Mater”, canta la Chiesa durante il tempo di Avvento. “O Santa Madre del Redentore, porta dei cieli, stella del mare, soccorri il tuo popolo che anela a risorgere. Tu che accogliendo il saluto dell’angelo, nello stupore di tutto il creato, hai generato il tuo Creatore, Madre sempre vergine, pietà di noi peccatori”. La Chiesa contempla la maternità verginale di Maria ed affida al suo cuore materno il “popolo che anela a risorgere”; affida a Lei le minacce che fanno parte delle vicende umane, delle famiglie e della società. “Soccorri il tuo popolo”, grida la Chiesa. L’umanità non vuole perdersi; vuole anzi risorgere! Ma per potersi rialzare deve mettere in movimento ogni risorsa; soprattutto deve appoggiarsi alla potenza sovrumana che viene a lei nella persona di Gesù Cristo, il Salvatore del mondo, Redentore dell’uomo.
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