OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Giovedì, 8 settembre 1994
Sia lodato Gesù Cristo.
Spiritualmente unito alla comunità cristiana di Sarajevo, leggo ora l’omelia da me preparata per la Celebrazione Eucaristica che dovevo presiedere tra i fedeli di quella città. La leggo nella loro lingua per testimoniare anche in questo modo la mia profonda vicinanza a quella popolazione tanto provata.
1. “Padre nostro, che sei nei cieli . . .”.
Ci troviamo presso l’altare intorno al quale si raduna l’intera Chiesa che è in Sarajevo. Pronunciamo le parole che ci ha insegnato Cristo, Figlio del Dio Vivente: Figlio consustanziale al Padre. Solo Lui chiama Dio “Padre” (Abbà - Padre! Padre mio!) e Lui soltanto può autorizzarci a rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre”, “Padre nostro”. Egli ci insegna questa preghiera in cui è contenuto tutto. Desideriamo oggi trovare in questa preghiera quello che si può e si deve dire a Dio - nostro Padre, in questo momento storico, qui a Sarajevo. “Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo Regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra”.
“Io, Vescovo di Roma, il primo Papa slavo, mi inginocchio davanti a Te per gridare: “Dalla peste, dalla fame e dalla guerra - liberaci!””
2. Padre nostro! Padre degli uomini: Padre dei popoli. Padre di tutti i popoli che abitano nel mondo. Padre dei popoli d’Europa. Dei popoli dei Balcani. Padre dei popoli che appartengono alla famiglia degli Slavi del Sud! Padre dei popoli che qui, in questa penisola, da secoli scrivono la loro storia. Padre dei popoli, toccati purtroppo non per la prima volta dal cataclisma della guerra. “Padre nostro . . .”. Io, Vescovo di Roma, il primo Papa slavo, mi inginocchio davanti a Te per gridare: “Dalla peste, dalla fame e dalla guerra - liberaci!”. So che in questa supplica molti si uniscono a me. Non solo qui a Sarajevo, in Bosnia ed Erzegovina, ma nell’Europa intera ed oltre i suoi confini. Vengo qui portando con me la certezza di questa preghiera che pronunciano i cuori e le labbra di innumerevoli miei fratelli e sorelle. Da tanto tempo aspettavano che proprio questa “grande preghiera” della Chiesa, del popolo di Dio, si potesse compiere in questo luogo. Da tanto tempo, io stesso ho invitato tutti a partecipare a questa preghiera. Come non ricordare qui la preghiera fatta in Assisi nel gennaio dell’anno scorso? E poi quella elevata a Roma, nella Basilica di San Pietro, nel gennaio di quest’anno? Dall’inizio dei tragici avvenimenti nei Balcani, nei Paesi dell’ex Jugoslavia, il pensiero-guida della Chiesa, e in particolare della Sede Apostolica, è stata la preghiera per la pace.
3. Padre nostro, “sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno . . .”. Risplenda fra gli uomini il tuo nome santo e misericordioso. Venga il tuo regno, regno di giustizia e di pace, di perdono e di amore. “Sia fatta la tua volontà . . .”. Si compia nel mondo, e particolarmente in questa travagliata terra dei Balcani, la tua volontà. Tu non ami la violenza e l’odio. Tu rifuggi dall’ingiustizia e dall’egoismo. Tu vuoi che gli uomini siano tra loro fratelli e Ti riconoscano come loro Padre. Padre nostro, Padre di ogni essere umano, “sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”. Tua volontà è la pace!
4. È Cristo “la nostra pace” (Ef 2, 14). Egli che ci ha insegnato a rivolgerci a Dio chiamandolo “Padre”. Egli che con il suo sangue ha vinto il mistero dell’iniquità e della divisione, e con la sua Croce ha abbattuto il muro massiccio che separava gli uomini, rendendoli estranei gli uni agli altri; Egli che ha riconciliato l’umanità con Dio e ha unito gli uomini tra loro come fratelli. Per questo Cristo ha potuto dire un giorno agli Apostoli, prima del suo sacrificio sulla Croce: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi” (Gv 14, 27). È allora che ha promesso lo Spirito di Verità, che è al tempo stesso Spirito dell’Amore, Spirito della Pace! Vieni, Spirito Santo! “Veni, creator Spiritus, mentes tuorum visita . . .!”. “Vieni, Spirito creatore, visita le nostre menti, riempi della tua grazia i cuori che hai creato”. Vieni, Spirito Santo! Ti invochiamo da questa città di Sarajevo, crocevia di tensioni tra culture e nazioni diverse, dove s’è accesa la miccia che, all’inizio del secolo, ha scatenato il primo conflitto mondiale, e dove alla fine del secondo millennio, si trovano ad essere concentrate tensioni analoghe capaci di distruggere popoli chiamati dalla storia a collaborare in armoniosa convivenza. Vieni, Spirito della pace! Per mezzo tuo gridiamo: “Abbà, Padre” (Rm 8, 15).
5. “Dacci oggi il nostro pane quotidiano . . .”. Pregare per il pane, vuol dire pregare per tutto ciò che è necessario alla vita. Preghiamo perché, nella distribuzione delle risorse fra gli individui ed i popoli, si possa realizzare sempre il principio di una universale partecipazione degli uomini ai beni creati da Dio. Preghiamo perché l’impiego delle risorse negli armamenti non danneggi o addirittura distrugga il patrimonio della cultura, che costituisce il bene superiore dell’umanità. Preghiamo perché le misure restrittive, giudicate necessarie per frenare il conflitto, non siano causa di disumane sofferenze per la popolazione inerme. Ogni uomo, ogni famiglia ha diritto al suo “pane quotidiano”.
6. “Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori . . .”. Con queste parole tocchiamo la questione cruciale. Ce ne ha resi avvertiti Cristo stesso, il quale, morendo sulla croce, ha detto a proposito dei suoi uccisori: “Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno” (Lc 23,34). La storia degli uomini, dei popoli e delle nazioni è piena di reciproci rancori e di ingiustizie. Quanta importanza ha avuto la storica espressione rivolta dai Vescovi polacchi ai loro Confratelli tedeschi alla fine del Concilio Vaticano II: “Perdoniamo e chiediamo perdono”! Se in quella regione d’Europa si è potuta avere la pace, sembra proprio che ciò sia avvenuto grazie all’atteggiamento efficacemente espresso da tali parole. Oggi vogliamo pregare perché si rinnovi un simile gesto: “Perdoniamo e chiediamo perdono” per i nostri fratelli nei Balcani! Senza questo atteggiamento è difficile costruire la pace. La spirale delle “colpe” e delle “pene” non si chiuderà mai, se ad un certo punto non si arriverà al perdono. Perdonare non significa dimenticare. Se la memoria è legge della storia, il perdono è potenza di Dio, potenza di Cristo che agisce nelle vicende degli uomini e dei popoli.
7. “Non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male . . .”. Non ci indurre in tentazione! Quali sono le tentazioni che oggi chiediamo al Padre di allontanare? Sono quelle che rendono il cuore dell’uomo un cuore di pietra, insensibile al richiamo del perdono e della concordia. Sono le tentazioni dei pregiudizi etnici, che rendono indifferenti ai diritti dell’altro e alla sua sofferenza. Sono le tentazioni dei nazionalismi esasperati, che conducono alla sopraffazione del prossimo e alla bramosia della vendetta. Sono tutte le tentazioni in cui s’esprime la civiltà della morte. Di fronte al desolante spettacolo dei cedimenti umani, preghiamo con le parole del Venerato Fratello Bartolomeo I, Patriarca della Chiesa di Costantinopoli: “Signore, fa’ che i nostri cuori di pietra si sgretolino alla vista delle tue sofferenze e diventino cuori di carne. Fa’ che la tua Croce dissolva i nostri pregiudizi. Con la visione della tua lotta straziante contro la morte, fuga la nostra indifferenza o la nostra ribellione” (Via Crucis al Colosseo, Venerdì santo 1990, Preghiera iniziale). Liberaci dal male! Ecco un’altra parola che appartiene completamente a Cristo e al suo Vangelo. “Non sono venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12, 47). L’umanità è chiamata alla salvezza in Cristo e mediante Cristo. A questa salvezza sono chiamate anche le Nazioni che la guerra in corso ha così terribilmente divise! Preghiamo oggi perché la potenza salvifica della Croce aiuti a superare la storica tentazione dell’odio. Basta con le innumerevoli distruzioni! Preghiamo - seguendo il ritmo della preghiera del Signore - perché inizi il tempo della ricostruzione, il tempo della pace. Pregano con noi i morti di Sarajevo, le cui spoglie giacciono nel vicino cimitero. Pregano tutte le vittime di questa guerra crudele, che nella luce di Dio invocano per i sopravvissuti riconciliazione e pace.
8. “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio!” (Mt 5, 9). Questo ci ha detto Gesù nell’odierno brano evangelico. Sì, carissimi Fratelli e Sorelle, saremo veramente beati, se ci renderemo artefici di quella pace che solo Cristo sa dare (cf. Gv 14, 27), anzi che è Cristo stesso. “Cristo è la nostra pace”. Diventeremo costruttori di pace, se come lui saremo disposti a perdonare. “Padre, perdonali!” (Lc 23, 34). Cristo dalla Croce offre il perdono e chiede anche a noi di seguirlo sull’ardua via della Croce per ottenere la sua pace. Solo accogliendo questo suo invito si potrà impedire all’egoismo, al nazionalismo, alla violenza di continuare a seminare distruzione e morte. Il male, in ogni sua manifestazione, costituisce un mistero d’iniquità, di fronte al quale si alza chiara e decisa la voce di Dio, che abbiamo ascoltato nella prima Lettura: “Così parla l’Alto e l’Eccelso . . . In luogo eccelso e santo io dimoro, ma sono anche con gli oppressi e gli umiliati” (Is 57, 15). In queste parole profetiche si racchiude per tutti l’invito ad un serio esame di coscienza. Dio è dalla parte degli oppressi: è accanto ai genitori che piangono i figli assassinati, ascolta il grido impotente degli inermi calpestati, è solidale con le donne umiliate dalla violenza, è vicino ai profughi costretti ad abbandonare la loro terra e le loro case. Non dimentica le sofferenze delle famiglie, degli anziani, delle vedove, dei giovani e dei bambini. È suo il popolo che sta morendo. Occorre porre fine ad una simile barbarie! Basta con la guerra! Basta con la furia distruttiva! Non è più possibile tollerare una situazione che produce solo frutti di morte: uccisioni, città distrutte, economie dissestate, ospedali sprovvisti di farmaci, malati ed anziani abbandonati, famiglie in lacrime e dilaniate. Bisogna giungere al più presto ad una pace giusta. La pace è possibile, se viene riconosciuta la priorità dei valori morali sulle pretese della razza o della forza.
9. Carissimi Fratelli e Sorelle! In questo momento, assieme a voi, elevo al Signore il grido del salmista: “Aiutaci, Dio, nostra salvezza, per la gloria del tuo nome, salvaci e perdona i nostri peccati” (Sal 79, 9). Affidiamo questa nostra supplica a Colei che “stava” sotto la Croce silenziosa ed orante (cf. Gv 19, 25). Guardiamo alla Vergine Santa, della quale la Chiesa celebra oggi con gioia la Natività. È significativo che questa mia visita, da tempo desiderata, abbia potuto avere luogo proprio in questa festa mariana a voi tanto cara. Con la nascita di Maria è sbocciata nel mondo la speranza di una nuova umanità non più oppressa dall’egoismo, dall’odio, dalla violenza e dalle tante altre forme di peccato che hanno lordato di sangue i sentieri della storia. A Maria Santissima chiediamo che anche per questa vostra terra possa sorgere il giorno della piena riconciliazione e della pace. Regina della pace, prega per noi!
Al termine della celebrazione eucaristica, il Santo Padre ha rivolto ai fedeli di Sarajevo, collegati attraverso la radio e la televisione, le seguenti parole di saluto. “Nativitas est hodie sanctae Mariae Virginis, cuius vita inclita cunctas illustrat Ecclesias”. 1. La nascita della Vergine Santissima, invocata dai nostri fratelli dell’Oriente cristiano come “Lavacro che purifica le coscienze” e “Pace dei Popoli”, illumina e dà lustro a tutte le Chiese, a quelle dell’Oriente come a quelle dell’Occidente. Illumina e dà lustro, in particolare, alla vostra comunità cristiana, carissimi fratelli e sorelle della Bosnia ed Erzegovina, così duramente provati da questa assurda guerra fratricida. E sono lieto che l’odierna mia visita, da lungo tempo auspicata, abbia potuto realizzarsi proprio in quest’otto settembre, che ricorda la nascita di Maria. Maria è sorgente di conforto e di speranza per ogni credente. Ella “brilla ora innanzi al peregrinante popolo di Dio quale segno di sicura speranza e di consolazione, fino a quando non verrà il giorno del Signore” (Lumen gentium, 68). A Lei guardiamo quest’oggi con trepidante fiducia. A Lei domandiamo di soccorrerci nella presente tribolazione, certi d’essere esauditi.
2. Con questo auspicio, saluto te, caro Monsignor Vinko Puljic´, Arcivescovo di Vrhbosna-Sarajevo, ed il tuo Ausiliare, Monsignor Pero Sudar; saluto voi, coraggiosi sacerdoti, e voi, generosi religiosi e religiose, che con spirito evangelico state condividendo le sorti delle popolazioni così a lungo e duramente provate, come pure voi, laici impegnati nelle numerose e fiorenti associazioni dell’Arcidiocesi di Vrhbosna. Rivolgo anche il mio affettuoso pensiero al Vescovo della diocesi di Banja Luka, Mons. Franjo Komarica, intrepido difensore dei cattolici e, in generale, della popolazione locale, il cui numero, purtroppo, è ormai decimato dall’inumana politica della cosiddetta “pulizia etnica”. Ugualmente saluto il Vescovo di Mostar-Duvno e Amministratore di Trebinje e Mrkan, Mons. Ratko Peric, ed il suo predecessore, Mons. Pavao Zanic, i quali pure hanno visto nelle loro diocesi distruzioni e morte causate dalla guerra in corso. A tutti dico: guardate con fiducia verso il futuro della Chiesa in Bosnia ed Erzegovina. Il Papa, che è oggi al vostro fianco, continuerà come sinora ad esservi vicino spiritualmente e a sostenervi nei vostri sforzi per ricostruire in questo territorio una comunità solidale e fraterna. In particolare, vorrei sottolineare il valoroso esempio che voi sacerdoti donate al mondo intero. Durante la terribile tormenta che ha sconvolto la vita di tante persone e di tante città della Bosnia ed Erzegovina, voi siete rimasti qui al vostro posto, imitando Cristo Buon Pastore, che ha dato la vita per le sue pecore. Con il vostro popolo avete condiviso sofferenze e speranze, privazioni e rischi, aiutando con ogni mezzo gli afflitti non solo da problemi spirituali, ma anche dalla mancanza di cibo, medicinali, casa, lavoro, libertà. Nella desolazione presente, la vostra è un’eroica testimonianza di speranza nel Regno di Dio. Perseverate in questo vostro coraggioso atteggiamento di servizio, che con la grazia di Dio non mancherà di affrettare l’avvento della pace.
Dirigo infine un cordiale saluto alla comunità serba di Sarajevo, intendendo allo stesso tempo abbracciare spiritualmente l’intero popolo serbo della Bosnia ed Erzegovina, a cui porgo i miei più sentiti voti di prosperità nella concordia e nella solidarietà. Do il bacio di pace a Sua Santità il Patriarca Pavle e a tutti gli Episcopi della Chiesa Ortodossa Serba. Lo faccio con le parole della liturgia: “Cristo è in mezzo a noi”.
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