VISITA ALLA PARROCCHIA DI SANTA MARIA DEL ROSARIO IN PRATI
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 26 marzo 1995
Carissimi Fratelli e Sorelle!
1. Il brano evangelico di San Luca, che abbiamo appena ascoltato, ci ha ricordato la parabola del figliol prodigo. Su di essa mi sono soffermato nell’Enciclica Dives in Misericordia, rilevando la commozione del padre che corre incontro al figlio, gli si getta al collo e lo bacia. E annotavo: “Egli agisce certamente sotto l’influsso di un profondo affetto, e così può essere spiegata anche la sua generosità verso il figlio, quella generosità che tanto indigna il fratello maggiore. Tuttavia le cause di quella commozione vanno ricercate più in profondità. Ecco, il padre è consapevole che è stato salvato un bene fondamentale: il bene dell’umanità del suo figlio. Sebbene questi abbia sperperato il patrimonio, è però salva la sua umanità. Anzi, essa è stata, in qualche modo, ritrovata. Lo dicono le parole che il padre rivolge al figlio maggiore: “Bisogna far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15, 32). Nello stesso capitolo quindicesimo del Vangelo secondo Luca leggiamo la parabola della pecora ritrovata (cf. Lc 15, 3-6) e, successivamente, la parabola della dramma ritrovata (cf. Lc 15, 8 s.). Ogni volta vi è posta in rilievo la medesima gioia presente nel caso del figliol prodigo. La fedeltà del padre a se stesso è totalmente incentrata sull’umanità del figlio perduto, sulla sua dignità. Così si spiega soprattutto la gioiosa commozione al momento del suo ritorno a casa” (n. 6).
2. Si può dire che l’odierna quarta Domenica di Quaresima è in modo particolare la domenica della misericordia, poiché essa ci parla di Dio, Padre “ricco di misericordia” (cf. Ef 2, 4), Padre generoso, pronto a perdonare ai figli pentiti i loro peccati. Occorre soltanto che l’uomo sappia riconoscere le proprie mancanze, e voglia ritornare nella casa del Padre. Questa misericordia, questa magnanimità paterna di Dio trovano fondamento in ciò che abbiamo udito nella seconda lettura dell’odierna liturgia, tratta dalla seconda Lettera di San Paolo ai Corinzi. Scrive San Paolo: “È stato Dio, infatti, a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe” (2 Cor 5, 19). Ecco: di fronte a tutti i figli prodighi si presenta Cristo. E l’Apostolo prosegue: “Dio lo trattò da peccato in nostro favore, perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio. Quindi, se uno è in Cristo, è una creatura nuova” (2 Cor 5, 21. 17).
Le parole di San Paolo esprimono fino in fondo la verità sulla Divina Misericordia: essa non è soltanto “il magnanimo amore del Padre” che va incontro ad ogni figlio prodigo, ma ha il suo più solido fondamento nella divina giustizia. Il mistero di Dio, “ricco di misericordia” (dives in misericordia), è nascosto in Cristo. Sì, Dio è ricco di misericordia, poiché Cristo ha preso su di sé tutto il peso delle colpe umane. Lo ha fatto fino al punto che l’Apostolo può dire: “Dio lo trattò da peccato in nostro favore”, affinché diventassimo in lui “giustizia” di Dio e riavessimo in lui la perduta dignità di suoi figli. Lo ha fatto affinché in Cristo fossimo, in un certo senso, ricreati secondo l’originario disegno del Padre.
3. Scrive ancora San Paolo: “Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliati con sé mediante Cristo ed ha affidato a noi il mistero della riconciliazione” (2 Cor 5, 18).
La quarta Domenica di Quaresima ricorda in questo modo il sacramento della Penitenza, che è al tempo stesso il sacramento della riconciliazione con Dio.
Il periodo quaresimale segna nella Chiesa un cammino di penitenza, iniziato con l’esortazione udita nel Mercoledì delle Ceneri. Oggi, con il Vangelo del figliol prodigo, quell’esortazione acquista quasi nuova profondità e nuovo vigore. Vale la pena, proprio in questa domenica e in quest’ultimo tratto di Quaresima, riandare ad un documento del 1984, frutto del Sinodo dei Vescovi sul tema della riconciliazione e della penitenza, che inizia con le parole “Reconciliatio et paenitentia”. Esso costituisce una lettura molto utile per quanti, durante la Quaresima, si preparano al sacramento della penitenza attraverso gli esercizi spirituali o le missioni parrocchiali. Anche se il saper riconoscere i propri peccati, mediante l’esame di coscienza, lo sforzo spirituale della contrizione per i peccati – la metànoia, il proposito di correggersi e, infine, la confessione stessa, con la prospettiva della riparazione per il male commesso – anche se tutto questo, dicevo, costituisce senza dubbio una grande fatica, ciò rappresenta al tempo stesso una grande, forse la più grande creatività che il Vangelo dischiude davanti all’uomo: ricreare se stesso! Creare di nuovo, trasformare cioè la vita e il modo di agire secondo le esigenze della verità e dell’amore, per diventare una nuova creatura in Cristo. Far traboccare nella storia dell’uomo la bilancia del bene, senza mai arrendersi al male.
Quanto bisogna pregare affinché tutti riconosciamo appieno la grandezza del “Vangelo della misericordia”! Quanto occorre proseguire con costanza in tale impegno, per non indurire i cuori! Dobbiamo uscire incontro al Padre che ci attende, sempre pronto a correrci incontro. A lui preme un’unica cosa: salvare il bene dell’umanità di ogni suo figlio e di ogni sua figlia.
4. Carissimi Fratelli e Sorelle della parrocchia di Santa Maria del Rosario in Prati! Sono grato al Signore di poter celebrare insieme con voi questa quarta domenica del tempo quaresimale.
Saluto con vera cordialità il Cardinale Vicario, il Vescovo ausiliare del Settore, il vostro parroco, Padre Giuseppe Serrotti, e gli altri Confratelli Domenicani, che si occupano della vostra Comunità. Il mio saluto si estende alle religiose che qui svolgono il loro servizio: le Suore Battistine, dedite all’insegnamento e all’educazione della gioventù; le Suore di San Giuseppe con le novizie e le ospiti della loro casa di accoglienza, come pure le Suore Francescane di Maria.
Ringrazio, poi, i membri del Consiglio Pastorale che coadiuvano i sacerdoti nella programmazione e nelle necessità parrocchiali secondo le direttive del recente Sinodo diocesano; i ministri straordinari dell’Eucaristia e la comunità dei catechisti.
Saluto i gruppi giovanili, con i loro animatori, il gruppo dei laici domenicani, i membri dell’apostolato della preghiera, i volontari del centro caritas e le volontarie vincenziane. A tutti esprimo il mio vivo apprezzamento per l’opera che svolgono specialmente fra gli anziani e le persone sole di questo quartiere.
Un saluto particolare, infine, va al gruppo dei nostri fratelli delle Filippine che in questa chiesa hanno trovato generosa ospitalità ed un punto di riferimento per i loro incontri di preghiera e di catechesi.
La vostra parrocchia, carissimi, è ricca di iniziative e di buona volontà, ambedue necessarie per affrontare i problemi che avete di fronte. Non perdetevi mai d’animo, ma proseguite generosamente l’opera di bene che state compiendo. Auguro a tutti di saper trovare nella preghiera e nell’impegno di aiuto vicendevole la forza di una continua ripresa, traendo vigore da quel “Vangelo della misericordia” che oggi viene annunciato nella liturgia.
5. Sullo sfondo di questo annuncio, quanto convincenti risuonano le parole del Salmo responsoriale: “Il Signore è vicino a chi lo cerca” (Sal 34). E la prima lettura del Libro di Giosuè in modo conciso ricorda la Pasqua che i figli d’Israele consumarono dopo il passaggio del Giordano e l’entrata nella Terra promessa. Tutto questo spiega perché l’odierna quarta Domenica di Quaresima nella tradizione liturgica della Chiesa viene anche chiamata la domenica “laetare”: essa esorta alla gioia. Come la peregrinazione di quarant’anni attraverso il deserto termina nel momento in cui Israele può per la prima volta consumare la Pasqua con i frutti della Terra promessa, così anche il nostro cammino attraverso il periodo di quaranta giorni della Quaresima ci avvicina al momento in cui la Chiesa ci inviterà tutti a celebrare e a rivivere la Pasqua della Nuova Alleanza di Cristo.
Camminiamo con fiducia, attraverso questo tempo forte dell’anno liturgico, verso la festa della Risurrezione. Bisogna che i nostri cuori maturino per quel momento. Bisogna che noi “gustiamo e vediamo quanto è buono il Signore” (cf. Sal 34, 9), quanto egli ama l’uomo, quanto ha a cuore il suo bene, la sua dignità, la sua santità. Bisogna che riconosciamo sempre più quanto ci ama Cristo e come Egli voglia condurci al Padre per mezzo del suo mistero pasquale.
“Il Signore è vicino a chi lo cerca. Beato l’uomo che in lui si rifugia!”.
Amen!
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