VISITA ALLA PARROCCHIA ROMANA DI SAN GIULIANO MARTIRE
OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II
Domenica, 2 marzo 1997
1. «Signore, tu hai parole di vita eterna» (cfr Gv 6, 68).
Il Salmo responsoriale poc’anzi proclamato ci conduce al cuore del messaggio dell’odierna liturgia. La potenza della Parola divina si manifestò per la prima volta nella creazione del mondo, quando Dio disse: «Sia» (cfr Gn 1, 3) chiamando all’esistenza tutte le creature. Ma le letture bibliche di questa terza Domenica di Quaresima pongono in luce un’altra dimensione della potenza della Parola di Dio: quella che riguarda l’ordine morale.
Jahwè consegnò al popolo eletto il Decalogo sul monte Sinai, montagna che riveste singolare valenza simbolica nella storia della salvezza. Proprio per questo, in occasione del Grande Giubileo del Duemila è stato proposto un incontro su tale monte (cfr Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, 53). Dei comandamenti dati ad Israele, l’odierna prima lettura, tratta dal Libro dell’Esodo, sviluppa in modo particolare i primi tre, quelli della «cosiddetta prima tavola»: «Io sono il Signore, tuo Dio... Non avrai altri dei di fronte a me. Non pronunzierai invano il nome del Signore, tuo Dio ( . . .) Ricordati del giorno di sabato per santificarlo» (Es 20, 2.7-8).
2. Fondamentale è il primo comandamento, nel quale viene solennemente affermata l’unicità di Dio: non vi sono accanto a Lui altre divinità. Nella Legge data a Mosè, si manifesta il Dio invisibile, che nessuna immagine prodotta delle mani dell’uomo può degnamente rappresentare. Con l’incarnazione del Verbo, Dio si è fatto uomo e così l’invisibile Dio si è reso visibile e, da quel momento, all’umanità è dato di contemplare la sua gloria. La questione della raffigurazione artistica di Dio fu ampiamente esaminata nel secondo Concilio di Nicea e fu chiarito allora che, essendosi il Dio invisibile fatto uomo nell’Incarnazione, la sua riproduzione artistica, per i cristiani, era legittima.
Connesso col primo è il secondo comandamento che non mira soltanto a condannare l’abuso del nome di Dio, ma ha pure lo scopo di mettere in guardia dal seguire l’idolatria diffusa nelle religioni pagane.
Anche per quanto concerne il terzo comandamento: «Ricordati del giorno di sabato per santificarlo» (Es 20, 8) la normativa è particolareggiata, e vien fatta risalire al modello originario del riposo di cui Dio ha dato esempio al termine della creazione.
In maniera sintetica sono invece descritti i comandamenti della cosiddetta «seconda tavola».
3. «Signore, tu hai parole di vita eterna». Le parole pronunciate da Dio nell’Antico Testamento trovano pieno compimento in Cristo, Parola di Dio incarnata. Nell’Antica Alleanza, la potenza creativa di Dio in ambito morale si è espressa nel Decalogo; nella Nuova Alleanza, invece, è Cristo l’attuazione piena di tale potenza: dunque, non una legge scritta, ma la stessa Persona del Salvatore.
Si tratta di una verità che san Paolo esprime con efficacia scrivendo ai Galati ed ai Romani: egli contrappone alla giustificazione mediante l’osservanza della legge, la giustificazione mediante la fede in Cristo. Oggi invece, nella seconda lettura, tratta dalla Prima Lettera ai Corinzi, leggiamo così: «Noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio» (1 Cor 1, 22-24).
La potenza e la sapienza, che Dio ha manifestato nel creare il mondo e l’uomo fatto «a sua immagine e somiglianza» (cfr Gn 1, 26), vengono espresse pienamente nell’ordine morale. Esso è pertanto al servizio del bene dell’uomo e dell’umana società. Ciò è confermato nel Nuovo Testamento che, con chiarezza, determina il ruolo della morale al servizio dell’eterna salvezza dell’uomo.
Proprio per questo, nell’acclamazione al Vangelo, sono state proclamate poco fa le parole pronunciate da Gesù nel colloquio notturno con Nicodemo: «Dio . . . ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui . . . abbia la vita eterna» (Gv 3, 16). Non soltanto i comandamenti, ma soprattutto il Verbo eterno che si è fatto uomo è la fonte della vita eterna.
4. Carissimi Fratelli e Sorelle della Parrocchia di San Giuliano Martire! Sono lieto di essere qui con voi, oggi, a celebrare l’Eucaristia nella terza Domenica di Quaresima. Saluto il Cardinale Vicario, il Vescovo Ausiliare del Settore, il vostro zelante parroco Don Luciano D’Erme, il vicario parrocchiale, le religiose che vivono in questo territorio e tutti voi che appartenete a questa Comunità parrocchiale, dedicata in modo particolare al Cuore Immacolato di Maria e al Cuore Misericordioso di Gesù.
Il pensiero va oggi naturalmente al venerato e caro Fratello, il Cardinale Ugo Poletti, scomparso qualche giorno fa. Questa vostra parrocchia, eretta nel 1980, è una delle oltre settanta da lui costruite nel corso del suo lungo servizio alla diocesi di Roma. Mentre ringrazio ancora una volta il Signore per avermelo concesso quale valido Vicario Generale, invito tutti a pregare per lui affidando la sua eletta anima alla divina Misericordia.
Seguo con affetto e attenzione le fasi progressive della Missione ed in modo speciale accompagno la consegna del Vangelo di Marco nelle famiglie e la pratica degli Esercizi spirituali, che si stanno svolgendo durante questo tempo quaresimale. Veramente opportuna è l’iniziativa degli Esercizi spirituali, che costituiscono un forte aiuto per i cristiani, chiamati a «rinnovarsi nello spirito ... e a rivestire l’uomo nuovo, creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera» (cfr Ef 4, 23-24). Frutto della ricca tradizione spirituale della Chiesa, gli Esercizi spirituali rispondono autenticamente alle profonde domande dell’uomo. Li raccomando, dunque, ai giovani, nell’ambito del loro cammino di discernimento vocazionale, agli sposi cristiani, alle famiglie e a tutti coloro che sono alla ricerca sincera di Dio.
5. «Egli parlava del tempio del suo corpo» (Gv 2, 21).
Nel Vangelo abbiamo riletto l’episodio della cacciata dei venditori dal tempio. La descrizione di san Giovanni è viva ed eloquente: da una parte c’è Gesù, che «fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi» (Gv 2, 14-15) e dall’altra ci sono i Giudei, in particolare i Farisei. Il contrasto è forte, al punto che alcuni dei presenti domandano a Gesù: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?» (Gv 2, 18).
«Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere» (Gv 2, 19), risponde il Cristo. Al che replica la gente: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?» (Gv 2, 20). Non avevano compreso - osserva san Giovanni - che il Signore stava parlando del tempio vivo del suo corpo, che, nel corso degli eventi pasquali, sarebbe stato distrutto nella morte in croce, ma che sarebbe risorto il terzo giorno. «Quando poi fu risuscitato dai morti, - scrive l’Evangelista - i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù» (Gv 2, 22).
È l’evento pasquale che dà significato autentico a tutti i vari elementi presenti nelle odierne letture. Nella Pasqua si rivela in pienezza la potenza del Verbo incarnato, potenza dell’eterno Figlio di Dio, fattosi uomo per noi e per la nostra salvezza.
«Signore, tu hai parole di vita eterna».
Noi crediamo che Tu sei veramente il Figlio di Dio.
E Ti ringraziamo per averci fatti partecipi della tua stessa vita divina.
Amen.
© Copyright 1997 - Libreria Editrice Vaticana
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana