LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A ROBERT SARAH E A MONSIGNOR PHILIPPE KOUROUMA
Sabato, 20 ottobre 1984
A monsignor Robert Sarah,
arcivescovo di Conakry,
amministratore apostolico della prefettura di Kankan
e a monsignor Philippe Kourouma,
vescovo di N’Zérékoré.
È con gioia particolare che vi ricevo oggi a Roma, in occasione della visita “ad limina” che vi è ora possibile compiere in tutta serenità. A dire il vero, anche quando le comunicazioni con la Sede apostolica erano difficili, la Chiesa in Guinea ha sempre mantenuto molto fermo il suo attaccamento al successore di Pietro e, attraverso di lui, alla Chiesa universale. Oggi partecipo con voi alla gioia di vedere che le vostre comunità ecclesiali vivono di una fede pura e forte, con accresciuto fervore, con un dinamismo che esprime la partecipazione attiva dei fedeli e il loro zelo evangelizzatore, e permette di nutrire grande speranza per l’avvenire. Dio sia lodato!
Questa vitalità della Chiesa in Guinea è opera della grazia di Dio che si manifesta nella debolezza, nelle prove, nonostante la povertà dei mezzi umani e materiali, quando i credenti sono coscienti che la loro forza viene da Dio e quando si consacrano con maggiore disponibilità e generosità a rispondere ai suoi appelli. Penso che anche qui si possa riconoscere il merito dei diversi membri delle vostre comunità cristiane nei tempi difficili: di voi stessi che avete preso e prendete le opportune iniziative nei confronti del popolo che vi è affidato, nell’arcidiocesi di Conakry, nella diocesi di N’Zérékoré e nella prefettura apostolica di Kankan; dei missionari e in particolare dei vostri predecessori che avevano preparato il terreno a partire dall’inizio dell’evangelizzazione; di monsignor Raymond-Marie Tchidimbo e di molti altri che hanno preso parte, anima e corpo, alle prove della nazione; dei sacerdoti e dei religiosi autoctoni che, nonostante il loro piccolo numero, hanno fatto fronte alle molteplici necessità del ministero e dell’apostolato; dei laici e in particolare dei catechisti che sono diventati gli educatori e il sostegno dei loro fratelli nella loro vita di fede e di preghiera.
Di tutto ciò oggi noi vediamo i frutti e ringraziamo Dio.
Per il presente e per l’avvenire della Chiesa in Guinea, incoraggio di tutto cuore la cura che voi dedicate al risveglio e alla formazione delle vocazioni sacerdotali, nei vostri seminari minori e nel seminario maggiore di Koumi e, ora, di Bamako. Durante il periodo più difficile, molti giovani sembravano aver meglio compreso che in altri Paesi l’appello del Signore e i bisogni religiosi dei loro fratelli; e questo movimento continua. Bisogna sperare che nella popolazione della Guinea si affermi anche la fioritura delle vocazioni religiose femminili, nel quadro delle congregazioni internazionali, come quella delle suore di san Giuseppe di Cluny, e delle congregazioni locali. Dio non può mancare di accordare questa grazia al popolo fervente che l’attende e prega per questa intenzione.
La vostra Chiesa ha compiuto ammirevoli sforzi per far fronte alla mancanza di ministri ordinati e di operai evangelici; desidero ripetere qui i miei vivi incoraggiamenti ai laici che hanno preso a cuore le loro responsabilità missionarie di battezzati e confermati. Penso in particolare ai catechisti permanenti, “pilastri” della vostra Chiesa: essi hanno accettato di formarsi al loro ruolo e vi hanno consacrato le loro forze, i loro talenti e il loro tempo, nonostante la modestia delle loro risorse e le loro responsabilità familiari. Auspico insieme a voi che tutta la comunità cristiana si unisca nel sostenerli. Ma i vostri sforzi non sono limitati a mantenere e ad approfondire la fede attraverso la catechesi. Voi vi siete impegnati anche ad aiutare le famiglie e a fare in modo che rispondano alla loro vocazione, in particolare attraverso le vostre lettere pastorali; avete avuto a cuore la promozione della liturgia; vi siete preoccupati di rispondere alle legittime richieste dell’inculturazione del messaggio evangelico, per animare e trasformare dall’interno alcuni costumi; avete voluto formare i fedeli alle diverse responsabilità ecclesiali, con la preoccupazione di testimoniare la fede cristiana a coloro che non ne partecipano ancora ma che vi sono aperti. Tutti questi sforzi sono evidentemente da proseguire e da incoraggiare in modo responsabile.
Come per il passato, la vostra forza sarà nell’unità: l’unità delle vostre comunità parrocchiali, attorno al gruppo che anima la pastorale e al consiglio d’amministrazione: l’unità della vostra comunità diocesana, attorno al vescovo - ed essa sarà facilitata dalla costituzione degli organismi conciliari, il consiglio presbiterale e il consiglio pastorale - ; ma anche l’unità e la collaborazione tra le vostre diocesi per affrontare insieme i grandi problemi e testimoniare la comunione che caratterizza la Chiesa.
Il vostro Paese, dalla testimonianza stessa dei dirigenti attuali, deve far fronte a un’opera di enorme ricostruzione in tutti gli ambiti, anche se mancano mezzi materiali e personale competente. Ci vorrà molta pazienza, coraggio, dedizione disinteressata, solidarietà. Benché i cattolici costituiscano una piccola minoranza, essi si sono acquistati la stima e la fiducia di molti loro compatrioti e di coloro che attualmente hanno la grave responsabilità del bene comune. Nel rispetto delle proprie competenze e dell’indipendenza che avete saputo conservare alla Chiesa di fronte al potere temporale, è certo che i cristiani hanno il dovere particolare di cooperare attivamente alla ricostruzione del Paese, secondo le loro forze, e in un dialogo rispettoso con gli altri credenti. I bisogni sono immensi, sul piano spirituale, ma anche sul piano della sussistenza, dell’educazione e della sanità.
Senza dubbio i mezzi di cui dispone attualmente la Chiesa in Guinea per partecipare a questo servizio non sono proporzionati ai bisogni. Ma la carità dei cristiani non può sottrarsi a tali appelli pressanti. E oso sperare che la vostra Chiesa, sotto la sua stessa responsabilità, potrà beneficiare della solidarietà delle altre Chiese: la Santa Sede è pronta a farsi vostra interprete presso di loro. Penso ai religiosi e alle religiose delle congregazioni internazionali che potranno così servire il vostro Paese e la vostra Chiesa. Penso anche all’aiuto materiale che le organizzazioni caritative potranno portarvi in questo difficile periodo: posso dirvi che questi bisogni non sfuggono alla Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, e tanto meno al Pontificio consiglio “Cor Unum”, e spero la Caritas sappia anch’essa manifestarvi la solidarietà della Chiesa. Nello stesso tempo, non portate voi stessi alla Chiesa intera l’esempio e lo slancio della vostra vitalità e della vostra fedeltà creativa?
Che il Signore continui a prodigarvi le sue grazie di luce e di forza! Da parte mia, sono lieto di incoraggiarvi e di accordarvi di tutto cuore la mia benedizione apostolica, che voi porterete a tutti i sacerdoti, le religiose, i religiosi e i laici delle vostre comunità cristiane, con i miei calorosi auguri per la pace e lo sviluppo umano e spirituale della vostra patria.
Dal Vaticano, 20 ottobre 1984.
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