MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II
AI FEDELI DELLE ISOLE AZZORRE
PER IL 450° ANNIVERSARIO DELLA DIOCESI DI ANGRA
Carissimi fratelli e sorelle delle Azzorre!
Sia lodato nostro Signore Gesù Cristo!
1. Chiudiamo oggi, festosamente, le solenni commemorazioni dei 450 anni di vita della vostra diocesi di Angra che seguo con interesse. In questo giorno è con gradita soddisfazione che mi associo al giubilo spirituale della vostra comunità diocesana, accompagnando e vivendo con il beneamato popolo delle Azzorre le sue vicissitudini storiche: condividendo le sue speranze e le sue gioie, così come i suoi dolori e le sue ansie. Così, fu fin dalla scoperta e dal popolamento, da parte di genti venute dal Portogallo e dalle Fiandre, ben presto integrate in un’unica famiglia, unita, fra l’altro, dalla comune adesione a Cristo Signore e alla sua Chiesa. Fu proprio un mio predecessore, Paolo III, che 450 anni fa, precisamente il 3 novembre 1534, creò il vescovato di Santo Salvador, con sede ad Angra, con la Bolla Aequum reputamus.
Furono altri miei predecessori che, nel tempo, provvidero ininterrottamente questa diocesi di vescovi, successori degli apostoli, voluti dallo Spirito Santo a reggere pastoralmente la Chiesa di Dio (cf. At 20, 28). Altri Pontefici romani resero onore a diversi membri del vostro clero, chiamandoli all’episcopato e al cardinalato, o nominandoli prelati e funzionari onorifici della Santa Sede. E quanti contatti, per l’esigenza di una comunione ecclesiale e secondo le norme del diritto, furono stabiliti fra la vostra Chiesa particolare delle Azzorre e questa Sede di San Pietro a Roma, centro della cristianità!
Oggi ho il piacere di associarmi e confermare la mia presenza nella vita di questa comunità, partecipando di buon grado, sebbene solo con questo messaggio, alle vostre commemorazioni diocesane.
2. Desidero, prima di tutto, salutare il vostro Pastore, dom Aurélio Granada Escudeiro, e con lui gli altri fratelli vescovi che sono qui presenti in questo giorno di festa e vogliono rendere manifesta la comunione delle Chiese particolari che rappresentano, nel giubilo di questa comunità diocesana, testimoniando la trasmissione della carità di Cristo nella Chiesa universale durante la celebrazione di un’effemeride che si integra nella storia della diletta Nazione portoghese, la cui fedeltà alla Sede apostolica di Roma è condivisa dall’amato popolo delle Azzorre.
Saluto le eccellentissime autorità che partecipano alle cerimonie, identificati nel proprio dovere di servire e rappresentare la collettività, sempre nel rispetto del carattere peculiare delle legittime forme di cultura, in senso ampio nel caso particolare, più ancora che nel rispetto della libertà religiosa della comunità di cui fanno parte, dividendo con quest’ultima il dovere di osservare i diritti superiori di Dio, da cui proviene ogni potere (cf. Gv 19, 11).
Allo stesso modo, e con particolare intensità d’affetto, saluto tutti i figli della Chiesa delle Azzorre. In questa data festiva, giunga a ciascuno di voi - sacerdoti consacrati, laici impegnati, insomma a tutti i membri del Popolo di Dio - il saluto caloroso del successore di Pietro, a cui benevolmente date continuamente prove di stima, tanto più apprezzate in quanto rivelatrici di spontaneità, e per cui pregate nelle vostre orazioni liturgiche, comunitarie e private. Che Dio vi ricompensi! Desidero infine salutare tutti voi delle Azzorre, dove vorrei che ci incontrassimo: voi, legati ai valori originari di quelle terre benedette, che oggi siete lì presenti fisicamente, uniti nella gloria di Dio, e quanti si trovano laggiù solo con lo spirito, emigrati attraverso le terre, attraversando i mari e portando con sé verso regioni lontane la forza del proprio lavoro, la tradizione dei suoi usi e l’entusiasmo delle convinzioni religiose e forse molta nostalgia.
3. “Educato all’ombra della Chiesa, sul cui modello forgiò la propria anima - mi confidava il vostro vescovo - il popolo delle Azzorre ha delle caratteristiche peculiari, come i salienti attributi di bontà, di provata sensibilità, amore per la sua terra, ricchezza di religiosità e di sentimenti cristiani, che costituiscono un mondo estremamente particolare”.
Carissimi fratelli e sorelle. Avete voluto far coincidere la chiusura delle ultime commemorazioni con la riapertura al culto della vostra storica cattedrale, gloriosa, ma lungo i secoli vessata da intemperie e flagelli. Avete completato la sua ricostruzione proprio recentemente: la Sede del Santo Salvatore, ad Angra, chiesa madre delle altre chiese delle Azzorre. Che dirvi nel mio Messaggio di partecipazione? Vorrei dedicarvi una riflessione che vi rimanesse come ricordo delle celebrazioni diocesane, che oggi solennemente concludiamo. Prendo questo pensiero da una predica del primo vescovo di Roma, San Pietro, e lo riassumo in queste parole: la costruzione continua, deve continuare!
Ai cristiani del suo tempo il Principe degli apostoli scriveva: “E voi pure, come pietre vive, costruitevi in modo da formare una casa spirituale, un santo sacerdozio, per offrire dei sacrifici spirituali, graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo” (1 Pt 2, 5). Lo stesso vi dice, figli della Chiesa delle Azzorre, l’attuale Vescovo di Roma: la costruzione continua, deve continuare! Celebrare quattro secoli e mezzo di storia non deve essere semplicemente una rievocazione del passato, ma principalmente, partendo dagli effetti che causò, vuol dire progettare e iniziare la costruzione di un futuro migliore. L’appello a voi diretto oggi dal Papa è precisamente questo: preparate il vostro futuro nella fedeltà al vostro passato di lavoro, impegno ed iniziativa, all’insegna del coraggio e della speranza, e allo stesso tempo tanto religioso.
4. Le Cronache affermano che nel secolo XV le navi che si dirigevano verso le vostre Isole delle Azzorre, avevano dipinta sulle vele la croce di Cristo; fra i bagagli, insieme agli strumenti agricoli portavano quelli liturgici, e fra i futuri abitanti, coloni di quelle terre, recavano i sacerdoti. La vostra storia è uno scrigno di gesta, ma soprattutto di tenacia nel vivere un binomio: lavoro e fede. Ancora oggi i vostri villaggi, costruiti intorno alle chiese e alle cappelle, e i toponimi delle isole e dei centri abitati, danno testimonianza di questo binomio animatore del vostro glorioso e nobile passato. È risaputo anche che i vostri avi, dove arrivarono, portarono, se non il primo annuncio del Vangelo, per lo meno una ventata di aria fresca nella pratica religiosa delle comunità, diffondendo per il mondo una radicata devozione al Signore, al Santissimo Salvatore e alla Vergine Santa Maria.
5. Alla luce di ciò, la costruzione continua, deve continuare! Prima di tutto all’interno della comunità diocesana, con un continuo risvegliare, ravvivare e approfondire la fede in Dio. Ciò vale a dire: edificare la Chiesa delle Azzorre e coltivare la volontà di vivere e testimoniare le ricchezze della fede ereditata dalla vostra nazione; significa riconoscere che questa vi inserisce nel Popolo di Dio che è in pellegrinaggio, che celebra Gesù Cristo, il Salvatore, con l’unione a lui attraverso la sacra liturgia, precisamente attraverso i Sacramenti e soprattutto con l’Eucaristia, memoriale e rinnovamento del Sacrificio sulla croce in ogni santa Messa, dove si attinge quell’amore fraterno che è parola di speranza.
La vostra adesione a Dio, a Cristo e alla sua Chiesa, implicherà una conversione continua, la rottura con le tenebre, con la menzogna e con il peccato, che apre la cristianità alla riconciliazione e alla forza interiore. Consiste in questo la base di un serio ed efficace impegno ecclesiale, che non si intimorisce né si smarrisce davanti ai mutamenti socio-culturali, le crisi e tutta la problematica sollevata negli ultimi tempi da un’ondata di materialismo, ispirata da correnti e ideologie che sembrano voler cancellare dalla convivenza umana i legittimi valori spirituali e morali. Il cristiano cosciente sarà sempre pronto a dare una risposta vittoriosa a quanti lo interrogano sulla speranza che lo anima (cf. 1 Pt 3, 15).
6. E la costruzione continua, deve continuare, superiore a tutte le sfide che vengono lanciate alla pastorale della Chiesa delle Azzorre. La facilità di comunicazioni apre un mondo nuovo, spalanca vasti orizzonti alla gente delle vostre Isole, prospettando grandi possibilità di valorizzazione e di arricchimento. L’apertura necessaria e imprescindibile a questo mondo “nuovo” che si intromette e irreversibilmente invade la tradizionale tranquillità, causerà certamente uno scontro. Ma non abbiate paura! L’amore e la misericordia di Dio, che nella storia dell’uomo ha una forma e un nome e si chiama Gesù Cristo, nella risurrezione dello stesso Redentore dell’uomo si è rivelata più forte della morte, più forte del male o del peccato (cf. Giovanni Paolo II, Dives in misericordia, 8). L’amore di Dio venne effuso nei nostri cuori attraverso lo Spirito Santo (cf. Rm 5, 5).
Conservate e coltivate, caro popolo delle Azzorre, i valori antichi della vostra fede, che deve essere continuamente illuminata, educata e rinforzata nei diversi ambiti delle fasce d’età: bambini, giovani, adulti. Per raggiungere questo fine sarà necessaria un’intensa catechesi, come avete lodevolmente fatto in questo anno di commemorazioni diocesane. Per questo scopo sarà necessaria anche la familiarità con il soprannaturale, prima di tutto con l’accostarsi di frequente ai Sacramenti: Sacramenti ben celebrati e vissuti con un comportamento cristiano coerente, per favorire l’integrità dei costumi, la stabilità e l’unità della famiglia in case sane, per ispirare gli orientamenti costruttivi delle meravigliose possibilità della scuola o del clima delle comunità umane e dei centri di incontro.
In ciò è incluso un appello ai genitori, agli educatori, ai professori, agli animatori di gruppi, ai professionisti, ai credenti e soprattutto ai catechisti, ai pastori e ad ogni battezzato cosciente della sua missione nel mondo e della sua corresponsabilità apostolica nella Chiesa. Tutti sono chiamati a impegnarsi attivamente nella Chiesa. Tutti sono chiamati ad impegnarsi attivamente per sviluppare, consolidare e rinforzare i principi della fede nella dimensione divina e umana del mistero della redenzione, a rendersi presenti in quella “vera religione, pura e senza macchia davanti a Dio” che naturalmente si trasforma in fratellanza umana, come scrive l’apostolo San Giacomo (Gc 1, 27).
7. Parlare delle Azzorre vuol dire parlare d’emigrazione. Molti dei suoi figli emigrano: un motivo in più per l’“amore del regno dei cieli”, pertanto si tratta di terre benedette con vocazioni alla consacrazione sacerdotale e missionaria; altri optano per quello che “sotto certi aspetti è un male necessario”, come ci si abitua a dire “ossia lasciare la propria terra in cerca di migliori condizioni di vita in altri luoghi” (cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 23). Attualmente - mi informava il vostro vescovo - si trovano negli Stati Uniti e in Canada nativi delle Azzorre e i loro figli in numero tre volte maggiore di quanti vivano tuttora nelle Isole dell’Arcipelago.
Voglio rendere oggi un sentito omaggio ai numerosi e validi missionari che provennero da questo vivaio di vocazioni, indice di vitalità religiosa. In questo omaggio rivolgo anche un appello: custodendo un passato glorioso nell’opera di evangelizzazione - in terre brasiliane e bagnate dal Pacifico, in un primo momento, e in terre africane e orientali poi - badate anche ai campi che già imbiondiscono, pronti per la mietitura, badate alla messe abbondante e alla scarsità di operai (cf. Gv 4, 35; Lc 10, 2).
Poco tempo fa i vescovi di Goa, Macau e Timor e parte del clero di queste diocesi erano figli generosi delle Azzorre. Affinché non si esaurisca questa spinta evangelizzatrice, continuate a promuovere le vocazioni! Insistete nella pastorale vocazionale! Sarà di beneficio per voi stessi, “che avete già gustato quanto è buono il Signore” e per “annunciare alle moltitudini le meraviglie di Colui che vi ha chiamati dalle tenebre alla sua luce ammirabile” (1 Pt 2, 3. 9).
8. E a voi, carissimi emigranti delle Azzorre, la cui laboriosità e l’amore per la propria terra sono ben noti, giungano i voti che anche per voi formulai in una lettera che scrissi a proposito del lavoro umano, la Laborem exercens: che continuino gli sforzi perché al male - spiegato nel senso materiale - non si aggiunga mai un danno maggiore nel senso morale; e, d’altro canto, che le difficoltà, di diversa natura, che bisogna affrontare, siano compensate, per quanto possibile, da un miglioramento nella vita personale, familiare e sociale (cf. Giovanni Paolo II, Laborem exercens, 23). Oggi ripeto anche a voi il messaggio di San Pietro: la costruzione continua, deve continuare! Con le stesse parole dell’apostolo vi dico: carissimi, vi prego che, come stranieri e pellegrini, ovunque vi troviate, vi comportiate nobilmente, come buoni cristiani impegnati nell’edificazione della Chiesa “affinché vedendo le vostre buone opere tutti siano portati a rendere gloria a Dio” (1 Pt 2, 12).
9. Molti altri temi sugli aspetti del vostro quotidiano meriterebbero di essere trattati e dovrei soffermarmi oltre sull’esortazione di San Pietro: la costruzione continua, deve continuare! Penso ad esempio alla famiglia, tradizionale fondamento sociale e religioso degli abitanti delle Azzorre; penso alla promettente gioventù, oggi tanto insidiata - come ho già detto - ma tanto generosa; penso al campo dell’educazione, ai problemi del lavoro, al settore della salute pubblica, ai mezzi di comunicazioni sociale; penso insomma a tutti i laici della comunità, chiamati ad assumere le proprie responsabilità di cristiani nell’ambiente familiare, professionale, sociale e politico, mantenendo la sua identità cristiana e realizzando una corresponsabilità nella Chiesa di cui fanno parte. Penso anche ai religiosi, alle religiose e alle altre persone consacrate; penso, con particolare stima, ai cari sacerdoti del presbiterio, corona del suo vescovo.
A tutti senza eccezione, affinché possano vincere i momenti di sconforto che si presentano loro, così come li vinsero altri in passato, ripeto, davanti alla loro cattedrale da poco ricostruita: voi stessi, carissime genti delle Azzorre, come pietre vive entrate a far parte della costruzione di un edificio spirituale: la Chiesa che è nelle Azzorre. La costruzione continua, deve continuare, per Gesù Cristo e con la mia affettuosa e propiziatrice benedizione apostolica, nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo.
Dal Vaticano, 14 ottobre 1985.
GIOVANNI PAOLO II
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