LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II
A MONSIGNOR MILOSLAV VLK,
ARCIVESCOVO DI PRAGA, PER IL 600° ANNIVERSARIO
DEL MARTIRIO DI SAN GIOVANNI NEPOMUCENO
Al venerato Fratello Miloslav Vlk,
Arcivescovo di Praga, salute e benedizione apostolica!
Seicento anni ci separano dalla cupa notte, in cui il corpo martoriato ed esanime di San Giovanni Nepomuceno fu gettato nelle onde del fiume Moldava. Questo memorabile anniversario rappresenta un’occasione preziosa per riflettere sulla vicenda di questo Santo. Insieme ai Santi Venceslao ed Adalberto, egli è celeste protettore dell’Arcidiocesi di Praga, di cui fu sacerdote ed in cui, per tutta la vita, ha svolto il suo ministero. Come ogni presbitero, anche San Giovanni fu scelto di mezzo al popolo e fu costituito come suo rappresentante nelle cose che riguardano Dio, per portare offerte ed espiare i peccati del popolo (cf. Eb 2, 17). Quanto è grande e nobile la vocazione del sacerdote! Quanto significativa la sua missione, partecipe della missione stessa del Buon Pastore, Gesù Cristo!
Egli viene ordinato, anzitutto, per annunciare il Cristo, per celebrare il Suo Mistero e per trasmettere ai fedeli la Sua grazia invisibile mediante segni visibili ed efficaci, come i Sacramenti. Il sacerdote è un dono dell’amore di Dio al mondo. Benché macchiato dal peccato, il mondo è chiamato alla salvezza dalla volontà del Padre celeste. Il sacerdote rinnova la dignità dell’uomo, ogniqualvolta lo libera dai vincoli del peccato. In modo eloquente l’antica iconografia mette in evidenza il ministero sacerdotale di San Giovanni, che lo pone tra gli straordinari apostoli del confessionale, iscritti dalla Chiesa nell’albo dei Santi (Reconciliatio et paenitentia, in Insegnamenti di Giovanni Paolo II, VII/2, p. 1482 ss.).
Nel Sacramento della Penitenza si manifesta pienamente la misericordia di Dio, massima espressione della sua onnipotenza, perché “Il Signore è buono con tutti, ha misericordia per ogni creatura” (cf. Sal 145, 9). Se del perdono ebbero necessità tutti i tempi, tanto più avrà bisogno della riconciliazione con Dio l’odierna società scristianizzata, nella quale dilaga l’insubordinazione alla legge divina, l’egoismo nei confronti del prossimo e l’ottundimento del senso del peccato. Ma pur nell’incertezza e nell’inerzia di fronte ai valori duraturi e veri, l’uomo di oggi, spesso – e forse anche oscuramente, ma sempre realmente – cerca nel profondo dell’anima il bene vero e brama l’unione con i propri simili. Egli intuisce l’urgenza di tale unione non soltanto per l’evoluzione di ciascun individuo, ma anche per la convivenza reciproca e lo sviluppo dell’intera società umana. L’unico, vero e supremo Bene è Dio amorevole e misericordioso, che ha creato l’uomo non per farlo perire nel peccato, ma perché cercasse Lui, datore di vita, e Lo raggiungesse (cf. At 17, 27).
Il sacerdote, perciò, non cessa di annunziare al mondo che Dio vuole che tutti gli uomini siano salvi e arrivino alla conoscenza della verità (cf. 1 Tm 2, 4). Come ministro nella riconciliazione delle persone con Dio, egli non si limita a promuoverla con la parola, ma la realizza di fatto. L’incarico affidato alla Chiesa da Cristo stesso fa sì che il confessore compia, nel sacramento della Penitenza, il ministero del Buon Pastore che cerca le pecore perdute, del Buon Samaritano che medica le ferite, del Padre che con amore attende ed accoglie il figlio prodigo, del Giudice giusto che non fa preferenze di persone. Nello stesso tempo, a nome di Dio, egli purifica l’anima dai peccati (cf. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1465). Colui che era temporaneamente perduto, egli di nuovo lo riconcilia con Dio, ridonando al penitente la pace dell’anima e la serenità della coscienza: valori presenti nella Confessione sacramentale, che il mondo non può dare, ma senza i quali non è possibile né la stabile concordia, né la pace piena tra i popoli del mondo. Quanti frutti, dunque, in questo apostolato silenzioso dei sacerdoti!
Con pazienza e sacrificio, senza clamore, essi svolgono il difficile ed esigente compito del sacramento della Riconciliazione. È uno dei servizi più belli e più consolanti offerti dai sacerdoti all’umanità. San Giovanni Nepomuceno è in primo luogo un santo Martire. Così fu chiamato, subito dopo la morte, dal suo Arcivescovo, che lo aveva nominato Vicario Generale. Specialmente le persone più vicine a lui compresero che un uomo giusto era morto a causa dell’ingiustizia. La Chiesa ha sempre considerato il martirio un dono per eccellenza, la prova più valida dell’amore. Ma anche se tutti i cristiani devono essere pronti a professare la fede in Cristo davanti agli uomini e a seguire il Maestro divino nelle persecuzioni, che mai mancheranno alla Chiesa, sulla via della croce, tuttavia il privilegio di diventare martire, testimone di Cristo, rimane riservato soltanto a pochi. Come si può non ricordare, in questa occasione, l’esempio di tanti sacerdoti, religiosi, religiose e laici che nel vostro Paese, fino ai tempi recenti, hanno dato una coraggiosa e solenne testimonianza a Cristo, sopportando innumerevoli persecuzioni da parte di crudeli autorità civili?
Non tutti hanno sofferto fino a morire, come San Giovanni; tuttavia molti hanno vissuto lunghi anni di sofferenze che progressivamente, ma senza pietà, hanno logorato le loro forze vitali. Come il martirio di Giovanni, anche i loro sacrifici di confessori della fede producono molto frutto fino ad oggi. Le circostanze della morte di San Giovanni richiamano altri due Santi, che nel difendere coraggiosamente la libertà della Chiesa, hanno ottenuto la palma del martirio: Santo Stanislao, Vescovo di Cracovia, e San Tommaso Becket, Arcivescovo di Canterbury. Nel suo tempo inquieto, San Giovanni non abbandonò il suo Vescovo, ma rimase fedele alla promessa fatta durante l’ordinazione sacerdotale. Non chiese mai al re un posto di onore (cf. Sir 7, 4). Adempì gli obblighi sacerdotali, derivanti dal suo impegnativo ufficio, con fedeltà e rettitudine. Non fu una canna sbattuta dal vento (cf. Mt 11, 7), nemmeno quando era minacciato da seri pericoli. La coraggiosa fedeltà nei suoi doveri e la lealtà al Vescovo sempre pronta fino al sacrificio non sono forse una preziosa eredità di San Giovanni anche ai sacerdoti di oggi?
Il Nepomuceno ci offre davvero un modello di solida comunione tra il Vescovo e i suoi collaboratori. Così, come il Vescovo, privo del loro aiuto, non è in grado di compiere da solo la sua missione pastorale nella Chiesa locale, così è anche impossibile costruire la Chiesa senza il Vescovo, successore degli Apostoli. La mancanza di sensibilità verso la missione del Vescovo e l’insistenza ostinata su punti di vista e opinioni individuali non possono esprimere l’unità della Chiesa. Essa viene costruita nell’amore e nell’obbedienza a colui che è immagine del Pastore Supremo e che si prende cura con paterna sollecitudine del bene spirituale dei suoi collaboratori e di tutte le anime affidategli. Possa la Chiesa, per la costante intercessione di San Giovanni, che la servì sempre con fedeltà, essere sempre infrangibilmente concorde nell’unica preghiera, nell’unità dei principi, nell’unica speranza ed amore. Possa essa vivere, fiorire e portare frutti spirituali in quella serena letizia, che è Gesù Cristo (cf. S. Ignazio di Antiochia, Magn, VII, 1).
San Giovanni Nepomuceno viene commemorato, anche oggi, in quasi tutto il mondo. Già i suoi coetanei ne davano testimonianza: era caro a Dio e agli uomini, prediletto dai cechi e dai tedeschi (cf. Scriptores rerum Silesicarum, I, Wroclaw 1835, p. 213). Ben presto, la sua venerazione si è diffusa anche oltre i confini del Paese che lo ha visto nascere, vivere e morire. Ma, soprattutto dopo la canonizzazione ad opera del mio predecessore Benedetto XIII, questa devozione ha valicato tutti i confini. L’intercessione di San Giovanni era invocata non soltanto dai suoi devoti nei Paesi di tutta l’Europa, ma anche nelle terre più lontane del mondo: nell’Estremo Oriente come in America del Nord e del Sud, dove i missionari hanno diffuso, insieme all’annunzio del Vangelo, anche la devozione verso di lui. Fino ad oggi ne danno testimonianza chiese, cappelle, statue ed immagini a lui dedicate. Il fervore più grande si registra comunque tra i suoi connazionali; già nei secoli passati essi venivano sulla sua tomba nella Cattedrale di Praga per affidarsi a lui con le loro afflizioni ed angosce. Nella sua intercessione trovavano conforto e stimolo.
Si rinnovi anche oggi la fiducia dei fedeli nel suo aiuto, affinché si adempia la preghiera espressa con le parole del canto: “Che la pia stirpe boema custodisca con venerazione la tua genuina eredità! Prega, o martire del Signore, per il tuo popolo e per il benessere della terra boema!”. Nel ricordo di San Giovanni Nepomuceno imparto con gioia l’apostolica benedizione a te, venerato Fratello, e a tutti i Fratelli nell’Episcopato; ai sacerdoti, ai seminaristi, e ai religiosi; a tutti i diletti fedeli della Boemia e della Moravia, come pure al Pontificio Collegio di San Giovanni Nepomuceno in Roma, e, in particolare, a tutti coloro che prenderanno parte alle celebrazioni anniversarie a Nepomuk, suo paese natale, come a tutti i pellegrini che si recheranno alla sua tomba a Praga.
Da Roma, presso San Pietro, il 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, Sposo della B. V. Maria, Patrono della Chiesa universale, dell’anno 1993, quindicesimo di Pontificato.
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