DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL MOVIMENTO ECCLESIALE DI IMPEGNO CULTURALE
14 giugno 1980
1. La ringrazio, signor presidente, per le cortesi parole che ha voluto rivolgermi, e saluto di cuore, insieme con lei, i partecipanti all’assemblea del movimento ecclesiale di impegno culturale.
Cinquant’anni or sono l’assistente ecclesiastico nazionale della Fuci, monsignor Giovanni Battista Montini, poneva le basi del vostro movimento con un articolo su “Azione Fucina” (G. B. Montini, Il problema del laureato, in “Azione Fucina”, n. 36, 14 dic. 1930) intitolato “Il problema del laureato”.
Il 5 settembre 1932, in occasione del congresso nazionale della Fuci presieduto da Igino Righetti, e per ispirazione di quel compianto apostolo dell’Azione Cattolica universitaria, si fondava il movimento laureati, che in anni successivi prendeva il nome di movimento laureati di Azione Cattolica, mutato ora, a seguito dell’approvazione del vostro nuovo statuto da parte del consiglio permanente della Conferenza Episcopale Italiana, in quello di “Movimento ecclesiale di impegno culturale”.
Con l’impegno espresso dal vostro nuovo nome, voi intendete continuare la tradizione di apostolato e di servizio culturale, che è stata propria del vostro movimento sin dall’inizio, e rispondere altresì, per quanto vi concerne, alla sempre crescente responsabilità dei cattolici operanti nel mondo della cultura, consapevoli che “in questo campo vitale si gioca il destino della Chiesa e del mondo nello scorcio finale del nostro secolo” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad S.R.E. Cardinales, exeunte generali Sacri Collegii congressione, die 9 nov. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II,2, [1979] 1092).
2. È anzitutto intento del vostro movimento concorrere, assieme con altri gruppi ed associazioni, ad offrire “uno specifico servizio intellettuale nella Chiesa” per un proficuo incontro tra fede e cultura, e di instaurare un costruttivo dialogo “con quanti, pur muovendo da diverse posizioni religiose e culturali, intendono contribuire alla promozione della persona umana” (Regolamento del Meic, art. 4).
Questo proposito corrisponde a quanto ho espresso nel mio recente discorso all’Unesco: “L’uomo vive una vita veramente umana grazie alla cultura” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Unesco, 6, die 2 iun. 1980: vide supra, p. 1639). Voi, perciò, da cristiani, e in quanto uomini di cultura, dovrete rivolgervi all’uomo, principio e termine dell’azione culturale, nella prospettiva di un umanesimo plenario, che lo abbraccia nella sua totale dimensione, contrassegnata da una duplice trascendenza, la trascendenza dell’uomo sul mondo e di Dio sull’uomo (cf. Giovanni Paolo II, Allocutio in Aula Regia Palatii Vaticani habita, occasione oblata saeculi expleti ab obitu Alberti Einstein, die 10 nov. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II,2 [1979] 1107-1114)
3. La cultura deve perciò realizzare l’uomo nella sua trascendenza sulle cose, impedirgli di dissolversi nel materialismo di qualsiasi segno e nel consumismo, o di essere distrutto da una scienza e da una tecnologia asservite alla cupidigia e alla violenza di poteri tirannici, nemici dell’uomo. È necessario che gli uomini di cultura siano dotati non solo di una provata competenza, ma di una illuminata e forte coscienza morale, onde non abbiano ad asservire la propria azione, nelle varie forme di concupiscenza che guidano il mondo, agli “imperativi apparenti” oggi dominanti, ma servano con amore l’uomo, “l’uomo e la sua autorità morale che proviene dalla verità dei suoi principi e dalla conformità della sua azione con questi principi” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Unesco, 13 et 11, die 2 iunii 1980: vide supra, p. 1646 et 1645).
Il vostro movimento dovrà, quindi, promuovere, tra i vostri associati e tra quanti si avvicineranno a voi, una provata professionalità, fondata sui valori della competenza, della moralità, dell’amore sociale.
Esso dovrà, altresì, adoperarsi perché il bene umano fondamentale della cultura non resti privilegio di pochi, ma raggiunga cerchie sempre più vaste di persone, favorendone l’elevazione alla conoscenza liberante della verità nei suoi molteplici aspetti.
4. La cultura che voi professate deve inoltre riconoscere e vivere la trascendenza di Dio sull’uomo, cioè dev’essere animata da una ispirazione cristiana. È questo il compito che vi affida il Concilio: “É proprio dei laici cercare il regno di Dio trattando le cose temporali e ordinandole secondo Dio” (Lumen Gentium, 31). Le cose temporali, quando non siano ordinate a Dio, presto o tardi non vengono nemmeno più riferite all’uomo, ma entrano in opposizione con lui. La vostra professionalità, come quella di ogni professionista cristiano, dovrà quindi essere permeata anche da una spinta interiore, proveniente dalla spiritualità cristiana. Lo spirito cristiano dovrà indirizzare ogni laico, e specialmente chi ha compito di ricerca e di discernimento culturale, a penetrare, attuare e sviluppare tutti i valori che il Vangelo ha diffuso nella storia, a perseguire “la messa in atto - come scrisse il mio venerato predecessore Paolo VI nella esortazione apostolica “Evangelii Nuntiandi” - di tutte le possibilità cristiane ed evangeliche nascoste, ma già presenti e operanti nella realtà del mondo” (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 70).
Fedeli alle esigenze culturali e spirituali delle vostre professioni, voi potete attuare quella “maturazione della coscienza civile nello spirito evangelico”, a cui vi richiamano la premessa statutaria del vostro regolamento (Regolamento del Meic, art. 2) e la vostra storia, ed operare con coerenza in tutte le circostanze per “iscrivere la legge divina nella vita della città terrena” (Gaudium et Spes, 45), cioè nei costumi e nelle leggi, che riguardano in modo speciale la persona umana nei suoi diritti e valori fondamentali, secondo gli insegnamenti del magistero ecclesiastico.
5. Ma la vostra azione non persegue soltanto un itinerario culturale. In ragione della vocazione cristiana voi vi proponete di contribuire, in modo proprio, al fine generale di apostolato della Chiesa; in tal modo voi siete chiamati a realizzare l’insegnamento conciliare, secondo il quale “l’opera evangelizzatrice è un dovere fondamentale del Popolo di Dio” (Ad Gentes, 8. 35). Il vostro movimento sia, cioè, uno degli strumenti di presenza e di animazione cristiana nel mondo della cultura e di evangelizzazione di coloro che vi operano, per la loro eterna salvezza.
Il vostro impegno ecclesiale sarà autentico se percorrerete il cammino di fede viva e operante nella carità, a cui siete chiamati, in piena adesione agli insegnamenti ed alle direttive del magistero del Papa e dei Vescovi, senza indulgere a interpretazioni e a vie proprie, che risultassero oggettivamente da esso difformi e, perciò, lesive della comunione ecclesiale, che è dovere di tutti contribuire ad edificare e consolidare.
Ma voi siete e volete essere anche movimento di Azione Cattolica italiana, cioè chiamato fin dall’inizio, sia pure con una fisionomia particolare, a partecipare alla missione apostolica assegnata dalla gerarchia all’Azione Cattolica italiana, e perciò a condividerne le finalità e le scelte fondamentali, ad accettarne i principi e le norme statutarie, ad essere in essa organicamente inseriti, a operare con essa in unità di prospettive e in sintonia di decisioni in ordine ad una efficace azione pastorale di tutta l’associazione.
L’impegno culturale tanto necessario per la Chiesa e per la società civile è quanto mai arduo, specialmente in questa stagione della storia, a motivo della crisi culturale che l’attraversa. Io vi incoraggio nei vostri buoni propositi. Auspico che, con l’aiuto dei vostri Vescovi, in fedele collaborazione con ognuno di essi nelle singole diocesi, voi sappiate cooperare all’azione, tanto urgente, di riconciliare la cultura con Cristo e, mediante Cristo, con l’uomo. La Chiesa vi accompagna, miei cari figli, nell’opera che cercate di assolvere con l’esercizio cristiano delle vostre professioni e con l’azione unitaria del vostro movimento, ed il Papa vi benedice con effusione di cuore e con i più paterni voti per il vostro impegno ecclesiale e culturale.
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