PELLEGRINAGGIO APOSTOLICO IN AFRICA
DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AL CORPO DIPLOMATICO ACCREDITATO A NAIROBI
Nairobi (Kenya), 6 maggio 1980
Eccellenze, signore e signori.
1. La vostra visita qui stasera mi fa molto piacere, poiché mi offre l’occasione di incontrare tanti e così distinti membri della comunità diplomatica. Il mio cordiale e rispettoso benvenuto va anche ai rappresentanti delle organizzazioni regionali ed internazionali, le cui attività arricchiscono questa città capitale. Io ringrazio tutti voi per l’onore che mi fate con la vostra cortese presenza. Sono particolarmente grato al rappresentante della santa Sede per aver preso l’iniziativa di offrirvi l’ospitalità di questa casa, che è anche la mia casa durante il mio soggiorno a Nairobi.
Sono sicuro che voi conoscete bene questo continente, sia in virtù del vostro ufficio sia come risultato dei quotidiani contatti che avete con i capi e col popolo dell’Africa. Voi quindi non sarete sorpresi se io rivolgo le mie considerazioni primariamente alla situazione africana e ad alcuni problemi che stanno di fronte a questo continente.
2. Questa sera io desidero ricordare le profetiche parole che Paolo VI indirizzò al Parlamento dell’Uganda, dove egli parlò dell’Africa come ormai “emancipata dal suo passato e matura per una nuova era”. Trovandomi qui in Kenya 11 anni dopo, io oso dire: “Questa nuova era è cominciata e l’Africa si mostra pronta per una sfida! Durante questi anni, tante cose sono successe, tanti cambiamenti sono avvenuti, tanto progresso è stato fatto: ed allo stesso tempo tanti nuovi problemi sono sorti. In conseguenza, mi sembra che questa sia un’opportuna occasione per parlare della nuova realtà africana.
Molte situazioni e problemi africani che richiedono la nostra attenzione oggi non sono differenti da quelli che coinvolgono altre nazioni e continenti nel mondo. Altri invece sono tipicamente africani nel senso che gli elementi dei problemi e le risorse disponibili per la loro soluzione - risorse naturali e specialmente umane - sono esclusive di questo continente. In ciò vi è un fattore supremo che deve essere tenuto presente nella mente. È la vera identità dell’africano, della persona africana, dell’uomo e della donna africana.
3. Il cammino che ogni umana comunità deve percorrere nel cercare di scoprire il significato profondo della propria esistenza è il cammino della verità circa l’uomo nella sua totalità. Se noi vogliamo capire la situazione dell’Africa, il suo passato e il suo futuro, noi dobbiamo cominciare dalla verità della persona africana. - La verità di ogni africano o africana nel suo concreto e storico assetto -. Se questa verità non è capita, non potrà esistere nessuna comprensione nemmeno tra gli stessi popoli africani, né giustizia né relazioni fraterne tra l’Africa ed il resto del mondo, poiché la verità sull’uomo è il primo requisito per ogni impresa umana.
La verità sull’individuo africano deve essere vista, prima di tutto e principalmente, nella sua dignità come persona umana. Sono presenti nella cultura di questo continente molti elementi che aiutano a capire questa verità. Non è forse confortante sapere che l’africano accetta, con tutto il suo essere, il fatto che vi è una fondamentale relazione tra lui e Dio creatore? Per cui egli è incline a considerare la realtà di se stesso o del mondo materiale intorno a lui nel contesto di questa relazione, esprimendo così un fondamentale riferimento a Dio che “creò l’uomo a sua immagine, ad immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò” (Gen 1,27). La dignità unica, e l’uguaglianza fondamentale di ogni persona umana deve perciò essere accettata come il punto di partenza per una vera comprensione dell’identità e delle aspirazioni del popolo di questo continente.
La società africana ha inoltre - intrecciati alla sua stessa vita - una serie di valori morali, che gettano un’ulteriore luce sulla vera identità degli africani. La storia testimonia come il continente africano ha sempre conosciuto un forte senso comunitario nei differenti gruppi che costituiscono la sua struttura sociale: ciò è particolarmente vero per la famiglia dove vi è una forte coesione e solidarietà. E quale migliore prospettiva potrà essere trovata nella necessità di una pacifica soluzione di conflitti e difficoltà - un modo che sia all’altezza della dignità umana - della innata propensione al dialogo, del desiderio di spiegare le differenti visioni nella conversazione alla quale l’africano si rivolge così facilmente e che egli porta avanti con tanta naturale grazia? Un senso di celebrazione espresso in gioia spontanea, una riverenza per la vita, ed una generosa accettazione della nuova vita, questi sono alcuni ulteriori elementi che fanno parte dell’eredità degli africani e aiutano a definirne l’identità.
4. È su questo sfondo che la Chiesa cattolica, alla luce delle sue convinzioni dedotte dal messaggio di Cristo, vede la realtà dell’Africa oggi, e proclama la sua fiducia in questo continente.
Pochi giorni prima di partire per questa visita pastorale, io ho manifestato la mia gioia per a “il fatto di poter visitare i popoli dell’Africa nera nei loro propri paesi, nei loro Stati sovrani, come i veri padroni della propria terra ed i timonieri del proprio destino” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad “Regina Caeli”, die 27 apr. 1980: vide supra, p. 1000). In Africa, in passato, molte nazioni hanno conosciuto l’amministrazione coloniale. Pur non negando i vari traguardi raggiunti da queste amministrazioni, il mondo gode per il fatto che questo periodo sta ormai nella sua fase finale. I popoli dell’Africa, con poche penose eccezioni, stanno assumendo piena responsabilità politica per il loro proprio destino ed io saluto qui particolarmente il recente raggiungimento dell’indipendenza dello Zimbabwe. Ma non si può ignorare il fatto che altre forme di dipendenza sono ancora una realtà o almeno una minaccia.
L’indipendenza politica e la sovranità nazionale chiedono, come necessario corollario, che vi sia anche indipendenza economica e libertà da dominazione ideologica. La situazione di alcuni paesi può essere profondamente condizionata dalle decisioni di altri poteri, tra i quali vi sono i maggiori poteri del mondo. Potrebbe anche esserci una sottile minaccia di interferenza di natura ideologica che può produrre, nell’area della dignità umana, effetti che sono anche più deleteri di ogni altra forma di assoggettamento. Vi sono ancora situazioni e sistemi, entro singoli paesi, e nei rapporti tra stati, che sono “contrassegnati dall’ingiustizia e dal danno sociale” (Giovanni Paolo II, Allocutio ad Nationum Unitarum Legatos, 17, die 2 oct. 1979: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, II,2 [1979] 535) e che ancora condannano molti uomini alla fame, alla malattia, alla disoccupazione, alla mancanza di educazione e al ristagno del loro processo di sviluppo.
5. Lo Stato, la cui giustificazione è la sovranità della società, ed al quale è affidata la salvaguardia dell’indipendenza, non deve mai perdere di vista il suo principale obiettivo, che è il bene comune di tutti i cittadini, senza nessuna distinzione, e non semplicemente il benessere di un gruppo o categoria particolare. Lo Stato deve rigettare ogni cosa che non sia degna della libertà e dei diritti umani del suo popolo, bandendo ogni elemento, quali l’abuso di autorità, la corruzione, la dominazione del debole, il negare al popolo il suo diritto di partecipare, alla vita politica e alle decisioni, la tirannia e l’uso della violenza e del terrorismo. Qui di nuovo, io non esito a riferirmi alla verità sull’uomo.
Senza l’accettazione della verità sull’uomo, della sua dignità, del suo destino eterno, non può esistere tra le nazioni quella fondamentale fiducia che è uno degli elementi basilari di ogni umana impresa. E neanche la pubblica funzione può essere vista per quello che essa veramente è: un servizio per il popolo, che trova la sua unica giustificazione nella sollecitudine per il bene di tutti.
6. In questo stesso contesto di rispetto dello Stato per la dignità dei suoi cittadini, desidero richiamare l’attenzione sulla questione della libertà religiosa.
Proprio perché la Chiesa cattolica crede che non può esistere libertà, che non è possibile amore fraterno senza riferimento a Dio, che “Creò l’uomo a sua immagine” (Gen 1,27), essa mai cessa di difendere, come fondamentale diritto di ogni persona, la libertà di religione e la libertà di coscienza. “La limitazione della libertà religiosa delle persone e delle comunità non è soltanto una loro dolorosa esperienza - io ho detto nella mia enciclica - ma colpisce innanzitutto la dignità stessa dell’uomo, indipendentemente dalla religione professata o dalla concezione che esse hanno del mondo”. Ed ho aggiunto che, siccome la miscredenza, la mancanza di religione e l’ateismo possono essere capiti soltanto in relazione alla religione e alla fede, è difficile accettare “una posizione, secondo la quale solo l’ateismo ha diritto di cittadinanza nella vita pubblica e sociale, mentre gli uomini credenti, quasi per principio sono appena tollerati, oppure trattati come cittadini di categoria inferiore, e perfino - il che è già accaduto - sono del tutto privati dei diritti di cittadinanza” (Giovanni Paolo II, Redemptor Hominis, 17). Per questa ragione, la Chiesa crede - senza esitazione e senza dubbio - che un’ideologia ateistica non può essere la forza motrice e di guida per un avanzamento del benessere delle persone o per la promozione della giustizia sociale quando priva l’uomo della libertà data da Dio, della sua spirituale ispirazione e del suo potere di amare il suo prossimo adeguatamente.
7. Un altro problema del quale la verità sull’uomo, e sull’africano in particolare, mi spinge a parlare, è quello persistente della discriminazione razziale. L’aspirazione ad un’eguale dignità da parte delle persone e dei popoli, insieme alla sua concreta integrazione in ogni aspetto della vita sociale, è stata sempre sostenuta e difesa con gran forza dalla Chiesa. Durante la sua visita in Africa Paolo VI disse: “Deploriamo che in alcune parti del mondo persistano situazioni sociali basate sulla discriminazione della razza, spesso volute e sostenute da sistemi di pensiero: queste situazioni costituiscono un affronto manifesto e inammissibile ai diritti fondamentali della persona umana” (Paolo VI, Allocutio ad honorabiles Viros e publico Legumlatorum Coetu Reipublicae Ugandensis, die 1 aug. 1969: AAS 61 [1969] 580-586). Due anni fa nel suo ultimo indirizzo al corpo diplomatico accreditato presso la santa Sede, egli di nuovo pose l’accento sul fatto che la Chiesa “è preoccupata... per l’aggravarsi di rivalità parziali e tribali che fomentano divisioni e rancori”, e denunciò “il tentativo di creare assise giuridiche e politiche in violazione dei principi del suffragio universale e dell’autodeterminazione dei popoli” (Paolo VI, Ad Nationum apud Sedem Apostolicam Legatos, ineunte anno 1978, coram admissos die 14 ian. 1978: AAS 70 [1978] 168-174).
La verità circa l’uomo in Africa richiede da parte mia, in questa occasione, che io confermi queste affermazioni. E questo io faccio con profonda e forte convinzione. Ci sono stati dei progressi in talune situazioni, e per questo noi ringraziamo il Signore. Ma vi sono ancora molte istanze di discriminazione istituzionalizzata sulla base di differenze razziali, e queste io non posso non segnalarle di fronte all’opinione mondiale. Non dimentichiamo a questo proposito la necessità di combattere le reazioni razziste che possono affiorare in connessione con la migrazione di popoli dalle campagne verso i centri urbani, e da un paese all’altro. La discriminazione razziale è un male, a prescindere da come, da chi e perché è praticata.
8. Ancora nel contesto di tutto il continente africano, io vorrei richiamare l’attenzione su un problema di tale urgenza che deve veramente mobilitare la necessaria solidarietà e compassione per la sua soluzione: mi riferisco alla questione dei rifugiati in molte regioni dell’Africa. Un largo numero di persone sono state costrette per varie ragioni a lasciare il loro paese amato ed i luoghi dove avevano le loro radici. Talvolta questo è dovuto a motivi politici, altre volte per sfuggire alla violenza ed alla guerra, oppure per le conseguenze di disastri naturali, o per il clima ostile. La comunità africana e la comunità del mondo non può cessare di interessarsi alla condizione dei rifugiati e alle terribili sofferenze cui molti di essi sono assoggettati per lungo tempo. Questi rifugiati veramente hanno un diritto alla libertà ed a vivere una vita degna della dignità umana. Essi non devono essere privati del godimento dei loro diritti, tantomeno quando fattori esterni al loro controllo li hanno costretti a divenire stranieri senza una patria.
Per questo faccio appello a tutte le autorità per assicurare che nelle loro nazioni sia sempre offerta giusta libertà a tutti i cittadini, in modo che nessuno sia costretto ad andare a cercarla altrove.
Faccio appello alle autorità delle nazioni di cui i rifugiati sono costretti ad attraversare i confini, perché li ricevano con cordiale ospitalità. Faccio appello alla comunità internazionale perché il peso non sia portato soltanto da quelle nazioni nelle quali i rifugiati si sistemano temporaneamente, ma di mettere i necessari aiuti a disposizione dei governi interessati e delle appropriate organizzazioni internazionali.
9. La presenza in questa città di Nairobi di tali organizzazioni, come la “United Nations Environment Programme”, e la “United Nations Centre for Human Settlements o Habitat” richiama la nostra attenzione ad un’altra area problematica: quella dell’ambiente totalmente umano. L’uomo, nella sua aspirazione a soddisfare i suoi bisogni ed a raggiungere migliori condizioni di vita, ha creato un crescente numero di problemi ambientali. L’espansione urbana ed industriale aggrava questi problemi, specialmente quando le vittime sono i più deboli, spesso viventi in “fasce di povertà”, mancanti dei servizi elementari e delle normali possibilità di miglioramento. Lodo gli sforzi di tutti coloro che cercano di incrementare la consapevolezza della necessità di una programmazione razionale ed onesta per evitare o sanare tali situazioni.
10. La santa Sede saluta con grande soddisfazione ogni sforzo che è stato fatto per raggiungere una migliore collaborazione tra i paesi africani allo scopo di incrementare il loro sviluppo, promuovere la loro dignità e una più piena indipendenza, assicurare la loro retta partecipazione nel governo del mondo, nello stesso tempo in cui rafforzano il loro impegno a portare la loro parte di responsabilità collettiva per i poveri ed i meno favoriti del pianeta.
L’Organizzazione per la Unità Africana, insieme a tutte le altre organizzazioni che perseguono il fine di una più grande collaborazione tra le nazioni africane, è degna di ogni incoraggiamento. La santa Sede fu lieta di essere invitata dalla commissione economica delle Nazioni Unite per l’Africa a stabilire più stretta collaborazione, attraverso la partecipazione di osservatori agli incontri della commissione e dei suoi organismi sussidiari. E resta pronta ad estendere ad altre organizzazioni africane una simile collaborazione, secondo la sua natura ed universale missione, motivata soltanto dalla spinta del suo messaggio evangelico di pace, di giustizia, di servizio a tutta l’umanità e ad ogni essere umano.
11. È mia fervida speranza che le nazioni libere ed indipendenti dell’Africa vorranno sempre assumere il loro giusto posto nella famiglia delle nazioni. Nella ricerca della pace internazionale, della giustizia e dell’unità, l’Africa ha un importante ruolo da svolgere. L’Africa costituisce una concreta riserva di tanti autentici valori umani. Essa è chiamata a condividere questi valori con altri popoli e nazioni, per arricchire tutta la famiglia umana e tutte le altre culture. Ma per poter fare questo, l’Africa deve restare profondamente fedele a se stessa; giorno per giorno deve divenire anche più fedele alla propria eredità, non per opposizione e antagonismo verso gli altri, ma perché essa crede alla verità su se stessa. Questa stessa verità circa l’Africa deve illuminare l’intera comunità internazionale, in modo che ogni nazione e governo, possa vedere più chiaramente i diritti ed i bisogni di questo continente ed assumere una determinata volontà politica verso l’abilitazione delle nazioni africane non solo a soddisfare i bisogni basilari dei loro popoli, ma anche per avanzare effettivamente nella loro piena partecipazione al benessere umano, senza dover accettare altre forme di dipendenza collegate con l’aiuto che esse ricevono.
12. Sarà la gloria di questo continente e di questa nazione creare una forma di progresso per tutti i suoi abitanti che sia in piena armonia con tutti gli altri esseri umani. Il vero modello del progresso non è quello che esalta solo i valori materiali, ma che riconosce la priorità di quelli spirituali. Grandi e rapidi cambiamenti si stanno verificando nel tessuto sociale di molte nazioni che lavorano per un futuro migliore dei loro cittadini. Ma nessun cambiamento sociale costituirà un vero e duraturo arricchimento del popolo se esso sacrifica o perde i valori supremi dello spirito. Lo sviluppo sarà unilaterale e mancante di umanità se il materialismo, il motivo del profitto o il perseguimento egoistico della ricchezza o del potere, prende il posto dei valori che sono tanto altamente lodati nella società africana - valori quali lo scambievole interesse, la solidarietà, e il riconoscimento della presenza di Dio in tutta la vita. Un crescente senso di fraternità, di amore sociale, di giustizia, il bando di ogni forma di discriminazione e di oppressione, la crescita di responsabilità individuale e collettiva, il rispetto per la santità della vita umana dalla sua concezione, la preservazione di un forte spirito di famiglia - questi saranno i capisaldi per un riuscito sviluppo, e la forza del popolo che si muove verso il terzo millennio.
13. Signore e signori, nel perseguire il benessere dei popoli e delle nazioni, si devono fare continuamente scelte. Ci sono scelte nuove da fare sulla base di principi e priorità politiche, sulla base di leggi economiche o alla luce di necessità pratiche. Ma vi è una che dovrà sempre essere fatta, qualunque sia il contesto del problema ed è la scelta fondamentale: la scelta pro o contro l’umanità. Qualunque sia la responsabilità o l’autorità di ciascuno, nessuno può sfuggire a questa scelta: lavoreremo noi per il bene dell’uomo o contro di esso? Sarà il bene totale della persona umana il criterio ultimo delle nostre azioni e dei nostri programmi? Vorrà l’africano nella sua umana dignità essere la strada verso un giusto e pacifico futuro di questo continente?
È mia speranza che egli lo vorrà!
Lunga vita a te, Africa!
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