DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI SACERDOTI DELLA DIOCESI DI ROMA
Giovedì, 22 aprile 1982
Carissimi sacerdoti di Roma.
1. Nella significativa circostanza del sessantesimo, cinquantesimo e venticinquesimo anniversario della vostra Ordinazione presbiterale avete vivamente desiderato un incontro personale col vostro Vescovo. Ed io sono ben lieto di accogliervi con tutto il mio affetto! Mentre vi porgo il mio saluto più cordiale, vi esprimo anche la mia riconoscenza per questo vostro gesto di fede e di comunione. Ogni Vescovo, nel suo ministero pastorale, si sente come sostenuto dai suoi sacerdoti, partecipa alle loro gioie e alle loro sollecitudini; e perciò anch’io sono felice di vivere con voi questa data così importante, di unirmi alla vostra preghiera di ringraziamento, di porgervi le mie congratulazioni ed i miei auguri.
2. La vostra presenza è necessariamente fonte di riflessione. Voi rappresentate infatti tre generazioni di sacerdoti di questo nostro secolo, così movimentato, eppure così esaltante nella sua storia. I più anziani ricordano ancora i tempi di Pio X e la prima Guerra mondiale, e con i confratelli del cinquantesimo di sacerdozio hanno percorso un cammino difficile, attraverso vasti mutamenti e rivolgimenti politici e sociali, tra aspre vicende di conflitti bellici e di rivoluzioni ideologiche. E, con quelli che festeggiano i venticinque anni di Ordinazione, tutti avete partecipato e tuttora prendete parte alle varie problematiche suscitate dalle esigenze di “aggiornamento” e di “dialogo” volute dal Concilio Vaticano II. La storia del mondo e la storia della Chiesa è passata attraverso la vostra vita di sacerdoti, di ministri dell’Altissimo.
3. Il primo sentimento che deve sgorgare dal vostro animo è quello del ringraziamento al Signore che vi ha scelti, vi ha consacrati, vi ha illuminati, vi ha custoditi. In mezzo a tante vicissitudini del mondo, voi siete stati i “mediatori” tra Dio e gli uomini, nel nome e soprattutto con l’efficacia di Cristo, il Redentore. Se, dopo tanti anni di servizio, dopo migliaia e migliaia di sante Messe celebrate dovete dire con sempre più profonda convinzione: “Domine, non sum dignus!”, al tempo stesso dovete anche godere di intima gioia per il vostro sacerdozio e ringraziare continuamente per il dono formidabile e immeritato che Dio vi ha fatto: qui sta la vostra grandezza, la vostra dignità, la vostra vera ricchezza! “Grande mysterium et magna dignitas sacerdotum - scrive l’Imitazione di Cristo - quibus datum est quod Angelis non est concessum” (Imitazione di Cristo, L. IV, C. V,1). Solo in cielo potremo comprendere totalmente quale immensa degnazione sia da parte di Dio l’averci scelti ad essere suoi unici ed autentici ministri; ma già fin d’ora, la meditazione sul mistero che portiamo deve esserci di sprone, di difesa, di gaudio e di fiducia.
4. Di qui il proposito, che vi lascio come esortazione e come ricordo: continuate ad essere sacerdoti seri ed impegnati, convinti che la missione essenziale del sacerdote sta nell’Eucaristia. Il Concilio Vaticano II in molte occasioni ha ribadito il millenario insegnamento della Chiesa circa l’identità del Sacerdote: “I sacerdoti – dice la costituzione Lumen Gentium – soprattutto esercitano il loro sacro ministero nel culto eucaristico” (Lumen Gentium, 28), e nel decreto Presbyterorum Ordinis si legge: “Nel mistero del Sacrificio Eucaristico, in cui i sacerdoti svolgono la loro funzione principale, viene esercitata ininterrottamente l’opera della nostra Redenzione e quindi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana” (Presbyterorum Ordinis, 13). Facendo eco al Concilio, io stesso ho scritto: “L’Eucaristia è la principale e centrale ragion d’essere del Sacerdozio . . . Il sacerdote svolge la sua missione principale e si manifesta in tutta la sua pienezza celebrando l’Eucaristia” (Giovanni Paolo II, Dominicae Cenae, 2, die 4 mar. 1980: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, III, 1 [1980] 582-583). Giunti a questa tappa importante, il vostro più bel proposito sia di continuare a fare dell’Eucaristia il Centro focale della vostra vita, a celebrarla “digne, attente ac devote”, sicuri che proprio attraverso la rinnovazione mistica del Sacrificio della Croce, si realizza la Redenzione dell’uomo e della storia intera. Così ammonisce l’Imitazione di Cristo: “Ecce, Sacerdos factus es et ad celebrandum consecratus! Vide nunc, ut fideliter et devote in suo tempore Deo sacrificium offeras et teipsum irreprehensibilem exhibeas” (Imitazione di Cristo, 1. c. n. 2).
5. Carissimi sacerdoti!
Santa Teresa di Gesù, la grande Maestra di spirito, di cui celebriamo il quarto Centenario della morte, così conclude il suo “Castello Interiore”: “Il Signore, più che alla grandezza delle opere, guarda all’amore con cui si compiono. Se faremo quanto sta a noi, egli ci darà la grazia di fare sempre più giorno per giorno” (S. Teresa di Gesù, Castello Interiore, c. IV, n. 15). È l’augurio che anch’io formulo per voi tutti: che giorno per giorno possiate fare sempre di più, per il bene della Chiesa, per la salvezza del mondo, per la vostra santificazione. Vi raccomando a Maria santissima; come per questi anni trascorsi continui ad illuminarvi, ad allietarvi, a confortarvi, a difendervi, insieme con i santi apostoli Pietro e Paolo, in modo da essere consolazione per la diocesi e motivo di nuove vocazioni.
E vi accompagni anche la mia benedizione apostolica, che con grande effusione vi imparto e volentieri estendo a tutte le persone care.
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