DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI MEMBRI DELLA FEDERAZIONE NAZIONALE
DEGLI ANZIANI DEL COMMERCIO E DEL TURISMO
Giovedì, 29 aprile 1982
Sono lieto di questo incontro con voi, uomini e donne della Federazione Nazionale degli Anziani del Commercio e del Turismo, in questo anno, in cui, oltre alla consueta manifestazione turistico-culturale del vostro “mese”, celebrate contemporaneamente anche l’anno dell’anziano.
Vi saluto tutti e ciascuno, e vi ringrazio di cuore per la vostra visita.
2. La gioia di essere alla presenza di un gruppo così numeroso, che per di più appartiene ad un’organizzazione molto più vasta, cresce alla verifica del vostro programma e dei vostri scopi, che sono soprattutto a carattere sociale, rivolti ad avvalorare il ruolo dell’anziano, a migliorare le sue condizioni di vita e a reinserirlo nella famiglia e nella società.
È per me motivo di soddisfazione e di speranza sapere che la vostra organizzazione non solo coltiva rapporti di stretta collaborazione col movimento cristiano dei lavoratori, che partecipa a questa Udienza con una significativa rappresentanza, ma soprattutto si lascia guidare, nella sua molteplice attività sociale, da principi morali e religiosi, riconoscendo nel Cristianesimo e nella Chiesa Cattolica il punto di riferimento e il sostegno più sicuro per la crescita della dignità dell’uomo.
Per tale motivo voglio riflettere, insieme con voi, sui due recenti documenti, che più da vicino toccano i vostri programmi, l’enciclica Laborem Exercens e l’esortazione apostolica Familiaris Consortio, perché ne facciate oggetto di approfondimento.
3. Voi siete tuttora, o siete stati, uomini del lavoro. Sul banco di lavoro, nelle molteplici attività del settore commerciale e turistico avete speso le migliori energie della vostra vita, indirizzandole alla crescita della vostra dignità e della vostra umanità. E ora, anche se la vostra federazione porta il titolo ufficiale di “anziani”, non per questo il ciclo della vostra attività può considerarsi chiuso.
Il tema che si presenta alla nostra considerazione non è di poco conto, e tocca uno dei nodi vitali, spesso drammatici, della società di oggi. È un problema fondamentale: quello di avere un lavoro. È un problema che diventa particolarmente doloroso quando vengono colpiti i giovani, con tutte le conseguenze derivate nello sviluppo economico e sociale della comunità. Ma è anche, per certi aspetti, un problema degli anziani, i quali, raggiunto un limite di età, devono da una parte lasciare il posto alle forze più fresche; dall’altra parte, però, quando essi sono ancora capaci di dare, non possono chiudersi nell’angolo della inattività forzata. Sarebbe un doppio danno, umano e sociale. La comunità non può privarsi della ricchezza dell’esperienza degli anziani, e questi non possono e non debbono depauperare la loro umanità.
Come ho scritto nella Laborem Exercens, il lavoro è un bene dell’uomo, è un bene della sua umanità, perché, anche mediante il lavoro l’uomo “realizza se stesso come uomo ed anzi, in un certo senso, diventa più uomo” (Giovanni Paolo II, Laborem Exercens, 9). Infatti, a qualunque età si può crescere in umanità, essere di più.
In tale ottica, anche nella vostra organizzazione si aprono nuovi orizzonti e campi molto vasti, sfruttando le possibilità di attività esistenti sul piano nazionale e locale, aprendone di nuove, in senso creativo, avendo costantemente davanti la promozione umana sotto il duplice profilo dell’educazione permanente e di servizio alla comunità, dando nuovo impulso alle forme di volontariato. Esistono molteplici settori rimasti scoperti, in cui l’anziano potrebbe inserirsi, con un’attività appropriata all’età e all’esperienza. Ne risulterebbe un enorme vantaggio a beneficio di tutti, della persona e della comunità.
4. Il secondo problema riguarda il pieno inserimento dell’anziano nel circolo della vita della famiglia. Nell’esortazione apostolica Familiaris Consortio ho scritto in proposito: “Ci sono culture che manifestano una singolare venerazione ed un grande amore per l’anziano”. Egli “rimane inserito nella vita familiare, continua a prendervi parte attiva e responsabile - pur dovendo rispettare l’autonomia della nuova famiglia - e soprattutto svolge la preziosa missione di testimone del passato e di ispiratore di saggezza per i giovani e per l’avvenire. Altre culture, invece, specialmente in seguito ad un disordinato sviluppo industriale ed urbanistico, hanno condotto e continuano a condurre gli anziani a forme inaccettabili di emarginazione, che sono fonte ad un tempo di acute sofferenze per loro stessi e di impoverimento spirituale per tante famiglie”.
Questo problema assume attualità e gravità crescenti, sia perché nei modelli più industrializzati e urbanizzati della moderna società non mancano segni di preoccupante degradazione dei valori fondamentali della famiglia, sia perché il numero degli anziani risulta in aumento.
Quando una società, lasciandosi guidare unicamente dai criteri del consumismo e dell’efficienza, divide gli uomini in attivi ed inattivi, e considera i secondi come cittadini di seconda categoria, abbandonandoli alla loro solitudine, non si può chiamare veramente civile. Quando una famiglia non vuole in casa le persone del proprio sangue, della prima e della terza età, i bambini e gli anziani, e gli uni e gli altri trascura in qualche modo o forma, non merita certo il titolo di comunità di amore.
Occorre ricostruire l’immagine della famiglia come comunità di persone, dove, alla luce del messaggio evangelico, i componenti di tutte le età convivono insieme, nel rispetto dei diritti di tutti: della donna, del bambino, dell’anziano. Occorre costruire la famiglia come scuola di umanità più completa e più ricca, nella comunione delle persone, nella condivisione delle gioie e delle sofferenze.
5. So che la vostra organizzazione si sforza di ispirarsi nel suo impegno ai valori del Vangelo, senza i quali non si potranno risolvere adeguatamente i problemi vitali a cui ho accennato e che toccano una categoria così numerosa di persone.
Vi esorto ad adoperarvi con sempre più generosa dedizione perché i principi cristiani da cui attinge forza la vostra attività siano conosciuti, approfonditi e tradotti in pratica.
Vi accompagni la mia benedizione, che di cuore estendo a tutti i vostri Cari e a tutte le persone a cui sono dirette le vostre sollecitudini.
Copyright © Dicastero per la Comunicazione - Libreria Editrice Vaticana