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DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
ALLA GIUNTA PROVINCIALE DI ROMA

1 febbraio 1982

 

Signor Presidente,
Egregi membri della Giunta provinciale di Roma,
Signore e Signori.

1. Sono sinceramente lieto di questo incontro da voi sollecitato con amabile cortesia non appena si è potuta formare la nuova Amministrazione, Ne sono lieto, perché nella richiesta di Udienza ho ravvisato l’attestazione della disponibilità ad un dialogo sereno ed aperto con l’Autorità ecclesiastica, da cui è lecito sperare frutti benefici per la popolazione di questa terra, a voi ed a me tanto cara.

Siate pertanto i benvenuti nella casa del Papa! A voi rivolgo il mio saluto, unito ad un caldo ringraziamento per i sentimenti che, a nome di tutti, ha così degnamente espresso il vostro Presidente. Mi è caro, in particolare, ricambiare i vostri voti augurali: che il nuovo anno rechi a tutti voi ed ai vostri familiari pace e prosperità, e vi offra altresì l’opportunità di dedicarvi con profitto al disimpegno del mandato che la fiducia della cittadinanza vi ha affidato.

Comprendo pienamente la gravità dei problemi che vi stanno dinanzi. Vorrei che vi fosse di conforto l’assicurazione del leale contributo, che l’Autorità ecclesiastica intende recare, sul piano pastorale che le è proprio, al benessere della popolazione, al ravvivamento della sua coscienza civile, morale e religiosa, alla sua costante elevazione umana e spirituale, in conformità con la vocazione storica, che ne costituisce il patrimonio più vero e qualificante.

2. La provincia, che voi siete chiamati ad amministrare, è erede di memorie auguste e venerande, che ne fanno una terra nota in ogni parte del mondo e cara ad ogni cuore che non sia insensibile ai valori della civiltà. Si può dire che non v’è, in questo territorio, centro urbano, per quanto piccolo, non v’è località o paesaggio, che non abbia il proprio nome registrato in documenti famosi, sui quali si affatica l’umano sapere. E quale ricchezza, poi, di monumenti amati e studiati dagli storici, dagli archeologi, dai letterati, dagli artisti, dai santi di ogni epoca! È un patrimonio inestimabile, la cui custodia e la cui promozione sono poste anche nelle vostre mani.

A voi spetta, infatti, nell’ambito delle competenze e mediante gli organi dell’Ente Provincia, di concorrere ad armonizzare la vita di un capoluogo così caratteristico, com’è la città di Roma, con quella delle città e dei piccoli centri, che sorgono nella campagna circostante, ove più sentiti sono ancora i valori semplici e genuini della vita, più autentico il rapporto umano, più immediato il contatto con la natura e con le fresche bellezze del creato.

Compito vostro specifico è di conciliare, per così dire, le possibilità offerte da una grande metropoli come Roma con quelle tenute in serbo da una “provincia” tanto singolare com’è quella che si distende intorno. La facilità, che oggi è data alle persone di spostarsi dal capoluogo ai piccoli centri e viceversa per ragioni di lavoro o di turismo festivo, presenta aspetti positivi non trascurabili per quel che concerne lo scambio di esperienze, l’integrazione delle mentalità, il reciproco arricchimento umano. Spetta a voi di prendere le iniziative opportune per far sì che tali possibilità si traducano in concrete attuazioni, capaci di promuovere lo sviluppo omogeneo del territorio e l’equilibrato rapporto delle comunità umane, in esso stanziate.

3. Una parte cospicua delle vostre responsabilità è costituita da attività di carattere educativo-assistenziale, mediante le quali la vostra Amministrazione intende venire incontro alle situazioni di bisogno, in cui versano le famiglie o i singoli cittadini. Non è necessario che io spenda parole per esprimere il mio apprezzamento nei confronti di un genere di servizio che, andando a vantaggio di chi è più debole e provato, non può non suscitare un’eco di particolare simpatia nel mio animo di pastore.

Ciò che mi permetterei di sottolineare è piuttosto il dovere di adoperarsi per far sì che tali forme di assistenza arrivino a realizzare sempre meglio l’idea implicita nel significato etimologico del termine: “ad-sistere” indica infatti lo stare vicino, il mettersi accanto a chi è nel bisogno per venirgli in aiuto.

Si tratta cioè di muoversi nella linea di un’assistenza che faccia percepire alla persona bisognosa una vicinanza cordiale e partecipe, grazie alla quale essa sia indotta a riprendere animo e fiducia, perché sa di poter contare su qualcuno.

Non v’è dubbio che un tale genere di rapporto non è favorito da servizi calati, per così dire, dall’alto, in strutture complesse ed anonime, che finiscono per condizionare e mortificare le persone che ad esse si rivolgono. Sembra invece che risultati migliori possano attendersi da forme di presenza attuate mediante strutture di proporzioni ridotte, nelle quali la persona, chiamata a partecipare attivamente, possa sentirsi la vera protagonista del servizio. Ciò avviene quando l’assistenza è strutturata in modo da responsabilizzare le singole famiglie in difficoltà, offrendo loro sostegni adeguati, o quando ci si impegna ad allargare intorno a chi è nel bisogno la cerchia della solidarietà sociale, perché egli stesso sia stimolato ad affrontare i propri problemi, senza essere sradicato – per quanto possibile – dal contesto umano, nel quale è cresciuto.

Di tale atteggiamento il cristiano ha un modello insuperabile nel Maestro divino, che incarnandosi – è il mistero suggestivo che abbiamo contemplato nel Natale – s’è “posto accanto” ad ogni essere umano, per camminare con lui, offrendo un aiuto, senza creare peraltro alcuna dipendenza.

Nella luce di tale esempio trascendente, mi è caro rinnovare a voi tutti il mio augurio di buon lavoro, ispirato sempre e soltanto dalla preoccupazione di soddisfare nel miglior modo possibile le attese che in voi ripone la cittadinanza di questa amata Provincia di Roma, a cui invio di cuore, anche in questa circostanza, il mio saluto e la mia benedizione.

          



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