DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI DELL'EMILIA ROMAGNA
IN VISITA "AD LIMINA APOSTOLORUM"
4 gennaio 1982
Signor Cardinale, e voi tutti venerabili fratelli della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna.
1. Rivolgo a voi il mio più cordiale benvenuto in occasione di questa visita “ad limina Apostolorum”, che avete preparato con tanta cura ed avete intrapreso con grande spirito di fede, come ho già avuto modo di rilevare nel corso dei recenti incontri personali.
Vi accolgo, quindi, con viva benevolenza, sapendo in voi rappresentate e come presenti le vostre amatissime popolazioni, che vantano antiche tradizioni di fede, risalenti ai primi secoli dell’era cristiana. Esse si riallacciano ad un nome prestigioso e caro, quello di sant’Apollinare, evangelizzatore e patrono della regione. Attorno a lui, eccellono le figure dei primi Vescovi delle vostre diocesi, che devono considerarsi come fondatori della Chiesa di Dio (cf. Ef 2,20) in Emilia-Romagna, e dei martiri e dei santi, i quali hanno dissodato con la loro eroica testimonianza un terreno fecondo, nei secoli, di frutti preziosi di vita cristiana.
Nell’assicurarvi la mia attenzione affettuosa e partecipe per la vostra illuminata attività pastorale che si svolge in un clima di non lieve difficoltà, anche per la presenza militante di ideologie avverse ad una visione cristiana dell’uomo e della storia, desidero esprimere il mio vivo apprezzamento per la saggezza e la costanza, la lungimiranza e la dedizione, con cui esercitate il vostro mandato di insegnare, di santificare e di reggere le porzioni del Popolo di Dio a voi affidato (cf. Christus Dominus, 11). Responsabili della fede nella vostra Chiesa particolare, voi affrontate il principalissimo ed irrinunciabile compito di proporre “l’intero mistero di Cristo, ossia quelle verità che non si possono ignorare senza ignorare Cristo stesso” (Ivi, 12), ed alimentate così nelle vostre diocesi un’autentica “religione pura e senza macchia davanti a Dio nostro Padre” (Gc 1,27), mediante la collaborazione soprattutto dei sacerdoti che formano la schiera dei vostri “necessari collaboratori e consiglieri” (Presbyterorum Ordinis, 7).
2. Conosco sia gli aspetti positivi e consolanti della vostra fatica, sia le difficoltà gravi e talvolta preoccupanti, in mezzo alle quali si esercita il vostro ministero pastorale.
La vostra Regione costituisce una zona di particolare rilievo culturale, politico ed economico, all’interno della nazione italiana. In essa infatti operano, accanto al glorioso Studio Bolognese che ha meritato a quella nobile città la ben nota caratteristica di “Dotta”, altre tre Università: quella antica di Ferrara che ha avuto particolari rapporti culturali con Cracovia al tempo di Niccolò Copernico, e le altre più recenti, ma non meno meritevoli, di Modena e Parma. È presente anche una fiorente economia che abbraccia sia il campo della produzione agricola che quello industriale, commerciale e turistico, quest’ultimo altamente sviluppato lungo le coste adriatiche.
La situazione più propriamente religiosa della regione è ancorata a nobili espressioni di fede, che hanno raggiunto nel corso di quest’ultimo secolo – anche tra tensioni e polemiche susseguenti al periodo risorgimentale – affermazioni di luminosa esemplarità. È nota l’azione perspicace, svolta in passato da gruppi scelti di cattolici dell’Emilia-Romagna, per la difesa delle libertà essenziali della persona, delle coscienze e della famiglia, azione assicurata dal deciso intendimento di promuovere i più alti valori etici nella società. D’altra parte, la detta situazione religiosa risente al presente del clima politico e culturale dominante, imposto da dottrine e prassi aperte ad una concezione materialistica, e da una mentalità edonistica, favorita dall’accresciuto benessere economico.
In tale contesto, che meriterebbe più approfondita indagine, i valori cristiani, non sempre dichiarati tali, sono tuttora profondamente radicati nella maggioranza della popolazione. La lealtà e la proverbiale schiettezza, tipiche anche del temperamento emiliano-romagnolo, la fedeltà agli impegni assunti ed alla parola data, la sacralità della famiglia sono tenute in gran conto, come sono onorate la laboriosità e la generosità verso i poveri ed i bisognosi. La stessa pratica cristiana è presente anche nei meno assidui, in alcuni momenti fondamentali ed in circostanze di particolare significato familiare e sociale. In tutti è radicata una profonda devozione alla Vergine santissima. Nei fedeli, poi, più responsabili e vicini alla Chiesa, si notano segni consolanti di una crescente consapevolezza e di più generoso impegno nelle attività apostoliche.
Nessuno meglio di voi conosce le reali condizioni in cui vive il Popolo di Dio affidato alle vostre cure. La mia esortazione è diretta, anzitutto, a sostenere il vostro coraggio, il vostro ottimismo, e ad alimentare la vostra gioia. Vi dirò insieme con san Paolo: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha posti come Vescovi a pascere la Chiesa di Dio, che egli si è acquistata col suo sangue” (At 20,28).
3. Da una riflessione anche fugace sulla condizione delle Chiese particolari a voi affidate, affiora chiara alla mente l’importanza di un impegno perseverante per illuminare con amore e pazienza le coscienze, affinché sia liberato il terreno da inveterati pregiudizi di fronte ai contenuti del messaggio evangelico. Nel desiderio, quindi, di entrare nel vivo delle vostre responsabilità, vorrei richiamare alla vostra attenzione due punti particolari: l’insostituibile ruolo della predicazione omiletica per una evangelizzazione in profondità, e il compito rilevante della stampa cattolica.
Il comando di Gesù agli Apostoli “andate e insegnate a tutte le genti” (Mt 28,19) è rivolto anzitutto ai Vescovi ed ai sacerdoti, scelti dalla misericordia del sovrano Pastore, nonostante le proprie insufficienze, per proclamare con autorità la Parola di Dio (cf. Paolo VI, Engevalii Nuntiandi, 68).
Su noi incombe la grande responsabilità di annunziare ciò che abbiamo udito, ciò che abbiamo contemplato (cf. 1Gv 1,1), e di trasmettere ciò che abbiamo ricevuto. Risuonano sempre ammonitrici le parole di san Paolo ai Romani: “Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Ora come potranno invocarlo... senza averne sentito parlare?... La fede dipende dalla predicazione” (Rm 10,13-17). Sono espressioni dense di significato ed estremamente attuali. L’evangelizzazione, mediante la luce che promana dalla divina Parola, induce alla conversione ed apre la strada alla santificazione per mezzo dei Sacramenti.
Tra i vari modi di realizzare l’evangelizzazione, la predicazione omiletica ha un posto eminente, perché parte integrante della celebrazione eucaristica, e direttamente legata alla proclamazione liturgica della Parola di Dio. È necessario quindi “dedicare grande attenzione all’omelia... sempre accuratamente preparata, sostanziosa ed appropriata” (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, 48).
Occorre non lasciare sfuggire occasione per evangelizzare, felici sempre di poter annunziare la verità che illumina e salva, perché, come affermava l’Apostolo: “È Cristo che noi predichiamo, ammonendo ed istruendo l’uomo con sapienza, per rendere ciascuno perfetto in Cristo Gesù” (Col 1,28).
In particolare, si possono sottolineare alcune direttive per rendere sempre più efficace l’omelia.
4. È necessario, anzitutto, conoscere ed aver presente il contesto socio-culturale, in cui vivono i fedeli, per poter offrire un insegnamento aderente alla realtà vissuta, ed efficace. Talvolta, nelle nostre chiese sono presenti, per vari motivi di tradizione o per un non mai sopito bisogno di valori trascendenti, anche persone chiuse ad ogni tipo di fede. Nella più vasta area dei credenti, coesistono anime semplici e docili, fedeli dalle problematiche sottili, cattolici contestatori e tendenti ad esagerata autonomia sia in campo dottrinale che morale. A tutti bisogna annunziare il messaggio di Cristo in modo integrale e convincente, in tutti bisogna trasfondere la gioia della salvezza.
La predicazione omiletica, inevitabilmente rivolta ad un pubblico così eterogeneo, per essere chiara nell’esposizione e completa nel contenuto, richiede una preparazione remota, mediante studio perseverante e serio ed una adesione fedele al Magistero autentico e perenne della Chiesa, per non confondere mai le anime con ipotesi ed interpretazioni dottrinali errate, o con una visione globale di tipo orizzontale (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, 49).
All’esercizio esteriore della predicazione è necessario anteporre quello interiore dell’ascolto, dello studio e della meditazione della verità divina, nell’umile silenzio di chi sa di essere prima discepolo che maestro.
L’omelia ha al tempo stesso carattere biblico, cristologico ed ecclesiale, e deve sospingere perciò l’uditore alla conversione, alla vita sacramentale, a propositi di testimonianza cristiana. Essa quindi, come del resto tutta la predicazione e la pastorale in genere, se non può essere autoritaria, dovrà essere autorevole, suscitando il consenso ed arricchendo i fedeli. Tale autorevolezza deriva da una proposizione intera della verità rivelata, che in se stessa ha insita la forza di avvincere e trasformare i cuori. La voce quindi del predicatore deve avere anche il timbro della sicurezza umile ma coraggiosa che proviene dalla personale certezza circa le verità proposte. Amo qui ripetere le parole del mio predecessore Paolo VI: “Non dobbiamo permettere che il nostro popolo, ancora tanto ricco di bontà, di religiosità... ceda per debolezza di spirito e per falso calcolo utilitario a ideologie, le quali, se avessero a prevalere, sarebbero rovina certamente della libertà o fors’anche della prosperità, e spingerebbero all’apostasia tante anime, che Cristo ha chiamato alla sua redenzione, alla sua dignità, alla sua felicità” (Insegnamenti di Paolo VI, II [1964] 125).
Concludendo questo tema particolare, vi esorto a considerare vostro compito principale quello di suscitare e di mantenere nelle vostre diocesi un’autentica passione per la catechesi in genere: “siate certi che, se la catechesi è fatta bene nelle Chiese locali, tutto il resto si farà più facilmente” (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, 63).
5. Vi è infine il problema della stampa cattolica, tanto importante per la diffusione dei principi cristiani e per la difesa nella società delle posizioni dei cattolici, e tanto opportuna per la formazione di un’opinione pubblica sana ed aperta ad ogni buona causa.
In una società ampiamente culturalizzata, è assolutamente necessario preoccuparsi della presenza della stampa d’indirizzo cattolico, qualificata e per categorie. Il conflitto tra la verità e l’errore, tra la visione trascendente ed eterna, e la concezione immanente e temporale, oggi avviene in maniera prevalente e direi determinante sul terreno dei mezzi d’informazione sociale, i quali sono uno dei poteri più forti che incidono sul destino dell’umanità.
Oggi più che mai si avverte l’importanza dell’opera formativa della stampa cattolica, diretta ad illuminare le coscienze, a dissipare false interpretazioni, insinuazioni e manipolazioni, nel rispetto per le opinioni altrui e nel dialogo fiducioso, sorretto dal convincimento che ogni uomo, redento ed amato dal Signore, è chiamato alla verità. Essa, infatti, dovrà sempre preoccuparsi di formare il lettore, maturando in esso quella sana mentalità che classifica i fatti secondo principi superiori, e che in un senso o in un altro, li rende fermento di revisione, di conversione, di testimonianza operosa. La stampa cattolica è chiamata a provocare nel lettore quel procedimento di giudizio, che lo introduce nella verità liberatrice e salvatrice, entrando così nella sfera religiosa di un elevato magistero.
È facile comprendere così l’importanza del “quotidiano cattolico”, che la vostra nobile regione ha motivi tutti propri di valutare a pieno, avendo dato vita, in ore agitate, a insigni testimonianze in questo settore. Se è vero che il giornale cattolico non è cosa superflua, ma strumento necessario di evangelizzazione, mi sia con sentito raccomandare al vostro zelo ed a quello di tutto l’Episcopato italiano il quotidiano “Avvenire”, per potenziarlo, migliorarlo ed ampliarne con ogni generoso impegno la diffusione. Il quotidiano cattolico può costituire, in effetti, un “pulpito” meraviglioso per l’evangelizzazione.
Il quotidiano di ispirazione cristiana rappresenta poi un valido contributo ai cattolici per capire il proprio tempo e per inserirsi nella società di oggi, in rapida trasformazione, come fermento, partecipando attivamente agli avvenimenti ed alla storia. Negli avvenimenti quotidiani infatti, sono in gioco i destini dell’umanità.
Quanto ho creduto utile sottoporre alla vostra considerazione, costituisca oggetto del vostro illuminato e maturo proposito, nella consapevolezza che Cristo è con noi e che ci ha scelti quali amici e continuatori della sua missione (cf. Gv 15,16). Egli ci assisterà nel compimento del dovere di ogni giorno.
È questo invito alla fiducia che desidero lasciarvi come ricordo di questo incontro e come segno di quella comunione fraterna che la visita “ad limina” vuole confermare ed approfondire. E la mia benedizione apostolica sia invocazione fervida delle benedizioni del Signore, che apportino quotidianamente a voi ed ai vostri fedeli ogni consolazione e letizia.
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