DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AI VESCOVI POLACCHI
IN VISITA «AD LIMINA APOSTOLORUM»
Lunedì, 11 ottobre 1982
Signor Cardinale Arcivescovo Metropolita di Krakow,
amatissimi fratelli Metropoliti, Arcivescovi e Vescovi di Polonia.
1. “Grazia, misericordia e pace siano con noi da parte di Dio Padre e da parte di Gesù Cristo, Figlio del Padre, nella verità e nell’amore” (2 Gv 3; cf. 1 Tm 1, 2 et 2 Tm 1, 2). Con questo saluto desunto dalle lettere degli apostoli Giovanni e Paolo vi do il benvenuto sulla soglia di questa Casa Apostolica che è la Casa comune di tutta la Famiglia di Dio, costituita dalla Chiesa di Cristo.
Desidero innanzitutto esprimere la gioia, ed anche la profonda mia commozione per questa visita “ad limina Apostolorum”. Guardando il gruppo così numeroso dei Vescovi polacchi, non posso resistere al ricordo di cinque anni fa: l’ultima visita “ad limina” compiuta presso Paolo VI, nel novembre 1977, alla quale prendevo parte come uno dei Vescovi polacchi. Ci guidava allora il compianto Cardinale Stefan Wyszynski Primate di Polonia.
Il suo successore non c’è oggi tra di voi. Gli avvenimenti degli ultimi giorni hanno fatto sì che egli non sia potuto venire alla canonizzazione di san Massimiliano. Il senso della responsabilità di Primate l’ha obbligato a restare in questi giorni nella sua Nazione.
Sono anche già passati ormai tre anni dal memorabile incontro con tutto l’Episcopato riunito in Conferenza Plenaria il 5 giugno 1979 a Jasna Góra, durante la mia visita in Polonia. La serbo viva nella memoria. Permettete che nell’odierna occasione io faccia commemori i Membri dell’Episcopato, che il Padre celeste dal tempo di quell’incontro ha chiamato di mezzo a noi. Vivono in Dio e nel grato ricordo della Chiesa il grande Primate del Millennio Cardinale Stefan; Bernard, Vescovo di Chelmno; Piotr, Vescovo di Sandomierz; Jan, Vescovo di Kielce; Mikolay, Vescovo di Lomza, nonché i Vescovi Ausiliari Edmund e Aleksander. Contemporaneamente, sono stati cooptati nella comunione apostolica sedici nuovi Presuli; li accolgo di gran cuore in questa Casa Pontificia.
Vivamente desidero che questo nostro odierno incontro sia una testimonianza di profondo legame fraterno e di comune sollecitudine pastorale per il Popolo di Dio che è nella nostra Patria. Sia esso l’espressione di questa compartecipazione al sacro ufficio pastorale, il cui compito principale è la sollecitudine per le singole e per tutte le Chiese.
2. Il sacerdote è “preso fra gli uomini e costituito per gli uomini”. Il Vescovo pure. Quindi la sua responsabilità riguarda non solo le sorti della Chiesa, ma anche quelle della Nazione, con cui la Chiesa è stata sempre unita nelle vicissitudini della vita.
Parimenti, la società polacca ha sempre guardato la Chiesa quale fiduciaria delle sue speranze. La Chiesa infatti difendeva i legittimi diritti nazionali e civili. Per l’amore verso la Madre-Patria, la Chiesa si alzava in difesa della libertà e della dignità della Polonia, della sua sovranità e indipendenza, della legalità e dell’ordine. La Chiesa teneva in alta considerazione il sacrificio della vita spesa nel servizio della Patria e della Nazione. La Chiesa teneva fronte alla prepotenza, salvaguardava consapevolmente le tradizioni nazionali e custodiva premurosamente il retaggio della cultura cristiana. Proteggeva contro l’oppressione delle anime e degli intelletti, difendeva contro la coercizione delle coscienze, assicurava il senso della libertà di spirito, di quella libertà interiore, che in ogni tempo è per l’uomo e per il cristiano la cosa più importante.
Auguro a voi, cari fratelli, e al gregge affidatovi, di non perdere mai questa libertà di spirito, di cui Cristo fece dono a tutti i figli di Dio.
Ciò vale anche per il tempo presente. Gli ultimi anni hanno suscitato un movimento di rinascita sociale e morale, fondato sulla legittima aspirazione a consolidare la dignità dell’uomo e del lavoro umano; un movimento, cui milioni di polacchi hanno legato e legano la speranza di un domani migliore e più sereno della Polonia. È di capitale importanza che contenuti e valori essenziali di questo rinnovamento non siano espunti dalla realtà polacca.
“Con voi e con tanti altri, io stesso vivo l’attuale situazione in Polonia . . . - dicevo ad un gruppo internazionale di dirigenti delle federazioni dei sindacati durante una speciale udienza il 9 febbraio di quest’anno -. Con voi condivido la convinzione che il ripristino del rispetto effettivo e totale dei diritti dei lavoratori e specialmente del diritto ad un sindacato già creato e legalizzato, costituisce la sola via per uscire da questa difficile situazione . . . Il lavoro deve essere riconosciuto come la chiave della vita nella società, lavoro liberamente assunto e non imposto con la forza, lavoro con la sua fatica, ma anche con la sua capacità di rendere l’uomo libero e di farne il vero costruttore della società” (“L’Osservatore Romano”, diei 10 febr. 1982, p. 2).
3. È motivo di grande letizia che i nostri fratelli e le nostre sorelle in Polonia, oggi nel crogiuolo delle prove personali e nello strazio delle difficoltà materiali, si sentono più vicini, pronti a correre in aiuto, maggiormente sensibili ai bisogni altrui. Questa continua manifestazione della benevolenza umana e della solidarietà, ha una sua eloquenza sociale e morale. Si crea infatti e si stringe un nuovo legame spirituale, unendo i figli della stessa Nazione. Con fiduciosa speranza dobbiamo guardare l’avvenire, mentre la società dimostra di avere sempre più ferma volontà di difendere gli oppressi sofferenti ed umiliati. Vengono qui in mente le parole di Cristo: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).
A nome di questi fratelli di Cristo, a nome di tutti i polacchi internati e incarcerati e delle loro famiglie angosciate, a nome delle famiglie numerose e angariate da molteplici difficoltà, vi porgo un cordiale “Bóg zaplac” per la sollecitudine pastorale, sia morale sia materiale, che non risparmiate ai bisognosi delle vostre Comunità. Grazie anche per la vicendevole beneficenza e per il vostro aiuto umanitario proveniente da altri Paesi e da altre Nazioni. Rivolgo da questo luogo parole di particolare ringraziamento e apprezzamento al Presidente ed ai Membri della Commissione Caritativa dell’Episcopato, nonché a tutti i Comitati di Assistenza alle persone prive di libertà e alle loro famiglie, per la molteplice attività caritatevole, svolta a livello centrale, diocesano e parrocchiale.
Nel nome di Cristo chiedo a voi e a tutto il Popolo di Dio di non stancarvi di correre in soccorso di tutti questi miei fratelli e sorelle, che come conseguenza dello stato di guerra devono vivere strappati alle proprie famiglie o ai congiunti, staccati dai loro impieghi e doveri. Essi appartengono alla grande Comunità nazionale, e la Chiesa ha il dovere di avere cura di tutti loro in qualunque necessità versino. Abbiamo un esempio concreto nella persona del nostro Connazionale - ieri proclamato santo - Massimiliano Maria Kolbe.
4. Con umile e profondo senso di adorazione ringrazio, insieme con voi, Iddio Uno e Trino, per avere concesso che il giubileo - da tempo preparato - del sesto centenario della presenza dell’Immagine miracolosa della santissima Vergine Maria a Jasna Góra in Czestochowa, sia divenuto la festa nazionale della gratitudine per il plurisecolare aiuto e presidio della nostra Madre e Regina, un generale rendimento di grazie da parte della Nazione per i misteri della grazia divina, che la Nazione non cessa di sentire nel Santuario claromontano, oppure nel corso della regale “peregrinatio” per la nostra terra della copia dell’Effigie di Jasna Góra.
Questa Effigie riunisce in sé il tempo passato, il presente e il futuro come se fosse una sola dimensione ultra-temporale ed insieme trascendente il nostro omaggio, filiale e patriottico, che le rendiamo. Innanzitutto è un mistero della Presenza. Della Presenza della Madre del Dio-Uomo nella vita di tutta la famiglia umana, e, direttamente, nella vita della nostra Nazione. Noi sentiamo questa Presenza Materna, stringendoci attorno all’Immagine di Jasna Góra con venerazione e amore. Dinanzi ad essa ritroviamo da generazioni la nostra identità nazionale e la nostra vitalità cristiana. Dinanzi ad essa la Chiesa e la Nazione ritrovano la loro spirituale unità e solidarietà.
Rendo grazie al Signore Dio nostro per questi grandi misteri di fede, di speranza e di carità, che sta sperimentando la nostra Patria durante il giubileo di Jasna Góra.
Ringrazio per le pie fatiche di migliaia e migliaia di pellegrini, che superano a volte distanze di centinaia di chilometri in parecchie giornate, non di rado a piedi scalzi, nella calura e nel polverone, portando bambini in braccio o persino grandi croci sulle spalle. Ringrazio il Signore per tutti i Santuari mariani e i templi gremiti di fedeli, per il grande ritiro nazionale in occasione della “visitatio” nelle diocesi, della copia dell’Immagine miracolosa, per la manifestazione pubblica dei sentimenti religiosi e per tutti i segni esterni di venerazione alla Deigenitrice, per le conversioni e la riconciliazione con Dio da parte di coloro che erano lontani da Lui. Un particolare sentimento di gratitudine per l’insegna dei pellegrini: “Con la fatica giubilare aiutiamo il Santo Padre e la Patria”.
Ho tanto bisogno di questo aiuto.
5. E adesso alcuni pensieri pratici.
Il Concilio Vaticano II non poteva non mettere in rilievo che nella vita della Chiesa particolare hanno un ruolo importante l’estensione territoriale e il numero dei fedeli. È ovvio che il territorio di ogni diocesi deve essere compatto nella sua estensione. Il numero dei suoi abitanti deve essere, generalmente, tale che il Vescovo possa compiere tutte le azioni strettamente legate al triplice ministero pastorale e conoscere tutti i suoi sacerdoti, religiosi e laici che fanno parte dell’amministrazione della diocesi.
Lo dico riferendomi prima di tutto ad una questione già affrontata nel corso dei precedenti incontri. Infatti non è ancora passata l’eco delle celebrazioni diocesane di quest’anno a Slupsk, Koszalin, Kolobrzeb, Szczecin, Gorzów e Opole, legate alle importanti decisioni adottate da Paolo VI. Dieci anni fa, in virtù della bolla “Episcoporum Poloniae coetus”, del 28 giugno 1972, nelle Terre Settentrionali ed Occidentali sono state erette le nuove diocesi di Opole, di Gorzów, di Szczecin-Kamien e di Koszalin-Kolobrzeg. Contemporaneamente, attraverso l’inclusione o la separazione di queste nuove diocesi, sono state riorganizzate le metropolie di Wroclaw, di Gniezno e anche di Varsavia perché a quest’ultima è stata inclusa la diocesi di Warmia.
Questo decimo anniversario dell’erezione, o piuttosto della restaurazione, in alcuni casi, delle diocesi nelle antiche terre dei Piast, rianima, in un certo senso, ed accresce la nostra comune sollecitudine per il bene del Popolo di Dio in tutta la Polonia in cui il numero degli abitanti è cresciuto, negli ultimi anni, di alcuni milioni. I progressivi cambiamenti sociali ed economici, lo sviluppo delle città e delle borgate, la formazione dei nuovi centri industriali, culturali e scientifici - tutto ciò fa nascere i problemi pastorali sempre nuovi ai quali la Chiesa cerca di andare incontro. Perciò in seguito è nato il bisogno di erezione di parrocchie, di centri catechistici, di costruzioni di Chiese. So che questi problemi formano l’incessante oggetto della vostra sollecitudine.
6. Importanti sono le strutture organizzative della Chiesa locale, ma molto più importante è l’uomo vivo, redento dal sangue di Cristo, membro del Popolo di Dio: laico e religioso.
a) Consentitemi di manifestare dinanzi a voi i sentimenti di gioia e di gratitudine per la vostra sollecitudine pastorale in favore delle vocazioni sacerdotali e religiose. La Chiesa in Polonia da molti anni coglie i frutti di queste molteplici ricerche e degli sforzi compiuti al fine di risvegliare, coltivare e far maturare le vocazioni ecclesiastiche. Il Popolo di Dio, che vive in altri continenti, da molti anni fruisce abbondantemente del servizio dei nostri missionari e missionarie provenienti sia dalle Congregazioni religiose che dalle comunità diocesane. Esaltiamo Dio e ringraziamolo che in questo anno, così difficile per il nostro Paese, quasi tutti i Seminari hanno ripreso le loro normali attività didattiche, e gruppi di Candidati, notevolmente aumentati, hanno manifestato, per la prima volta, l’intenzione di servire Cristo nello stato religioso.
Giustamente il Concilio definisce il Seminario “il cuore della diocesi” (Optatam Totius, 5) e chiede ai Vescovi che esso sia oggetto della loro particolare sollecitudine (cf. Ivi. 4 et 5). Una solida formazione spirituale, intellettuale e pastorale dei futuri servitori dell’altare deve svolgersi in stretta unione con il mistero della Chiesa, come Corpo mistico di Cristo. Ricorderete che, quando ero ancora con voi, ho sempre cercato di fare tutto il possibile per assicurare alla Chiesa i suoi diritti nel campo della formazione del clero a livello accademico. Oggi vi prego cordialmente di trasmettere il mio saluto e la benedizione ai vostri sacerdoti e ai vostri alunni in tutti i Seminari.
Cari fratelli! Dio vi ha benedetto abbondantemente nelle vocazioni sacerdotali. Accettatelo con gratitudine questo dono, memori che esso deve servire non solo alla Chiesa in Polonia, ma anche in tutto il mondo. Le necessità della Chiesa sono infatti immense. Dobbiamo ripetere queste parole di nostro Signore: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!” (Mt 9, 37-38).
b) Vi chiedo anche, fratelli, di essere soprattutto sensibili a questo legame particolare, che vi unisce in forza dell’ufficio episcopale con i vostri diretti aiutanti e collaboratori nel servizio pastorale. Siate solleciti, con tutto il cuore, verso coloro che con entusiasmo e dedizione servono la causa di Dio. Circondate con amore veramente paterno coloro che in seguito a diverse circostanze si sono trovati in difficoltà morali o di salute. Nel nome di Cristo che “è venuto a cercare ciò che era perduto” (Lc 19, 10), date anche una mano a coloro che si sono trovati fuori della comunità, affinché possano ritornarvi.
c) Il mio pensiero si rivolge in seguito a tutte le Famiglie religiose in Polonia, sia maschili che femminili. Ed anche qui gioisco per le nuove vocazioni. Ogni persona consacrata a Dio mediante i voti religiosi è una particolare testimonianza del Regno del secolo futuro. Al tempo stesso, invece, come lo attesta con tanta eloquenza l’esempio di san Massimiliano Maria Kolbe, questa testimonianza è indirizzata all’uomo, al molteplice servizio all’uomo. Vi auguro fervidamente che questa testimonianza sotto la luce dell’ultima canonizzazione, diventi ancora più eloquente tra tutti i fratelli e sorelle degli Ordini e delle Congregazioni in Polonia.
d) Ancora qualche parola sulla vocazione dei laici.
“La Chiesa . . . non vive in maniera piena, non è segno perfetto della presenza di Cristo tra gli uomini, se alla gerarchia non si affianca e collabora un laicato autentico. Non può infatti il Vangelo penetrare ben addentro nella mentalità, nella vita, nell’attività di un popolo, se manca la presenza dinamica dei laici . . . siano essi uomini o donne, è la testimonianza di Cristo che devono rendere con la vita e con la parola, nella famiglia, nel ceto sociale a cui appartengono, e nell’ambito della professione che esercitano. In essi deve apparire l’uomo nuovo che è stato creato secondo Dio nella giustizia e santità della verità (cf. Ef 4, 24). Questa vita nuova, essi debbono esprimerla nell’ambiente sociale e culturale della propria patria, secondo le tradizioni nazionali. Debbono perciò conoscere questa civiltà, purificarla, conservarla e svilupparla in Cristo” ( Ad Gentes, 21).
Cito questo passo del Concilio perché esso esprime lo scopo dei propositi e delle iniziative che sono all’origine della fondazione del Consiglio per la Cultura, e tenendo presente il coordinamento di quegli sforzi che mirano all’ulteriore sviluppo della cultura cristiana in Polonia.
Allo stesso tempo, seppure in brevi parole, desidero riferirmi a due grandi settori della vita dei laici: la famiglia e il lavoro, e ai due rispettivi documenti pontifici: Familiaris Consortio, Laborem Exercens. Che essi per mezzo vostro siano di utilità anche alla Chiesa in Polonia!
7. Amati fratelli, concludendo questo odierno incontro “ad limina Apostolorum”, insieme a voi imploro Cristo, Sommo Sacerdote, affinché nel mio e nel vostro servizio si manifesti sempre la Chiesa: una, santa, cattolica ed apostolica.
Con tutto il cuore auguro a tutti i miei fratelli nell’Episcopato - sia a coloro che sono qui riuniti, sia a coloro ai quali i doveri pastorali hanno imposto di rimanere in Patria - che la potenza dello Spirito Santo accompagni incessantemente i loro pensieri e le loro opere. Nell’amore di questo Spirito vi impartisco la benedizione apostolica e chiedo di benedire insieme tutti i nostri connazionali in Patria e fuori di essa. A tutti indirizzo le parole dell’apostolo Pietro: “Salutatevi l’un l’altro con il bacio della carità. Pace a voi tutti che siete in Cristo!” (1 Pt 5, 14).
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