DISCORSO DI GIOVANNI PAOLO II
AD UN GRUPPO DI ADERENTI
ALLE COMUNITÀ NEOCATECUMENALI
Giovedì, 10 febbraio 1983
Fratelli carissimi!
1. Sono lieto di avere oggi la possibilità di incontrare un gruppo di aderenti alle Comunità neocatecumenali, riuniti a Roma per meditare insieme su: “La riconciliazione e la penitenza nella missione della Chiesa”, che è il tema del prossimo Sinodo dei Vescovi.
Saluto i Vescovi, i Parroci e Sacerdoti qui presenti, che per l’occasione sono venuti da tutti i continenti.
La mia desidera essere una parola di riflessione sulla esperienza spirituale ed ecclesiale che intendete compiere, perché vi sia di sprone a un impegno sempre più grande nell’offrire, entro il contesto del mondo contemporaneo, un esempio limpido e schietto di profonda fede cristiana, vissuta costantemente in intima, docile e lieta unione con i Pastori della Chiesa.
La vostra vuole essere fondamentalmente una testimonianza di annuncio del messaggio evangelico, che ha come centro la proclamazione che Gesù di Nazaret è il Messia, il Signore, il Figlio di Dio, incarnato, morto e risorto per la nostra salvezza. “L’evangelizzazione - ha detto Paolo VI - conterrà sempre . . . - come base, centro e insieme vertice del suo dinamismo - una chiara proclamazione che, in Gesù Cristo, Figlio di Dio fatto uomo, morto e risuscitato, la salvezza è offerta ad ogni uomo, come dono di grazia e misericordia di Dio stesso” (Paolo VI, Evangelii Nuntiandi, 27). Una delle tipiche manifestazioni della vostra comunità è proprio l’evangelizzazione svolta in Paesi ed ambienti che o non hanno mai sentito l’annuncio cristiano o sono diventati quasi sordi ed opachi a tale annuncio, per il prevalere di ideologie, concezioni, comportamenti di rifiuto o di indifferenza nei confronti dello stesso “problema di Dio”. Ecco perché voi intendete preparare e formare dei catechisti, i quali dovranno cercare anzitutto di approfondire e vivere personalmente, per poi farne partecipi gli altri, il mistero di Cristo. “Catechizzare - ho scritto nella esortazione apostolica circa la catechesi nel nostro tempo - è, in un certo modo, condurre qualcuno a scrutare questo mistero in tutte le sue dimensioni . . . svelare nella persona di Cristo l’intero disegno eterno di Dio, che in essa si compie . . . Lo scopo definitivo della catechesi è di mettere qualcuno non solo in contatto, ma in comunione, in intimità con Gesù Cristo: egli solo può condurre all’amore del Padre nello Spirito e può farci partecipare alla vita della Santa Trinità” (Giovanni Paolo II, Catechesi Tradendae, 5).
Mi è noto l’impegno delle vostre comunità nell’opera meritoria della catechesi. In questi anni le Conferenze Episcopali hanno intensificato i loro sforzi in questo campo di eccezionale importanza per la vita stessa del Popolo di Dio. Seguire i metodi, le indicazioni, gli itinerari, i testi offerti dagli Episcopati, come pure esercitare il ministero della catechesi nella comunione e nella disciplina ecclesiale, con riguardo al ministero fondante del Vescovo e dei presbiteri a lui associati, sarà un prezioso aiuto per la vostra catechesi a tutti i livelli e procurerà certamente grandi frutti spirituali tra i fedeli.
Fine specifico di ogni opera e forma di catechesi sarà quello di far germinare, crescere, sviluppare, il seme della fede, deposto dallo Spirito Santo col primo annuncio, ed efficacemente trasmesso col Battesimo.
2. Nelle vostre comunità voi volete approfondire, non solo a livello teoretico, ma, in modo del tutto speciale, la dimensione vitale, il significato, il valore, la ricchezza, le esigenze del Battesimo, il sacramento che è condizione necessaria alla salvezza; che unisce alla morte, alla sepoltura e alla risurrezione del Salvatore; che fa vivere la vita stessa di Cristo, che trasforma il battezzato in tempio dello Spirito, in figlio adottivo del Padre celeste, in fratello ed erede del Cristo, in membro del Corpo di Cristo, che è la Chiesa. Tale approfondimento è volto alla riscoperta e alla valorizzazione delle ricchezze proprie del Battesimo, ricevuto di norma nell’infanzia, e al quale, pertanto, è necessario far riferimento non come ad un fatto puramente giuridico, ma come al vero momento fondante di tutta la vita cristiana. Coltivando quella che potremo chiamare una “spiritualità battesimale”, voi intendete animare, indirizzare, fecondare il vostro itinerario di fede, quale logico sviluppo delle esigenze intrinseche del Sacramento, così che la vostra testimonianza sia sempre più autentica, sincera, coerente, operosa, e perché possiate essere sempre più disponibili a rispondere prontamente all’appello divino.
Tale disponibilità si deve manifestare nella continua meditazione e nel religioso ascolto della Sacra Tradizione e della Sacra Scrittura, che costituiscono “un solo e sacro deposito della Parola di Dio affidata alla Chiesa” (Dei Verbum, 10). Ne consegue l’esigenza di un costante e serio lavoro di approfondimento personale e comunitario della Parola di Dio e dell’insegnamento del Magistero della Chiesa, anche mediante la partecipazione a seri corsi biblici e teologici. Tale impegno di studio e di riflessione si manifesta quanto mai necessario per chi, dovendo svolgere il compito di catechista, ha il dovere di alimentare i propri fratelli con un solido cibo spirituale.
Tenete sempre presente la solenne e vigorosa affermazione del Concilio Ecumenico Vaticano II: “La Chiesa ha sempre venerato le divine Scritture come ha fatto per il Corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella Sacra Liturgia, di nutrirsi del Pane della vita dalla mensa sia della Parola di Dio che del Corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli” (Dei Verbum, 21). Da Cristo Parola a Cristo Eucaristia, perché il Sacrificio eucaristico è la fonte, il centro e il culmine di tutta la vita cristiana.
Celebrate l’Eucaristia e, soprattutto, la Pasqua, con vera pietà, con grande dignità, con amore per i riti liturgici della Chiesa, con esatta osservanza delle norme stabilite dalla competente autorità, con volontà di comunione con tutti i fratelli.
3. La vostra disponibilità all’appello divino si deve manifestare altresì nella continua, quotidiana, instancabile preghiera, espressione anzitutto dell’adorazione, che l’uomo fragile, debole, consapevole della propria contingenza e della propria creaturalità, offre a Dio, il Trascendente, l’Infinito, l’Onnipotente, il Creatore, ma anche il Padre amorevole e misericordioso; preghiera che, pertanto, diventa anche dialogo intimo ed affettuoso tra il figlio e il Padre. Preghiera che diviene coro supplichevole nel “Pater noster”, insegnatoci da Gesù stesso; preghiera che diviene solenne e cosciente professione di fede cristiana nel Credo o Simbolo apostolico; preghiera che trova nei Salmi le varie e complesse sfumature interiori con cui l’orante - il Popolo della Promessa, il nuovo Popolo eletto cioè la Chiesa, il cristiano nelle varie situazioni spirituali - può rivolgersi a Dio, sua speranza, sua roccia, sua salvezza: “Se il Salmo prega - ci suggerisce sant’Agostino - pregate; se geme, gemete; se esulta, esultate; se spera, sperate; se teme, temete. Tutte le cose che sono scritte qui, sono il nostro specchio” (S. Agostino, Enarr. in Ps. XXX, II, s. III, 1: CCL 38, 213).
4. La vostra disponibilità all’appello divino si manifesta nel realizzare, giorno dopo giorno, la parola esigente di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo!” (Mc 1, 15). Questa conversione, questo “cambiamento di mentalità”, è anzitutto rifiuto del vero male, il peccato, che ci allontana da Dio. Questa conversione è un continuo cammino di ritorno alla casa del Padre, come quello del figlio prodigo (cf. Lc 15, 11-32). Questa conversione trova il suo segno salvifico nel Sacramento della Penitenza o della Riconciliazione. “La libertà dal peccato - ho scritto nella Bolla di indizione del Giubileo per il 1950° anniversario della Redenzione - è . . . frutto dell’esigenza primaria della fede in Cristo Redentore e nella sua Chiesa . . . A servizio di questa libertà il Signore Gesù ha istituito nella sua Chiesa il Sacramento della Penitenza, perché coloro che hanno commesso peccato dopo il Battesimo siano riconciliati con Dio, che hanno offeso, e con la Chiesa stessa, che hanno ferito” (Giovanni Paolo II, Aperite portas Redemptori, 5).
Il ministero della Riconciliazione - questo dono mirabile della infinita misericordia di Dio - è affidato a voi, Sacerdoti. Siatene ministri sempre degni, pronti, zelanti, disponibili, pazienti sereni, attenendovi con fedele diligenza alle norme stabilite in materia dall’autorità ecclesiastica. I fedeli potranno così trovare in tale Sacramento un autentico segno e strumento di rinascita spirituale e di letificante libertà interiore.
E voi, fratelli tutti, celebrate il Sacramento della Riconciliazione con grande fiducia nella misericordia di Dio, in piena adesione al ministero e alla disciplina della Chiesa, con la confessione individuale, come ripetutamente raccomanda il nuovo Codice di diritto canonico, per il perdono e la pace dei discepoli del Signore e come annuncio efficace della bontà del Signore per tutti.
5. Lungo il vostro itinerario spirituale cercate di armonizzare le esigenze “catecumenali” con l’impegno della necessaria dedizione ai fratelli, alla famiglia, ai doveri professionali e sociali. Soprattutto non cedete alla tentazione di chiudervi in voi stessi, isolandovi dalla vita della Comunità parrocchiale o diocesana, giacché soltanto da un effettivo inserimento in quegli organismi più vasti possono derivare autenticità ed efficacia al vostro impegno apostolico.
Non voglio chiudere queste mie riflessioni senza ricordare a voi e alle Comunità che rappresentate quanto ho detto di recente in occasione della presentazione ufficiale dei nuovo Codice di diritto canonico: il cristiano deve disporre il proprio animo ad accoglierlo e a metterlo in pratica. Le leggi sono munifico dono di Dio e la loro osservanza è vera sapienza. Il diritto della Chiesa è un mezzo, un ausilio e anche un presidio per mantenersi in comunione col Signore. Pertanto le norme giuridiche, come anche quelle liturgiche, vanno osservate senza negligenze e senza omissioni.
Sono sicuro che le vostre Comunità, animate dal fervore di distinguersi nella celebrazione del Battesimo, dell’Eucaristia e della Penitenza, vogliano anche distinguersi, sotto la guida della Chiesa, in questo impegno di fedeltà alla disciplina comune.
Carissimi fratelli!
Mentre presento questi miei pensieri alla vostra riflessione, invoco l’abbondanza della grazia divina su voi qui presenti e su tutte le comunità che rappresentate. Affido tutti a Maria santissima, esempio incomparabile di fede ardente e di docile accoglienza della volontà di Dio.
Essa, che “avanzò nella peregrinazione della fede e serbò fedelmente la sua unione al Figlio sino alla croce” (Lumen Gentium, 58), vi conforti col suo materno sorriso nel quotidiano cammino della sequela di Cristo.
Con la mia benedizione apostolica.
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